IL PRETORE Letti gli atti del procedimento penale n. 2369/93R.G. contro Baracchi Oscar, imputato del reato di cui all'art. 21, primo e terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319 e succ. mod., perche' nella sua qualita' di legale rappresentante della Cooperativa agricola Sta- lla sociale di Campegine, effettuava uno scarico di reflui di stalla in acque superficiali (fosso Lora II) senza la prescritta autorizzazione ed eccedente nei parametri di B.O.D., C.O.D. ed azoto ammoniacale NH4 i limiti di cui alla tabella A della legge citata. Accertata in Campegine, l'11 febbraio 1992; Premesso che la difesa dell'imputato ha fatto preliminarmente presente che essa intende chiedere, in tesi subordinata, l'applicazione delle sanzioni sostitutive di cui agli artt. 53 e segg. della legge n. 689/1981 e succ. mod. (con specifico riferimento all'applicazione della sanzione sostitutiva della pena pecuniaria) e sulla base di tale presupposto ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 60, secondo comma, della legge n. 689/1981, nella parte in cui non consente l'applicazione delle sanzioni sostitutive al reato di cui all'art. 21 della cd. legge Merli e cio' per contrasto con l'art. 3 della Costituzione; Tanto premesso e richiamato, osserva: La questione qui proposta non appare manifestamente infondata. In ordine alla sua rilevanza nel presente giudizio, occorre notare che gli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero (e dei quali questo pretore ha preso visione), ove le relative emergenze venissero confermate in dibattimento, potrebbero "in ipotesi" non consentire l'assoluzione dell'imputato. E' pacifico che egli sia legale rappresentante della latteria sociale titolare dello scarico in questione, dedita alla trasformazione del latte conferito dai singoli soci in burro e formaggio. Tale insediamento, per giurisprudenza costante della Corte di cassazione (v. tra le altre, per casi del tutto identici Cassazione n. 1071/1990 imp. Campana; Cassazione 11 marzo 1991 imp. Ferretti; Cassazione 17 dicembre 1993 imp. Giroldini) piu' volte condivisa da questa pretura deve essere qualificato come "insediamento produttivo". Emerge dagli atti delle indagini preliminari (v. verbali di sopraluogo e campionamento e verbali di analisi) che tale insediamento ha effettuato uno scarico di reflui di stalla in acque superficiali. Quindi doveva rispettare i limiti di cui alla tabella C allegata alla cd. legge Merli (dal 1 marzo 1980 se scarico "esistente" oppure fin dal momento della sua attivazione se scarico "nuovo"; cfr. al riguardo art. 12, primo comma, n. 2, art. 13, primo comma, n. 2, lett. a) della legge n. 319/1976). Tali limiti non paiono essere stati rispettati (v. referto analitico nel fascicolo del p.m.) senza che possa ipotizzarsi alcuna fattispecie di forza maggiore o caso fortuito. La modestia dell'episodio, unita alla incensuratezza dell'imputato, sono elementi che potrebbero giustificare l'applicazione, come richiesto, della sanzione sostitutiva della pena pecuniaria in luogo della corrispondente pena detentiva prevista dal contestato art. 21 della legge n. 319/1976. Senonche', a tale sostituzione osta l'art. 60, secondo comma, della legge n. 689/1981 che espressamente prevede che le pene sostitutive non si applicano ai reati previsti dagli artt. 21 e 22 della legge 10 maggio 1976, n. 319. La questione di illegittimita' costituzionale di tale norma per contrasto con l'art. 3 non appare essere manifestamente infondata, risultando la predetta esclusione oggettiva carente di ragionevolezza e cosi' presentandosi per cio' stesso lesiva del principio di uguaglianza. Tale carenza di ragionevolezza emerge se si pone mente alle norme dettate nel corso del tempo dopo l'emanazione della cd. legge Merli nonche' della legge n. 689/1981, per tutelare sia lo stesso bene giuridico inteso in senso generale (vale a dire l'ambiente per cui nozione unitaria cfr. Corte costituzionale n. 641/1987) sia lo stesso bene giuridico inteso nel senso piu' specifico e particolare (vale a dire la tutela delle acque dall'inquinamento). Sotto il primo profilo si deve ricordare, ad esempio che per i reati previsti in caso di smaltimento dei rifiuti di cui al d.P.R. n. 915/1982 oppure in materia di inquinamento atmosferico di cui al d.P.R. n. 203/1988 non e' prevista alcuna preclusione oggettiva ex art. 60 della gia' citata legge. Ne' puo' affermarsi che, le ipotesi di reato contemplate da tali norme siano meno gravi o sanzionino condotte meno dannose e pericolose per l'ambiente. E' sufficiente al riguardo porre mente ai reati previsti per lo smaltimento, in tutte le sue varie fasi, dei rifiuti tossico nocivi. E' sufficiente porre mente alla circostanza che anche il d.P.R. n. 203/1988 prevede ipotesi di reato sanzionate con la pena detentiva per il superamento dei valori limite fissati dalla normativa. La irragionevolezza di cui sopra emerge in maniera ancora piu' evidente se, in estrema sintesi, si esamina di decreto l.gvo. n. 133/1992 che ha dato attuazione a varie direttive Cee in materia di scarichi industriali di sostanze pericolose nelle acque. Tale decreto prevede ipotesi di reato che oggettivamente appaiono essere piu' gravi di quelle previste dalla legge Merli dal momento che disciplina specificamente le sostanze che vengono definite come pericolose "perche' tali da mettere in pericolo la salute umana, nuocere alle risorse viventi ed al sistema ecologico idrico". Tale concetto di pericolosita' per le persone e per l'ambiente non pare essere presente nella cd. legge Merli e certamente non pare proprio potersi ravvisare nello scarico in esame? Non solo ma, ad es., l'art. 18, primo comma, del precedente decreto l.gvo sanziona lo scarico con autorizzazione revocata prevedendo una pena edittale massima (3 anni di arresto) ben superiore alla pena prevista dalla legge n. 319/1976 sempre per lo scarico con autorizzazione revocata (v. art. 21, secondo comma, ultima parte della legge Merli che prevede la pena detentiva, alternativa, fino ad un massimo di due anni di arresto). Ed ancora lo scarico con superamento dei valori limite e' sanzionato con pena edittale massima (due anni di arresto) che e' identica in entrambe le normative in esame. Malgrado tale situazione per i reati previsti dal decreto l.gvo n. 133/1992 (certamente di gravita' non inferiore a quelli della legge n. 319/1976 contestati all'imputato) e' possibile sostituire ai sensi dell'art. 53 e segg. della legge n. 689/1981 la eventuale pena detentiva da applicarsi in concreto, a differenza di quanto - ripetesi - avviene per i reati ex artt. 21 e 22 della legge n. 319/1976. Ne' una ragione di giustificazione a tale evidente ed irragionevole disparita' di trattamento normativo puo', per i fini che qui interessano, essere desunta dallo scopo perseguito dalla norma di cui all'art. 60 della legge n. 689/1981 che era certamente quella di escludere oggettivamente l'applicazione delle sanzioni sostitutive per ipotesi di reato ritenute dal legislatore gravi per la specifica importanza del bene tutelato. Tale scopo, se non proprio venuto meno del tutto, non e' stato certamente poi perseguito in concreto dal legislatore con i riferimenti ai reati in materia ambientali dal momento che tutte le norme sanzionatorie emanate in tale materia, dopo l'entrata in vigore della legge n. 689/1981, non escludono l'applicazione delle sanzioni sostitutive ne' certamente il legislatore e' intervenuto sul testo dell'art. 60 per estendere le ipotesi di esclusioni oggettive ivi previste ai nuovi reati introduttivi dalle norme emanate in difesa dell'ambiente. Al contrario si e' assistito ad un ampliamento della possibilita' di applicare le sanzioni sostitutive che attualmente (v. legge n. 169/1993) possono trovare applicazione in concreto per reati di competenza non pretorile e sanzionati con pene assai consistenti rendendo ulteriormente incomprensibile la limitazione oggettiva in esame. In altri termini tale politica legislativa priva di sostanziale coordinamento tra le varie norme ha finito con il determinare con la materia in esame una evidente disparita' normativa non altrimenti giustificabile che richiama, nella sua essenza, la disparita' che si era venuta a creare in tema di applicazione delle sanzioni sostitutive a seguito della entrata in vigore del nuovo c.p.p. Piu' esattamente a seguito della attribuzione al pretore della competenza a giudicare dal reato ex art. 589 del c.p. a cui non aveva fatto riscontro un adeguamento e coordinamento con l'art. 60 in esame si era venuta a creare la situazione, carente di ragionevolezza, per cui il reato ex art. 589 g.p. commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro potevano applicarsi le sanzioni sostitutive di cui agli artt. 53 e segg. della legge n. 689/1981, possibilita' che invece era espressamente esclusa dall'art. 60 con riferimento al reato, meno grave, ex art. 590 del c.p., secondo e terzo comma, commesso con violazione delle precedenti norme con le conseguenze previste dal primo e secondo comma, art. 583 del c.p. La Corte costituzionale, proprio richiamando la carenza di ragionevolezza di tale sistema normativo con la conseguente lesione del principio di uguaglianza, ha dichiarato la illegittimita' costituzionale dell'art. 60 nella parte in cui stabilisce che le pene sostitutive non si applicano al precitato art. 590 del c.p. come sopra caratterizzato (v. sentenza n. 249/1993). Ne', infine, sembra essere rilevante l'osservazione secondo la quale, se mai, deve essere sospettato di illegittimita' costituzionale l'art. 60 nella parte in cui le conclusioni oggettive ivi previste non si estendono anche alle ipotesi di reato introdotte dalle normative a tutela dell'ambiente approvata dopo la legge n. 689/1981. Un siffatto ragionamento non pare accoglibile poiche' finisce con il comportare una estensione di tali esclusioni oggettive in malam partem ritenuta non ammissibile dalla stessa Corte costituzionale (v. ad es. ord. n. 261/1986 con cui veniva dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimita' costituzionale, sollevata dal pretore di Santhia' con ord. 15 marzo 1985, dell'art. 60 della legge n. 689/1981 nella parte in cui non prevedeva, per il reato di discarica abusiva di r.s.u. mediante stoccaggio sul terreno, la inapplicabilita' delle piu' voltre citate sanzioni sostitutive a differenza di quanto previsto dagli artt. 21 e 22 della cd. legge Merli, trattandosi, in buona sostanza, di questione diretta a sollecitare una pronuncia additiva in materia penale; cfr. al riguardo anche ord. n. 188/1993).