IL TRIBUNALE
    Ha deliberato, alla pubblica udienza del 13 giugno  1994  e  nella
 fase  del dibattimento del processo penale iscritto al numero 131 del
 registro generale dell'anno 1994 la seguente ordinanza;
    Premesso che all'odierna udienza l'avvocato  Gianfranco  Marcello,
 difensore  di fiducia dell'imputato Monterosso Massimiliano, in stato
 di custodia cautelare, ha dichiarato  che  non  intende  prestare  il
 proprio  ufficio  di  difensore  in  quanto  aderente  all'agitazione
 promassa dagli avvocati del Foro locale  e  comportante  l'astensione
 delle udienze dibattimentali anche con imputati detenuti;
    Premesso, altresi', che gli avvocati presenti nell'aula d'udienza,
 nominati  in sostituzione dell'avvocato Marcello ai sensi degli artt.
 484, secondo comma, e 97, quarto comma del  c.p.p.  hanno  dichiarato
 che   non  intendono  assumere  la  difesa  dell'imputato  in  quanto
 anch'essi aderenti all'astensione proclamata dalla categoria;
    Premesso, ancora, che i difensori indicati nella  tabella  di  cui
 agli  artt.  97  e 29 disp. att. del c.p.p., all'uopo preventivamente
 interpellati della  cancelleria,  hanno  fatto  presente  di  aderire
 anch'essi all'astensione e di non poter, pertanto, assumere la difesa
 dell'imputato;
    Premesso,   infine,   che   il  presidente  del  locale  consiglio
 dell'ordine forense, producendo copia del  deliberato  dell'assemblea
 degli avvocati e procuratori di questo foro, tenuta l'11 giugno 1994,
 nella quale e' stata deliberata l'astensione delle udienze della data
 odierna  fino  al  20 p.v. e, altresi', ribadendo la propria adesione
 all'astensione, ha fatto presente che, in conseguenza  della  stessa,
 non  intende procedere a designare altri difensori in sostituzione di
 quelli d'ufficio in turno di riperibilita';
    Sentito il pubblico ministero;
    Considerato che, in carenza dell'intervento della difesa, presidio
 irrinunciabile  a  momento  essenziale  per  l'amministrazione  della
 giustizia, il dibattimento non puo' essere celebrato;
    Considerato  che il rinvio del dibattimento, avendo la difesa dato
 causa, comporta la sospensione dei termini di custodia cautelare;
    Ritenuto che l'abbandono  e  il  rifiuto  della  difesa  impongono
 all'autorita'  giudiziaria  procedente  di riferire a norma dell'art.
 105, quarto comma del c.p.p. al competente Consiglio dell'ordine;
    Considerato che detta norma di correlo alla disposizione contenuta
 nel primo comma  dello  stesso  articolo,  attributiva  al  consiglio
 dell'ordine  forense  della  competenza  esclusiva  per  le  sanzioni
 disciplinari relative all'abbandono della difesa, o al rifiuto  della
 difesa  d'ufficio,  e, pertanto, abrogatrice dell'art. 131 del c.p.p.
 1930, che attribuiva, invece, il sindacato in  materia  all'autorita'
 giudiziaria;
    Considerata  che  questo  tribunale  ha  motivo  di dubitare della
 legittimita' costituzionale di detto articolo 105 del c.p.p., primo e
 quarto  comma,  della  corrispondente  disposizione  della  legge  di
 delega,  art.  2, primo comma, punto 4, della legge 16 febbraio 1987,
 n.  81, di detta legge nel suo complesso e del vigente codice di rito
 nella parte in cui hanno comportato l'abrogazione del precitato  art.
 131  del  c.p.p.  1930,  per  violazione degli artt. 3, 24 e 97 e 102
 della Costituzione;
    Considerato che il sospetto di illegittimita' costituzionale  trae
 alimento:
      A)  dal rilievo che la disciplina de quo appare in contrasto con
 il  principio  del  buon  andamento   dell'amministrazione,   fissato
 dall'art.   97   della   Costituzione   che   deve   informare  anche
 l'amministrazione  della  Giustizia,  e  palesemente   irragionevole,
 atteso  che  l'esercizio  dell'amministrazione  della Giustizia resta
 esposto  al  pericolo  di  interruzioni  e  paralisi  anche  a  tempo
 indeterminato,  in  conseguenze  dell'abbandono  della  difesa  o del
 rifiuto della difesa d'ufficio, da parte del ceto forense, laddove il
 sindacato disciplinare su detti comportamenti omissivi,  e'  devoluto
 in via esclusiva allo stesso Consiglio all'ordine che - ed e' il caso
 di   specie   -   ha   promosso   l'astensione,  cosi'  realizzandosi
 un'inaccettabile situazione di giurisdizione  domestica,  attuata  da
 iudex in causa propria;
      B)   dal   rilievo   che  l'amministrazione  della  giustizia  e
 l'esercizio della funzione giurisdizionale vengono ad essere, in  tal
 modo,  condizionati  e  subordinati  al "libite" di azioni promosse e
 organizzate dalla classe  forense  senza  alcuna  possibilita'  e  di
 sindacato  e controllo esterni rispetto al detto ordine professionale
 con evidente  e  compromissione  della  effettivita'  della  funzione
 costituzionale  (art. 102 della Cost.) e con inaccettabile privilegio
 per il ceto forense (art. 3 della Cost.);
      C) dal  rilievo  che  il  diritto  dell'imputato,  per  di  piu'
 detenuto,  alla celebrazione del giudizio e alla difesa risulta, alla
 stregua della disciplina sospettata  di  incostituzionalita'  affatto
 frustrato;
    Considerato  che  la  questione  si  appalesa rilevante, in quanto
 concerne norma (art.  105,  quarto  comma,  del  c.p.p.)  che  questo
 Tribunale e' chiamato ad applicare in relazione al presente processo;
    Considerato  che  la questione per le considerazioni che precedono
 non appare manifestamente infondata;