IL PRETORE Letti gli atti del procedimento a carico di Serafini Gaetano, imputato della contravvenzione prevista e punita dall'art. 21, terzo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, commessa in Picchetto di Pittolo il 2 aprile 1992; Rilevato che l'imputato, prima dell'apertura del dibattimento ha proposto istanza di applicazione pena nella misura di giorni trenta di arresto, previa concessione delle attenuanti generiche, con sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria dell'ammenda e che il p.m. di udienza ha prestato il proprio consenso; Rilevato che il difensore dell'imputato ha altresi' prospettato, sia pure sinteticamente, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 60 della legge n. 689/1981 nella parte in cui esclude, in relazione al reato per cui si procede in questa sede, la possibilita' della sostituzione della pena detentiva, richiamando l'ordinanza di promuovimento del giudizio di legittimita' costituzionale emessa dal pretore di Genova il 22 novembre 1993 (Gazzetta Ufficiale, prima serie speciale, n. 9/94). O S S E R V A La questione di legittimita' costituzionale richiamata dalla difesa merita di essere sollevata anche in questa sede. Occorre innanzitutto rilevare come - stante l'inequivoca esclusione oggettiva del reato di cui trattasi dalla possibilita' di sostituzione della pena detentiva con una pena sostitutiva, disposta dall'art. 60, secondo comma, della legge n. 689/1981 - la questione di costituzionalita' sia indubbiamente rilevante: da essa, invero, dipende la definizione del presente procedimento dato che la sostituzione della pena detentiva richiesta dall'imputato costituisce parte integrante della istanza ex art. 444 del c.p.p. da lui avanzata (cfr. Cass. ss.uu. 17 gennaio 1994, n. 295) e dato che, in caso di accoglimento della questione, l'istanza di "patteggiamento" potrebbe essere senz'altro accolta. Come gia' e' stato rilevato dal pretore di Genova con la ordinanza citata in premessa, successivamente alla legge n. 689/1981 - che nell'art. 60 cit. aveva escluso la possibilita' di sostituzione in relazione ad alcune delle norme penali di tutela dell'ambiente contro l'inquinamento idrico (artt. 21 e 22 della legge n. 319/1976) - sono entrate in vigore numerose disposizioni penalmente sanzionate in tema di inquinamento delle acque che, riferendosi alla immissione nei corpi idrici di particolari sostanze, si sono poste in rapporto di specialita' con le analoghe disposizioni contenute nella legge n. 319/1976 e, in particolare con l'art. 21: ci si riferisce, ad esempio, ai decreti legislativi n. 132 e 133 del 27 gennaio 1992, relativi agli scarichi di sostanze pericolose nelle acque superficiali e sotterranee. Le condotte previste dalle leggi teste' citate incidono anche sullo stesso bene giuridico protetto - tutela delle acque dall'inquinamento - dalla legge n. 319/1976, e le sanzioni detentive stabilite in caso di violazione dei precetti in esse contenute hanno il massimo edittale pari o superiore rispetto a quello previsto dall'art. 21 della legge n. 319/1976: in particolare, il terzo comma di quest'ultima norma prevede, in caso di scarichi che presentino valori superiori a quelli indicati nelle tabelle allegate alla legge, la pena dell'arresto da due mesi a due anni mentre l'analoga disposizione contenuta nel quarto comma dell'art. 18 del d.lgs. n. 133/1992 prevede l'arresto fino a due anni, quella di cui al quinto comma dello stesso articolo (violazione del divieto di versare gli scarichi nelle acque sotterranee sul suolo e nel sottosuolo) l'arresto da tre mesi a tre anni e quella di cui all'art. 18 del d.lgs. n. 132/1992 l'arresto fino a tre anni. Occorre poi rilevare come la circostanza che le leggi predette disciplinino e sanzionino lo scarico di determinate sostanze pericolose nelle acque - scarichi che anteriormente erano regolati anch'essi dalla cosiddetta "legge Merli" - denoti una maggiore ed intrinseca pericolosita' delle condotte in esse descritte rispetto a quelle contemplate in via generale dalla legge del 1976. Nonostante la identita' del bene giuridico tutelato dalle predette disposizioni e la pari o maggiore gravita' delle condotte sanzionate dalle norme entrate in vigore successivamente al 1981 rispetto a quelle previste dagli artt. 21 e 22 della legge n. 319/1976, l'esclusione oggettiva dalla possibilita' di sostituire la pena detentiva con una delle pene previste dagli artt. 53 e segg. della legge n. 689/1981 non e' contemplata per nessuna delle ipotesi disciplinate dalle leggi piu' recenti sopra citate, rimanendo limitata agli artt. 21 e 22 della legge n. 319/1976. Tale situazione appare lesiva del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione in quanto, senza alcuna giustificazione, una condotta rientrante (come nel caso di specie) nell'art. 21, terzo comma, della legge n. 689/1981, di pari (o minore) gravita' rispetto a quelle oggetto delle disposizioni successivamente emanate sempre in tema di disciplina penale degli scarichi delle acque, viene ad essere regolata in modo piu' rigoroso con l'esclusione, a priori, della possibilita' di sostituire la pena detentiva. Il quadro cosi' descritto appare a questo pretore analogo a quello che ha portato la Corte costituzionale a dichiarare, con sentenza 19 maggio 1993, n. 249, la illegittimita' dell'art. 60, primo comma, della legge n. 689/1981 per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto esso, mentre da un lato escludeva oggettivamente la sostituibilita' della pena detentiva in relazione al delitto di lesioni colpose commesso con violazione delle norme antinfortunistiche o relative all'igiene sul lavoro da cui fossero derivate le conseguenze di cui all'art. 583, primo comma, n. 2, del c.p. o di cui all'art. 583, secondo comma, del c.p., dall'altro consentiva di operare la sostituzione in caso di omicidio colposo commesso per l'inosservanza delle stesse norme. Per i motivi sin qui esposti ritiene il pretore che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 60, secondo comma, della legge n. 689/1981 nella parte in cui stabilisce che le pene sostitutive non si applicano al reato previsto dall'art. 21, terzo comma, della legge n. 319/1976, in relazione all'art. 3 della Costituzione, oltre che essere rilevante sia anche non manifestamente infondata.