IL TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE PUBBLICHE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa in sede di legittimita' ed in sede di giudizio di rinvio, iscritta al n. 34 dell'anno 1993, tra la Societa' a responsabilita' limitata Acque Bufardo Torrerossa, con sede in Acireale, in persona del sig. Pietro Luigi Pennisi, rappresentata e difesa dagli avvocati Ernesto e Michele Conte e presso i medesimi elettivamente domiciliata in Roma, via E.Q. Visconti, n. 99, ricorrente, contro l'assessorato ai lavori pubblici della regione siciliana, in perona dell'assessore pro- tempore, e l'ingegnere capo del genio civile di Catania, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, nonche' contro il comune di Fiumefreddo di Sicilia, in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Eduardo Grasso e M. Athena Lorizio, elettivamente domiciliato presso la seconda in Roma, via di Villa Ada, n. 57, resistenti, per l'annullamento della licenza di attingimento di acqua dalla galleria Bufardo, rilasciata dall'ingegnere capo del genio civile di Catania al comune di Fiumefreddo di Sicilia con provvedimento del 15 marzo 1989, n. 28439. F A T T O La societa' Acque Bufardo Torrerossa e' concessionaria a scopo irriguo, in forza del decreto interministeriale 13 marzo 1963, n. 901, dell'intera portata d'acqua delle sorgenti captate da un complesso di pozzi e gallerie da essa costruito nelle localita' Bufardo e Torrerossa nel comune di Fiumefreddo di Sicilia, ad eccezione di 11,65 litri al secondo riservati al comune. Con provvedimento del 15 marzo 1989, n. 28439, l'ingegnere capo del genio civile di Catania rilasciava al comune una licenza per l'attingimento dalla sorgente Bufardo, fino al 31 marzo 1990, di 65,65 litri al secondo di acqua, ivi inclusi gli 11,65 litri al secondo gia' assentiti. A seguito del silenzio-rigetto formatosi sul ricorso amministrativo prodotto all'assessorato regionale dei lavori pubblici, la societa' impugnava in questa sede il provvedimento del genio civile, deducendo i seguenti motivi: 1) violazione dell'art. 56 del t.u. 11 dicembre 1993, n. 1775, perche' non applicabile alle licenze di attingimento di acque sotterranee; 2) violazione dello stesso art. 56 ed eccesso di potere, in quanto la licenza andava ad incidere sulla preesistente utenza della societa'; 3) violazione dell'art. 103 del medesimo t.u. n. 1775/1933, per la mancata previsione a favore della societa' del rimborso delle spese di ricerca, del compenso e del premio; 4) violazione degli artt. 47 e 56 dello stesso testo unico, sia perche' un couso delle opere di presa e di derivazione puo' essere disposto soltanto con un provvedimento di concessione, sia perche' il provvedimento impugnato avrebbe dovuto fissare le cautele per tale couso e il compenso spettante alla societa', proprietaria delle opere. Si costituivano in giudizio l'Avvocatura generale dello Stato in rappresentanza dell'ufficio regionale ed il comune di Fiumefreddo di Sicilia. Con sentenza del 17 maggio 1990, n. 40, questo Tribunale annullava il provvedimento, in accoglimento dei primi due motivi del ricorso e con l'assorbimento delle restanti doglianze. Senonche' la Corte suprema di cassazione, con sentenza delle sezioni unite 5 marzo-9 luglio 1992, n. 8393, in accoglimento del ricorso prodotto dall'Avvocatura generale dello Stato, cassava la sentenza medesima, ritenendola erronea nell'applicazione dell'art. 56 del t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775 e insufficientemente motivata quanto all'accoglimento del secondo motivo e rinviava la causa a questo Tribunale. Di qui la riassunzione del giudizio da parte della societa' con atto depositato l'8 aprile 1993. Si sono costituiti anche in questa fase di giudizio l'Avvocatura generale dello Stato e il comune di Fiumefreddo di Sicilia. Quest'ultimo, con memoria del 7 giugno 1993, si e' riportato alle difese spiegate nel giudizio introduttivo. La difesa erariale, con memorie del 7 giugno e 4 novembre 1993, richiamato il principio di diritto affermato dalla Cassazione, dal quale discende la infondatezza del primo motivo, ha ribadito la correttezza dell'operato dell'amministrazione anche in ordine alle restanti censure. Anche la societa' ricorrente in data 11 novembre 1993 ha prodotto una memoria, nella quale, in relazione alla pronuncia della Corte di cassazione, ha sollevato il problema della sua competenza a conoscere della vertenza, in relazione all'art. 201 del t.u. n. 1775/1933, secondo il quale avverso le sentenze del tribunale superiore delle acque pubbliche in sede di legittimita' e' ammesso il ricorso alle sezioni unite della Corte di cassazione soltanto per incompetenza o eccesso di potere, ai sensi dell'art. 3 della legge 31 marzo 1877, n. 3761, ossia per motivi attinenti alla giurisdizione. D I R I T T O