IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 510 del 1993 proposto da Ambrogio Serio, rappresentanto e difeso dagli avvocati prof. Gaetano Contento e Felice Eugenio Lorusso per mandato a margine del ricorso contro il Ministero delle finanze, in persona del Ministro pro-tempore; l'intendenza di finanza di Bari, in persona dell'Intendente pro-tempore; rappresentati e difesi ex lege dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Bari; per l'annullamento del decreto del Ministro delle finanze in data 29 ottobre 1992 recante sospensione del ricorrente dall'impiego ai sensi dell'art. 1, comma 4-septies, della legge 18 gennaio 1992, n. 16; della nota intendentizia di comunicazione del suddetto decreto; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'amministrazione statale intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 20 ottobre 1993 la relazione del dott. Leonardo Spagnoletti e uditi, altresi', l'avv. Felice Eugenio Lorusso, anche in sostituzione del prof. avv. Gaetano Contento, per il ricorrente e l'avvocato di Stato Lucia Ferrante per l'amministrazione statale intimata; Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Con ricorso notificato il 6 aprile 1993 e depositato in segreteria il 9 aprile 1993 Serio Ambrogio, dipendente dell'amministrazione delle finanze in servizio presso l'ufficio del registro atti pubblici di Bari, ha impugnato il decreto ministeriale di sospensione dal servizio, disposta ai sensi dell'art. 1, comma 4-septies, della legge 18 gennaio 1992, n. 16, a seguito della intervenuta pronuncia di una sentenza penale di condanna a mesi otto di reclusione per il delitto di cui agli artt. 56 e 317 del c.p. (tentata concussione), emanata dal tribunale di Bari, sezione terza penale, in data 6 aprile 1992. Giova premettere che nei confronti del Serio era stata gia' applicata una sospensione facoltativa dal servizio ex art. 91 del d.P.R. n. 3/1957 in pendenza del procedimento penale, impugnata con separato ricorso n.r. 442/1990, tuttora pendente; l'impiegato era stato riammesso in servizio a seguito dell'accoglimento della istanza incidentale di sospensione della esecuzione del detto provvedimento, disposto con ordinanza di questo tribunale n. 399/1990 in data 11 aprile 1990. Avverso il nuovo provvedimento di sospensione dal servizio il ricorrente ha dedotto i seguenti vizi: 1) violazione ed erronea applicazione della legge 18 gennaio 1992, n. 16, e degli artt. 14 e 15 prel. Eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto di motivazione, illogicita', ingiustizia manifesta e sviamento. L'art. 1, comma 4-septies, della legge n. 16/1992, non contenendo alcun esplicito riferimento ai dipendenti statali, sarebbe inapplicabile a tale categoria di dipendenti pubblici, tenuto conto, altresi', che la sospensione cautelare dal servizio e' disciplinata, per i dipendenti statali, dall'art. 91 del d.P.R. n. 3/1957. Rispetto all'art. 91 citato, la disposizione dell'art. 1, comma 4-septies, o si configura come disposizione eccezionale (e come tale inapplicabile) oppure va considerata come disposizione generale, derogata dalla disposizione speciale dell'art. 91; 2) violazione ed errata applicazione della legge n. 16/1992 e dei principi di buona amministrazione e di affidamento. Esclusione della ordinanza cautelare n. 399/1990. Violazione dei principi generali in materia di sospensione dal servizio degli impiegati statali e del principio del giusto procedimento. Eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto assoluto di motivazione, disparita' di trattamento, illogicita', ingiustizia manifesta. Sviamento. Manca, nell'atto impugnato, ogni motivata valutazione sull'interesse pubblico ad allontanare il dipendente dal servizio, rapportata anche al titolo e alla gravita' del reato (trattasi di delitto tentato). Inoltre, la nuova sospensione dal servizio sarebbe elusiva della ordinanza cautelare n. 399/1990 che aveva disposto la sospensione della esecuzione della precedente analoga misura; 3) violazione ed errata applicazione della legge n. 16/1992 in relazione al principio di irretroattivita' della legge di cui all'art. 11 prel. Violazione dell'art. 25 della Costituzione e del divieto di applicazione retroattiva delle sanzioni amministrative. Eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto di motivazione, illogicita', ingiustizia manifesta. Sviamento. La sospensione cautelare dal servizio e' stata disposta con riguardo a fatti-reato anteriori alla entrata in vigore della legge n. 16/1992 e cio' configurerebbe i vizi di cui in epigrafe; 4) violazione ed erronea applicazione della legge n. 16/1992. Eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto di motivazione, illogicita', ingiustizia manifesta. Sviamento. La sospensione disciplinata dalla legge n. 16/1992 non riguarderebbe il rapporto di impiego pubblico ma il rapporto di servizio onorario relativo alla elezione a cariche ed uffici elettivi. In ogni caso, la sospensione cautelare non poteva essere disposta perche' il ricorrente non e' stato condannato in primo grado per una fattispecie di concussione consumata, sebbene per un tentativo di concussione, mentre la disposizione dell'art. 1 della legge n. 16/1992 riguarderebbe la condanna per reati consumati. Con motivi aggiunti notificati il 7 maggio 1993, il ricorrente ha altresi' dedotto: 1) violazione ed erronea applicazione dell'art. 1 della legge n. 16/1992. Eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto di motivazione, illogicita', ingiustizia manifesta. Sviamento. La recente sentenza della Corte costituzionale n. 218/1993 - che ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge n. 16/1992 nella parte in cui prevede la destituzione di diritto del pubblico dipendente in ipotesi di condanna irrevocabile per i reati ivi contemplati anziche' far luogo al procedimento disciplinare ex lege n. 19/1990 - confermerebbe che la ratio degli istituti previsti dalla legge n. 16/1992 ne implica l'applicabilita' al solo rapporto di servizio onorario; 2) violazione ed errata applicazione della legge n. 16/1992 e principi di buona amministrazione e affidamento e dei principi in materia di sospensione dall'impiego e del giusto procedimento. Eccesso di potere per erronea presupposizione, difetto assoluto di motivazione, disparita' di trattamento, illogicita', ingiustizia manifesta. Sviamento. Con svolgimento di rilievi essenzialmente analoghi a quelli gia' articolati nella prima parte del secondo motivo di ricorso; 3) illegittimita' derivata per illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 4-octies, della legge n. 55/1990, come sostituiti e integrati dall'art. 1 della legge n. 16/1992 in relazione ai principi di cui agli artt. 3, 4, 25 e 97 della Costituzione. Il ricorrente deduce l'illegittimita' costituzionale della disposizione di cui in epigrafe nella parte in cui, introducendo una ipotesi di sospensione obbligatoria e vincolata, preclude all'amministrazione ogni valutazione discrezionale in ordine alla adozione della misura, richiamando la identita' di ratio rispetto alla gia' dichiarata illegittimita' costituzionale della stessa norma nella parte in cui prevedeva una ipotesi di destituzione automatica nel caso di condanna irrevocabile per i medesimi reati. L'amministrazione intimata si e' costituita in giudizio e ha chiesto la reiezione del ricorso. Con ordinanza n. 472/1993 e' stata accolta l'istanza incidentale di sospensione. All'udienza pubblica del 20 ottobre 1993, infine, il ricorso e' stato riservato per la decisione. D I R I T T O Il tribunale rileva che la decisione di merito del ricorso e' condizionata dalla valutazione della questione incidentale di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 4-septies, della legge n. 55/1990, come modificato dall'art. 1 della legge n. 16/1992, proposta dal ricorrente con il terzo motivo aggiunto. Dall'esame della rilevanza e non manifesta infondatezza della questione il collegio non puo', infatti, prescindere, posto che non ritiene, allo stato, fondati ed assorbenti gli altri vizi dedotti. Quanto al primo e sesto motivo, imperniati sulla inapplicabilita' della sospensione cautelare obbligatoria ai dipendenti statali, essi non appaiono, ictu oculi, persuasivi poiche' la disposizione in esame riguarda genericamente tutti i "dipendenti delle amministrazioni pubbliche" e non vi e' alcun elemento testuale o logico-sistematico che consenta di escludere da tale novero i dipendenti statali (con interpretazione che evocherebbe, anzi, a sua volta, un profilo di illegittimita' costituzionale della norma per contrasto con l'art. 3 della Costituzione). In ordine al secondo, quarto e settimo motivo, i vizi funzionali denunciati, attinenti alla carente o insufficiente motivazione, appaiono di dubbia profilabilita' perche', trattandosi di sospensione obbligatoria e vincolata, non sembra esservi spazio per l'affermazione di un obbligo di motivazione, sebbene di una mera ricognizione e indicazione dei presupposti; ne' vi e' alcun rapporto con la precedente sospensione facoltativa che consenta di sostenere la violazione o elusione della precedente ordinanza cautelare. Quanto al terzo motivo, non sembra potersi ipotizzare alcuna violazione del pricipio di irretroattivita' della legge: la sentenza di condanna (peraltro confermata anche in grado di appello) e' successiva alla entrata in vigore della legge n. 16/1992 e d'altro canto l'art. 15, comma 4-septies, non e' disposizione penale, ne' ha natura penale (e nemmeno di sanzione amministrativa) la sospensione dall'impiego ivi disciplinata. Anche il quinto motivo non appare ictu oculi fondato, perche' la sospensione dalle cariche pubbliche elettive e' autonomamente prevista e la lettera della disposizione e' chiarissima; mentre, a tenore di una costante giurisprudenza amministrativa (sia pure formatasi a proposito della destituzione), nessun rilievo puo' assumere la distinzione tra delitto consumato e tentato; quest'ultimo e' fattispecie incriminatrice comunque riferita allo stesso titolo di reato, ancorche' punita in modo piu' lieve per il mancato compimento (per cause indipendenti alla volonta' dell'autore del reato) della azione tipica o il mancato avveramento (sempre per fatto indipendente dalla volonta' dell'autore del reato) dell'evento antigiuridico tipico (quando questo, come nei reati di evento, sia necessario per il perfezionamento della fattispecie incriminatrice); sicche', anche se differenziato quod poenam, il delitto tentato esprime un significato di antigiuridicita' e un disvalore non diverso qualitativamente dal delitto consumato. Il collegio non puo', dunque, esimersi dall'esame della rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale della disposizione dell'art. 15, comma 4-septies, della legge 19 marzo 1990, n. 55, come introdotto dall'art. 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16. Il ricorrente ne prospetta il contrasto essenzialmente con gli artt. 25 e 97 della Costituzione, asserendo che la disposizione precluderebbe ogni concreta valutazione in ordine alla opportunita' della sospensione cautelare, svincolata dall'apprezzamento dei fatti addebitati (e per i quali e' intervenuta sentenza non definitiva di condanna) e della sussistenza di uno specifico interesse pubblico all'allontanamento del dipendente dal servizio (in tal senso va colto il richiamo alle argomentazioni svolte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 223/1993). In definitiva il ricorrente censura l'introduzione di una nuova ipotesi di sospensione obbligatoria dal servizio (non apparendo dubbio che tale natura riveste la sospensione disciplinata dalla norma in esame). Quanto alla rilevanza della questione, essa non puo' essere revocata in dubbio, laddove la eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma denunciata priverebbe il provvedimento impugnato del suo unico (e necessario) presupposto normativo. In ordine alla non manifesta infondatezza della questione, deve osservarsi quanto segue. Nel sistema delineato dal d.P.R. n. 3/1957, come e' noto, l'istituto della sospensione cautelare obbligatoria dal servizio, disciplinata dall'art. 91 si ricollega, in via esclusiva, alla esistenza di provvedimenti restrittivi della liberta' personale e quindi preclusivi della prestazione del servizio e trova la sua ratio giustificatrice proprio nella materiale impossibilita' di prestazione del servizio, con duplice garanzia dell'interesse dell'amministrazione e di quello del pubblico dipendente. La nuova ipotesi di sospensione obbligatoria prevista dall'art. 15, comma 4-septies, della legge n. 55/1990, come introdotto dall'art. 1 della legge n. 16/1992, prescinde del tutto, invece, dalla esistenza di misure cautelari detentive o interdittive ed anzi, in qualche misura, si pone essa stessa come misura cautelare amministrativa di tipo interdittivo, connessa alla mera esistenza di una pronuncia penale di condanna non definitiva. Orbene, se si conviene - come sembra doversi - che l'istituto della sospensione dal servizio (salva l'ipotesi in cui essa, piu' ed oltre che obbligatoria, e' necessitata dalla esistenza di un provvedimento restrittivo della liberta' personale del pubblico impiegato) e' finalizzato essenzialmente alla tutela della p.a., una disposizione che sottrae all'amministrazione ogni valutazione concreta in ordine all'apprezzamento del fatto-reato e della sua rilevanza sul rapporto di impiego e sul prestigio della p.a. puo' apparire effettivamente contrastante con i principi sanciti dall'art. 97 della Costituzione. Tra l'altro e' in base a tale ordine di argomentazioni (ed in particolare in relazione alla affermata necessita' di ricondurre la valutazione del comportamento del pubblico dipendente alla sua naturale sede, in quel caso il procedimento disciplinare) che la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimita' dell'art. 15, comma 4-octies, della legge n. 55/1990, pure introdotto dalla legge n. 16/1992, relativo alla destituzione. Non sfugge al collegio che le analogie tra l'incidente di costituzionalita' in esame e la dichiarata illegittimita' costituzionale della norma relativa alla destituzione automatica appaiono limitate, in relazione alla diversa natura dei due istituti, posto che la destituzione e' misura sanzionatoria espulsiva, mentre la sospensione dal servizio e' misurata cautelare. Peraltro, proprio le indiscutibili finalita' cautelari dell'istituto in esame revocano in dubbio la legittimita' costituzionale di una norma che vincola la p.a. alla sua adozione in base alla mera ricognizione positiva di un presupposto giuridico- fattuale e le sottrae ogni apprezzamento discrezionale concreto della rilevanza sul servizio e sul prestigio dell'amministrazione della intervenuta sentenza non definitiva di condanna, anche con riguardo alla natura e gravita' del reato ed alle sue circostanze, senza possibilita' di graduazione alcuna delle esigenze cautelari da tutelare nel caso concreto. In altri termini, non sembra potersi negare che, di principio, competa all'amministrazione di valutare la sussistenza in concreto di quelle esigenze cautelari, inerenti alla propria struttura organizzativa ed all'inserimento nella medesima del dipendente pubblico condannato con sentenza non definitiva; sicche' la introduzione di una (nuova) fattispecie di sospensione cautelare obbligatoria, non collegata, come quella disciplinata dell'art. 91 del d.P.R. n. 3/1957, a circostanze fattuali "cogenti" ed ostative della prestazione del servizio, sembra vulnerare quella sfera di valutazioni ed apprezzamenti che trovano il loro fondamento nella norma costituzionale di cui all'art. 97 della Costituzione. Cio' a tacere di altri possibili profili di contrasto della disposizione con gli artt. 3 (per l'eguale trattamento di dipendenti condannati per fattispecie incriminatrici che risultano affatto eterogenee ed esprimono diversi gradi o livelli di disvalore), 4 e 35 (in relazione alla incisione dei diritti costituzionali ivi enunciati) e 36 (per la attribuzione di un trattamento economico sensibilmente inferiore a quello ordinario di attivita') della Costituzione, pure denunciati con altra recente ordinanza di rimessione emanata sulla medesima questione di legittimita' costituzionale (cfr. t.a.r. Sicilia, sezione staccata di Catania, 12 ottobre 1993, n. 151). In relazione alle osservazioni svolte, il collegio ritiene, quindi, che la questione di legittimita' costituzionale risulti, oltre che rilevante, altresi' non manifestamente infondata.