IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  1156/1990,
 proposto da Bleve Francesco rappresentato e difeso dall'avv. Pantaleo
 Ernesto  Bacile,  presso  il  quale  e' elettivamente domiciliato, in
 Lecce alla via B. Martello n. 36; contro il Ministero della difesa in
 persona del Ministro p.-t., rappresentato e difeso  dalla  avvocatura
 dello  Stato; per l'annullamento previa sospensiva: del provvedimento
 prot. n. 905023/16/07081/1990 del Ministero della  difesa,  datato  1
 agosto 1990 notificato il 12 marzo 1990, con cui veniva comunicato il
 decreto ministeriale n. 8117/1989 di dispensa dal servizio permanente
 effettivo  del  ricorrente,  nonche'  di  ogni  altro  atto connesso,
 presupposto o conseguenziale; e per la declaratoria del  diritto  del
 ricorrente  ad  essere  reintegrato nel servizio permanente effettivo
 nella propria sede  di  Augusta  con  ogni  conseguenza  economica  e
 giuridica  ivi  compresa  la ricostruzione della propria carriera; in
 via subordinata, e salvo gravame, per la declaratoria del diritto del
 ricorrente  alla  ricostruzione  della  propria  posizione  giuridica
 soggettiva utile ed effettiva ai fini pensionistici ed in particolare
 per  il  riconoscimento  del diritto alla pensione di cui all'art. 28
 lett.  b)  legge  31  luglio  1954,  n.  599,  avendo  giuridicamente
 conseguito alla data della notifica del provvedimento impugnato oltre
 12  anni  di servizio effettivo e oltre 15 anni di servizio utile, di
 cui 9 anni 1 mese e 24 giorni di navigazione;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto  di  costituzione  in  giudizio  dell'amministrazione
 resistente a mezzo dell'avvocatura dello Stato;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito il dott. A. Pasca, ed uditi, altresi', l'avv. G.  Spata,  in
 dichiarata  sostituzione  dell'avv.  P.E.  Bacile  per il ricorrente,
 nonche'  l'avv.  F.  Musio   (avv.   Stato)   per   l'amministrazione
 resistente.
                               F A T T O
    Con  ricorso  depositato  in  data  16 maggio 1990 Bleve Francesco
 impugnava l'atto di cui in epigrafe e ne chiedeva l'annullamento,  in
 una  con  la declaratoria del proprio diritto alla reintegrazione nel
 servizio  permanente  effettivo  e,  in  via  subordinata,   per   la
 declaratoria del diritto al trattamento pensionistico di cui all'art.
 28 lett. b) legge n. 599/1954.
    Il  ricorrente esponeva di essersi arruolato in giovane eta' nella
 marina militare, di avervi espletato servizio  effettivo  per  dodici
 anni  e  sei  mesi, di rivestire la qualifica di capo elettricista di
 seconda classe, di aver sempre fatto  il  proprio  dovere,  superando
 altresi'  il  corso di istruzione generale professionale di categoria
 dell'anno 1986/1987 e di essergli, infine, stata conferita  la  croce
 commemorativa di pace.
    Premesso di essere stato sottoposto ad un periodo di "esperimento"
 dal  novembre  1987  al  maggio  1988,  mentre era a bordo della nave
 "Todaro", nella base navale di Augusta, rappresentava che a bordo  di
 tale  unita'  navale svolgeva le funzioni di comandante in seconda lo
 stesso  ufficiale  che  svolgeva  le  medesime  funzioni  sulla  nave
 "Aquila",  da  cui  il ricorrente proveniva, e che costui aveva anche
 preso parte alla Commissione (da cui era assente un  sottuficiale  di
 categoria pari a quella del ricorrente o avente la medesima qualifica
 tecnica)  che  lo  aveva  sottoposto  ad  un  esame,  giudicandolo  -
 all'esito - "inferiore alla media".
    Con provvedimento del 20 dicembre 1988, il Ministero della  difesa
 disponeva  la  dispensa  dal  servizio  permanente  con decorrenza 31
 gennaio 1989 per "inidoneita'  a  disimpegnare  le  attribuzioni  del
 proprio  grado,  scarso  rendimento e mediocre condotta in servizio".
 Avverso  tale  provvedimento  il   Bleve   aveva   proposto   ricorso
 giurisdizionale dinanzi a questo tribunale (ricorso n. 414/1989).
    Tale  ricorso  veniva definito con sentenza n. 453/1990 con cui si
 dichiarava l'inammissibilita' del ricorso per carenza  di  interesse,
 "riferibile  alla  circostanza  che il provvedimento impugnato - allo
 stato - non risulta giuridicamente efficace perche' non positivamente
 controllato e, conseguentemente, insuscettibile di essere  eseguito",
 riconducendosi  l'avvenuta  esecuzione  del  provvedimento  da  parte
 dell'amministrazione nell'ambito di una lesivita' di mero fatto.
    Successivamente veniva notificato al ricorrente  nuovo  e  diverso
 provvedimento   di   dispensa  per  "inidoneita'  a  disimpegnare  le
 attribuzioni del proprio grado"  e  con  diversa  decorrenza  (dal  1
 febbraio  1989).  Tale  provvedimento risultava registrato alla Corte
 dei conti in data 18 novembre 1989).
    Avverso  tale  provvedimento  il  ricorrente   proponeva   ricorso
 giurisdizionale, deducendo i seguenti vizi:
      1)  illegittimita'  derivata dalla illegittimita' costituzionale
 dell'art. 33 della legge 31 luglio 1954, n. 599,  in  relazione  agli
 artt. 3, 24, 52, -terzo comma - e 97 Costituzione;
      2)  eccesso  di  potere  sotto  vari  profili  sintomatici,  con
 riferimento alla circostanza che "inferiore alla media" non  comporti
 necessariamente  "l'inidoneita'  a  disimpegnare  le attribuzioni del
 proprio grado", nonche' in relazione alla contraddittorieta' di  tali
 sfavorevoli    valutazioni   con   altri   precedenti   provvedimenti
 (certificato di idoneita' rilasciato dalla scuola sottufficiali  m.m.
 di  Taranto con punteggio di "superiore alla media" in data 30 maggio
 1987), nonche', infine, in relazione alla circostanza della  presenza
 nella  commissione  di  valutazione dello stesso ufficiale in seconda
 che in precedenza, proprio con le sue note caratteristiche  negative,
 aveva  fatto  si'  che il ricorrente venisse sottoposto al periodo di
 "esperimento" (non imparzialita' del giudizio della commissione cosi'
 formatosi).
    Si costituiva in giudizio l'amministrazione  resistente,  a  mezzo
 dell'avvocatura  dello Stato, che chiedeva dichiararsi manifestamente
 infondata la questione di costituzionalita'  cosi'  come  proposta  e
 respingersi, comunque, il ricorso.
    Alla  c.c. del 29 agosto 1990 l'istanza di sospensione incidentale
 dell'impugnato provvedimento veniva abbinata al merito e  all'udienza
 del 13 dicembre 1990 il ricorso veniva introitato per la decisione.
                             D I R I T T O
    Rileva   preliminarmente   il   Tribunale   che   l'eccezione   di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 33 legge 31 luglio  1954,  n.
 599,  cosi'  come  proposta,  appare certamente rilevante ai fini del
 decidere e non manifestamente infondata.
    In virtu' della norma  di  legge  surrichiamata,  al  militare  e'
 precluso  ogni  rapporto  partecipativo al procedimento in questione,
 restando egli esclusivamente destinatario  passivo  dell'esito  dello
 stesso.
    Rileva  il  collegio che, con riferimento al preteso contrasto con
 l'art. 3 della Costituzione ed in relazione  al  diverso  trattamento
 riservato  dall'ordinamento  agli  impiegati  civili  dello Stato, se
 indubbiamente l'ordinamento  militare  si  presenta  per  sua  natura
 differenziato e peculiare, pare altrettanto equo che tali peculiari e
 meno  favorevoli  disposizioni  di  legge  incidenti  sul rapporto di
 servizio  del  dipendente  militare  debbano  trovare   una   precisa
 giustificazione  ed  un  limite  nell'esigenza  di  salvaguardia  dei
 relativi e preminenti interessi  di  organizzazione  e  funzionalita'
 dell'apparato militare medesimo. Orbene, il diniego di partecipazione
 del   dipendente   militare   (attraverso  proprie  osservazioni)  al
 procedimento di che trattasi non sembra finalizzato alla salvaguardia
 di alcuna peculiare esigenza dell'ordinamento militare. Tale  assenza
 di  giustificazione  renderebbe  ingiustamente  discriminatorio  tale
 trattamento riservato al dipendente militare rispetto alle diverse  e
 piu'  favorevoli  previsioni normative relative agli impiegati civili
 dello Stato, in assenza, appunto, di alcun  apparente  interesse  che
 giustifichi tale sacrificio.
    L'art.  33  della  legge n. 599/1954 appare, peraltro, informato a
 principi autoritaristici non propriamente conformi al disposto di cui
 all'art. 52, terzo comma,  Costituzione  e,  soprattutto,  sembra  in
 contrasto col principio di buon andamento dell'azione amministrativa,
 sancito e previsto dall'art. 97 della Costituzione.
    E' indubbio, infatti, che l'azione amministrativa possa in ipotesi
 meglio  esplicarsi,  ove  nel  corso  del  procedimento si preveda la
 acquisizione di osservazioni da parte dell'interessato, intese, oltre
 che come momento di garanzia per il dipendente, anche quale strumento
 di  piu'  puntuale  conoscenza  dei  fatti   presupposti   da   parte
 dell'Amministrazione.  Sembra, infatti, sussistere anche un interesse
 pubblico in ordine,  ad  esempio,  al  mantenimento  in  servizio  di
 un'unita'  lavorativa,  sempre  che  idonea,  sovrapponendosi, in tal
 caso, l'interesse personale del  dipendente  alla  conservazione  del
 posto di lavoro, con l'interesse pubblico alla copertura del posto in
 organico e alla prestazione della relativa attivita'.
    Per   tutte  le  considerazioni  suesposte,  il  collegio  ritiene
 necessario  disporre  la  sospensione  del  presente  giudizio  e  la
 trasmissione  degli  atti alla Corte costituzionale, per la decisione
 della questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  33  della
 legge  31  luglio  1954,  n.  599,  nei  termini  sopra  prospettati,
 apparendo la stessa non manifestamente infondata.