Ricorso  per  conflitto di attribuzione per la regione Campania, in
 persona  del   presidente   della   giunta   regionale   pro-tempore,
 rappresentato  e  difeso, in virtu' di mandato a margine del presente
 atto,  dall'avv.  Sergio  Ferrari  dell'avvocatura  regionale  giusta
 delibera g.r. n. 5606 del 26 luglio 1994 ed elettivamente domiciliato
 in  Roma,  via  del Tritone n. 61, presso l'ufficio di rappresentanza
 della regione Campania, contro il Ministero  dei  trasporti  e  della
 navigazione,  in persona del Ministro pro-tempore, per l'annullamento
 del decreto di detto Ministro (trasporti) 4  luglio  1994  pubblicato
 nella  Gazzetta  Ufficiale del 12 luglio 1994, serie generale n. 161,
 ed avente ad oggetto "direttive e criteri per  la  distrazione  degli
 autobus dal servizio di linea al noleggio e viceversa".
                               F A T T O
    La  vertenza  riguarda il decreto, sopra individuato, con il quale
 sono state dettate le direttive  ed  i  criteri  per  l'utilizzazione
 occasionale  degli autobus destinati normalmente al servizio di linea
 per servizi di noleggio e viceversa (attivita'  comunemente  indicata
 come "servizio fuori linea").
    Il  codice della strada (d.l. n. 285/1992), nella materia che qui
 interessa, ha normativamente sancito la  possibilita'  dell'attivita'
 e,  recependo  a  livello  normativo  un  consolidato orientamento di
 giurisprudenza amministrativa (cfr. da ultimo c.d.s., sesta  sezione,
 n.  245/1993,  avallato  dalla  conforme  giurisprudenza  della Corte
 costituzionale, sia pure dopo l'adozione del nuovo  codice,  sentenza
 n.  2/1993) ha ripartito le competenze, (in conformita' dell'art. 117
 della  Costituzione),  tra  Stato,  quale  portatore   di   interesse
 generale,  al  quale e' stata attribuita la competenza tecnica in via
 esclusiva (valutazione della idoneita' del mezzo ad essere  destinato
 al  differente  servizio),  ed  ente  concedente  la  linea  che,  in
 ottemperanza al dettato costituzionale (art.  117),  e'  la  regione,
 salva  l'ipotesi  residuale  dei servizi di trasporto triregionali ed
 internazionali per i quali e' ancora competente lo Stato.
    Le  norme  che  disciplinano la fattispecie sono: l'art. 82, sesto
 comma, la cui  applicazione  e'  (per  dettato  della  stessa  norma)
 subordinata  all'adozione  di  direttive  e  criteri  ministeriali, e
 l'art. 87, quarto comma, per il quale non e' prevista  la  necessita'
 di norme attuative.
    Con  l'atto  impugnato e' stato, quindi, disciplinato il possibile
 svolgimento del servizio fuori linea.
    Avuto  riguardo  al  contenuto  della  norma  di  riferimento,  in
 particolare   art.   4,  e'  evidente  l'invasione  delle  competenze
 dell'ente regione, soprattutto se si tiene conto che il  d.m.  e'  in
 contrasto  con  l'orientamento di codesta Corte sull'art. 82 del cod.
 strada in ordine al riporto di attribuzioni  ed  e',  per  l'effetto,
 costituzionalmente illegittimo per i seguenti motivi in
                             D I R I T T O
    Violazione  artt.  117 e 118 della Costituzione come attuati dagli
 artt. 1 e 3 del d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5, e art. 84 del d.P.R. 24
 luglio 1977, n. 616.
    Le linee automobilistiche di interesse regionale rientrano tra  le
 materie  appartenenti  alla competenza legislativa delle regioni alle
 quali sono state trasferite anche tutte le funzioni amministrative in
 materia (d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5).
    Con il d.P.R. n. 616/1977  la  centralita'  dell'ente  regione  in
 relazione ai trasporti di interesse locale e' stata rafforzata (artt.
 84 e 85).
    Il  decreto qui impugnato appare emanato in violazione delle norme
 citate che disciplinano i rispettivi ruoli.
    In via preliminare occorre chiarire che per utilizzo  fuori  linea
 dei  mezzi  si  intende  l'impiego  degli stessi destinato a renderne
 possibile l'uso nei periodi in cui il servizio di linea, al quale  il
 mezzo  di  regola  e'  vincolato,  viene  sospeso o, comunque, con lo
 stesso puo' essere contemperato, al fine di far  realizzare  un  piu'
 ragionevole utilizzo dei mezzi.
    L'art.  82  cit. indica, sia pure in maniera imprecisa, le ipotesi
 in cui gli autobus che svolgono servizio di noleggio  possono  essere
 destinati  allo svolgimento del servizio cd. fuori linea e viceversa.
 Il  sesto  comma  della   norma   in   riferimento   detta:   "Previa
 autorizzazione  dell'ufficio della direzione generale della M.C.T.C.,
 gli  autocarri  possono  essere  utilizzati,  in  via  eccezionale  e
 temporanea per il trasporto di persone.
    L'autorizzazione e' rilasciata in base al nulla-osta del prefetto.
    Analoga   autorizzazione   viene   rilasciata  dall'ufficio  della
 M.C.T.C.,  agli  autobus  destinati  a  servizio  di   noleggio   con
 conducente  i  quali  posono  essere  impiegati  in  via eccezionale,
 secondo direttive emanate dal Ministero  dei  trasporti  con  decreti
 ministeriali, in servizio di linea e viceversa".
    La ratio legis che caratterizza la normativa considerata e' quella
 di   consentire  allo  Stato  di  assicurare  la  salvaguardia  e  la
 uniformita' dei criteri di sicurezza dei veicoli, nel rispetto  delle
 competenze  degli  enti  minori.  Ne  consegue  che  l'art.  82 cit.,
 interpretato alla luce di  questo  criterio,  attribuisce  all'organo
 dello  Stato  un  potere  di  natura  esclusivamente tecnica, che non
 attiene  ne'  riguarda  le  modalita'  di   gestione   del   servizio
 (riservata,  si  ribadisce, all'ente concedente la linea dall'art. 87
 cit.).
    La  natura  solo  tecnica  della  competenza ministeriale e' stata
 riconosciuta, come gia' ricordato da questa Corte, che, nel  giudizio
 di legittimita' proposto in via principale dalla regione Liguria, con
 una  sentenza  interpretativa di rigetto (n. 2 del 18 dicembre 1992-5
 gennaio 1993), ha dichiarato non fondata la questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 82 nella parte in  riferimento,  proprio  in
 base  alla  considerazione  che  la  norma esaminata non contiene una
 statuizione che determina l'invasione  delle  competenze  degli  enti
 concedenti  diversi  dallo Stato, mirando a salvaguardare l'interesse
 generale dei cittadini.
    Il decreto, infatti,  contiene  quelle  direttive  alle  quali  fa
 riferimento  l'art.  82,  sesto  comma,  ma  nello  stesso sono state
 inserite prescrizioni non aventi carattere strettamente tecnico; deve
 dunque concludersi che le direttive si pongono  in  contrasto  con  i
 principi generali che regolano la materia, con la normativa vigente e
 con  la  interpretazione  che  ne  ha  dato la giurisprudenza e, piu'
 recentemente, la Corte costituzionale.
    Il decreto qui impugnato, dopo aver indicato le ipotesi in cui  e'
 consentita  la  distrazione  dal  servizio  di  linea  al noleggio da
 rimessa stabilisce, all'art. 3, che l'ufficio provinciale  competente
 verifica la compatibilita' delle caratteristiche tecniche del veicolo
 con  le  modalita'  e condizioni di esercizio della linea sulla quale
 deve essere impiegato
 l'autobus da noleggio con conducente e ne rilascia  l'autorizzazione.
 Altra  autorizzazione  della  motorizzazione e' prevista, poi, per la
 distrazione di autobus destinati al servizio di linea in servizio  di
 noleggio con conducente (art. 4). La previsione normativa comporta la
 lesione  delle  attribuzioni  della  regione  nella  qualita' di ente
 concedente  la  linea,  e  cioe'  della  competenza  in  ordine  alla
 valutazione  degli effetti che la distrazione del mezzo produce sulla
 linea in concessione.
    L'art. 1 del decreto elenca le ipotesi in  cui  e'  consentita  la
 distrazione  dal  noleggio  al  servizio  di  linea, ma da una rapida
 lettura  delle  stesse  si  evince  che  non  hanno  la   natura   di
 prescrizioni   tecniche   poiche'   viene  riservata  allo  Stato  la
 valutazione delle compatibilita' delle caratteristiche  tecniche  del
 veicolo  con le modalita' e condizioni di esercizio della linea (art.
 3), e viene altresi' attribuito all'autorita' centrale il  potere  di
 stabilire il periodo massimo di distrazione dei mezzi.
    Ma  la  violazione  denunciata  in  epigrafe  risulta  ancor  piu'
 evidente dalla lettura dell'art. 4. Dopo avere indicato le ipotesi in
 cui e' consentito l'impiego eccezionale di autobus di linea in  fuori
 linea,   con  prescrizioni  che  nulla  hanno  di  "tecnico",  sembra
 riconoscere al concedente  la  linea  il  potere  di  autorizzare  il
 diverso   utilizzo   del  mezzo  "purche'  non  sia  pregiudicata  la
 regolarita' del servizio" (ultimo comma).
    Ma la prova che le prescrizioni non hanno natura  tecnica  risulta
 proprio  dal  testo  dell'art.  4  e, precisamente, dall'elenco delle
 ipotesi in cui e' consentito l'impiego dell'autobus di linea in fuori
 linea che sono: a) guasto meccanico,  incendio  o  furto  di  autobus
 immatricolato  in  servizio di noleggio ovvero vendita, demolizione o
 distruzione del medesimo; b) esigenze di traffico che  comportano  un
 potenziamento  temporaneo dei servizi di noleggio in quanto collegate
 a situazioni di carattere straordinario quali manifestazioni  sociali
 di  rilevanza nazionale ovvero ampia risonanza locale, manifestazioni
 sportive, fieristiche, religiose e simili; c) assenza o insufficienza
 di licenze di  noleggio  nel  comune  in  cui  l'utenza  deve  essere
 prelevata,  in relazione alle esigenze di traffico, ivi, in tal senso
 presenti.
    Da un semplice confronto emerge inoltre che l'ultimo  comma  della
 disposizione da ultimo cit. riproduce in parte l'art. 87/4 e, dunque,
 nulla  di nuovo prescrive rispetto a quanto statuito nel codice della
 strada. E' comunque da escludere che il Ministero  abbia  inteso,  di
 fatto,  dare  alla  normativa  una  portata attuativa dell'art. 87/4,
 poiche'  nell'epigrafe  del  decreto  si   legge:   "Considerata   la
 necessita'  di  dettare  apposite  direttive  secondo quanto previsto
 dall'art. 82, sesto  comma,  in  materia  di  impiego  degli  autobus
 immatricolati  in  servizio  di  linea  di  noleggio con conducente e
 viceversa". Ne consegue che non  essendovi  alcun  richiamo  all'art.
 87/4, non e' consentito dare al decreto un'interpretazione piu' ampia
 di quella esplicitamente indicata.
    Se  la  normativa di attuazione dovesse essere interpretata in tal
 senso sarebbe illegittima, poiche' il Ministero non ha il  potere  di
 dettare  i  criteri  ai  quali  l'ente  concedente deve attenersi per
 concedere l'autorizzazione allo spostamento dal servizio di  linea  a
 quello    di    noleggio    (fuori   linea),   essendo   la   materia
 indiscutibilmente di competenza degli enti concedenti le linee  anche
 sul piano regolamentare.
    Anche  per  la  distrazione  in  esame,  poi,  il  Ministero si e'
 riservato il potere di compiere valutazioni  che  tecniche  non  sono
 quando   ha   stabilito   che  all'art.  5  del  decreto:  "L'ufficio
 provinciale  ..  rilascia  l'autorizzazione  compatibilmente  con  la
 percorribilita' delle strade".
    In  termini  piu' precisi, accertato che la legittimita' dell'art.
 82 e' stata subordinata, come piu' volte ricordato, a  che  lo  Stato
 avesse  solo competenza tecnica per le linee trasferite alla regione,
 se, dunque, con  la  norma  in  contestazione  (art.  4  del  decreto
 impugnato) si e' inteso dettare direttive di attuazione dell'art. 82,
 si  e'  invasa  la  competenza  regionale  in  quanto,  attraverso la
 normativa di attuazione di un controllo tecnico, si vuole  consentire
 al Ministero di effettuare un controllo di merito.
    Vi e' una ipotesi residuale che, per completezza, va valutata: che
 l'art.  4  del  d.m. costituisca un'autolimitazione, non prevista dal
 codice della strada, che il Ministero  si  e'  dato  per  le  ipotesi
 residuali   in   cui  lo  Stato  e'  ancora  ente  concedente  (linee
 triregionali ed internazionali). Soltanto in questo caso la normativa
 impugnata potrebbe risultare legittima alla luce dei principi fin qui
 invocati.
    Infatti il reale potere di controllo  spetta,  in  base  al  nuovo
 codice, agli enti concedenti e, quindi, di regola, alle regioni, allo
 Stato soltanto quando ente concedente (competenza residuale).
    Con   il  d.m.  impugnato,  quando  ormai  la  questione  sembrava
 definita,  si  e'  di  fatto  riattribuita  l'intera  competenza  sul
 controllo al Ministero dei trasporti.
                           Eccesso di delega
    Cio'  posto  sul  piano  del  contenuto  del decreto ministeriale,
 occorre valutare la questione relativa ai  tempi  di  adozione  dello
 stesso.
    La globale organizzazione delle norme transitorie del nuovo codice
 della  strada,  quale  risulta  dal titolo VII, appare strutturata in
 modo da far si' che norme di primo grado e norme attuative entrassero
 in vigore contemporaneamente dopo un lungo periodo di  vacatio  legis
 (che  oscilla fra i sei e gli otto mesi), destinato - evidentemente -
 a rendere possibile una  conoscenza  ed  un  adeguamento  alla  nuova
 normativa  da parte degli uffici chiamati a darvi attuazione. Al fine
 di realizzare questo risultato, per alcune norme e' stata fissata  in
 termini espliciti la data di entrata in vigore (v. per tutti art. 240
 che stabilisce la data del primo gennaio 1993 come data di entrata in
 vigore  del codice, pubblicato nel precedente aprile), per altre sono
 state stabilite delle gradazioni temporali.
    Per quanto riguarda il termine per l'adozione dei decreti  di  cui
 all'art.  82,  con  una  precedente  circolare  (n.  19/1993)  si  fa
 riferimento al combinato disposto  degli  artt.  232/1  e  235/5  che
 fissano  rispettivamente,  il  primo  criterio di ordine generale che
 tutti i decreti previsti per  l'attuazione  di  tutte  le  norme  del
 codice "sono emanati" nel termine dei sei mesi dall'inizio di vigenza
 del  codice  (e  cioe'  entro  il  1$  luglio  1993), l'altro (235/5)
 prevede, con riferimento alle disposizioni della sezione seconda  del
 capo  III  del  titolo III (82-92), una sospensione dell'applicazione
 delle stesse per un ulteriore termine di sei mesi  dopo  l'inizio  di
 vigenza  del  codice.  E'  evidente  la correlazione con il principio
 generale  retroricordato  che  ha  l'obiettivo  della   contemporanea
 entrata   in  vigore  di  norme  primarie  e  subordinate  di  questa
 programmazione procedurale.
    La sospensione di  efficacia  di  alcune  disposizioni  del  nuovo
 codice  dopo  l'entrata  in  vigore  (1$  gennaio 19931$ luglio 1993)
 corrispondeva temporalmente al semestre assegnato  al  Ministero  per
 l'adozione  dei decreti di cui all'art. 232/1, e permetteva l'entrata
 in vigore della normativa nella sua globalita', indispensabile per un
 razionale   funzionamento   del   sistema.   A   favore   di   questa
 interpretazione  non  si  pone  solo  il dato logico, ma anche quello
 grammaticale:  l'art.  235,  quinto  comma,  non  opera   un   rinvio
 dell'entrata in vigore dell'art. 82 (vigente dal 1$ gennaio 1993), ma
 opera invece una sospensione di efficacia: la norma e' vigente dal 1$
 gennaio  1993  ma applicabile soltanto dal 1$ luglio 1993, data entro
 la quale avrebbero dovuto essere adottati i decreti ministeriali.
    Con il  decreto  legislativo  n.  214/1993  e'  stato  operato  il
 differimento   dell'applicazione  delle  disposizioni  contenute  nel
 titolo III del codice della strada dal 1$ luglio 1993 al  1$  ottobre
 1993.
    Ne  e'  conseguito  che  il  termine  concesso  al  Ministero  per
 l'adozione dei decreti attuativi, sarebbe scaduto sei mesi dopo il 1$
 ottobre 1993, cioe' il 1$ aprile 1994. I decreti  in  questione  sono
 stati  adottati  il  4  luglio  1994  e, quindi, dopo la scadenza del
 termine illegittimamente prorogato.
    Appare utile  darsi  carico  di  vagliare  la  legittimita'  della
 proroga  al  fine di stabilire se le statuizioni contenute nel d.lgs.
 n. 214 siano conformi alla normativa delegante, la  legge  13  giugno
 1991, n. 190, avente ad oggetto la delega al Governo per la revisione
 delle norme concernenti la disciplina della circolazione stradale.
    La  disciplina  delegante, che deve ricondursi, piu' precisamente,
 all'art. 5  della  legge  n.  190  cit.,  consente  al  Ministero  di
 apportare  correzioni  ed integrazioni al codice della strada, ma tra
 queste non  possono  essere  ricomprese  proroghe  dei  termini,  ne'
 d'altra  parte  cio' e' consentito in applicazione dell'art. 77 della
 Costituzione.
    Ne consegue che il d.lgs. n. 214 va  considerato  illegittimo  per
 eccesso  di  delega  e  sono,  di  conseguenza,  illegittimi  tutti i
 provvedimenti successivi che a detto d.lgs. fanno riferimento.
    Si lascia all'esame di codesta Corte la valutazione  di  rimettere
 dinanzi  a  se'  in  via  principale  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale in ordine alla proroga dei termini.