IL MAGISTRATO MILITARE DI SORVEGIANZA
    Letta l'istanza in data 27 settembre 1994 con la quale il detenuto
 Giampaolo Tonello, nato a Milano il 24 luglio 1966, in atto ristretto
 presso  il  Carcere  militare di Peschiera del Garda, chiede di poter
 fruire di un permesso-premio ai sensi dell'art. 30-ter,  della  legge
 26  luglio  1975, n. 354, quale introdotto dall'art. 9 della legge 10
 ottobre 1986, n. 663;
                             O S S E R V A
    Il detenuto Tonello si trova in espiazione della pena di anni 3  e
 mesi 8 di reclusione sostituita con la reclusione militare per eguale
 durata ai sensi dell'art. 63 del c.p.m.p.
    L'esecuzione  di  detta pena deve dunque avvenire con le modalita'
 previste per la reclusione militare, prima fra tutte  la  restrizione
 in un carcere militare.
    La  disciplina giuridica della reclusione militare non e' tuttavia
 perfettamente coincidente con quella comune in particolare per quanto
 concerne le modalita' di trattamento e  le  misure  alternative  alla
 detenzione.
   Invero,   nel   punto  che  interessa,  si  ritiene,  per  costante
 giurisprudenza, che al condannato militare sia  concedibile  solo  il
 c.d.   permesso   di  necessita'  di  cui  all'art.  30  della  legge
 penitenziaria e non anche il permesso premio  di  cui  al  successivo
 art. 30-ter.
    Cio'   perche'   mentre  l'art.  30  fa  riferimento  generico  ai
 "condannati", quindi  anche  a  coloro  che  scontano  la  reclusione
 militare,  l'art. 30- ter scandisce la disciplina del permesso-premio
 solo  con  riferimento  alle  pene  (comuni)   della   reclusione   e
 dell'arresto.
    Il  condannato  militare si trova, dunque, a cagione di tale forse
 inconsapevole accidente verbale, a non poter fruire  di  un  istituto
 basilare nell'esperienza di trattamento.
    Dubita  questo  magistrato  che  simile  anomalia  legislativa sia
 conforme a Costituzione.
    Infatti,  e'  ben  vero  che,   come   ha   precisato   la   Corte
 costituzionale  nella sentenza n. 414/1991, la reclusione militare ha
 natura e finalita' non coincidenti con la reclusione comune,  dovendo
 tendere  (anche)  alla rieducazione militare del condannato in quanto
 rivestito dallo status di militare.
    Ma non e' chiaro come tale specifico contenuto  rieducativo  possa
 risolversi  nella pratica cancellazione per il militare del principio
 della  progressivita'  trattamentale,  stante  che  egli,  esclusi  i
 permessi  premio,  puo'  godere  solo  -  sempreche'  ne  ricorrano i
 presupposti - della  misura  alternativa  dell'affidamento  in  prova
 (legge 29 aprile 1983, n. 167).
    L'istituto del permesso premio, lungi dal contraddire il possibile
 specifico  contenuto  rieducativo della reclusione militare, consente
 invece  di  giungere   meditatamente   alla   eventuale   concessione
 dell'affidamentoin   prova   solo   dopo  un  percorso  trattamentale
 individuato dal giudice; nessun ostacolo connesso con la peculiarita'
 della rieducazione militare e'  dato  rinvenire,  giacche'  la  legge
 prevede  solo  che  nella  permanenza  in  carcere i militari debbano
 essere impegnati in istruzioni civili e militari (art. 12 del r.d. 10
 febbraio 1944, n. 306), non che tale attivita' sia incompatibile  con
 modalita'  trattamentali  che  prevedono anche un temporaneo distacco
 dalla  struttura  carceraria  per  coltivare   interessi   affettivi,
 culturali o di lavoro.
    Del  resto  ai  militari non detenuti competono congrui periodi di
 licenza per coltivare i  medesimi  interessi,  periodi  ritenuti  non
 incompatibili con la prestazione militare.
    Se   quindi  una  ragione  del  diverso  regime  previsto  per  la
 reclusione militare (rispetto a quello previsto  per  la  reclusione)
 non   trova   alcuna   giustificazione   nello   specifico  contenuto
 rieducativo che la legge assegna a tale pena, v'e' da dubitare  della
 razionalita'  di una regolamentazione restrittiva che sopprime per il
 cittadino militare un importante strumento rieducativo.  Essa  sembra
 contrastare  con  gli  artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione,
 perche' crea ingiustificatamente una disparita'  di  trattamento  nei
 confronti  del  militare  impedendo  la  piena  valorizzazione  della
 finalita' rieducativa della pena.
    La questione e' evidentemente rivelante nel presente procedimento,
 che ha ad oggetto la concessione di un permesso-premio.