IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronuncaito  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 11165/1993
 proposto dai signori: Rosa Maria Rosaria, Vernola  Domenico,  Falcone
 Francesco, Lia Giuseppe, Pucci Rosa, Talarico Carolina, Pistoia Maria
 Teresa,  Veraldi  Anna, Notaro Elisabetta, Zaccone Giovanni, De Fazio
 Giuseppe,  Viscido  Giancarlo,  Loprete  Giuseppe,  Verdoliva   Maria
 Gabriella,  Molinari  Margherita,  Maimone Antonietta, Borello Bruno,
 Pultrone Francesco, Garcea Teresa,  La  Croce  Giacinto,  Lorenzo  A.
 Maria,  Gigliotti  Antonietta,  Mannarino  Egidio, Ricca Diana, Vozza
 Emanuele, Voci  Gregorio,  Vero  Antonio,  Brutto  Pasquale,  Falcone
 Patrizia,   Cicco   Filippina,   Iannone   Filomena,  Mellace  Carlo,
 Pelliccione Angelo, Salerno Gabriella, Russo Anna, Rodoquino Saverio,
 Pugliese Anna, Iani Vittoria,  Iapello  Giuseppina,  Carrieri  Dario,
 Scalzo  Corrado,  Gasparro  Antonio, Meleca Antonio Vincenzo, Ficchi'
 Consolata  Rita,  Geracitano  Francesco,  Zaffino  Bruno,  De  Matteo
 Umberto,   Saladino   Vincenzo,  Pate  Francesca,  Marfella  Gaetano,
 Caracciolo  Franco,  Cianflone  Gennaro,  D'Angelo  Raffaele,   Rizzo
 Giovanni,   rappresentati   e   difesi   dall'avv.  Renato  Recca  ed
 elettivamente domiciliati presso lo  stesso,  in  Roma,  via  Ruggero
 Fiore  n.  25,  contro il Ministero di grazia e giustizia, in persona
 del Ministro pro-tempore, costituitosi in giudizio,  rappresentato  e
 difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  presso i cui uffici
 domicilia in Roma, via dei  Portoghesi  n.  12  per  la  declaratoria
 dell'obbligo dell'Amministrazione statale di corrispondere:
       a)  l'indennita' riconosciuta dall'art. 1 della legge 28 giugno
 1988,  n.  221  con  le  maggiorazioni  derivanti  dalle   variazioni
 percentuali di cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 21;
       b)  la  rivalutazione  monetaria  delle  somme che risulteranno
 dovute  e  non   tempestivamente   pagate,   oltre   agli   interessi
 corrispettivi sulle somme rivalutate;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in  giudizio dell'amministrazione
 intimata;
    Viste le memorie prodotte dalle parti  a  sostegno  delle  proprie
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Data  per  letta  alla  pubblica  udienza  del  20  aprile 1994 la
 relazione del cons. Giancarlo Tavarnelli;
    Uditi, altresi', l'avv. Recca per i ricorrenti e l'avvocato  dello
 Stato Greco per l'Amministrazione;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    I  ricorrenti, dipendenti del Ministero di grazia e giustizia, con
 il presente ricorso depositato il 23 luglio 1993,  hanno  chiesto  la
 declaratoria   dell'obbligo   dell'amministrazione  di  corrispondere
 l'indennita' riconosciuta dall'art. 1 della legge 28 giugno 1988,  n.
 221  con  le  maggiorazioni derivanti dalle variazioni percentuali di
 cui all'art. 3 della  legge  19  febbraio  1981,  n.  21  nonche'  la
 rivalutazione  monetaria  sulle somme dovute al predetto titolo e non
 tempestivamente pagate,  oltre  agli  interessi  corrispettivi  sulle
 somme rivalutate.
    In   sostanza   i  ricorrenti  si  dolgono  che  non  siano  state
 corrisposte al personale dell'amministrazione  giudiziaria  le  somme
 derivanti dall'adeguamento triennale, a norma dell'art. 3 della legge
 n.  27/1981,  dell'indennita'  di  cui  all'art.  1  della  legge  n.
 221/1988.
    A sostegno della pretesa di aver titolo al predetto adeguamento  i
 ricorrenti hanno dedotto il seguente, articolato, motivo:
    Violazione,  mancata  e falsa applicazione dell'art. 1 della legge
 n. 21/1980 (rectius  n.  221/1988)  e  dell'art.  3  della  legge  n.
 27/1981.
    Eccesso  di  potere  per  illogicita',  per omessa valutazione dei
 presupposti, per errata applicazione  di  legge,  per  disparita'  di
 trattamento, manifesta ingiustizia in quanto:
      l'espressione  usata  dal  legislatore all'art. 1 della legge n.
 221/1988, che ha previsto l'attribuzione a decorrere  dal  1  gennaio
 1988   al   personale  delle  cancellerie  e  segreterie  giudiziarie
 dell'indennita' di cui all'art.  3  della  legge  n.  27/1981  "nella
 misura vigente al 1 gennaio 1988" non andrebbe interpretata nel senso
 che l'importo dell'indennita' debba essere ancorato a tale data senza
 poter  essere adeguato in base al criterio di rivalutazione periodica
 di  cui  al  citato  art.  3  della  legge  n.  27/1981,  poiche'  il
 riferimento  alla  predetta  data sarebbe posto soltanto per indicare
 l'importo dell'emolumento nel momento della sua attribuzione,  mentre
 sarebbe  indubbia  l'intenzione  del  legislatore  di  attribuire  al
 personale dell'amministrazione  giudiziaria  la  medesima  indennita'
 goduta  dal personale della magistratura in ogni risvolto strutturale
 ed economico;
      l'interpretazione  sostenuta  dai  ricorrenti  troverebbe logica
 conferma nel fatto che la stessa legge n. 221/1988  ha  previsto  che
 l'indennita'  in  argomento  assorba  alcuni compensi derivanti dalla
 successiva modificazione  dell'art.  168  della  legge  n.  312/1980,
 nonche'  di quelli di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei
 Ministri  13  aprile  1984,  rivalutabili  per  effetto  dei  rinnovi
 contrattuali  triennali,  non  essendo  possibile  ipotizzare  che il
 legislatore abbia inteso introdurre una indennita' sostitutiva  degli
 stessi non indicizzata;
      anche l'nalisi dei lavori preparatori evidenzierebbe la volonta'
 del  legislatore di parificare tale indennita' nelle sue connotazioni
 strutturali, di scegliere, cioe', meccanismi retributivi  fondati  su
 criteri  analoghi  a  fronte  del  medesimo  impegno necessario nello
 specifico settore della pubblica amministrazione;
      non sarebbe ipotizzabile, infine, che la rivalutazione periodica
 dell'indennita' sia prerogativa esclusiva del magistrato  atteso  che
 l'art.   2   della   legge   n.   425/1984  ha  esteso  integralmente
 (indicizzazione compresa) l'indennita' di cui trattasi, oltre che  ai
 magistrati   delle  Magistrature  Speciali,  anche  agli  avvocati  e
 procuratori dello Stato, certamente non appartenenti all'ordine della
 magistratura.
    L'avvocatura generale dello Stato, costituitasi in giudizio per il
 Ministero di grazia e giustizia, dopo  aver  affermato,  con  memoria
 depositata  il  19  marzo  1994, che i ricorrenti sono dipendenti del
 predetto  Ministero  e  che  a  loro  favore  viene  corrisposta,  in
 applicazione  dell'art.  1  della  legge  15  febbraio  1989,  n. 51,
 l'indennita' prevista dalla legge n. 221/1988 nella misura fissata al
 1  gennaio  1988,   sostiene   che   allo   stato   della   normativa
 "l'interpretazione   seguita   dall'amministrazione   e'  corroborata
 dall'art. 3, commi 60 e segg., della legge 24 dicembre 1993, n.  537,
 che  contiene,  appunto, un'interpretazione autentica della normativa
 prima richiamata, come tale avente efficacia retroattiva".
    Con memoria depositata l'8 aprile 1994 la difesa dei ricorrenti ha
 eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3,  sessantunesimo
 comma,  della  legge n. 537/1993, nel combinato disposto con l'art. 1
 della legge n. 221/1988, per contrasto con gli artt.  3  e  36  della
 Costituzione,   in   quanto   la   norma  in  questione,  cosi'  come
 autenticamente interpretata, non  sarebbe  conforme  ai  principi  di
 uguaglianza e di adeguatezza e proporzionalita' della retribuzione.
                             D I R I T T O
    Come  risulta  dal contesto del ricorso proposto da dipendenti del
 Ministero di  grazia  e  giustizia,  la  pretesa  dei  ricorrenti  e'
 limitata  all'accertamento del diritto a percepire, con rivalutazione
 e interessi, le somme  derivanti  dall'applicazione  del  sistema  di
 adeguamento  periodico  previsto  dall'art.  3 della legge n. 27/1981
 all'indennita' riconosciuta dall'art. 1 della legge 28 giugno 1988 n.
 221.
    I ricorrenti si dolgono infatti che  l'anzidetto  adeguamento  non
 sia  stato corrisposto al personale dell'amministrazione giudiziaria.
 Non e' invece  contestata  tra  le  parti  l'avvenuta  corresponsione
 dell'indennita' di cui al citato art. 1 della legge n. 221/1988 nella
 misura vigente al 1 gennaio 1988.
    Con  l'atto  introduttivo del presente giudizio i ricorrenti hanno
 sostenuto che in base ad una corretta  interpretazione  del  predetto
 art.  1  della legge n. 221/1988 l'espressione usata dal legislatore,
 secondo cui  l'indennita'  ex  art.  3  della  legge  n.  27/1981  e'
 attribuita  "nella  misura  vigente al 1 gennaio 1988", risponderebbe
 solo alla finalita' di individuare l'importo dell'emolumento all'atto
 della sua attribuzione al personale, fra l'altro, delle cancellerie e
 segreterie giudiziarie, e non  a  quello  di  determinare  in  misura
 invariabile  l'emolumento  stesso  ancorandolo  all'ammontare vigente
 alla predetta data e con  cio'  escludendone  l'assoggettabilita'  al
 meccanismo  di  adeguamento  periodico  previsto  dal medesimo art. 3
 della legge n. 27/1981.
    L'interpretazione   sostenuta   dai   ricorrenti   era    conforme
 all'orientamento   assunto   dalla  giurisprudenza  anche  di  questo
 tribunale (cfr., da ultimo, C.S., IV, 22 ottobre 1993,  n.  923,  che
 conferma Tar Lazio, I, 11 luglio 1992, n. 1001).
    Nelle  more  del  giudizio  e',  peraltro, intervenuta la legge 24
 dicembre 1993, n. 537,  che  all'art.  3,  sessantunesimo  comma,  ha
 dettato la seguente disposizione:
    "L'art.  1  della  legge 22 giugno 1988, n. 221, si interpreta nel
 senso che il riferimento all'indennita' di cui all'art. 3 della legge
 19 febbraio 1981, n. 27,  e'  da  considerare  relativo  alle  misure
 vigenti  alla data del 1 gennaio 1988, espressamente richiamata dalla
 disposizione stessa".
    In sede di intepretazione autentica dell'art.  1  della  legge  n.
 221/1988 il legislatore si e', quindi, pronunciato in senso contrario
 alla     pretesa     fatta     valere     dai    ricorrenti    avendo
 inequivocabilmenteaffermato che l'indennita' attribuita dal  medesimo
 articolo  va  considerata  come  determinata  in  misura fissa, cioe'
 nell'ammontare dell'indennita' di  cui  all'art.  3  della  legge  n.
 27/1981 vigente al 1 gennaio 1988, e non in misura variabile.
    Allo  stato  della  legislazione  ordinaria  il  ricorso dovrebbe,
 pertanto, essere rigettato.
    A seguito dell'intervento  del  legislatore  i  ricorrenti  hanno,
 tuttavia,   sollevato   questione  di  illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 3, sessantunesimo  comma,  della  legge  n.  537/1993,  nel
 combinato  disposto  con  l'art.  1  della  legge  n.  221/1988,  per
 contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione  poiche'  la  norma
 risultante  dall'interpretazione  autentica  non  sarebbe conforme ai
 principi di uguaglianza e di  adeguatezza  e  proporzionalita'  della
 retribuzione.
    La   predetta   questione   di   incostituzionalita'   non  appare
 manifestamente infondata.
    Al  riguardo  il  collegio  ritiene   opportuno   rammentare   che
 l'interpretazionedell'art.   1   della   legge  n.  221/1988,  allora
 sostenuta dall'amministrazione e ora confermata in via autentica  dal
 legislatore,  era  stata  disattesa dal Consiglio di Stato proprio in
 quanto non  sembrava  conforme  ai  principi  costituzionali  cui  si
 richiamano i ricorrenti.
    Potrebbe,  infatti, ritenersi priva di ragionevole giustificazione
 la scelta di consentire l'indicizzazione dell'indennita' solo per  il
 personale  togato  atteso  che  l'estensione  di  tale  emolumento al
 personale non togato presuppone il riconoscimento  dell'esistenza  di
 un  rapporto  di  connessione  tra le attivita' dell'uno e dell'altro
 personale, la cui rilevanza non si affievolisce con  il  decorso  del
 tempo.
    In  altri  termini, poiche' non sembrerebbe ipotizzabile che per i
 periodi successivi al 1 gennaio 1988 sia richiesto al  personale  non
 togato  un minore impegno nello svolgimento dell'attivita' connessa a
 quella dei magistrati, potrebbe dubitarsi  della  costituzionalita'di
 una  soluzione  legislativa  che  all'atto  di estendere l'indennita'
 giudiziaria al predetto personale a decorrere dal 1 gennaio  1988  la
 rapporta,  nel suo ammontare piu' elevato, alla misura vigente a tale
 data per il personale di magistratura, mentre nel prosieguo del tempo
 non consente la conservazione di questo rapporto di  proprozionalita'
 in  quanto,  limitando  l'adeguamento  periodico  solo all'indennita'
 attribuita  al  personale  togato,  determina  progressivamente   una
 relativa svalutazione dell'emolumento nei confronti del personale non
 togato,  che  non  sembrerebbe giustificata, come si e' accennato, da
 una corrispondente diminuzione del livello quantitativo e qualitativo
 della prestazione richiesta, non collegabile  ad  una  situazione  di
 eccezionale  emergenza  riguardante  in particolar modo solo il primo
 periodo di applicazione della legge.
    L'indennita' giudiziaria estesa a quest'ultimo personale verrebbe,
 quindi, a subire un processo di graduale snaturamento  poiche',  come
 ha  ricordato  il  consiglio  di  Stato,  sezione  IV,  nella  citata
 decisione n. 923/1993, gli stessi lavori preparatori sulla  legge  n.
 221/1988 davano atto che all'indennita' e' coessenziale, fra l'altro,
 "la  rivalutazione  triennale"  (atti senato, I Commissione, 1 giugno
 1988).
    In  ultima   analisi   la   determinazione   di   non   consentire
 l'adeguamento   periodico  potrebbe  apparire  in  contrasto  con  il
 principio  di  ragionevolezza,  potendo  ritenersi   non   facilmente
 conciliabile, sul piano di una obiettiva ricostruzione della funzione
 della  norma, con le finalita' ravvisabili nella scelta di attribuire
 al personale non  togato  l'indennita'  stabilita  per  i  magistrati
 dall'art. 3 della legge n. 27/1981.
    In  proposito,  come ricordato dal consiglio di Stato nella citata
 decisione, e' significativa l'affermazione contenuta nella  relazione
 illustrativa  del  d.d.l.  n.  1047  (poi divenuto la legge n. 221 in
 argomento) a sostegno delle ragioni  dell'estensione  dell'indennita'
 giudiziaria  al  predetto  personale  e  cioe'  che  "  .. la stretta
 connessione tra attivita' del magistrato ed attivita'  del  personale
 di  cancelleria,  il  comune ed analogo contributo alla realizzazione
 del  servizio-giustizia,  la  necessita'  di  un  medesimo   impegno,
 comportano  la  scelta  di  meccanismi retributivi fondati su criteri
 analoghi nell'ambito di questo  particolare  settore  della  pubblica
 amministrazione".
    In relazione a quanto sopra il collegio ritiene di dover rimettere
 la  questione  di  incostituzionalita',  nei  termini  in  precedenza
 delineati, all'esame della Corte costituzionale.