Ricorso per conflitto di attribuzioni della provincia autonoma di Trento, in persona del presidente della giunta provinciale dott. Carlo Andreotti, autorizzato con delibera della giunta provinciale n. 9580 del 29 luglio 1994, rappresentato e difeso dagli avvocati prof. Valerio Onida e Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliato presso quest'ultimo in Roma, largo della Gancia, 1, come da mandato speciale a rogito del notaio dott. Pierluigi Mott di Trento in data 2 agosto 1994, n. 60118 di rep., contro il presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore in relazione al d.P.R. 31 marzo 1994, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 19 luglio 1994, contenente "Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attivita' all'estero delle regioni e delle province autonome", con particolare riguardo all'art. 2, secondo comma, all'art. 3, primo comma, e all'art. 4, secondo comma. 1. - Il d.P.R. 31 marzo 1994, contenente "Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attivita' all'estero delle regioni e delle province autonome", sostituisce, per espresso disposto (art. 7), il d.P.C.M. 11 marzo 1980, che conteneva disposizioni di indirizzo e coordinamento per le attivita' promozionali all'estero delle regioni nelle materie di competenza. Questa nuova disciplina di indirizzo viene motivata, in premessa, con l'opportunita' di adeguare agli sviluppi anche giurisprudenziali dell'ordinamento italiano e di quello comunitario il contenuto del precedente decreto, in considerazione altresi' degli indirizzi della Comunita' europea, che prevedono una partecipazione attiva delle regioni e delle province autonome in molteplici iniziative comunitarie. E' da osservare che lo stesso art. 7, primo comma, del d.P.R. in questione prevede che la disciplina in esso contenuta si applichi anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, "salvo quanto diversamente stabilito dagli statuti, dalle norme di attuazione e dalle altre disposizioni che ad esse si riferiscono". Il d.P.R. in oggetto modifica dunque la precedente disciplina del d.P.C.M. 11 marzo 1980, il quale si riferiva unicamente alle attivita' promozionali svolte all'estero dalle regioni ai sensi dell'art. 4, secondo comma, del d.P.R. n. 616/1977. Il nuovo d.P.R. suddivide le attivita' estere svolte dalle regioni e dalle province autonome in due categorie. La prima e' appunto quella delle attivita' promozionali all'estero, definite (art. 1, primo comma, del d.P.R. 31 marzo 1994) come attivita' svolte all'estero da regioni e province autonome "nell'ambito delle competenze proprie e delegate e intese a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale", il cui esercizio e' subordinato alla previa intesa governativa richiesta dal gia' citato art. 4, secondo comma, del d.P.R. n. 616/1977. Come era stato messo in rilievo dalla Corte costituzionale (sentenza n. 179/1987), tali attivita' promozionali sono suscettibili di impegnare la responsabilita' internazionale dello Stato, e proprio per questo il decreto in esame (art. 1) stabilisce che esse possano svolgersi in un ambito delimitato (cioe' quello coincidente con le podesta' regionali proprie o delegate), prevede la necessaria preventiva intesa con il Governo e ne disciplina gli aspetti procedurali: una serie di limiti che, sviluppando quelli gia' previsti dall'art. 4, secondo comma, del d.P.R. n. 616/1977, dovrebbero assicurare la obbligatoria conformita' di tali attivita' agli indirizzi ed agli atti di coordinamento degli organi centrali e garantisce l'indispensabile conformita' (o non difformita') delle attivita' promozionali alla politica estera perseguita dallo Stato. La seconda categoria individuata dal d.P.R. in oggetto e' quella delle attivita' di mero rilievo internazionale, una categoria la cui emersione e' stata riscontrata nella realta' internazionale e nella concreta esperienza delle regioni, e che secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale raggruppa attivita' di vario contenuto e di difficile classificazione, compiute dalle regioni o dalle province e da altri (di norma omologhi) organismi esteri, aventi per oggetto "finalita' di studio o di informazione (in materie tecniche), oppure la previsione di partecipazione a manifestazioni dirette ad agevolare il progresso culturale o economico in ambito locale, ovvero, infine, l'enunciazione di propositi intesi ad armonizzare unilateralmente le rispettive condotte" (sentenza n. 179/1987). Il tratto caratteristico di tali attivita' e' che con esse le regioni e le province autonome "non pongono in essere veri accordi ne' assumono diritti ed obblighi tali da impegnare la responsabilita' internazionale dello Stato" (sentenza n. 179/1987); si tratta insomma di attivita' "insuscettibili di incidere sulla politica estera perseguita dallo Stato o di determinare responsabilita' di qualunque genere a carico dello stesso" (sentenza n. 472/1992). Secondo il giudice costituzionale, questo tratto caratteristico si deve riverberare nella disciplina del "previo assenso" governativo a tali attivita', che deve presentare un minor rigore formale rispetto alla "previa intesa", necessaria nel caso delle attivita' promozionali all'estero. 2. - Il d.P.R. in oggetto contiene come detto, all'art. 2, una disciplina dettagliata delle attivita' di mero rilievo internazionale di regioni e province autonome. Va subito rilevato che, per la parte relativa a questo genere di attivita', il d.P.R. in oggetto, pur potendo in qualche modo riferirsi alla giurisprudenza della Corte costituzionale (sentenze nn. 187/1987 e 472/1992, citate), manca del necessario fondamento legislativo, che secondo la stessa giurisprudenza, ormai consolidata, della Corte costituzionale deve assistere gli atti di indirizzo e coordinamento del Governo, e costituisce il presupposto per l'esercizio del relativo potere. Ne', com'e' ovvio, potrebbe legittimamente sostenersi che l'elaborazione della giurisprudenza costituzionale sia idonea a sostituirsi ad una disciplina della materia da parte del legislatore, il quale potrebbe disciplinare le caratteristiche dell'attivita' regionale e provinciale di mero rilievo internazionale secondo svariate modalita', sia pur nell'ambito dei principi individuati dalla Corte costituzionale. Ebbene, gli artt. 4 e 57 del d.P.R. n. 616/1977, che vengono citati nelle premesse dell'atto di indirizzo e coordinamento qui in questione, si riferiscono soltanto alle attivita' promozionali all'estero e non alle attivita' di mero rilievo internazionale, che percio' vengono disciplinate per la prima volta proprio nel d.P.R. 31 marzo 1994. Gia' sotto questo profilo, e salve le ulteriori considerazioni che verranno svolte, l'articolo in esame risulta illegittimo e percio' lesivo delle attribuzioni provinciali. 3. - L'art. 2 del d.P.R. in questione suddivide ulteriormente le attivita' di mero rilievo internazionale in due sottocategorie: la prima raggruppa attivita' che possono essere svolte senza alcuna formalita' (art. 2, primo comma, lett. a)), cioe' senza previa comunicazione al Governo e percio' senza previo assenso governativo, la seconda, invece (art. 2, secondo comma, lettera b)), raggruppa quegli atti e comportamenti per i quali e' necessaria "previa comunicazione al Dipartimento per gli affari regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri e per conoscenza al Ministero degli affari esteri con l'indicazione specifica dell'oggetto e unitamente agli eventuali documenti relativi ad accordi, protocolli, intese o atti similari da sottoscrivere". Con riferimento a questa sottocategoria, la disciplina del previo assenso viene cosi' precisata: "entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione il Ministro delegato, preposto al dipartimento per gli affari regionali, puo' eccepire l'eventuale contrasto delle attivita' stesse con gli indirizzi politici generali dello Stato o la loro esorbitanza della sfera degli interessi regionali, nel qual caso l'iniziativa non puo' essere realizzata o puo' promuovere il coordinamento dell'iniziativa stessa con altre analoghe del Ministero degli affari esteri". La provincia autonoma di Trento ritiene che questa disposizione del d.P.R. in oggetto sia lesiva della propria sfera di attribuzioni, e i particolare delle competenze legislative e amministrative affidatele dagli artt. 8, 9 e 16 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, e dalle relative norme di attuazione. Infatti, il contrasto che il Ministro delegato puo' eccepire, entro venti giorni dal ricevimento della comunicazione delle attivita' di cui all'art. 2, secondo comma, lett. b), potrebbe legittimamente riguardare solo l'eventuale inconciliabilita' delle attivita' stesse con gli indirizzi di politica estera dello Stato, non gia' con gli indirizzi politici generali dello Stato. In fatto, non appare nemmeno realistico prospettare l'ipotesi che attivita' di questo genere possano seriamente essere verificate sotto il profilo della loro conformita' all'indirizzo politico generale dello Stato; non e' chi non veda come il parametro previsto dall'art. 2, secondo comma, del d.P.R. 31 marzo 1994 sia palesemente sproporzionato all'importanza delle attivita' in questione. Parrebbe invece ragionevole immaginare un loro eventuale contrasto con gli indirizzi di politica estera dello Stato. In ogni caso, i due concetti (indirizzo politico generale e indirizzi di politica estera dello Stato) non coincidono affatto. Nel primo caso, si tratta di una nozione assai lata, al limite della genericita', alla cui determinazione possono partecipare e contribuire molti degli organi costituzionali centrali, e che - se venisse utilizzata quale parametro per il controllo di attivita' regionali di carattere di rilievo internazionale, come prevede l'articolo ora in questione - darebbe luogo a un controllo assai penetrante ed invasivo della sfera di attribuzione di regioni e prov- ince, potendo bloccare sul nascere qualunque attivita' regionale e provinciale di carattere internazionale. Nel secondo caso si ha invece a che fare con un concetto di indirizzo assai piu' delimitato, in quanto attinente alla sfera non della politica statale in generale, ma della politica estera in particolare, intesa non astrattamente bensi' come delimitata dal raccordo Parlamento-Governo e resa esecutiva dal Governo stesso e dal Ministero degli affari esteri. Solo rispetto a questo indirizzo, e non a quello politico generale, e' possibile prospettare eventuali contrasti dell'attivita' di mero rilievo internazionale delle regioni o delle province autonome. Infatti l'indirizzo politico "generale" dello Stato, o coincide con l'"interesse nazionale" che si atteggia quale limite alle potesta' regionali, e allora puo' legittimamente imporsi alle regioni e alle province autonome solo attraverso gli strumenti previsti dalla Costituzione (legislazione di principio, decisioni del Parlamento sulle questioni di merito per contrasto di interesse; esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento nelle forme e nei limiti ben noti); ovvero coincide con la "politica generale del Governo" di cui all'art. 95, primo comma, della Costituzione, e allora non puo' imporsi alle regioni e alle province autonome, che restano libere di far valere propri indirizzi politici, anche eventualmente diversi da quelli centrali, entro i limiti della Costituzione. In ogni caso non e' costituzionalmente ammissibile che il Governo nazionale condizioni con proprie determinazioni caso per caso le attivita' di rilievo internazionale delle regioni e delle province autonome in nome di un indirizzo generale discrezionalmente apprezzato, estraneo all'ambito della politica estera che e' riservata allo Stato. D'altro canto, va osservata una singolare contraddizione nella normativa contenuta dal d.P.R. in oggetto. Infatti, la previa intesa governativa alle attivita' promozionali all'estero di regioni e prov- ince - attivita', ricordiamo, suscettibili di impegnare lo Stato e di determinarne una responsabilita' internazionale - e' subordinata alla valutazione sulla "compatibilita' delle attivita' proposte con gli indirizzi di politica estera anche per gli aspetti commerciali e finanziari" (art. 1, decimo comma, del d.P.R. in oggetto). In sostanza, le attivita' promozionali all'estero di regioni o province, certo non meno importanti di quelle di mero rilievo internazionale, vengono controllate sulla base di un parametro assai preciso, costituito dagli indirizzi di politica estera, specificati anche con riguardo ai profili di rilievo commerciale e finanziario. E rispetto a tale parametro, la Corte costituzionale ha avuto occasione di precisare (sentenze nn. 384/1992 e 26/1994) che la valutazione di compatibilita' da compiere sulla sua base e' ulteriormente circoscritta, perche' "non puo' confondersi con anomale misure di controllo della gestione finanziaria regionale, che recherebbero lesione al principio di autonomia finanziaria su ricorse gia' iscritte in bilancio". Invece, secondo il d.P.R. in oggetto, le attivita' di mero rilievo internazionale - insuscettibili, ricordiamo, di impegnare la responsabilita' statale - dovrebbero essere soggette ad un controllo talmente penetrante da richiedere, quale parametro, addirittura gli indirizzi politici generali dello Stato. Si tratta di una singolare contraddizione, ulteriormente aggravata dal fatto che su una parte di tali attivita' di mero rilievo internazionale non sono invece previsti controlli di sorta (art. 2, secondo comma, lett. a)). Il riferimento al parametro qui censurato non puo' nemmeno essere dedotto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che depone anzi in senso contrario. Nella sentenza n. 179/1987 si afferma che dalle caratteristiche delle attivita' di mero rilievo internazionale "discende quale conseguenza necessaria che ( ..) deve ritenersi sempre indispensabili il previo assenso del Governo, in modo che lo Stato possa controllare la loro conformita' agli indirizzi di politica internazionale, e resti cosi' il pericolo di un pregiodizio agli interessi del paese". Ben vero che nel prosieguo il giudice costituzionale aggiunge: "percio' le regioni, prima di avviare i contatti con organismi esteri, sono tenute a darne tempestiva notizia al Governo, il quale ha il potere di porre un divieto quando ritenga che essi mal si concilino con l'indirizzo politico generale". Ma in tal caso il riferimento all'"indirizzo politico generale" e' logicamente da collegare alla frase precedente, ove si parla degli indirizzi di politica internazionale: questi indirizzi, e non quello politico generale, sono palesemente quelli rispetto ai quali il Governo puo' eventualmente negare il proprio assenso. Viceversa, stabilendo che il controllo deve svolgersi con riferimento agli indirizzi politici generali dello Stato, l'art. 2, secondo comma, del d.P.R. 31 marzo 1994, consente un'indebita invasione statale nella sfera delle competenze provinciali, autorizzando illegittimamente lo svolgimento di controlli pervasivi su ogni attivita' di mero rilievo internazionale, che alla provincia autonoma spetta invece di organizzare ed eseguire. 4. - Anche il riferimento, contenuto nello stesso art. 2, secondo comma, del d.P.R. 31 marzo 1994, alla possibilita', per il Ministro delegato, di eccepire l'esorbitanza delle attivita' in questione dalla sfera degli interessi regionali (o provinciali), risulta lesivo delle competenze della provincia. Un siffatto parametro di controllo, nella sua genericita', risulta potenziale fonte di interventi governativi invasivi con riferimento alle attivita' di mero rilievo internazionale, che per lo piu' ricomprendano atti e comportamenti rivolti alla realizzazione di scopi connessi alle materie di competenza regionale o provinciale. In effetti, le attivita' di mero rilievo internazionale si concretizzano sostanzialmente in attivita' di studio e di informazione, che possono risultare strumentali e utili all'esercizio di competenze proprie, ma che possono altresi', di per se' stesse, non essere direttamente riconducibili a tali materie. D'altra parte, attivita' di studio e di informazione siffatte sono comunque da ritenersi sempre consentite, anche fuori dalle materie attribuite alla competenza della provincia, se si e' in presenza di un interesse reale della collettivita' provinciale. Cio' in base a quella giurisprudenza costituzionale (cfr. soprattutto sentenza n. 829/1988) che fa delle regioni (e percio' anche delle Province autonome) gli "enti esponenziali" delle collettivita' sociali rappresentate, capaci di agire in funzione degli interessi di queste ultime. In ogni caso, il controllo sulle attivita' della provincia autonoma, anche e prima di tutto al fine di prevenire eventuali sconfinamenti dall'ambito di competenza della stessa, e quindi anche eventuali attivita' non riconducibili alla sfera degli interessi provinciali (intesa nel senso ampio or ora chiarito), non potrebbe essere esercitato dal Governo nella forma anomala del rifiuto d'intesa rispetto ad atti o attivita' di rilievo internazionale, ma dovrebbe aver luogo secondo il regime generale dei controlli statali sulle attivita' regionali (artt. 55 dello statuto speciale; artt. 2 e 7 e segg. del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 305). Il decreto impugnato introduce invece una forma di controllo atipico e generalizzato sulle attivita' e gli atti della provincia che si qualifichino come di rilievo internazionale, e dunque anche sotto questo profilo si palesa illegittimo e lesivo dell'autonomia provinciale. 5. - La provincia autonoma ricorrente ritiene che anche l'art. 3, primo comma, del d.P.R. 31 marzo 1994 sia illegittimo e lesivo della propria sfera di attribuzioni, quale prevista dallo statuto e dalle relative norme di attuazione. Tale disposizione prevede infatti che "per l'attuazione dei programmi, delle iniziative e delle altre attivita' di cui agli artt. 1 e 2, le regioni si debbono coordinare, utilizzando di norma i relativi servizi, con gli organismi dello Stato e degli enti nazionali operanti all'estero". Questa norma sembra predisporre un obbligo, per regioni e province autonome - sia pur attraverso l'utilizzazione dell'espressione "di norma" - di servirsi di organismi statali e di enti statali operanti all'estero, nel caso esse svolgano attivita' promozionali all'estero o attivita' di mero rilievo internazionale. Ora, l'art. 3, secondo comma, del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266, contenente "Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concenenti il rapporto tra atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta' di indirizzo e coordinamento", stabilisce che gli atti di indirizzo e coordinamento del Governo vincolano la provincia solo al conseguimento degli obiettivi o risultati in essi previsti, e riserva alla provincia stessa l'emanazione delle norme di organizzazione eventualmente occorrenti per l'attuazione degli atti predetti. Gia' sotto questo profilo generale, non vi potrebbe essere alcuna legittima pretesa, da parte di un atto di indirizzo e coordinamento, di dettare norme organizzative e di comportamento a regioni e prov- ince autonome, relativamente alle modalita' pratiche con le quali conseguire gli obiettivi prefissati dall'atto statale. Inoltre, l'art. 5, n. 3, del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 278, contenente "Norme di attuazione dello statuto speciale per la regione Trentino-Alto Adige in materia di turismo e industria alberghiera" prevede che sia di competenza della provincia autonoma l'attivita' promozionale turistica all'estero per iniziative da realizzare nel suo territorio, e stabilisce che a questo fine, la provincia stessa possa (non debba) avvalersi dell'Ente nazionale italiano per il turismo (Enit). Sicche', con riferimento alle attivita' promozionali all'estero che la provincia autonoma svolge nell'ambito delle proprie competenze in tema di turismo, non potrebbe essere legittimamente previsto alcun obbligo, per la provincia stessa, di servirsi dell'Enit. A meno che l'obbligo di utilizzo "di norma" degli organismi ed enti statali debba ritenersi non operante nel caso vi siano norme statutarie o di attuazione che vi si oppongono (a favore di questa interpretazione potrebbe state l'art. 7 dello stesso decreto, nella parte in cui afferma che l'atto di indirizzo e coordinamento si applica anche alle regioni a statuto speciale e alle province autonome, "salvo quanto diversamente stabilito dagli statuti, dalle norme di attuazione e dalle altre disposizioni che ad esse si riferiscono"), l'art. 3, secondo comma, del d.P.R. 31 marzo 1994 e' pertanto da considerare illegittimo e lesivo della sfera provinciale di attribuzioni, per violazione dell'art. 8, n. 20, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, nonche' delle disposizioni di attuazione prima richiamate. 6. - Infine, e' da ritenere lesivo delle competenze attribuite alla provincia autonoma anche l'art. 4, secondo comma, del d.P.R. 31 marzo 1994, il quale stabilisce che, in applicazione dell'art. 1, secondo comma, lett. c), della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ai fini di facilitare i rapporti con gli organismi comunitari, con apposito provvedimento legislativo sara' prevista l'istituzione presso la rappresentanza permanente dell'italia di un contingente di esperti regionali designati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo 16 dicembre 1989, n. 418. Tale disposizione, infatti, se e' da interpretare nel senso che alla provincia sia preclusa la possibilita' di tenere rapporti con gli uffici e le strutture comunitarie attraverso strumenti e forme orgnizzative diverse da quella prevista in questa disposizione, e in particolare sia preclusa la creazione di propri uffici di collegamento presso le istituzioni comunitarie (come si stabiliva espressamente in precedenti redazioni dell'atto di indirizzo), risulta in palese contrasto con quanto disposto dalla gia' ricordata norma dell'art. 3, secondo comma, del d.lgs. n. 266/1992, la quale vincola la provincia solo al raggiungimento degli obiettivi indicati negli atti di indirizzo e coordinamento, e riserva alla competenza provinciale l'emanazione delle norme di organizzazione eventualmente occorrenti. Secondo tale norma, la provincia ricorrente ben potrebbe, al fine di raggiungere gli obiettivi fissati nell'art. 4, primo comma, lettere a), b), c) e d), dell'atto di indirizzo, stabilire autonomamente la disciplina organizzativa piu' idonea, e dunque anche la creazione di propri appositi uffici. Nel merito, e' poi da sottolineare come la prevista istituzione presso la rappresentanza permanente dell'Italia (organismo statale) di un contingente di esperti, designati congiuntamente da tutte le regioni e province autonome, appare assai poco idonea a raggiungere i gia' ricordati obiettivi fissati nel primo comma dello stesso articolo, che contengono significativi riferimenti alle singole e specifiche realta' regionali o provinciali. Anche per questa disposizione vale inoltre la censura relativa alla mancata esistenza di un previo fondamento legislativo: ne' puo' ovviare a tale mancanza il riferimento ad un futuro "apposito provvedimento legislativo" che dovrebbe intervenire a sostenere la previsione in esame, in quanto resta il fatto che il contenuto precettivo "negativo" della disposizione stessa (in ipotesi preclusivo dell'adozione di altri strumenti organizzativi da parte della provincia) e' nel frattempo del tutto privo di base legale.