IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Considerato che, nelle more fra l'arresto in flagranza di C.G. e la
 odierna  udienza  di convalida e' intervenuta la modifica legislativa
 di cui al d.l. 14 luglio 1994, n.  440,  pubblicato  sulla  Gazzetta
 Ufficiale 14 luglio 1994, n. 163;
    Ritenuto  di  dover  decidere sulla convalida dell'arresto e sulla
 adozione della custodia cautelare richiesta dal p.m. alla luce  della
 nuova  normativa  in vigore sin dal 14 luglio 1994 ai sensi di quanto
 disposto dall'art. 15 del citato decreto n. 440/94, normativa che  si
 sospetta viziata di incostituzionalita';
    Osservato che con il menzionato provvedimento governativo, ai fini
 della  custodia  cautelare, i reati sono stati sostanzialmente divisi
 in tre fasce: una prima, prevista dall'art. 2, primo comma, del d.l.
 n. 440/1994, per la quale va disposta sempre la custodia,  salvo  che
 le  esigenze  cautelari  possano  essere motivatamente soddisfatte in
 altro  modo;  una  seconda,  per  la  quale  la  misura  puo'  essere
 discrezionalmente  applicata (art. 2, ultimo capoverso) ed una terza,
 per la quale e' vietata (art. 2, penultimo capoverso);
    Rilevato che nella prima fascia di reati rientrano, per  lo  piu',
 gravi  episodi  di  criminalita' organizzata, terrorismo ed attentato
 alla vita o alla incolumita' delle persone;  nella  seconda  e  terza
 numerosi  altri  reati, per i quali non e' ravvisabile un ragionevole
 motivo di differenziazione;
    Osservato, infatti, che, pur in presenza dei medesimi  presupposti
 di  applicabilita',  la  custodia cautelare, e' consentita per taluni
 delitti, quali il furto in appartamento,  lo  scippo,  il  furto  con
 violenza sulle cose (tipici il furto d'auto o su auto ovvero il furto
 in campagna con taglio di rami o alberi), la corruzione di minorenni,
 la  calunnia, l'usura, l'estorsione; mentre e', invece, espressamente
 vietata per gran parte dei reati contro la pubblica amministrazione e
 la fede pubblica, nonche' l'associazione e delinquere non  di  stampo
 mafioso;
    Ritenuto  che  la  distinzione fra il secondo e il terzo gruppo di
 reati appare oggettivamente priva di ragionevolezza e per cio' stesso
 lesiva del principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge;
    Considerato  che,  un  trattamento  differenziato,   perche'   sia
 ragionevole  e  quindi  rispettoso  dell'art.  3  della Costituzione,
 dovrebbe essere ricollegato a diversa gravita' o  a  diverso  allarme
 sociale di talune ipotesi delittuose rispetto ad altre;
    Evidenziato,  sotto il primo profilo, che fra i deletti per cui la
 custodia in carcere e' vietata vi sono: il peculato,  punito  con  la
 reclusione  da  tre a dieci anni; la malversazione, la cui pena varia
 da tre  a  otto  anni;  la  concuzione,  che  e'  sanzionata  con  la
 reclusione  da  quattro a dodici anni; la corruzione, punita con pena
 da due a cinque anni.
    Reati oggettivamente piu' gravi e per cio' stesso piu' severamente
 puniti del furto aggravato, la cui pena edittale va da uno a sei anni
 di reclusione; della corruzione di minorenni, per cui e' prevista una
 pena minima di mesi sei; del vilipendio di cadavere,  punito  con  la
 reclusione  da  uno  a tre anni; reati, questi ultimi, per i quali la
 custodia in carcere e' invece consentita;
    Osservato   che   il   diverso   trattamento  non  sembra  potersi
 giustificare nemmeno con riferimento all'allarme sociale, atteso  che
 reati  che  alterano  gravemente  le  regole di democrazia, di civile
 convivenza e di corretta gestione della cosa pubblica, arrecano danno
 alla  intera  collettivita'  e  destano  allarme  sociale  in  misura
 analogha  se  non  ben  maggiore  del furto aggravato, dello scippo o
 dell'usura;
    Considerata la rilevanza e decisivita' della questione, in  quanto
 nel  caso  di  specie  vi  sono  tutti  i presupposti per convalidare
 l'arresto e disporre  la  custodia  in  istituto  p.m.:  sorpresa  in
 flagranza  di  furto  aggravato  ex  art.  624,  625, n. 1, del c.p.,
 sospetto che l'imputato possa compiere altri reati analoghi, pericolo
 di fuga, inesistenza  di  progetti  educativi  cui  la  misura  possa
 frapporre ostacolo;
    Considerato  altresi' che la norma di cui all'art. 275 del c.p.p.,
 cosi' come modificato dal  d.l.  14  luglio  1994,  n.  440,  appare
 contrastante  con  l'art. 3 della Costituzione per l'ingiustificato e
 irragionevole trattamento diverso riservato  a  taluni  indiziati  di
 reato rispetto ad altri;
    Rilevato  che,  sulla  base della comune esperienza, confortata da
 oggettiva analisi statistica, il diverso e piu' severo trattamento e'
 riservato ai soggetti piu' deboli, di  censo,  cultura  e  condizione
 sociale   meno  elevata;  atteso  che  i  reati  contro  la  pubblica
 amministrazione,per i quali la custodia  e'  vietata,  risultano,  in
 termini statistici, abitualmente commessi da soggetti aventi funzioni
 pubbliche  elevate,  buona cultura, posizione di prestigio sociale ed
 elevate condizioni economiche;
    Osservato  che,  conseguenza  delle   intervenute   modificazioni,
 contrariamente  ai  principi di equita', giustizia e ragionevolezza e
 in contrasto con la prima impostazione del d.P.R.  n.  488/1988  (che
 prevedeva,  per  i minori, la custodia cautelare solo per i reati con
 pena non inferiore a dodici anni di reclusione) i soggetti  minorenni
 imputati, che costituiscono una categoria di cittadini oggettivamente
 ancora  piu' debole delle altre, sono irragionevolmente soggetti piu'
 degli adulti a provvedimenti di custudia cautelare;
    Ritenuto, pertanto, di dover sospendere la  decisione  sino  sulla
 pronuncia della Corte costituzionale sulla prospettata illegittimita'
 dell'art.  2 del d.l. n. 440/1994, in considerazione della rilevanza
 e decisivita' della questione;
    Considerato che nelle more va disposta la remissione  in  liberta'
 ai  sensi  dell'art.  391  del c.p.c., non potendo la decisione sulla
 convalida essere tempestiva, stante la disposta sospensione;
    Considerato   che   la   norma   che   si   assume   viziata    di
 incostituzionalita',  pur  essendo  portata  da  un decreto legge non
 ancora convertito, e' tuttavia pienamente  operante  ed  applicabile;
 sicche',  vertendosi  in  materia  di  liberta'  personale,  non puo'
 attendersi la legge di conversione per sollevare la questione;
    Rilevato che il decreto legge rientra fra gli atti aventi forza di
 legge di cui all'art. 134 della Costituzione;