IL PRETORE Esaminati gli atti di causa; Rilevato che in pendenza del presente giudizio e' stato emanato il d.l. 8 luglio 1994, n. 438, recante "Disposizioni in materia di riutilizzo dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo in un processo produttivo o in un processo di combustione, nonche' in materia di smaltimento dei rifiuti", che incide sulle disposizioni del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915; Ritenuto che il suddetto decreto-legge appare in contrasto con gli artt. 3 e 25 della Costituzione e che tale questione sia rilevante ai fini della decisione del presente giudizio; Ritenuta pertanto l'opportunita' di sottoporre d'ufficio al giudizio della Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, terzo, quarto e quinto comma, del d.l. 8 luglio 1994, n. 438, per violazione delle norme costituzionali richiamate; O S S E R V A Lavanga Pasquale e' stato citato a giudizio davanti a questo pre- tore per rispondere del reato di cui all'art. 25, secondo comma, del d.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, per avere, in qualita' di legale rappresentante della Fluorsid S.p.a., gestito, senza l'autorizzazione regionale, in localita' Terrasili, territorio di Assemini, una discarica di rifiuti speciali (anidrite e fanghi residuati dalla decantazione delle acque reflue). Accertato dal 1987. Dall'istruzione dibattimentale e' emerso che la societa' Fluorsid aveva accumulato, gia' a partire dal 1974, anidrite e fanghi derivanti da un processo di decantazione delle acque reflue nel territorio del comune di Assemini, occupando uno spazio che il direttore dello stabilimento industriale, Dilena Sergio, ha quantificato attualmente in circa 280.000 m(Elevato al Cubo), per circa 450.000 tonnellate, in gran parte di anidrite, pur essendo priva della prescritta autorizzazione regionale. La medesima condotta di gestione di "discarica" senza autorizzazione era stata giudicata con sentenza del pretore di Decimomannu in data 1 dicembre 1987. Nel corso del precedente procedimento era stato accertato che il volume del materiale depositato era di circa 151.000 m(Elevato al Cubo). E' evidente pertanto che nel corso degli anni successivi vi e' stato un continuo incremento dell'accumulo di anidrite e fanghi, sino alla data (22 giugno 1993) del provvedimento di sequestro preventivo, emesso dal g.i.p. presso la pretura circondariale di Cagliari. Si e' difeso l'imputato asserendo, fra l'altro, che i materiali depositati in localita' Terrasili non potevano essere considerati rifiuti ai sensi del d.P.R. n. 915/1982, in quanto erano oggetto di compravendita con le cementerie e il settore edilizio. A tal fine ha allegato il bollettino ufficiale del luglio 1993 della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Cagliari, ove risulta inclusa l'anidrite, invocando pertanto il disposto dell'art. 2, terzo comma, d.l. 8 luglio 1994, n. 438. La norma prevede infatti l'esclusione dei materiali quotati in borse merci o in listini e mercuriali ufficiali istituiti presso le camere di commercio entro il novembre 1993, dal campo di applicazione della disciplina delle attivita' finalizzate al riutilizzo come materia prima o come fonte di energia dei residui derivanti da cicli di produzione o di consumo, sottraendo a qualsiasi controllo tutti quei "residui" (da considerare rifiuti sino a prova contraria) che una semplice attestazione della camera di commercio ha qualificato come materiale avente un valore di mercato. Sembra a questo giudice che la scelta di un'autorita' amministrativa di includere o no un certo materiale in un listino non possa condizionare l'applicabilita' della normativa penale in tema di rifiuti, atteso inoltre che l'identificazione della "merce" potrebbe avvenire in un capoluogo di regione e non in un altro, provocando intuibili disparita' di trattamento. L'incongruenza della disciplina in questione si delinea ancora piu' chiaramente nei commi quarto e quinto del medesimo articolo, ove e' stabilito che "il Ministro dell'ambiente, di concerto con i Ministri della sanita', dell'industria, del commercio e dell'artigianato e delle risorse agricole, alimentari e forestali, provvedera', con proprio decreto, a seguito di ricognizione positiva, alla formazione di un elenco nazionale dei materiali quotati che, in relazione alle loro precise specifiche merceologiche, proprieta' e caratteristiche, continuano ad essere esclusi dal campo di applicazione del presente decreto e di quelli ai quali non si applica l'esclusione stessa". Cio' significa che la diversa qualificazione operata dal decreto ministeriale potrebbe riclassificare "residuo" un materiale prima quotato come merce da una camera di commercio, facendo ruotare completamente la disciplina applicabile e creando ulteriore incertezza sul gia' complesso rapporto residuo-rifiuto. In pratica l'art. 2 del d.l. citato ha attribuito alle camere di commercio, salvo nuove qualificazioni ministeriali di non ben precisata natura, modalita' e criteri, il potere di sottrarre alla disciplina dettata per le materie prime secondarie i materiali arbitrariamente inseriti nei listini ufficiali, con la conseguenza di sottrarre gli stessi alla regolamentazione prevista dallo stesso decreto o, qualora non fosse dimostrato "in modo effettivo ed oggettivo il riutilizzo" (art. 12, quarto comma), al trattamento sanzionatorio previsto dal d.P.R. n. 915/1982. Tale previsione, oltre ad essere in contrasto con il regolamento CEE n. 259/1993, il quale non contempla affatto l'esclusione descritta, si palesa in contrasto con i principi costituzionali di parita' di trattamento e di riserva di legge penale. In ordine al primo profilo e' di tutta evidenza che dall'inclusione nei listini ufficiali operata dalla camera di commercio in una regione e non in un'altra dipenderebbe l'operativita' o meno degli obblighi sanciti nel decreto, con le rel- ative sanzioni, e specularmente di quelli stabiliti nel d.P.R. n. 915/1982, con la conseguenza che uno stesso materiale potrebbe ricevere un diverso trattamento a seconda del luogo ove la legge viene applicata. Quanto alla violazione della riserva di legge, il meccanismo di cui all'art. 2 rende possibile, diversamente configurando un elemenco della fattispecie penale, la rilevanza penale di un medesimo fatto ( sub d.l. n. 438/1994 oppure sub d.P.R. n. 915/1982), in relazione alla diversa e non definitiva classificazione dei materiali da parte delle locali camere di commercio. Nella specie l'inclusione dell'anidrite nel listino della camera di commercio di Cagliari comporterebbe l'inapplicabilita' del d.l. in questione, in quanto merce e non "residuo", e di conseguenza impedirebbe la verifica dell'effettiva ed oggettiva destinazione al riutilizzo e dell'eventuale sussunzione nell'ambito applicativo del d.P.R. n. 915/1982 (art. 12, quarto comma del d.l. cit.). La questione appare pertanto non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3 e 25 della Costituzione.