IL TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE Ha pronunciato la seguente ordinanza collegiale nella causa in sede di appello iscritta nel ruolo generale dell'anno 1990 al n. 79 vertente tra la Societa' turistico alberghiera funiviaria dell'Etna - S.T.A.F.E. S.r.l. con sede in Nicolosi (CT) piazza V. Emanuele n. 45, in persona del dr. Sigfrido Zipper rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso in appello, dagli avv.ti Donato De Luca e Michele Conte, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma via E. Q. Visconti n. 99, appellante, contro l'assessorato agricoltura e foreste della regione Sicilia, in persona dell'assessore pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia ope legis in Roma, via dei Portoghesi n. 12, appellato, l'azienda delle foreste demaniali della regione Sicilia citata non comparsa. Oggetto: Appello riforma sentenza 13 dicembre 1989 - 27 febbraio 1990 n. 88, del T.r.a.p. di Sicilia. RITENUTO IN FATTO Con comparsa notificata il 22 maggio 1987 la soc. Stafe S.r.l. con sede in Catania riassunse davanti al T.r.a.p. della Sicilia il giudizio in precedenza promosso nei confronti dell'assessorato siciliano dell'agricoltura e foreste innanzi al tribunale civile ordinario di Catania e conclusosi con sentenza declinatoria della competenza per materia, nei confronti di un'opposizione all'indennita' di esproprio preordinata all'esecuzione di opere di bonifica montana e di riassetto idrogeologico, come tale rientrante nella previsione dell'art. 140 t.u. sulle acque n. 1775 del 1933. La societa' istante dichiaro' di essere proprietaria, per acquisto fattone nel 1973 dietro il corrispettivo di lire 16 milioni, di un bosco di betulle, suolo di rilevanti dimensioni, esteso oltre 75 ettari sito in localita' Danesi del comune di Linguaglossa sul fianco Nord-Est dell'Etna da quota 1.800 a quota 2.840, con pendenza media del 40%, di notevole valore encomico in relazione alle possibilita' di utilizzazione turistica. Il terreno e' stato espropriato alla societa' istante con decreto 7 novembre 1982, n. 1551 emesso dall'assessorato regionale siciliano, nell'ambito degli interventi diretti alla forestazione della zona, con determinazione dell'indennita' in lire 27.900.000. Nell'opposizione la societa' dedusse l'insufficienza dell'indennita' offertale, in quanto non teneva conto della possibile destinazione turistico-sportiva del terreno espropriato, compatibile con i vincoli esistenti. Stabilito il contraddittorio, a seguito della costituzione dell'assessorato, mentre l'azienda delle foreste demaniali e' rimasta contumace, l'espropriante sostenne la congruita' dell'indennita' offerta per i numerosi vincoli non espropriativi, gravanti sul terreno sotto il profilo idrogeologico, paesaggistico, ambientale e di parco che, conformando la proprieta', ne escludono ogni possibile sfruttamento per fini turistici e quindi impediscono la determinazione del suolo in base al criterio del valore venale, trattandosi di terreno montano che e' e resta agricolo. Disposta ed espletata consulenza tecnica, il T.r.a.p. della Sicilia, con sentenza del 27 febbraio 1990, determino' in lire 133.255.400 l'indennita' dovuta condannando le amministrazioni convenute al pagamento della differenza. Secondo la decisione impugnata il punto nodale della determinazione dell'indennita' di esproprio, consiste nel dar prevalenza, ai sensi dell'art. 113 r.d. 30 dicembre 1923, n. 3267, ai vincoli attualmente esistenti sul suolo che impediscono legalmente ogni possibilita' di sviluppo turistico alberghiero. Partendo da questa considerazione, respinta la tesi dell'espropriata che si basava, invece, sulle potenzialita' turistiche dell'esteso territorio in contrasto con i vincoli esistenti, e facendo leva sull'esiguita' del prezzo di acquisto, in appena lire 16 milioni, la decisione impugnata ha determinato l'indennita' di esproprio in lire 133.255.400. Avverso questa decisione ha proposto ricorso in appello la societa' Stafe censurando l'impugnata sentenza sotto vari profili che hanno come comune denominatore il riconoscimento di quella che sarebbe stata la possibile destinanzione turistico-sportiva ed alberghiera del terreno espropriato con conseguente cospicuo incremento del valore del terreno e quindi dell'indennita' di esproprio. Nelle more del giudizio di secondo grado, dopo la rinnovazione della consulenza che ha riconosciuto al suolo un'idoneita' ad attivita' turistico-sportive, pervenendo ad una cospicua determinazione dell'indennita' in lire 1.700.000.000, e' intervenuto un nuovo criterio determinativo dell'indennita' di esproprio per i suoli edificatori contenuto nell'art. 5-bis d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito con modifiche nella legge 8 agosto 1992, n. 359, incompatibile con la precedente normativa regionale. OSSERVA IN DIRITTO 1. - Con la proposta impugnazione la ricorrente soc. Stafe riafferma l'insufficienza della determinazione dell'indennita' di esproprio, originariamente valutato come terreno agricolo, sostenendo la piena compatibilita' dell'eventuale utilizzabilita' del suolo espropriato per fini turistici, nonostante la presenza di vincoli conformativi quali quelli forestali, idrogeologici, paesistici e di piano. L'espropriazione e' stata realizzata in attuazione dell'art. 1 della legge regionale n. 88/1975 che all'art. 3 richiama l'art. 4 della legge regionale n. 36/1974 che a sua volta richiama la legge statale n. 2359/1865 con le modificazioni della legge regionale n. 29/1964. Trattasi di un rapporto ancora in corso cui e' applicabile, quale jus superveniens il cennato art. 5-bis della legge n. 359/1992, ai sensi del sesto e settimo comma della stessa disposizione. I motivi per l'immediata applicabilita' al rapporto espropriativo in corso della nuova normativa statale, avente carattere generale ed il rango di principio generale dell'ordinamento giuridico sono molteplici e cosi' sintetizzabili. 2. - La nuova normativa, nonostante la sua dichiarata transitorieta', ha certamente carattere generale. Letteralmente risulta applicabile a "tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere o di interventi da parte o per conto dello Stato, delle regioni" etc., senza alcuna distinzione tra regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale, mentre nella specie l'art. 14 dello statuto della Sicilia alla lettera s) prevede una competenza primaria della regione. Ed alla lettera della nuova disposizione si accompagna la ratio perche' se cosi' non fosse si verificherebbe in parte del territorio nazionale un'inammissibile "dissonanza tra diritto speciale (di alcune regioni) e diritto generale", tale cioe' da "turbare in profondita' l'armonia del sistema". Com'e' stato osservato la conservazione di discipline particolari puo' aver luogo sempre che "la dissonanza non sia tale da rendere inconcepibile la coesistenza tra legge speciale anteriore e quella generale successiva". 3. - L'art. 5-bis della legge n. 359/1992 oltre ad introdurre un nuovo criterio determinativo dell'indennita' di esproprio, contiene al comma terzo, una nuova disciplina di carattere generale con riferimento ai criteri di attribuzione della natura edificatoria dei terreni oggetto dell'esproprio che non puo' non sovrapporsi alle precedenti discipline particolari. Infatti la normativa sopravvenuta, anche in ossequio ai principi posti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 5/1980, secondo il quale l'indennizzo espropriativo non puo' prescindere dall'effettiva natura edificatoria del suolo, nel dettare nuovi criteri di determinazione dell'indennita' di esproprio ha posto un dato che travalica la stessa materia degli espropri, sancendo che "per la valutazione dell'edificabilita' delle aree si devono considerare le possibilita' legali ed effettive di edificazione esistenti al momento dell'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio", secondo l'interpretazione adeguatrice contenuta nel paragrafo 5 della sentenza n. 442 del 16 dicembre 1993 della Corte costituzionale. E la rilevanza della questione e' di tutta evidenza nella fattispecie dove il terreno espropriato era soggetto a vincoli idrogeologici, paesistici, ambientali, di parco. Di recente la Corte di cassazione, ponendosi in sintonia con la nuova normativa ha affermato che, per la valutazione dell'edificabilita' delle aree, si devono considerare le possibilita' legali ed effettive di edificazione esistenti al momento dell'esproprio. Siffatto principio investendo la consistenza, i limiti e la funzione sociale della proprieta', ed esigendo, pertanto, un'uniformita' di applicazione su tutto il territorio nazionale, trova applicazione con riguardo alla valutazione di un terreno espropriato anche nella regione a statuto speciale Trentino-Alto Adige, ancorche' gli art. 4 e 8 dello statuto speciale approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 riservino la materia dell'espropriazione per pubblica utilita' alla potesta' legislativa della regione e delle provincie di Trento e Bolzano, dovendo anche la regione a statuto speciale osservare nella sua legislazione i limiti posti dalle norme fondamentali delle riforme economiche e sociali e dei principi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato (Cass. 9 luglio 1993, n. 7571). 4. - La ratio della nuova normativa come traspare dal paragrago 6.3 della sentenza del giudice delle leggi del 16 giugno 1993, n. 283 e' anche quello di "conferire un diverso peso ai confliggenti interessi, oggetto di bilanciamento legislativo", anche perche' l'edificatorieta' comporta un valore aggiuntivo rispetto al contenuto essenziale del diritto di proprieta', sicche' "nel contesto dell'attuale situazione economico-finanziaria" non puo' non volere per tutto il territorio il limite "massimo di contributo e di riparazione che nell'ambito degli scopi di generale interesse al p.a. puo' garantire all'interesse privato". In altri termini, le "esigenze della finanza pubblica", "la particolare congiuntura economica", "il contesto dell'attuale situazione economico sociale del paese" rappresentano dei limiti riconosciuti dall'ordinamento nel rispetto di esigenze fondamentali quali il perseguimento di una rigorosa politica di contenimento del disavanzo finanziario nel settore pubblico che non possono non valere per l'intero territorio nazionale. In proposito, in recenti decisioni del giudice delle leggi si rinviene l'espressa applicazione di un principio di cedevolezza della legge regionale o provinciale, adottata in attuazione di competenza eslcusiva, a sopravvenuta normativa nazionale avente valore di riforma fondamentale od introduttiva di diversi criteri o principi generali. Nella sentenza 1 luglio 1993, n. 296 si afferma che in ragione della connotazione dell'art. 7 d.l. n. 384/1992, come norma fondamentale di riforma economico sociale, "si applica con il carattere di uniformita' su tutto il territorio nazionale e, integrando la legge regionale .. vincola anche al regione" (Sardegna). Nella sentenza 31 dicembre 1993, n. 496 si legge che "trattandosi di una norma volta al perseguimento di una rigorosa politica di contenimento del disavanzo finanziario nel settore pubblico .. rispetto alla quale la provincia di Bolzano e' tenuta ad adeguare la propria legislazione di tipo esclusivo". Non sembra, peraltro, che una siffatta prevalenza della normativa statale di grande riforma o di principio possa attuarsi in termini di "abrogazione" della pregressa legislazione regionale (di rango primario) stante la (rispettiva) "tipicita'" di tali due fonti e l'operativita' invece, dell'abrogazione all'interno di fonti omogenee. Per cui pare piu' corretto ravvisare, a fronte di tale evedenza, una sopravvenuta incostituzionalita' - mutuando l'espressione da Corte cost. 31 dicembre 1993, n. 497 - della legge regionale o provinciale adottata in attuazione della competenza esclusiva, a causa del sopravvenire di una normativa nazionale avente valore di riforma fondamentale in quanto diretta "al perseguimento di una rigorosa politica di contenimento del disavanzo finanziario nel settore pubblico". Certo il collegamento tra il principio generale relativo al disavanzo economico e la legge regionale in materia di indennizzi per esproprio non e' agevole, perche' l'obbligo indennitario riposa su un piano diverso da quello economico e tocca principi e valori di gran lunga diversi e superiori. Tuttavia l'interprete e' costreto a porsi il problema ed a considerare anche questo profilo, tenuto conto del rilievo dato dal legislatore con il fatto stesso di trattare in seno alle problematiche di disavanzo, problemi relativi all'entita' di una spesa che con il disavanzo puo' avere legami diversi inerenti all'opportunita' di svolgimento di attivita' determinate e costose, piuttosto che di compressione delle situazioni soggettive individuali legate al fenomeno espropriativo. Resta percio' il dubbio che e' relativo alla compresenza di esigenze di carattere nazionale incidenti sulle facolta' regionali ove, a monte, si ritenga apprezzabile ed apprezzato il collegamento di cui e' fatto cenno. 5. - Entrambi i cennati profili trovano consapevoli riconoscimenti in dottrina, come limiti alla potesta' primaria, detta pure piena o esclusiva delle regioni a statuto speciale, dotare di particolari condizioni di autonomia. Infatti, la potesta' legislativa primaria della regione e della provincia a statuto speciale, nelle materie in cui puo' esplicarsi, sottratte alla disciplina legislativa dello Stato, incontra un duplice limite determinato dall'esigenza di assicurare il rispetto del principio costituzionale dell'unita' ed indivisibilita' della Repubblica. Invero, da un lato, la competenza anche esclusiva incontra il limite nei principi generali dell'ordinamento giuridico, e non puo' non considerarsi tale la norma di carattere generale dell'art. 5-bis riconoscita conforme ai principi costituzionali (sentenze nn. 283/1993 e 442/1993) in quanto norma conformativa del diritto di proprieta' e quindi attinente a principi generali del diritto privato. Nella sentenza n. 283/1993 si e' affermato che la predetta norma ha lo scopo di operare "il coordinamento ed il bilanciamento con il pubblico interesse, tenendo anche conto delle esigenze della finanza pubblica" riconoscendo l'opportunita' di "conferire un diverso peso a confliggenti interessi oggetto del bilanciamento legislativo". Inoltre la Corte costituzionale, con sentenza 6 luglio 1966, n. 90 aveva gia' identificato l'esistenza di limiti di carattere generale della potesta' primaria della regione siciliana in materia espropriativa. Dall'altro, come si e' gia' visto, l'art. 5-bis si pone pur sempre come una disposizione fondamentale dell'ordinamento vo'lta al perseguimento di una rigorosa politica di contenimento del disavanzo finanziario nel settore pubblico, e quindi come norma fondamentale delle riforme economico-sociale. Come ha avuto modo di precisare la Corte costituzionale con sentenza 22 dicembre 1969, n. 160, modificando il proprio precedente indirizzo restrittivo, affinche' le norme di riforma possano essere qualificate come fondamentali, debbono identificarsi "con principi da attuare in tutto il territorio della Repubblica" e non par dubbio che siffatta caratteristica debba essere riconosciuta alla disposizione generale del ricordato art. 5- bis. 6. - Nella specie, l'espropriazione e' stata disposta ai sensi della legge regionale 29 dicembre 1975, n. 88, interventi per la difesa e conservazione del suolo ed adeguamento delle strutture oper- ative forestali, il cui art. 3 sancisce che "per gli interventi previsti dalla presente legge si applicano le disposizioni di cui all'art. 4 della legge regionale 16 agosto 1974, n. 36". E l'art. 4 della legge regionale 16 agosto 1974, n. 36 afferma che "gli interventi nel settore della forestazione saranno effettuati su terreni demaniali della regione o di altri enti pubblici o comunque su terreni da acquisire al demanio della regione. Per le espropriazioni relative ad opere previste si applicano le disposizioni di cui alla legge 25 giugno 1865, n. 2359 e sue succes- sive modificazioni, nonche' quelle di cui al titolo I della legge regionale 18 novembre 1964, n. 29". In quest'ultima legge all'art. 1 si afferma che "per le espropriazioni connesse ad opere finanziate in tutto o in parte dalla regione, la stima dell'indennita' da offrirsi ai proprietari ai sensi dell'art. 24 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 che sia stata approvata dai competenti organi tecnici dell'amministrazione regionale, sostituisce per tutti gli effetti dell'art. 48 della citata legge, le perizie previste dall'art. 32 della legge medesima". Siffatta normativa e' stata interpretata nel senso che relativamente alle espropriazioni occorrenti per gli interventi in materia di agricoltura e foreste, l'estimazione degli immobili e' fatta in base al criterio del valore venale stabilito dalla legge 2359/1865 (T.s.a.p. 4 maggio 1987, n. 16). Anche nella fattispecie tutta la discussione tra le parti e la stessa sentenza di primo grado non verte sull'applicabilita' o meno del valore venale, ma su suoli limiti nel senso nel predetto valore non si debba tener conto dei valori latenti o potenziali del suolo. 7. - Alla stregua delle esposte considerazioni la normativa regionale della Sicilia, che da' luogo alla determinazione dell'indennita' di esproprio secondo il criterio del valore venale di suoli destinati al rimboschimento, gravati da vincoli idrogeologici e paesaggistici, in contrasto con i principi fondamentali contenuti nell'art. 5-bis legge n. 359/1992, e' sufficiente e far ritenere non manifestamente infondata, in riferimento ai principi di uguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, nonche' con riferimenti agli art. 5 e 42 Costituzione la prospettata questione di legittimita' costituzionale degli artt. 3 della legge regionale 29 dicembre 1975, n. 88, 4 legge regionale 16 agosto 1974, n. 36 ed 1 legge regionale 18 novembre 1964, n. 29. 8. - Pertanto, previa declaratoria di "rilevanza" e "non manifesta infondatezza" della prospettata questione di legittimita' costituzionale, va ordinata l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e, sospeso il presente giudizio, va disposta che, a cura della cancelleria, quest'ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Presidente del Consiglio dei Ministri e nel contempo sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ai sensi dell'art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 87.