LA CORTE DI APPELLO
    Ha pronunciato  alla  pubblica  udienza  del  12  luglio  1994  la
 seguente ordinanza;
    Letta  l'istanza proposta ex art. 49, secondo comma, del c.p.p. da
 Pahor Samo, appellante avverso la sentenza di data 16  febbraio  1988
 del  tribunale  di  Trieste che lo aveva condannato alla pena di mesi
 cinque di reclusione per i reati di cui agli artt. 337, 582,  585  in
 relazione  all'art. 576, n. 1, 61, n. 2 e 10 del c.p., e con la quale
 si chiede la remissione  del  presente  procedimento  alla  Corte  di
 cassazione  in  quanto  fondata  su  fatti  nuovi  rispetto  a quelli
 precedentemente fatti valere;
    Rilevato che l'imputato con atti del 9 marzo 1993 e del 5  ottobre
 1993  ha  proposto  altre  istanze  i  remissione  che  la  Corte  di
 cassazione con sentenze, rispettivamente, del  5  maggio  1993  e  19
 gennaio   1994   ha   rigettato   non   ritenendo  sussistere,  nella
 fattispecie, motivi idonei alla translatio iudicii, considerata dalla
 suprema Corte ipotesi del tutto eccezionale;
    Atteso  che  la  predetta  Corte  ha  fin  qui sempre escluso ogni
 possibilita' di sindacato  da  parte  del  giudice  di  merito  sulla
 ammissibilita'  o  meno  della  istanza,  sembra anche nel caso, come
 quello in esame,  di  reiterazione  della  stessa  fondata,  come  la
 presente,  su motivi solo apparentemente nuovi (Cass. n. 3839/92 e 13
 novembre 1990);
    Considerato che, con ordinanza del 2 dicembre  1993  questa  Corte
 aveva  espressamente, ed inutilmente, richiesto alla suprema Corte di
 cassazione, quale giudice delle leggi, di  fornire  espressamente  la
 sua  interpretazione  della  norma  in  esame,  paventando  anche  il
 pericolo di una prossima prescrizione dei reati;
    Rilevato, peraltro, che una interpretazione come  quella  sin  qui
 offerta  dalla  suprema  Corte  contrasta  in  modo  evidente  con il
 principio della obbligatorieta' dell'azione penale  (art.  112  della
 Corte  costituzionale)  evidente essendo che ove il giudice di merito
 dovesse limitarsi a trasmettere alla Corte di cassazione ogni istanza
 di  remissione,  pur  infondata,  l'imputato   potrebbe   fino   alla
 maturazione  della  prescrizione,  nella fattispecie di verificazione
 assai prossima, sottrarsi al processo ed al conseguente giudizio  del
 giudice,  rendendo  vano,  nella  sostanza  se  non  nella  forma, il
 principio costituzionale di riferimento;
    Atteso  che  l'incidente  di  costituzionalita',  rilevatosi  vano
 l'invocato  intervento  della  Cassazione, ha, quanto meno, il pregio
 della sterilizzazione del termine di prescrizione del reato (art. 159
 del c.p.);
    Considerato, che la questione insorta si pone come  essenzialmente
 pregiudiziale  e  rilevante  rispetto  alla  possibilita'  di  questo
 giudice a decidere la fattispecie in esame;