Ricorso della regione Lombardia, in persona del presidente della giunta regionale dott. Paolo Arrigoni, autorizzato con delibera della giunta regionale n. 56595 del 12 agosto 1994, rappresentata e difesa dagli avvocati prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, largo della Gancia, 1, come da delega in calce al presente atto, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 4 del d.l. 30 luglio 1994, n. 477, recante "riordino delle funzioni in materia di turismo, spettacolo e sport", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 178 del 1 agosto 1994. A seguito dell'avvenuta abrogazione mediante referendum della legge istitutiva del Ministero del turismo e dello spettacolo, una serie di decreti legge succedutisi nel tempo, e finora tutti, meno l'ultimo, decaduti per mancata conversione, ha dettato norme in materia di "riordino delle funzioni in materia di turismo, spettacolo e sport". L'ultimo, fino ad oggi, di tali decreti e' il d.l. 30 luglio 1994, n. 477. Ma gia' sulla base di uno dei precedenti decreti legge non convertiti, e cioe' del d.l. 2 febbraio 1994, n. 80, il Governo ha proceduto alle istituzioni del Dipartimento dello spettacolo, per lo svolgimento delle funzioni amministrative in materia di spettacolo attribuite dal decreto medesimo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri: cioe' e' accaduto con il d.P.C.M. 12 marzo 1994, recante appunto "Istituzione del Dipartimento dello spettacolo", e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 31 marzo 1994, cioe' alla vigilia della decadenza del d.l. n. 80, e lo stesso giorno dell'emanazione del successivo d.l. n. 219. Le disposizioni di detti decreti, reiterate, seppure con alcune parziali modifiche, con il decreto n. 477, conservano in sostanza, trasferendoli presso la Presidenza del Consiglio, tutti gli apparati organizzativi del soppresso Ministero operanti nel campo dello spettacolo. In tal modo viene a consolidarsi non solo un apparato organizzativo, ma anche un assetto delle competenze, che ad avviso della regione ricorrente non rispetta le norme costituzionali, ne' la volonta' referendaria che ha soppresso il Ministero del turismo e dello spettacolo. Per questo la deducente regione (che gia' aveva promosso ricorso avverso il precedente d.l. n. 219/1994, decaduto) impugna, col presente atto, le disposizioni lesive contenute, in materia di spettacolo, nel d.l. n. 477, pur in attesa di conversione. Mentre per quanto riguarda la materia del turismo e dell'industria alberghiera il decreto-legge impugnato segue il criterio di trasferire alle regioni ordinarie tutte le funzioni, ad eccezione soltanto di quelle che vengono espressamente attribuite all'amministrazione centrale dalle altre disposizioni del medesimo decreto (art. 1, primo comma), in materia di spettacolo viceversa il provvedimento legislativo segue il criterio opposto: elenca, al terzo comma dell'art. 1, le funzioni trasferite alla regione (identificate peraltro in quattro modestissimi adempimenti amministrativi o gruppi di adempimenti amministrativi), mentre stabilisce che "le funzioni in materia di spettacolo diverse da quelle di cui al terzo comma sono attribuite alla Presidenza del Consiglio dei Ministri" (art. 1, quarto comma). Per di piu', il quinto comma dell'art. 1 del decreto demanda ad un regolamento del Governo, sia pure di intesa con la conferenza Stato- regioni, il compito di: a) provedere alla "precisazione delle materie indicate al terzo comma", e cioe' delle funzioni che ai sensi del terzo comma sono trasferite alla regione, nonche' alla "individuazione di altre funzioni di preminente carattere o interesse locale o regionale"; b) stabilire "criteri e indirizzi generali per l'esercizio delle competenze di cui al predetto terzo comma", vale a dire delle competenze trasferite alle regioni; c) provvedere al trasferimento alle regioni dei necessari mezzi finanziari "entro il 31 dicembre 1995". Tale disciplina e' per piu' aspetti lesiva dell'autonomia costituzionale della regione. In primo luogo in quanto identifica in materia riduttiva, e in contrasto con la volonta' referendaria, le funzioni attribuite alle regioni, alle quali pure il d.P.R. n. 616/1977 riconosce competenze in ordine alle "attivita' di prosa, musicali e cinematografiche" (art. 49, terzo comma), nonche' in ordine a "i servizi, le strutture e le attivita' pubbliche e private riguardanti l'organizzazione e lo sviluppo del turismo regionale, anche nei connessi aspetti ricreativi" (art. 56). In secondo luogo, in quanto le stesse funzioni trasferite non sono adeguatamente precisate, dato che la "precisazione" delle stesse e la individuazione di "altre funzioni di preminente carattere o interesse locale o regionale" sono affidate ad un regolamento del Governo, in contrasto con il principio per cui e' la legge che deve disciplinare il riparto delle funzioni (art. 117 e VIII disp. trans. e fin., secondo e terzo comma, della Costituzione), e con il principio di legalita' sostanziale. In terzo luogo il trasferimento dei mezzi finanziari necessari non segue il trasferimento delle funzioni, ma e' differito al 1995 (e nemmeno piu' "entro il 1 gennaio 1995", come prevedevano i precedenti DDLL non convertiti, bensi' con ulteriore differimento del termine al 31 dicembre 1995) e affidato ancora una volta alla discrezionalita' del Governo in sede di regolamento, in contrasto con gli artt. 117 e 119 della Costituzione. Ancora piu' grave e' l'attribuzione al regolamento governativo della potesta' di dettare "criteri e indirizzi generali" per l'esercizio delle competenze trasferite alle regioni, in contrasto ancora una volta con l'art. 117 della Costituzione e con il principio di legalita' sostanziale, nonche' con l'art. 17, primo comma, lettera b), della legge n. 400/1988, in base ai quali solo la legge puo' stabilire criteri e indirizzi vincolanti per le regioni ai fini dell'esercizio delle loro competenze proprie. A sua volta l'art. 2 del decreto-legge impugnato attribuisce, in materia di turismo e spettacolo, alla Presidenza del Consiglio talune funzioni che risultano invasive delle attribuzioni regionali. Cosi' e' per quanto riguarda la "definizione delle politiche di settore" cui allude genericamente il primo comma, lettera a), poiche' la definizione delle "politiche di settore" nelle materie di competenza regionale spetta alla regione, nel quadro delle leggi cornice e degli eventuali atti di indirizzo e coordinamento. Cosi' e' pure per la "predisposizione di atti e svolgimento di attivita' generali necessari all'attuazione degli atti adottati dalle istituzioni comunitarie, ivi comprese le sentenze della Corte di giustizia". Infatti, come e' noto, l'attuazione in via amministrativa, e se del caso anche legislativa, degli obblighi comunitari e dunque degli atti comunitari spetta, nelle materie di competenza regionale, alle regioni (art. 6 d.P.R. n. 616/1977). E' pertanto lesiva delle competenze regionali una disposizione che riserva genericamente allo Stato la "predisposizione di atti" e lo "svolgimento di attivita' generali" necessari a tale scopo. Ne' basta, ovviamente, assicurare - come promette il terzo comma del medesimo art. 2 del decreto-legge - "una piena informazione e partecipazione" mediante la conferenza Stato-regioni "in ordine all'adozione e all'attuazione degli atti delle istituzioni della Comunita' europea". Infatti l'attuazione di detti atti, come si e' detto, spetta, nelle materie di competenza, a ciascuna singola regione, e non allo Stato sia pure con la "partecipazione" della conferenza Stato-regioni. In terzo luogo appare lesiva la riserva allo Stato non solo delle "funzioni di sostegno, promozione e vigilanza delle attivita' di spettacolo non trasferite alle regioni" (che finiscono per essere tendenzialmente tutte, posto che i trasferimenti alle regioni, ai sensi dell'art. 1, terzo e quinto comma, sono quasi inesistenti e sostanzialmente rimessi, illegittimamente, ad una successiva attivita' regolamentare); ma anche della "gestione del Fondo unico per lo spettacolo". Tale fondo, infatti, costituisce a tutt'oggi l'unica reale fonte di finanziamento degli interventi di sostegno in questo campo: onde riservarne allo Stato la gestione equivale in sostanza a conservare in capo agli organi statali tutti gli interventi e tutti i relativi mezzi finanziari. Anche l'art. 4 del decreto-legge impugnato appare lesivo, laddove conserva esclusivamente in capo allo Stato la gestione dei finanziamenti a favore delle attivita' musicali e teatrali, e la disponibilita' delle relative risorse, e affida al Presidente del Consiglio il compito di stabilire la misura dei contributi e le modalita' e i termini per la loro corresponsione, in violazione degli artt. 117 e 119 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 49, terzo comma, del d.P.R. n. 616/1977. Il vizio di violazione della riserva di legge e del principio di legalita' sostanziale, gia' denunciato a proposito degli artt. 1 e 4, torna a manifestarsi anche nell'art. 3 del decreto-legge, laddove si attribuisce a regolamenti governativi, sia pure di intesa con la conferenza Stato-regioni, il compito di riordinare gli organi consultivi costituiti presso il soppresso Ministero del turismo e dello spettacolo e gli enti operanti nel settore dello spettacolo e del turismo, prima sottoposti alla vigilanza del soppresso Ministero. Si prevede bensi' che il riordino degli enti debba ispirarsi, fra l'altro, "alle istanze della regionalizzazione" (secondo comma, lettera b), e lettera d) per quanto riguarda l'Enit): ma di tale "regionalizzazione" non si traccia alcun lineamento, in definitiva rimettendo alla discrezionalita' del Governo la identificazione del ruolo e dei compiti delle regioni; e anzi, per quanto riguarda l'Ente teatrale italiano, una norma transitoria stabilisce, in contraddizione con tale criterio, che, in attesa di detto riordino, il consiglio di amministrazione sia composto esclusivamente da membri "scelti e nominati dall'Autorita' di Governo competente in materia di spettacolo", senza alcuna partecipazione delle regioni.