IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi riuniti nn. 606 e
 618 del 1992 proposti da: quanto al  ricorso  n.  606/1992  dal  sig.
 Pietro Alvaro Porcelli, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe
 Garofalo  ed  elettivamente  domiciliato  presso lo studio in Latina,
 viale dello Statuto n. 37; quanto al ricorso  n.  618/1992  dal  sig.
 Amedeo  Di  Lelio, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Pica, e con
 lo stesso elettivamente domiciliato in Latina, via Giustiniano  n.  7
 (c/o  studio  avv.  Carlo  Giupponi); contro il comune di Cisterna di
 Latina, in persona del sindaco pro-tempore,  rappresentato  e  difeso
 dall'avv.  Antonio  Ciccarese  ed elettivamente domiciliato presso lo
 studio in Latina, via Pancini 12; per  l'annullamento  dell'ordinanza
 n.  22  del  19  febbraio  1992 del sindaco del comune di Cisterna di
 Latina, con la quale veniva ingiunto al sig. Di  Lelio  Amedeo  e  al
 sig. Porcelli Pietro Alvaro, ognuno per quanto di propria competenza,
 di  ripristinare  nel  locale  sito in corso della Repubblica 430, la
 destinazione d'uso prevista in progetto e prescritta dalle  norme  di
 piano ponendo termine a diverso uso attualmente in essere;
    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visto  l'atto costituzionale in giudizio del comune di Cisterna di
 Latina;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore  alla  pubblica  udienza  del  3  dicembre  1993 il cons.
 Goffredo Zaccardi;
    Uditi  l'avv.  G.  Garofalo  per  se  stesso  ed  in  sostituzione
 dell'avv.  M. Pica (ricorso n. 618/1992) per i ricorrenti e l'avv. A.
 Bucciarelli, con delega dell'avv. A. Ciccarese;
    Ritenuto e considerato quanto segue;
                               F A T T O
    Il signor Porcelli, con decorrenza dal  31  gennaio  1983,  veniva
 autorizzato   dal  sindaco  del  comune  di  Cisterna  di  Latina  ad
 esercitare, attraverso il subingresso alla licenza n. 835  rilasciata
 alla  signora  Mazzali  Nerina,  attivita' di commercio al minuto con
 sede fissa, presso i locali siti in Cisterna di Latina, via Appia  km
 55,180.
    In  data  23  marzo  1991,  il  sindaco  del comune di Cisterna di
 Latina,  dietro  parere  favorevole  della  commissione  comunale  al
 commercio,   e   della  U.S.L.  LT/2,  autorizzava  il  trasferimento
 dell'esercizio commerciale predetto da via Appia km  55,180  a  corso
 della  Repubblica  430,  presso  il  locale di proprieta' del sig. Di
 Lelio Amedeo.
    Con ordinanza notificata in data 26 febbriao 1992, il sindaco  del
 comune di Cisterna di Latina, ordinava al sig. Porcelli Pietro Alvaro
 e  al  sig. Di Lelio Amedeo, ognuno per quanto di propria competenza,
 di ripristinare nel locale de quo, la destinazione d'uso a  magazzino
 per artigianato o piccola industria prevista in progetto e prescritta
 dalle  norme  del  piano  regolatore,  ponendo termine al diverso uso
 attualmente in essere. Con i ricorsi in epigrafe e'  impugnato  detto
 provvedimento per i seguenti motivi:
     A - Ricorso Di Lelio, n. 618/1992.
      1)   errore   sui   presupposti,   travisamento   dei  fatti  ed
 illegittimita' dell'ordinanza sindacale;
      2) violazione di  legge,  contraddittorieta'  e  superficialita'
 dell'ordinanza sindacale, eccesso di potere, carenza di motivazione;
      3)   mutamento   di   destinazione   per   atto   amministrativo
 dell'autorita' comunale;
      4) inapplicabilita' ed errata applicazione della legge 47/1985 e
 del regolamento edilizio del Comune di Cisterna art. 3 lettera E.
     B - Ricorso Porcelli, n. 606/1z992.
      1) violazione di tutta la normativa regolante il  commercio  con
 particolare  riguardo  alla  legge n. 421/1976. Falsa applicazione di
 legge in particolare della legge 47/1985, della legge  regione  Lazio
 n.  36/1987  e  della  legge  regione  Lazio  n.  5/1977.  Violazione
 dell'art. 41 della Costituzione. Eccesso di  potere  per  difetto  di
 attivita' istruttoria e di congrua motivazione. Mancanza del pubblico
 interesse.  Tavisamento.  Sviamento.  Contradditorieta'. Illogicita'.
 Perplessita';
      2) falsa applicazione di legge in  particolare  della  legge  n.
 47/1985. Tabella punto 4 come esplicitato dal punto 6 della circolare
 del  30  luglio  1985,  n.  3357/1925 (Ministero dei Lavori Pubblici)
 nonche' di ogni altra norma regolante la materia. Eccesso  di  potere
 per  difetto  di  attivita'  istruttoria  e  per  difetto assoluto di
 motivazione.
    L'amministrazione intimata si e' costituita confutando nel  merito
 la fondatezza dei ricorsi e chiedendone la reiezione.
                             D I R I T T O
    1)  Con  i  due ricorsi indicati in epigrafe - che vengono riuniti
 per evidenti motivi di connessione - e' impugnata l'ordinanza  n.  22
 del  19  febbraio  1992  del sindaco di Cisterna di Latina con cui si
 ordina ai ricorrenti  Di  Lelio  (ricorso  n.  618/1992)  e  Porcelli
 (ricorso  n.  602/1992)  (rispettivamente  proprietario  e conduttore
 dell'immobile situato in Cisterna di Latina corso della Repubblica n.
 430 e, segnatamente, della porzione al piano terra larga mt.  5,30  e
 lunga  mt.  15)  di  ripristinare  nel  locale suddetto la originaria
 destinazione  d'uso  prevista  nel  progetto  assentito  con  licenza
 edilizia  n.  3325/1975  e  conforme  alle norme di piano (magazzino)
 rispetto alla destinazione in atto ad esercizio commerciale.
    Il provvedimento, che assegna centoventi giorni per il  ripristino
 in  dichiarata  applicazione  della  disposizione  di cui all'art. 12
 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, richiama poi impropriamente  gli
 artt.  7, secondo comma e 8 della stessa legge e l'art. 8 della legge
 regionale 2 luglio  1987,  n.  36;  ma  in  definitiva  contiene  una
 statuizione  chiara  ed  inequivoca  nel primo e secondo considerato,
 laddove cita l'art. 7, primo e terzo  comma  della  legge  regionale,
 talche'  puo' ritenersi emesso in applicazione di quest'ultima norma.
 In base a tali disposizioni  infatti  le  modifiche  di  destinazione
 d'uso  di  immobili  realizzate  con  o  senza opere quando hanno per
 oggetto una delle categorie  stabilite  dagli  strumenti  urbanistici
 sono  soggette  a  concessione  edilizia mentre quando riguardano gli
 ambiti di una stessa categoria sono  soggette  ad  autorizzazione  da
 parte del sindaco. Nel caso di specie si tratta di immobile ricadente
 in  zona  C/7 destinata a "piccole industrie, artigianato e attivita'
 complementari" sottozona B di completamento che  "si  riferisce  alle
 aree  attualmente  edificate dell'industria e artigianato e destinate
 al mantenimento d'uso".
    Si   tratta,   quindi,   di  una  destinazione  "artigianale"  che
 costituisce  una  delle  "categorie  generali"  di  cui  alla   legge
 regionale  n. 35/1977 per la cui variazione opera il procedimento che
 si e' delineato. In effetti il locale di cui trattasi e' destinato  a
 magazzino  -  cfr.  copia conforme del progetto assentito n. 1975 con
 licenza edilizia n. 3325 acquisito agli atti di  causa  in  esito  ad
 ordinanza  presidenziale  istruttoria il 5 novembre 1992 - e non puo'
 vedere mutare la sua destinazione d'uso se  non  previo  rilascio  di
 concessione  edilizia  in  forza delle norme richiamate, anche se non
 siano eseguite opere.
    Rispetto a tali disposizioni che  gia'  impongono  la  concessione
 edilizia   per  il  mutamento  di  destinazione  d'uso  e'  meramente
 esplicativo l'art. 3,  secondo  comma,  lettera  a)  del  regolamento
 edilizio del comune di Cisterna di Latina secondo cui le modifiche di
 destinazione  d'uso  aventi  le  caratteristiche  sopradelineate sono
 soggette a concessioni edilizie pur se relative a porzioni di  unita'
 edilizie.
    Rileva,  pertanto,  ai fini della statuizione sui ricorsi indicati
 in epigrafe l'applicazione delle disposizioni della  legge  regionale
 n.  36/1987  contenute  nell'art.  7  primo e terzo comma, emanate in
 attuazione dell'art. 25, ultimo comma, della legge n. 47/1985.
    Ne' possono essere considerate pregiudiziali le questioni poste in
 entrambi i ricorsi circa la carenza di motivazione ed il  difetto  di
 presupposto   dell'atto   impugnato   nonche'  la  contraddittorieta'
 rispetto al  provvedimento  con  cui  il  comune  ha  autorizzato  il
 trasferimento  dell'attivita'  commerciale  svolta  dal  Porcelli nel
 locale di proprieta' del Di Lelio. Anche a non volere tener conto che
 quest'ultimo aveva gia' cessato  la  sua  attivita'  commerciale  nel
 dicembre 1990 in modo che il trasferimento di cui trattasi (del marzo
 1991)  era  riferito  ad  un immobile che anche di fatto oltre che in
 base alle norme  urbanistiche  non  era  piu'  adibito  ad  attivita'
 commerciale,   appare   decisiva   la   considerazione   che  l'avvio
 dell'attivita' commerciale del Di Lelio nel locale  di  cui  trattasi
 risalente  al 1976 - epoca in cui non era necessario alcun titolo per
 cambiare la destinazione d'uso di  un  immobile  -  se  vale  rendere
 lecita   l'attivita'   del  Di  Lelio  non  ha  pero'  modificato  la
 destinazione  urbanistica  impressa   all'immobile   con   il   piano
 particolareggiato ne' ha reso suscettibile l'immobile in questione di
 una diversa destinazione in via permanente.
    2)  Cio'  premesso  in punto di rilevanza, ritiene il Collegio non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art.  7  della  legge  regionale  n.  36/1987 nella parte in cui
 (primo e terzo comma) sottopone a concessione edilizia  le  modifiche
 di  destinazione  d'uso  di immobili realizzate senza l'esecuzione di
 opere.
     A) Emergono in primo luogo: profili di illegittimita'  sui  quali
 si e' pronunciata al Corte costituzionale con sentenza n. 73/1991: a)
 la  modifica funzionale della destinazione di un immobile puo' essere
 sottoposta soltanto ad autorizzazione - e non a concessione  edilizia
 -  e  la legge regionale puo' fissare solo criteri affinche' i comuni
 in sede di pianificazione urbanistica  procedono  "eventualmente"  ed
 "in  ambiti determinati" del proprio territorio alla regolamentazione
 delle destinazioni d'uso prescrivendo, in alcuni casi, la  preventiva
 autorizzazione  del sindaco. Il principio fissato dalla legge statale
 e' chiaro  su  questi  aspetti  ed  emerge  il  contrasto  tra  legge
 regionale  richiamata  e l'art. 25, quarto comma, della legge 47/1985
 con violazione dell'art. 117 della Costituzione; b) vi e', anche, una
 invasione dei poteri riservati all'autonomia comunale con  violazione
 del principio di autonomia fissato nell'art. 5 della Costituzione; c)
 il  principio  della  legge statale secondo cui anche il mutamento di
 destinazione d'uso di un  immobile  realizzato  con  l'esecuzione  di
 opere  -  che non necessitano di concessione edilizia in via autonoma
 per la loro consistenza - richiede l'autorizzazione del  sindaco  che
 discende testualmente dall'art. 26 della legge n. 47/1985 conferma la
 scelta   del   legislatore  nazionale  secondo  cui  la  modifica  di
 destinazione d'uso realizzata senza opere o e'  libera  ovvero,  alle
 condizioni sancite dall'art. 25, quarto comma, puo' essere sottoposta
 ad autorizzazione ma non a concessione edilizia.
     B)  Ritiene, peraltro, il collegio che vi siano due altri profili
 di illegittimita' che meritano  di  essere  segnalati:  il  possibile
 contrasto   con   l'art.   41  della  Costituzione  per  la  indebita
 compressione della iniziativa economica privata e l'eccesso di potere
 legislativo, con violazione del  principio  di  razionalita'  fissato
 dall'art.   3   della   Costituzione   per   le   gravi   conseguenze
 sull'attivita'   imprenditoriale   o   economica   derivanti    dalla
 inosservanza   di  norme  edilizie  che  sottopongono  a  concessione
 edilizia anche attivita' non integranti la realizzazione di  opere  e
 non incidenti sugli standards urbanistici.
    Dal   primo  angolo  visuale  si  puo'  osservare  che  un  limite
 all'attivita' economica dei  privati  dovrebbe  essere  posto,  nella
 fisiologia  del  sistema, per il rispetto della liberta' di tutti gli
 operatori economici ovvero per motivi di interesse generale attinenti
 all'andamento ed allo sviluppo dell'economia e non dovrebbe,  invece,
 riguardare  interessi  diversi tutelati e tutelabili con un complesso
 adeguato ed articolato di disposizioni di carattere  urbanistico  che
 tiene  conto  ed  ha  quale  presupposto  fondamentale l'utilizzo del
 territorio, quale risorsa limitata, con la realizzazione di  un'opera
 edilizia  avente  una  ben  precisa  funzione.  Senza questo elemento
 caratterizzante  potrebbe  non  essere  compatibile  con   la   norma
 costituzionale     richiamata     l'incisione     della    iniziativa
 imprenditoriale dei singoli. E'  utile  in  proposito  ricordare  che
 opportunamente la norma statale di principio fa salva la possibilita'
 di  far  ricadere  sui  privati  i  diversi  oneri e pesi urbanistici
 conseguenti alla diversa  utilizzazione  di  uno  stesso  immobile  e
 ricadenti sulla collettivita'.
    Non vi e' ragione pero', soddisfatte che siano queste esigenze, di
 chiedere altro a quei soggetti che non modifichino in nulla l'assetto
 edilizio   complessivo,  ivi  compresa  l'incidenza  sugli  standards
 previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444.
    Dal secondo angolo visuale c'e' da dire che la scelta si noti bene
 "eventuale" del regime autorizzatorio rimessa  alle  valutazioni  dei
 comuni  appare razionale anche tenendo conto delle peculiarita' delle
 sanzioni ad esso collegate che prevedono  si'  forme  di  ristoro  di
 carattere  pecuniario  (art.  10 legge n. 47/1985) ma non incidono in
 termini di rimozione delle attivita' - posto  che  nel  caso  che  ci
 occupa  opere  non  vi  sono  - e, quindi, il soggetto, che pur abbia
 realizzato un abuso, e' tenuto a ristorare l'Ente locale del  maggior
 carico  urbanistico ed a pagare quanto dovuto a titolo di sanzione ma
 potra' continuare a svolgere la sua attivita'.
    E'  significativo,  a questo riguardo, che lo stesso provvedimento
 impugnato - con un evidente salto logico su cui  non  si  sono  pero'
 appuntate  censure  specifiche  - abbia irrogato le sanzioni previste
 per le opere di difformita' parziale  dalla  concessione.  A  rigore,
 invece, l'applicazione delle norme regionali di cui trattasi dovrebbe
 condurre  all'acquisizione  e  demolizione  delle opere utilizzate in
 modo difforme dalle prescrizioni urbanistiche.
    3) Alla stregua delle considerazioni  che  precedono  il  collegio
 sospende il giudizio e rimette gli atti alla Corte costituzionale per
 l'esame  della  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 7,
 primo e terzo comma della legge regionale del Lazio n. 36/1987.