IL CONSIGLIO DI STATO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sui  ricorsi  in  appello  nn.
 966,  967,  968 e 969 del 1987 proposti dall'Ente autonomo spettacoli
 lirici "Arena  di  Verona",  in  persona  del  legale  rappresentante
 pro-tempore,  rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello
 Stato, presso i cui uffici e'  domiciliato  in  Roma,  alla  via  dei
 Portoghesi  n.  12 contro Amorese Umberto, Barbesi Bruno, Di Caterino
 Romolo, Barlottini Sergio per  l'annullamento  rispettivamente  delle
 sentenze  del t.a.r. per il Veneto n. 131 e n. 132 del 1 aprile 1986,
 e n. 170 e 173 del 29 aprile 1986;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udita alla pubblica udienza del 6 dicembre 1991 la  relazione  del
 consigliere Livia Barberio Corsetti;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Umberto  Amorese,  Bruno  Barbesi,  Romolo  Di  Caterino  e Sergio
 Barlottini,  con  separati  ricorsi   al   Tribunale   amministrativo
 regionale    del   Veneto,   hanno   chiesto   l'annullamento   della
 deliberazione n. 352 del 7 gennaio 1985, con la quale il consiglio di
 amministrazione  dell'Ente  autonomo  spettacoli  lirici  "Arena   di
 Verona" ha disposto il loro collocamento a riposo.
    Premesso  di avere chiesto di proseguire nell'attivita' lavorativa
 fino al sessantacinquesimo anno di eta' a  norma  dell'art.  6  della
 legge  27  febbraio 1982, n. 54, e di essere stati di fatto mantenuti
 in servizio oltre  il  compimento  del  sessantesimo  anno  di  eta',
 deducevano  l'illegittimita' del provvedimento impugnato, adottato in
 applicazione della legge 13 luglio  1984,  n.  312,  con  i  seguenti
 motivi:
      I)  violazione ed errata interpretazione dell'art. 6 della legge
 13 luglio 1984, n. 312, in relazione all'art. 6 del d.l. 22 dicembre
 1981, n. 791, convertito in legge con modificazioni  nella  legge  26
 febbraio  1982,  n.  54.  Violazione  del  diritto al mantenimento in
 servizio.
    L'ente lirico, privo di uno statuto e di un  regolamento  organico
 del personale, ha sempre applicato ai propri dipendenti la disciplina
 normativa dei dipendenti del parastato (legge n. 70/1975) e a seguito
 all'entrata in vigore dell'art. 6 del d.l. 22 dicembre 1981, n. 791,
 nel  testo  sostituito  dalla legge di conversione n. 54/1982, che ha
 attribuito agli iscritti all'assicurazione generale obbligatoria  per
 la vecchiaia, l'invalidita' e i superstiti che non avessero raggiunto
 l'anzianita'   contributiva   massima   utile  prevista  dai  singoli
 ordinamenti, la facolta' di optare per continuare a prestare la  loro
 opera  sino  al perfezionamento di tale requisito (o per incrementare
 la   propria   anzianita'  contributiva)  e  comunque  non  oltre  il
 compimento del sessancinquesimo anno d'eta', ha invitato i dipendenti
 interessati a presentare domanda per  il  trattenimento  in  servizio
 fino  a  tale  eta', anche se l'art. 34 dell'allora vigente contratto
 collegio nazionale di lavoro  per  il  personale  degli  enti  lirici
 prevedeva  il  collocamento  a  riposo al compimento del sessantesimo
 anno di eta'.
    Entrata in vigore la legge 13 luglio 1984, n. 312, che all'art. 6,
 ultimo comma, sancisce  l'inapplicabilita'  agli  enti  lirici  delle
 disposizioni delle leggi 20 marzo 1975, n. 70 e 29 marzo 1983, n. 93,
 nonche' quelle dell'art. 6 del d.l. 22 dicembre 1981, n. 791, l'ente
 lirico  ha  pero'  ritenuto  che  tale disposizione concernesse anche
 quanti avevano  gia'  esercitato  l'opzione  ed  ha  conseguentemente
 disposto il loro collocamento a riposo.
    Il  provvedimento  cosi'  adottato e' illegittimo perche' l'art. 6
 della legge n.  312/1984  non  ha  efficacia  retroattiva,  ne'  puo'
 ritenersi che abbia natura di interpretazione autentica;
      II)  violazione  dell'art. 6 della legge 13 luglio 1984, n. 312,
 in relazione  all'art.  25  della  legge  14  agosto  1967,  n.  800.
 Illegittimita' costituzionale dello stesso articolo per contrasto con
 gli artt. 39, 97 e 113 della Costituzione.
    L'art.  6  della  legge  13  luglio  1984, n. 312, non ha abrogato
 l'art. 25 della legge 24 agosto 1967, n. 800, e l'art. 14, lett.  f),
 della  stessa  legge,  in  base  ai  quali  la disciplina dello stato
 giuridico del personale e' demandata al regolamento organico.
    La contrattazione collettiva non  puo'  pertanto  disciplinare  la
 data  del  collocamento  a  riposo.  L'art. 6 della legge n. 312/1984
 violerebbe altrimenti l'art. 97 della Costituzione,  che  attribuisce
 al  legislatore e non alle associazioni di categoria l'organizzazione
 dei  pubblici   uffici;   violerebbe   altresi'   l'art.   39   della
 Costituzione,  che  subordina  l'efficacia obbligatoria dei contratti
 collettivi per tutti gli  appartenenti  alla  categoria  alla  previa
 registrazione  dei sindacati, nonche' il successivo art. 113, perche'
 l'applicazione dei contratti collettivi indipendentemente da un  atto
 amministrativo  o  regolamentare  che li recepisca rende difficile la
 tutela  giurisdizionale,  non  essendo  configurabili  ne'  interessi
 legittimi, ne' diritti soggettivi.
    Cio'  non  sarebbe,  solo  se  si  ritenesse che la contrattazione
 collettiva non possa invadere la  competenza  tradizionale  riservata
 dalla  legge al regolamento organico del personale e che, in mancanza
 di un tale regolamento, si debbano applicare  i  principi  desumibili
 dalla disciplina generale del pubblico impiego;
      III)  violazione  dell'art.  25,  secondo  comma, della legge 14
 agosto 1967, n. 800.
    Il   regolamento   organico    e'    necessariamente    sottoposto
 dall'approvazione  del  ministro  vigilante  e  la giurisprudenza del
 Consiglio di Stato ha  gia'  ritenuto  illegittima  la  deliberazione
 adottata dal consiglio di amministrazione in merito al collocamento a
 riposo,  se la disposizione regolamentare sulla quale si fonda non ha
 ricevuto la dovuta approvazione.
    Non risulta nel  caso  che  l'art.  34  del  contratto  collettivo
 nazionale  di  lavoro  sia  mai  stato  approvato con il procedimento
 suddetto, ne' puo' ritenersi sufficiente la mera recezione  da  parte
 dell'ente.
    L'Ente  autonomo  spettacoli  lirici "Arena di Verona", costituito
 nei giudizi, chiedeva la reiezione dei ricorsi,  controdeducendo  con
 le seguenti considerazioni:
       a) agli enti autonomi lirici ed alle istituzioni concertistiche
 assimilate  non si applicano, per effetto dell'art. 6, secondo comma,
 della legge 13 luglio 1984, n. 312, le disposizioni  della  legge  20
 marzo 1975, n. 70, della legge 24 marzo 1983 n. 93, e dell'art. 6 del
 d.l.  22  dicembre  1981,  n.  791,  come  convertito nella legge 26
 febbraio 1982, n. 54; il collocamento a  riposo  dei  dipendenti  non
 artisti  di tali enti, all'epoca del provvedimento impugnato, restava
 disciplinato dall'art. 34 del contratto collettivo di  lavoro  allora
 vigente  ed applicabile in base alla prescrizione del primo comma del
 menzionato art. 6 della legge n. 312/1984; tale contratto  era  stato
 fatto  proprio  dall'ente  con  apposito  atto  di recezione, pur non
 necessario secondo la piu' recente giurisprudenza  del  consiglio  di
 Stato;
       b)  i  ricorrenti  non  avevano ancora compiuto il sessantesimo
 anno di eta'  al  momento  dell'entrata  in  vigore  della  legge  n.
 312/1984 ed erano stati successivamente mantenuti in servizio su loro
 domanda,  non  avendo  il  consiglio  di  amministrazione considerato
 l'operativita' dell'art. 34 del contratto collettivo di  lavoro,  che
 prevedeva il collocamento a riposo del personale maschile dall'inizio
 dell'anno successivo al compimento di tale eta'; l'accettazione della
 loro  domanda  di  prosecuzione del rapporto di lavoro doveva percio'
 ritenersi travolta dall'adeguamento del comportamento dell'ente  alle
 difformi  disposizioni  di  legge vigenti, che non attribuivano alcun
 diritto soggettivo a tale prosecuzione;
       c) sono manifestamente infondate le questioni  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art. 6 della legge n. 312/1984 per contrasto con
 gli artt. 97, 39 e 113  della  Costituzione;  riguardo  all'art.  97,
 perche'  la  riserva  di  legge  circa  l'organizzazione dei pubblici
 uffici, pur estesa agli aspetti salienti del pubblico impiego, non e'
 assoluta e non esclude la  devoluzione,  fatta  dalla  stessa  legge,
 della sua disciplina alla contrattazione collettiva nella prospettiva
 di  una collocazione privatistica di tale rapporto; riguardo all'art.
 39, perche' l'efficacia nei confronti di  tutti  i  dipendenti  degli
 enti  lirici  e'  assicurata dal richiamo dell'art. 25 della legge n.
 800/1967 e dallo stesso art. 6  della  legge  n.  312/1984;  riguardo
 all'art.  113,  perche'  la  disciplina  contrattuale  collettiva del
 rapporto di lavoro incide solo sui criteri di  discriminazione  della
 giurisdizione e non sulla effettivita' della tutela conseguente.
    Il  tribunale,  con le sentenze indicate in epigrafe, ha accolto i
 ricorsi, ritenendo che  con  l'esercizio  dell'opzione  i  ricorrenti
 avessero   acquistato   un  vero  e  proprio  diritto  soggettivo  al
 mantenimento in servizio fino al sessantacinquesimo anno di eta', che
 non poteva essere travolto  dall'art.  6  della  legge  n.  312/1984,
 innovativo sul punto della precedente disciplina.
    L'Ente  autonomo spettacoli lirici "Arena di Verona", con separati
 appelli, ha impugnato le suddette sentenze, deducendo che la legge n.
 312/1984  ha  disciplinato  interamente  la  materia,  abrogando   la
 precedente  disciplina.  Una costante giurisprudenza del consiglio di
 Stato ha insegnato che le disposizioni in materia di  collocamento  a
 riposo  hanno  efficacia  abrogativa  di contrarie disposizioni della
 precedente  disciplina  anche  nei confronti del personale assunto in
 servizio sotto il suo vigore.
    L'Ente chiede pertanto l'annullamento delle sentenze impugnate.
                             D I R I T T O
    I ricorsi, stante l'identita' delle questioni  in  essi  proposte,
 possono essere riuniti e congiuntamente trattati.
    Oggetto   delle  controversie  e'  la  determinazione  del  limite
 dell'eta' per il collocamento a riposo dei dipendenti  (non  artisti)
 degli  enti autonomi lirici, in relazione all'entrata in vigore della
 legge 13 luglio 1984, n.  312,  il  cui  art.  6  ha  dichiarato  non
 applicabili  ai  relativi  rapporti di lavoro tanto la legge 20 marzo
 1975, n. 70, quanto la legge 29 marzo 1983, n. 93, oltre che l'art. 6
 del d.l. 22 dicembre 1981, n. 791, come modificato  dalla  legge  di
 conversione  26  febbraio  1982,  n.  54,  ed ha affidato la relativa
 disciplina giuridica ed economica ad appositi contratti collettivi di
 categoria, stipulati con determinate modalita'.
    I ricorrenti in primo grado,  che  si  erano  avvalsi,  su  invito
 formale  dello  stesso  Ente, della facolta' prevista dalla norma per
 ultimo menzionata,  di  protrarre  fino  al  sessantacinquesimo  anno
 d'eta'  il rapporto di lavoro, furono invece collocati a riposo prima
 di tale limite, in ossequio al citato art. 6 della  legge  13  luglio
 1984,  n.  312,  e  al  rinvio  da  questo  fatto alla contrattazione
 collettiva, per effetto della quale l'ente si  indusse  ad  applicare
 l'art.  34 del contratto collettivo dell'agosto 1979, che individuava
 nel sessantesimo anno di eta' il limite per il collocamento a riposo.
    Il tribunale ha accolto i  ricorsi,  ritenendo  che  i  ricorrenti
 avessero gia' acquisito il diritto alla protrazione del servizio fino
 al  sessantacinquesimo  anno  di  eta',  senza che su di esso potesse
 influire il sopravvenuto art. 6 della legge 13 luglio 1984,  n.  312,
 che ha stabilito la non applicabilita' della disposizione di legge in
 base alla quale era stata esercitata l'opzione.
    L'Ente  autonomo  spettacoli lirici "Arena di Verona" censura tali
 conclusioni, mentre le restanti questioni dibattute  in  primo  grado
 non sono state riproposte dalle controparti, non costituite.
    Pregiudiziale  all'esame  delle censure proposte appare, peraltro,
 la verifica della legittimita' costituzionale del menzionato art.  6,
 secondo comma, della legge 13 luglio 1984, n. 312, nella parte in cui
 esclude  l'applicabilita'  agli  enti lirici autonomi dell'art. 6 del
 d.l. 22 dicembre 1981, n. 791, nel testo modificato dalla  legge  di
 conversione 26 febbraio 1982, n. 54, per contrasto con gli artt. 3, 4
 e 38 della Costituzione.
    Supposto  infatti che la durata del rapporto di lavoro, in assenza
 dell'opzione esercitata a norma dell'art. 6 del  d.l.  n.  791/1981,
 dovesse  avere  durata fino al sessantesimo anno di eta' e che invece
 l'opzione l'avrebbe protratto al sessantacinquesimo anno  d'eta',  la
 questione si riduce appunto all'applicabilita' o meno di detta ultima
 norma  e,  quindi,  sicura  rilevanza ha la questione di legittimita'
 costituzionale del secondo comma dell'art. 6 della legge n. 312/1984,
 che l'ha esclusa.
    Tale norma e' stata posta infatti a base del provvedimento di  cui
 si  chiede  l'annullamento, e la controversia non puo' essere risolta
 in un senso o nell'altro, senza che  sia  stabilita  la  legittimita'
 costituzionale dell'impedimento normativo cosi' posto. Tanto piu' che
 non  puo'  ritenersi  che  esso non incida sui diritti gia' acquisiti
 anteriormente  all'entrata  in  vigore della legge, che lo prevede: i
 rapporti giuridici in corso, com'e' noto,  ricadono  per  il  seguito
 della  loro  vita  sotto  la  disciplina di leggi sopravvenute che li
 riguardano, ferme soltanto le situazioni esaurite, fra le  quali  non
 rientra  certo  la  durata di un rapporto, anche se preordinata nella
 vigenza della disciplina anteriore.
    La questione e' inoltre non manifestamente infondata con  riguardo
 all'art. 3 ed in relazione all'art. 38 della Costituzione.
    Il  d.l.  22  dicembre  1981,  n.  791, che detta disposizioni in
 materia previdenziale, con l'art. 6 nel testo modificato dalla  legge
 di conversione, consente l'opzione per la prosecuzione dell'attivita'
 lavorativa  a  tutti  gli iscritti all'assicurazione obbligatoria per
 l'invalidita',  la  vecchiaia  ed  i  superstiti  ed  alle   gestioni
 sostitutive  ed  esonerative  di  essa, i quali non abbiano raggiunto
 l'anzianita' contributiva massima.
    Si  tratta  dunque  di  norma  generale,  che  riguarda  tutti   i
 lavoratori subordinati obbligati all'assicurazione di vecchiaia e non
 ancora provvisti dell'anzianita' contributiva massima.
    In  tale  quadro  assicurativo una qualsiasi limitazione, posta ad
 una o piu' categorie di  assicurati,  della  possibilita'  consentita
 dalla norma generale di pervenire a quella anzianita', senza che essa
 si  basi  su  sostanziali e pertinenti differenze di situazioni delle
 categorie svantaggiate rispetto alla generalita'  delle  altre,  pone
 l'esigenza  di  verificarne  appunto  la  compatibilita' con l'art. 3
 della Costituzione.
    Tanto piu' che il succesivo art. 38, secondo e quarto comma, della
 Costituzione, garantisce ai lavoratori il diritto ad avere preveduti,
 a carico di organi o istituti predisposti o  integrati  dallo  Stato,
 mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di vecchiaia. Mezzi
 siffatti,  con riguardo alle opportunita' di accumulo nel corso della
 vita  lavorativa  di   ciascun   lavoratore,   ben   possono   essere
 differenziati  relativamente  alla  durata  di detta vita, ma non per
 effetto di situazioni che dall'interno ne  provochino  la  differente
 portata  rispetto  a quella di tutti gli altri lavoratori e senza che
 vi siano contrapposti mezzi compensativi.
    L'art. 4, primo comma, della  Costituzione  riconosce  a  tutti  i
 cittadini  il  diritto  al  lavoro  ed  alla  promozione  di tutte le
 condizioni che lo rendano effettivo. Un simile riconoscimento sarebbe
 gravemente limitato se,  senza  altra  ragione  distintiva,  trovasse
 nella  legge  dimensioni maggiori o minori di durata per categorie di
 cittadini rispetto ad altre, specie  se  nell'ambito  di  una  stessa
 categoria,  quale  quella  dei  lavoratori  subordinati iscritti alla
 assicurazione generale obbligatoria per la invalidita', la  vecchiaia
 e i superstiti.
    Il  criterio  di  differenziazione non puo' certo ravvisarsi nelle
 difficolta' di bilancio degli  enti  lirici  autonomi  e  nelle  loro
 esigenze  finanziarie,  come  vorrebbe  la  difesa  dell'ente  lirico
 autonomo "Arena di Verona". Tali difficolta' possono essere state  la
 ragione   dell'emanazione   della   norma,   ma  non  possono  essere
 rappresentante  come  elementi  di  distinzione  fra   i   lavoratori
 dipendenti  da tali enti e tutti gli altri a questi estranei, ai fini
 di   dimostrare   la   legittimita'   costituzionale   della    norma
 previdenziale impeditiva.
    Che  poi  la  stessa  norma  impeditiva  sia stata estesa ad altre
 categorie   di   lavoratori,   non   vale   a   renderla   legittima,
 manifestandosi  anche  per  costoro  gli  stessi motivi di disparita'
 ingiustificata.