Ricorso  per  conflitto di attribuzioni della provincia autonoma di
 Trento, in persona del  presidente  della  giunta  provinciale  dott.
 Carlo Andreotti, autorizzato con delibera della giunta provinciale n.
 9580  del 29 luglio 1994, rappresentato e difeso dagli avvocati prof.
 Valerio Onida e Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliato  presso
 quest'ultimo in Roma, largo della Gancia, 1, come da mandato speciale
 a  rogito  del notaio dott. Pierluigi Mott di Trento in data 2 agosto
 1994, n. 60118 di  rep.,  contro  il  presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri pro-tempore in relazione al d.P.R. 31 marzo 1994, pubblicato
 nella  Gazzetta  Ufficiale  del  19  luglio 1994, contenente "Atto di
 indirizzo e coordinamento in materia di  attivita'  all'estero  delle
 regioni e delle province autonome", con particolare riguardo all'art.
 2,  secondo  comma,  all'art.  3,  primo comma, e all'art. 4, secondo
 comma.
    1. - Il d.P.R. 31 marzo 1994,  contenente  "Atto  di  indirizzo  e
 coordinamento  in  materia  di  attivita'  all'estero delle regioni e
 delle province autonome", sostituisce, per  espresso  disposto  (art.
 7),  il  d.P.C.M.  11  marzo  1980,  che  conteneva  disposizioni  di
 indirizzo e coordinamento per le  attivita'  promozionali  all'estero
 delle regioni nelle materie di competenza. Questa nuova disciplina di
 indirizzo viene motivata, in premessa, con l'opportunita' di adeguare
 agli  sviluppi anche giurisprudenziali dell'ordinamento italiano e di
 quello  comunitario  il  contenuto   del   precedente   decreto,   in
 considerazione  altresi' degli indirizzi della Comunita' europea, che
 prevedono una partecipazione attiva delle regioni  e  delle  province
 autonome in molteplici iniziative comunitarie. E' da osservare che lo
 stesso  art.  7,  primo comma, del d.P.R. in questione prevede che la
 disciplina in esso contenuta si applichi anche alle regioni a statuto
 speciale e alle province autonome di  Trento  e  di  Bolzano,  "salvo
 quanto   diversamente   stabilito   dagli  statuti,  dalle  norme  di
 attuazione e dalle altre disposizioni che ad esse si riferiscono".
    Il d.P.R. in oggetto modifica dunque la precedente disciplina  del
 d.P.C.M.  11  marzo  1980,  il  quale  si  riferiva  unicamente  alle
 attivita' promozionali  svolte  all'estero  dalle  regioni  ai  sensi
 dell'art.  4,  secondo comma, del d.P.R. n. 616/1977. Il nuovo d.P.R.
 suddivide le attivita' estere svolte dalle regioni e  dalle  province
 autonome in due categorie. La prima e' appunto quella delle attivita'
 promozionali all'estero, definite (art. 1, primo comma, del d.P.R. 31
 marzo  1994)  come  attivita' svolte all'estero da regioni e province
 autonome "nell'ambito delle competenze proprie e delegate e intese  a
 favorire  il  loro  sviluppo  economico, sociale e culturale", il cui
 esercizio e' subordinato alla previa intesa governativa richiesta dal
 gia' citato art. 4, secondo comma, del d.P.R. n. 616/1977.  Come  era
 stato  messo  in  rilievo  dalla  Corte  costituzionale  (sentenza n.
 179/1987), tali attivita' promozionali sono suscettibili di impegnare
 la responsabilita' internazionale dello Stato, e proprio  per  questo
 il decreto in esame (art. 1) stabilisce che esse possano svolgersi in
 un  ambito  delimitato  (cioe'  quello  coincidente  con  le podesta'
 regionali proprie  o  delegate),  prevede  la  necessaria  preventiva
 intesa  con  il  Governo e ne disciplina gli aspetti procedurali: una
 serie di limiti che, sviluppando quelli gia'  previsti  dall'art.  4,
 secondo  comma,  del  d.P.R.  n.  616/1977,  dovrebbero assicurare la
 obbligatoria conformita' di tali attivita'  agli  indirizzi  ed  agli
 atti   di   coordinamento   degli   organi   centrali   e  garantisce
 l'indispensabile conformita'  (o  non  difformita')  delle  attivita'
 promozionali alla politica estera perseguita dallo Stato.
    La  seconda  categoria individuata dal d.P.R. in oggetto e' quella
 delle attivita' di mero rilievo internazionale, una categoria la  cui
 emersione  e'  stata riscontrata nella realta' internazionale e nella
 concreta esperienza delle regioni, e che  secondo  la  giurisprudenza
 della  Corte  costituzionale raggruppa attivita' di vario contenuto e
 di difficile classificazione, compiute dalle regioni o dalle province
 e da altri (di norma omologhi) organismi esteri, aventi  per  oggetto
 "finalita'  di studio o di informazione (in materie tecniche), oppure
 la previsione di partecipazione a manifestazioni dirette ad agevolare
 il progresso culturale o economico in ambito locale, ovvero,  infine,
 l'enunciazione  di propositi intesi ad armonizzare unilateralmente le
 rispettive condotte" (sentenza n. 179/1987). Il tratto caratteristico
 di tali attivita' e' che con esse le regioni e le  province  autonome
 "non  pongono in essere veri accordi ne' assumono diritti ed obblighi
 tali da impegnare  la  responsabilita'  internazionale  dello  Stato"
 (sentenza    n.   179/1987);   si   tratta   insomma   di   attivita'
 "insuscettibili di incidere sulla politica  estera  perseguita  dallo
 Stato  o  di determinare responsabilita' di qualunque genere a carico
 dello  stesso"   (sentenza   n.   472/1992).   Secondo   il   giudice
 costituzionale,  questo  tratto  caratteristico  si  deve riverberare
 nella disciplina del "previo assenso" governativo a  tali  attivita',
 che  deve  presentare  un  minor rigore formale rispetto alla "previa
 intesa", necessaria nel caso delle attivita' promozionali all'estero.
    2. - Il d.P.R. in oggetto contiene come  detto,  all'art.  2,  una
 disciplina dettagliata delle attivita' di mero rilievo internazionale
 di  regioni e province autonome. Va subito rilevato che, per la parte
 relativa a questo genere di attivita',  il  d.P.R.  in  oggetto,  pur
 potendo  in  qualche  modo  riferirsi alla giurisprudenza della Corte
 costituzionale (sentenze nn. 187/1987 e 472/1992, citate), manca  del
 necessario    fondamento   legislativo,   che   secondo   la   stessa
 giurisprudenza, ormai consolidata, della  Corte  costituzionale  deve
 assistere  gli  atti  di  indirizzo  e  coordinamento  del Governo, e
 costituisce il presupposto per l'esercizio del relativo potere.  Ne',
 com'e'  ovvio,  potrebbe legittimamente sostenersi che l'elaborazione
 della giurisprudenza costituzionale sia idonea a sostituirsi  ad  una
 disciplina  della materia da parte del legislatore, il quale potrebbe
 disciplinare   le   caratteristiche   dell'attivita'   regionale    e
 provinciale   di   mero   rilievo   internazionale  secondo  svariate
 modalita', sia pur nell'ambito dei principi individuati  dalla  Corte
 costituzionale.  Ebbene, gli artt. 4 e 57 del d.P.R. n. 616/1977, che
 vengono citati nelle premesse dell'atto di indirizzo e  coordinamento
 qui in questione, si riferiscono soltanto alle attivita' promozionali
 all'estero  e  non alle attivita' di mero rilievo internazionale, che
 percio' vengono disciplinate per la prima volta proprio nel d.P.R. 31
 marzo 1994.
    Gia' sotto questo profilo, e salve le ulteriori considerazioni che
 verranno svolte, l'articolo in esame risulta  illegittimo  e  percio'
 lesivo delle attribuzioni provinciali.
   3.  -  L'art.  2 del d.P.R. in questione suddivide ulteriormente le
 attivita' di mero rilievo internazionale in  due  sottocategorie:  la
 prima  raggruppa  attivita'  che  possono  essere svolte senza alcuna
 formalita' (art. 2,  primo  comma,  lett.  a)),  cioe'  senza  previa
 comunicazione  al Governo e percio' senza previo assenso governativo,
 la seconda, invece (art. 2, secondo  comma,  lettera  b)),  raggruppa
 quegli  atti  e  comportamenti  per  i  quali  e'  necessaria "previa
 comunicazione  al  Dipartimento  per  gli  affari   regionali   della
 Presidenza  del  Consiglio dei Ministri e per conoscenza al Ministero
 degli  affari  esteri  con  l'indicazione  specifica  dell'oggetto  e
 unitamente agli eventuali documenti relativi ad accordi,  protocolli,
 intese  o  atti  similari da sottoscrivere". Con riferimento a questa
 sottocategoria,  la  disciplina  del  previo  assenso   viene   cosi'
 precisata: "entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione il
 Ministro delegato, preposto al dipartimento per gli affari regionali,
 puo'  eccepire  l'eventuale  contrasto delle attivita' stesse con gli
 indirizzi politici generali dello Stato o la loro  esorbitanza  della
 sfera  degli interessi regionali, nel qual caso l'iniziativa non puo'
 essere realizzata o puo' promuovere il coordinamento  dell'iniziativa
 stessa con altre analoghe del Ministero degli affari esteri".
    La  provincia  autonoma  di Trento ritiene che questa disposizione
 del d.P.R. in oggetto sia lesiva della propria sfera di attribuzioni,
 e  i  particolare  delle  competenze  legislative  e   amministrative
 affidatele dagli artt. 8, 9 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e
 dalle relative norme di attuazione.
    Infatti,  il  contrasto  che  il  Ministro delegato puo' eccepire,
 entro  venti  giorni  dal  ricevimento  della   comunicazione   delle
 attivita'  di  cui  all'art.  2,  secondo  comma,  lett. b), potrebbe
 legittimamente riguardare solo  l'eventuale  inconciliabilita'  delle
 attivita'  stesse  con  gli indirizzi di politica estera dello Stato,
 non gia' con gli indirizzi politici generali dello Stato.
    In fatto, non appare nemmeno realistico prospettare l'ipotesi  che
 attivita' di questo genere possano seriamente essere verificate sotto
 il  profilo  della  loro  conformita' all'indirizzo politico generale
 dello Stato; non e' chi non veda come il parametro previsto dall'art.
 2,  secondo  comma,  del  d.P.R.  31  marzo  1994   sia   palesemente
 sproporzionato all'importanza delle attivita' in questione.
    Parrebbe invece ragionevole immaginare un loro eventuale contrasto
 con gli indirizzi di politica estera dello Stato.
    In  ogni  caso,  i  due  concetti  (indirizzo  politico generale e
 indirizzi di politica estera dello Stato) non coincidono affatto. Nel
 primo caso, si tratta di una nozione  assai  lata,  al  limite  della
 genericita',   alla   cui   determinazione   possono   partecipare  e
 contribuire molti degli organi costituzionali centrali, e  che  -  se
 venisse  utilizzata  quale  parametro  per  il controllo di attivita'
 regionali  di  carattere  di  rilievo  internazionale,  come  prevede
 l'articolo  ora  in  questione  -  darebbe luogo a un controllo assai
 penetrante ed invasivo della sfera di attribuzione di regioni e prov-
 ince, potendo bloccare sul nascere qualunque  attivita'  regionale  e
 provinciale  di  carattere  internazionale.  Nel  secondo  caso si ha
 invece a che fare con un concetto di indirizzo assai piu' delimitato,
 in  quanto  attinente  alla  sfera  non  della  politica  statale  in
 generale,  ma  della  politica  estera  in  particolare,  intesa  non
 astrattamente bensi' come delimitata dal raccordo  Parlamento-Governo
 e  resa  esecutiva  dal  Governo  stesso e dal Ministero degli affari
 esteri. Solo rispetto a questo indirizzo, e  non  a  quello  politico
 generale, e' possibile prospettare eventuali contrasti dell'attivita'
 di  mero  rilievo  internazionale  delle  regioni  o  delle  province
 autonome.
    Infatti l'indirizzo politico "generale" dello  Stato,  o  coincide
 con  l'"interesse  nazionale"  che  si  atteggia  quale  limite  alle
 potesta' regionali, e allora puo' legittimamente imporsi alle regioni
 e alle province autonome solo attraverso gli strumenti previsti dalla
 Costituzione  (legislazione  di  principio,  decisioni del Parlamento
 sulle questioni di merito per contrasto di interesse; esercizio della
 funzione di indirizzo e coordinamento nelle forme e  nei  limiti  ben
 noti);  ovvero coincide con la "politica generale del Governo" di cui
 all'art. 95, primo comma,  della  Costituzione,  e  allora  non  puo'
 imporsi  alle regioni e alle province autonome, che restano libere di
 far valere propri indirizzi politici, anche eventualmente diversi  da
 quelli centrali, entro i limiti della Costituzione.
    In  ogni caso non e' costituzionalmente ammissibile che il Governo
 nazionale condizioni con proprie  determinazioni  caso  per  caso  le
 attivita'  di  rilievo  internazionale delle regioni e delle province
 autonome  in  nome  di  un   indirizzo   generale   discrezionalmente
 apprezzato,   estraneo   all'ambito  della  politica  estera  che  e'
 riservata allo Stato.
    D'altro canto, va osservata  una  singolare  contraddizione  nella
 normativa  contenuta dal d.P.R. in oggetto. Infatti, la previa intesa
 governativa alle attivita' promozionali all'estero di regioni e prov-
 ince - attivita', ricordiamo, suscettibili di impegnare lo Stato e di
 determinarne una responsabilita' internazionale - e' subordinata alla
 valutazione sulla "compatibilita' delle attivita'  proposte  con  gli
 indirizzi  di  politica  estera  anche  per gli aspetti commerciali e
 finanziari" (art.  1,  decimo  comma,  del  d.P.R.  in  oggetto).  In
 sostanza, le attivita' promozionali all'estero di regioni o province,
 certo  non  meno importanti di quelle di mero rilievo internazionale,
 vengono  controllate  sulla  base  di  un  parametro  assai  preciso,
 costituito  dagli indirizzi di politica estera, specificati anche con
 riguardo ai profili di rilievo commerciale e finanziario. E  rispetto
 a  tale  parametro,  la  Corte  costituzionale  ha avuto occasione di
 precisare (sentenze nn. 384/1992 e 26/1994)  che  la  valutazione  di
 compatibilita'   da   compiere   sulla   sua  base  e'  ulteriormente
 circoscritta, perche' "non puo' confondersi  con  anomale  misure  di
 controllo  della  gestione  finanziaria  regionale,  che recherebbero
 lesione  al  principio  di  autonomia  finanziaria  su  ricorse  gia'
 iscritte  in  bilancio".  Invece,  secondo  il  d.P.R. in oggetto, le
 attivita'  di   mero   rilievo   internazionale   -   insuscettibili,
 ricordiamo,  di  impegnare  la  responsabilita'  statale - dovrebbero
 essere soggette ad un controllo talmente  penetrante  da  richiedere,
 quale  parametro,  addirittura  gli indirizzi politici generali dello
 Stato. Si  tratta  di  una  singolare  contraddizione,  ulteriormente
 aggravata  dal  fatto  che  su  una  parte  di tali attivita' di mero
 rilievo internazionale non sono invece previsti  controlli  di  sorta
 (art. 2, secondo comma, lett. a)).
    Il  riferimento al parametro qui censurato non puo' nemmeno essere
 dedotto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale,  che  depone
 anzi  in  senso  contrario. Nella sentenza n. 179/1987 si afferma che
 dalle caratteristiche delle attivita' di mero rilievo  internazionale
 "discende  quale  conseguenza  necessaria  che  (  ..) deve ritenersi
 sempre indispensabili il previo assenso del Governo, in modo  che  lo
 Stato  possa  controllare  la  loro  conformita'  agli  indirizzi  di
 politica internazionale, e resti cosi' il pericolo di un  pregiodizio
 agli  interessi  del  paese".  Ben  vero che nel prosieguo il giudice
 costituzionale aggiunge: "percio' le  regioni,  prima  di  avviare  i
 contatti con organismi esteri, sono tenute a darne tempestiva notizia
 al  Governo, il quale ha il potere di porre un divieto quando ritenga
 che essi mal si concilino con l'indirizzo politico generale".  Ma  in
 tal   caso   il  riferimento  all'"indirizzo  politico  generale"  e'
 logicamente da collegare alla frase precedente, ove  si  parla  degli
 indirizzi  di politica internazionale: questi indirizzi, e non quello
 politico generale, sono  palesemente  quelli  rispetto  ai  quali  il
 Governo puo' eventualmente negare il proprio assenso.
    Viceversa,   stabilendo   che  il  controllo  deve  svolgersi  con
 riferimento agli indirizzi politici generali dello Stato,  l'art.  2,
 secondo  comma,  del  d.P.R.  31  marzo  1994,  consente  un'indebita
 invasione  statale  nella   sfera   delle   competenze   provinciali,
 autorizzando  illegittimamente  lo svolgimento di controlli pervasivi
 su ogni attivita' di mero rilievo internazionale, che alla  provincia
 autonoma spetta invece di organizzare ed eseguire.
    4.  - Anche il riferimento, contenuto nello stesso art. 2, secondo
 comma, del d.P.R. 31 marzo 1994, alla possibilita', per  il  Ministro
 delegato,  di  eccepire  l'esorbitanza  delle  attivita' in questione
 dalla sfera degli interessi regionali (o provinciali), risulta lesivo
 delle competenze della provincia. Un siffatto parametro di controllo,
 nella  sua  genericita',  risulta  potenziale  fonte  di   interventi
 governativi  invasivi  con riferimento alle attivita' di mero rilievo
 internazionale, che per lo piu' ricomprendano  atti  e  comportamenti
 rivolti   alla  realizzazione  di  scopi  connessi  alle  materie  di
 competenza regionale o provinciale. In effetti, le attivita' di  mero
 rilievo  internazionale si concretizzano sostanzialmente in attivita'
 di studio e di informazione,  che  possono  risultare  strumentali  e
 utili  all'esercizio  di competenze proprie, ma che possono altresi',
 di per se' stesse,  non  essere  direttamente  riconducibili  a  tali
 materie.  D'altra  parte,  attivita'  di  studio  e  di  informazione
 siffatte sono comunque da ritenersi sempre  consentite,  anche  fuori
 dalle materie attribuite alla competenza della provincia, se si e' in
 presenza  di un interesse reale della collettivita' provinciale. Cio'
 in base a  quella  giurisprudenza  costituzionale  (cfr.  soprattutto
 sentenza  n.  829/1988)  che  fa delle regioni (e percio' anche delle
 Province  autonome)  gli  "enti  esponenziali"  delle   collettivita'
 sociali rappresentate, capaci di agire in funzione degli interessi di
 queste ultime.
    In  ogni  caso,  il  controllo  sulle  attivita'  della  provincia
 autonoma, anche e prima di  tutto  al  fine  di  prevenire  eventuali
 sconfinamenti  dall'ambito di competenza della stessa, e quindi anche
 eventuali attivita' non  riconducibili  alla  sfera  degli  interessi
 provinciali  (intesa  nel  senso ampio or ora chiarito), non potrebbe
 essere  esercitato  dal  Governo  nella  forma  anomala  del  rifiuto
 d'intesa  rispetto  ad atti o attivita' di rilievo internazionale, ma
 dovrebbe aver luogo secondo il regime generale dei controlli  statali
 sulle attivita' regionali (artt. 55 dello statuto speciale; artt. 2 e
 7 e segg. del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305).
    Il  decreto  impugnato  introduce  invece  una  forma di controllo
 atipico e generalizzato sulle attivita' e gli  atti  della  provincia
 che  si  qualifichino  come di rilievo internazionale, e dunque anche
 sotto questo profilo si palesa illegittimo  e  lesivo  dell'autonomia
 provinciale.
    5.  - La provincia autonoma ricorrente ritiene che anche l'art. 3,
 primo comma, del d.P.R. 31 marzo 1994 sia illegittimo e lesivo  della
 propria  sfera  di attribuzioni, quale prevista dallo statuto e dalle
 relative norme di attuazione. Tale disposizione prevede  infatti  che
 "per  l'attuazione  dei  programmi,  delle  iniziative  e delle altre
 attivita' di cui agli artt. 1 e 2, le regioni si debbono  coordinare,
 utilizzando  di  norma  i  relativi  servizi, con gli organismi dello
 Stato e degli  enti  nazionali  operanti  all'estero".  Questa  norma
 sembra  predisporre un obbligo, per regioni e province autonome - sia
 pur attraverso  l'utilizzazione  dell'espressione  "di  norma"  -  di
 servirsi  di organismi statali e di enti statali operanti all'estero,
 nel caso esse svolgano attivita' promozionali all'estero o  attivita'
 di mero rilievo internazionale.
    Ora,  l'art.  3,  secondo comma, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266,
 contenente  "Norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale  per  il
 Trentino-Alto  Adige  concenenti  il  rapporto  tra  atti legislativi
 statali e leggi regionali  e  provinciali,  nonche'  la  potesta'  di
 indirizzo  e  coordinamento",  stabilisce che gli atti di indirizzo e
 coordinamento  del   Governo   vincolano   la   provincia   solo   al
 conseguimento degli obiettivi o risultati in essi previsti, e riserva
 alla  provincia  stessa  l'emanazione  delle  norme di organizzazione
 eventualmente occorrenti per l'attuazione degli atti  predetti.  Gia'
 sotto   questo  profilo  generale,  non  vi  potrebbe  essere  alcuna
 legittima pretesa, da parte di un atto di indirizzo e  coordinamento,
 di  dettare  norme organizzative e di comportamento a regioni e prov-
 ince autonome, relativamente alle modalita'  pratiche  con  le  quali
 conseguire  gli  obiettivi  prefissati  dall'atto  statale.  Inoltre,
 l'art. 5, n. 3, del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 278,  contenente  "Norme
 di  attuazione  dello  statuto  speciale per la regione Trentino-Alto
 Adige in materia di turismo e industria alberghiera" prevede che  sia
 di  competenza  della  provincia  autonoma  l'attivita'  promozionale
 turistica all'estero per iniziative da realizzare nel suo territorio,
 e stabilisce che a questo fine, la provincia stessa possa (non debba)
 avvalersi dell'Ente nazionale italiano per il turismo (Enit).
    Sicche', con riferimento alle  attivita'  promozionali  all'estero
 che la provincia autonoma svolge nell'ambito delle proprie competenze
 in tema di turismo, non potrebbe essere legittimamente previsto alcun
 obbligo,  per  la provincia stessa, di servirsi dell'Enit. A meno che
 l'obbligo di utilizzo "di norma"  degli  organismi  ed  enti  statali
 debba  ritenersi non operante nel caso vi siano norme statutarie o di
 attuazione che vi si oppongono (a favore  di  questa  interpretazione
 potrebbe  state  l'art.  7  dello  stesso decreto, nella parte in cui
 afferma che l'atto di indirizzo e coordinamento si applica anche alle
 regioni a statuto speciale e alle province  autonome,  "salvo  quanto
 diversamente  stabilito  dagli  statuti,  dalle norme di attuazione e
 dalle altre disposizioni che ad  esse  si  riferiscono"),  l'art.  3,
 secondo  comma,  del  d.P.R. 31 marzo 1994 e' pertanto da considerare
 illegittimo e lesivo della sfera  provinciale  di  attribuzioni,  per
 violazione  dell'art.  8,  n.  20, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670,
 nonche' delle disposizioni di attuazione prima richiamate.
    6. - Infine, e' da ritenere  lesivo  delle  competenze  attribuite
 alla  provincia autonoma anche l'art. 4, secondo comma, del d.P.R. 31
 marzo 1994, il quale stabilisce che,  in  applicazione  dell'art.  1,
 secondo  comma,  lett.  c),  della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ai
 fini di facilitare i  rapporti  con  gli  organismi  comunitari,  con
 apposito   provvedimento  legislativo  sara'  prevista  l'istituzione
 presso la rappresentanza permanente dell'italia di un contingente  di
 esperti  regionali  designati  dalla  Conferenza dei presidenti delle
 regioni e delle province autonome ai sensi dell'art.  4  del  decreto
 legislativo  16 dicembre 1989, n. 418. Tale disposizione, infatti, se
 e' da interpretare nel senso  che  alla  provincia  sia  preclusa  la
 possibilita'  di  tenere  rapporti  con  gli  uffici  e  le strutture
 comunitarie attraverso strumenti  e  forme  orgnizzative  diverse  da
 quella prevista in questa disposizione, e in particolare sia preclusa
 la  creazione  di propri uffici di collegamento presso le istituzioni
 comunitarie (come si stabiliva espressamente in precedenti  redazioni
 dell'atto  di  indirizzo),  risulta  in  palese  contrasto con quanto
 disposto dalla gia' ricordata norma dell'art. 3, secondo  comma,  del
 d.lgs.   n.   266/1992,   la  quale  vincola  la  provincia  solo  al
 raggiungimento degli obiettivi indicati negli  atti  di  indirizzo  e
 coordinamento,  e  riserva  alla  competenza provinciale l'emanazione
 delle norme di organizzazione eventualmente occorrenti. Secondo  tale
 norma,  la  provincia ricorrente ben potrebbe, al fine di raggiungere
 gli obiettivi fissati nell'art. 4, primo comma, lettere a), b), c)  e
 d),  dell'atto  di  indirizzo,  stabilire autonomamente la disciplina
 organizzativa piu' idonea, e dunque  anche  la  creazione  di  propri
 appositi  uffici. Nel merito, e' poi da sottolineare come la prevista
 istituzione   presso   la   rappresentanza   permanente   dell'Italia
 (organismo   statale)   di   un  contingente  di  esperti,  designati
 congiuntamente da tutte le regioni e province autonome, appare  assai
 poco  idonea  a  raggiungere  i  gia' ricordati obiettivi fissati nel
 primo comma  dello  stesso  articolo,  che  contengono  significativi
 riferimenti   alle   singole   e   specifiche   realta'  regionali  o
 provinciali.
    Anche per questa disposizione vale  inoltre  la  censura  relativa
 alla  mancata esistenza di un previo fondamento legislativo: ne' puo'
 ovviare a  tale  mancanza  il  riferimento  ad  un  futuro  "apposito
 provvedimento  legislativo"  che  dovrebbe intervenire a sostenere la
 previsione in esame, in  quanto  resta  il  fatto  che  il  contenuto
 precettivo   "negativo"   della   disposizione   stessa  (in  ipotesi
 preclusivo dell'adozione di altri strumenti  organizzativi  da  parte
 della provincia) e' nel frattempo del tutto privo di base legale.