IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 466/1993 proposto da Mangiapane Antonino rappresentato e difeso dall'avv. Mario Rampini con domicilio eletto in Perugia, viale Indipendenza n. 49; contro la regione Toscana in persona del presidente pro- temporedella giunta regionale, rappresentanto e difeso dall'avv. Calogero Narese con domicilio eletto in Perugia, via M. Angeloni n. 80/ b (st. avv. Antonio Bellini); per annullamento della deliberazione di giunta regionale Toscana n. 2627 del 29 marzo 1993 con cui e' stato disposto l'annullamento d'ufficio della delibera di giunta regionale n. 1555 del 21 febbraio 1989, nonche' di ogni altro atto presupposto, connesso, conseguente e/o collegato; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della regione Toscana; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udita alla pubblica udienza del 13 aprile 1994 la relazione del dott. Bruno Mollica e uditi, altresi' l'avv. M. Rampini per la parte ricorrente e l'avv. Antonio Bellini in sostituzione dell'avv. C. Narese per l'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto; F A T T O Il dott. Antonino Mangiapane, attualmente segretario generale del comune di Perugia, impugna la deliberazione della giuta regionale della Toscana indicata in epigrafe, con cui e' stato disposto l'annullamento d'ufficio della precedente delibera di giunta regionale n. 1555 del 21 febbraio 1989, che, in accoglimento di proposta transattiva, attribuiva all'odierno ricorrente la somma di L. 39.770.200 a titolo di rimborso spese di viaggio per la partecipazione, quale membro di diritto, alle sedute delle sezioni decentrate del Co.Re.Co. di Siena ed Arezzo nel periodo in cui lo stesso espletava le funzioni di segretario generale delle relative amministrazioni provinciali. Espone l'istante di aver mantenuto nel detto periodo la residenza, propria e dei familiari, in Perugia, previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza, e di aver partecipato alle sedute del comitato quasi esclusivamente in ore pomeridiane per almeno quattro giorni alla settimana. A seguito di richiesta delle competenze dovute per il periodo novembre 1980/novembre 1981 e nell'inerzia dell'amministrazione, il Mangiapane otteneva l'emissione di decreto ingiuntivo per il chiesto importo di L. 6.971.800; tale decreto veniva revocato dal tribunale di Firenze con sentenza 6 dicembre 1983-5 marzo 1984, con decisione che veniva confermata dalla corte d'appello di Firenze in data 22 giugno 1985; peraltro, la Corte di cassazione, adita dal Mangiapane, in accoglimento del ricorso, rinviava la questione alla Corte d'appello di Bologna con sentenza n. 5194 in data 12 giugno 1987. La giunta regionale Toscana, con atto 11897 del 14 dicembre 1987, procedeva nel frattempo alla liquidazione della somma di L. 38.531.000 per il periodo dicembre 1981/giugno 1987, trattenendo peraltro la somma di L. 6.971.800 in relazione alla pendenza del processo dinanzi alla Corte di appello di Bologna. Relativamente al periodo fino al novembre 1981 veniva poi instaurata una trattativa stragiudiziale tra le parti che si concludeva con l'adozione della precitata deliberazione di giunta regionale n. 1555 del 21 febbraio 1989, attributiva dell'importo di L. 39.770.200; tale deliberazione veniva peraltro annullata dalla commissione regionale di controllo con decisione n. 3765 del 3 maggio 1989. Tale ultimo provvedimento, gravato dal Mangiapane con ricorso straordinario al Capo dello Stato, veniva in tale sede annullato, si' che si determinava la reviviscenza della deliberazione di giunta regionale n. 1555/1989. Successivamente, la regione emanava la legge regionale 6 aprile 1989, n. 22, dichiaratamente interpretativa dell'art. 3 della legge regionale n. 80/1978, con cui veniva stabilito che la normativa precedente doveva intendersi nel senso della spettanza del rimborso delle spese di viaggio nel solo caso di spostamento del soggetto interessato al fine esclusivo di partecipare alle sedute del comitato, con esclusione, quindi, del caso in cui il membro del comitato fosse tenuto ad effettuare tale spostamento per motivi inerenti alla propria attivita' lavorativa. La Corte d'appello di Bologna si pronunciava poi (sent. n. 972 del 9 novembre 1989) per il rigetto della causa innanzi alla stessa proposta; la Corte di cassazione respingeva, infine, con sent. n. 12987/1992, il ricorso del Mangiapane avverso la detta decisione, sentenza che veniva impugnata con ricorso per revocazione, tuttora pendente. Nel frattempo, il Mangiapane si gravava dinanzi al t.a.r. dell'Umbria avverso il provvedimento con cui la regione Toscana chiedeva la restituzione degli importi in precedenza erogati con la delibera della giunta regionale n. 11897, del 14 dicembre 1987 ed il ricorso veniva accolto con sentenza n. 412 del 9 dicembre 1992, nei cui confronti pende appello al consiglio di Stato. Si perveniva, quindi, all'adozione della delibera di giunta regionale n. 2627 dle 29 marzo 1993 - di annullamento d'ufficio della delibera n. 1555 del 21 febbraio 1989 - gravata in questa sede. Sostiene in primo luogo l'istante che l'effetto retroattivo della legge interpretativa trova il limite obiettivo delle situazioni di diritto gia' definite per scelta negoziale delle parti e, comunque, delle situazioni integralmente esaurite; il provvedimento sarebbe dunque illegittimo per: 1) violazione degli indicati principi nonche' carenza assoluta di potere ed inoltre per eccesso di potere per contraddittorieta', manifesta ingiustizia e sviamento; 2) la natura della legge regionale n. 22/1989 - posta alla base dell'annullamento d'ufficio impugnato - non sarebbe di interpretazione autentica, giacche' contiene norme oggettivamente modificative dell'art. 3 della legge regionale n. 80/1978 e, come tali, inidonee a produrre effetti ex tunc; pertanto, la stessa non sarebbe applicabile al momento di emanazione della delibera n. 1555 del 21 febbraio 1989, essendo a tale momento in vigore la precitata legge regionale n. 80/1978; 3) in via subordinata, si chiede che venga rimesso alla Corte costituzionale il giudizio di illegittimita' della legge regionale n. 22/1989 per sviamento del potere legislativo e violazione degli artt. 3, 24, 51, 97 e 101 della Costituzione; 4) la deliberazione impugnata sarebbe illegittima anche nella parte in cui la giunta regionale individua i motivi di interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione della precedente delibera n. 1555/1989; ne' sussisterebbe la identita' di situazioni e quindi l'esigenza di evitare disparita' di trattamento. Ne discende il vizio di violazione dei principi in materia di autotutela nonche' di eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti; 5) sussiste altresi' l'illegittimita' dell'intero procedimento per violazione e/o errata e/o falsa applicazione degli artt. 7, 8 e 10 della legge n. 241/1990, non essendo stata data comunicazione all'interessato dell'avvio del procedimento; e cio' nonostante che il ricorrente avesse richiesto, con nota del 25 gennaio 1993, l'indicazione del responsabile del procedimento medesimo. Tale comportamento dell'amministrazione ha quindi impedito al Mangiapane di intervenire nel procedimento di riesame della deliberazione n. 1555 citata; donde l'ulteriore vizio di eccesso di potere per manifesta ingiustizia, arbitrarieta', difetto di motivazione e sviamento di potere. In conclusione, l'istante chiede l'accoglimento del gravame e, in subordine, la declaratoria di non manifesta infodatezza delle eccezioni di incostituzionalita' sollevate, con rimessione della questione alla Corte costituzionale. Si e' costituita la regione Toscana ed ha preliminarmente eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nell'assunto che la materia inerente al rimborso delle spese di viaggio dei membri del Co.Re.Co. non attiene al rapporto di pubblico impiego; inoltre, la giurisdizione del giudice ordinario, in quanto affermata nelle precitate decisioni dell'A.G.O. e non piu' contestata nei successivi gradi di giudizio, deriverebbe dall'autorita' di cosa giudicata fra le parti nonche' dalla natura del rapporto giuridico, che coinvolge diritti soggettivi di natura patrimoniale. Nel merito, la difesa dell'amministrazione regionale ha diffusamente sostenuto la infondatezza del gravame. All'udienza del 13 aprile 1994 la causa e' stata ritenuta in decisione. D I R I T T O I - Va in primo luogo chiarito, in punto di fatto, che la vicenda di cui e' causa - e che si innesta nel quadro di una complessa lite giudiziaria avviata dal dott. Mangiapane nei confronti della regione Toscana fin dal 1982 - trae origine da un accordo transattivo fra le parti, recepito nella deliberazione di giunta regionale 21 febbraio 1989, n. 1555, inerente alla liquidazione della somma di L. 39.770.200 a titolo di rimborso spese di viaggio per la partecipazione dell'istante, fino al novembre 1981, quale membro di diritto, alle sedute delle sezioni decentrate del comitato regionale di controllo sugli atti degli Enti locali di Siena ed Arezzo nel periodo in cui lo stesso, autorizzato a risiedere in Perugia, espletava le funzioni di segretario generale delle relative amministrazioni provinciali. Nella specie, viene impugnata la deliberazione di giunta regionale 29 marzo 1993, n. 2627, che ha disposto l'annullamento d'ufficio della precitata delibera n. 1555/1989, la cui reviviscenza era stata in precedenza sancita per effetto dell'accoglimento di ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto dal Mangiapane avverso l'atto di annullamento, in sede di controllo, emanato dalla commissione di controllo sugli atti della regione Toscana in data 3 maggio 1989 (atto n. 3765). Va ancora ricordato che, parallelamente a tale vertenza, si sono sviluppate tra le parti altre vicende processuali - di cui si e' fatto cenno nella pregressa esposizione in fatto - che, peraltro, come espressamente riconosciuto anche dalla difesa della resistente regione, "rimangono tra di loro completamente indipendenti" e non incidono sulla definizione della presente controversia. II - Devono essere disattese le eccezioni preliminari sollevate dalla regione Toscana ed intese a contestare la sussistenza della giurisdizione di questo tribunale. La controversia inerisce infatti alla spettanza delle spese di viaggio in relazione alla partecipazione a sedute del comitato di controllo da parte di componente di diritto, nominato ratione muneris, quale segretario generale dell'amministrazione provinciale di Siena ai sensi dell'art. 56 della legge 10 febbraio 1953, n. 62: essa trova la sua genesi, pertanto, nella esistenza del sottostante rapporto d'impiego e, in quanto tale, e' attratta nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ne' puo' fondatamente sostenersi che, nella specie, si sia formato il giudicato sulla giurisdizione, attenendo le sentenze dell'A.G.O. indicate nella esposizione in fatto alla diversa controversia relativa alla revoca del decreto ingiuntivo per lire 6.971.000, e non gia' all'annullamento d'ufficio della deliberazione regionale transattiva, che segna una fase autonoma nella complessa ed ultradecennale vicenda giurisdizionale tra il Mangiapane e la regione Toscana. In ordine, poi, all'eccepito coinvolgimento di posizioni di diritto soggettivo di natura patrimoniale, basti rilevare che e' qui impugnato un provvedimento di annullamento d'ufficio, in quanto tale connotato da contenuti di discrezionalita', direttamente ed autoritativamente incidenti sulla posizione di vantaggio dell'interessato. Ne discende la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulla controversia. III - Nel merito, il collegio deve porsi, anche d'ufficio, il problema della costituzionalita' dell'articolo unico della legge regionale 6 aprile 1989, n. 22. La questione e' certamente rilevante ai fini del decidere. Nel quadro delle censure formulate dal ricorrente e' dato enucleare un duplice ordine di doglianze: da un lato, una serie di motivi intesi a contestare la natura interpretativa (e la conseguente retroattivita') della richiamata norma regionale e, comunque, la inidoneita' della stessa - ove ritenuta di portata interpretativa - ad incidere su posizioni definite o situazioni esaurite; dall'altro, una serie di rilievi, indicati in narrativa ai punti 4) e 5), diretti a censurare l'esercizio della potesta' di autotutela da parte della resistente regione e la violazione di disposizioni procedimentali. Orbene, va osservato che l'eventuale accoglimento delle doglianze sub 4) e 5) non presenterebbe carattere pienamente satisfattivo delle pretese azionate dal Mangiapane, residuando la potesta', in capo all'amministrazione, di rinnovazione del procedimento, emendato dagli eventuali vizi che in atto possano inficiarlo. Il concreto soddisfacimento della pretesa dell'odierno ricorrente deriverebbe, invero, esclusivamente dal riconoscimento della natura non interpretativa della norma regionale o dalla eliminazione della stessa dalla realta' giuridica. Verrebbe in tal caso ad essere irrimediabilmente caducato il presupposto giuridico dell'atto impugnato e ne discenderebbe, de plano, l'accoglimento del ricorso. Donde la rilevanza della richiamata questione di costituzionalita'. IV - La questione, oltre che rilevante, appare al Collegio non manifestamente infondata. Dubita in primo luogo il tribunale della portata interpretativa della norma de qua. Siffatta connotazione giuridica spetta - indipendentemente dalla autoqualificazione e formulazione - secondo l'insegnamento della Corte costituzionale (cfr., fra le altre, sentt. 24 febbraio-3 marzo 1988, n. 233 e 19 marzo-4 aprile 1990, n. 155) a quelle leggi o disposizioni che, riferendosi e saldandosi con altre (quelle interpretate), intervengono esclusivamente sul significato normativo di queste ultime (senza, percio', intaccarne o integrarne il dato testuale), chiarendone o esplicitandone il senso (ove considerato oscuro) ovvero escludendone o enucleandone uno dei sensi ritenuti possibili, al fine, un ogni caso, di imporre all'interprete un determinato significato normativo della disposizione interpretata. Nella specie, la legge regionale impugnata sembra invece intervenire sul precedente testo legislativo con una operazione di integrazione testuale: da una generalizzata previsione di spettanza del rimborso delle spese di viaggio nei confronti di "tutti i componenti effettivi e supplenti che risiedano in Comune diverso da quello sede del Comitato" (art. 3 primo comma della legge regionale 22 dicembre 1978, n. 80), con la norma asseritamente interpretativa dell'articolo unico della legge regionale 6 aprile 1989, n. 22 il legislatore regionale passa a stabilire la spettanza del detto rimborso "nei soli casi di spostamento del soggetto interessato al fine esclusivo di partecipare alle sedute del comitato" e ad escluderne il titolo alla corresponsione nel caso in cui "l'interessato sia tenuto a tale spostamento per il compimento di doveri inerenti la propria ordinaria attivita' lavorativa". Non sembra quindi al Collegio che tali previsioni) recte: limitazioni) fossero gia' contenute nel disposto normativo interpretato; sembra invece che le stesse innovino in senso limitativo la portata della precedente normativa. Sotto tale profilo va posta quindi la questione di costituzionalita' dell'articolo unico della legge regionale Toscana n. 22/1989 per eccesso di potere legislativo nonche' per violazione dei principi costituzionali che regolano la formazione delle leggi e del principio di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione, in quanto, sotto lo schermo di una interpretazione autentica, introduce una sostanziale modificazione della precedente disciplina recata dall'art. 3 primo comma della legge regionale n. 80/1978. Ne' puo' il Collegio, in presenza di norma (beninteso) dichiaratamente interpretativa (cfr. intitolazione della legge regionale in esame) direttamente escluderne in via esegetica tale carattere e non applicarla alla fattispecie sorte anteriormente all'emanazione della stessa: cio' concreterebbe, infatti, la disapplicazione da parte di un organo giurisdizionale di un atto avente forza di legge sul presupposto della illegittimita' di tale normativa perche' falsamente interpretativa; il che esula dai poteri di questo giudice per "sconfinare" in quelli riservati al giudice delle leggi. V - Per l'ipotesi, peraltro, che la Corte ritenga configurabile la natura interpretativa della cennata disposizione, il tribunale ritiene comunque di doverne sollevare questione di costituzionalita' sotto altri profili. Va ricordato che la decisione di accoglimento su ricorso straordinario al Capo dello Stato, richiamata in narrativa, ha comportato la reviviscenza della deliberazione regionale n. 1555 del 21 febbraio 1989 che, in accoglimento di proposta transattiva, attribuiva all'odierno ricorrente la somma dal medesimo richiesta a titolo di rimborso spese per il periodo di cui e' causa. La normativa regionale in esame viene quindi direttamente ad incidere, sostanzialmente caducandone gli effetti, sulla decisione di accoglimento del ricorso de quo. Orbene, la singolare natura del detto rimedio giustiziale, l'alternativita' con l'impugnativa giurisdizionale, l'inserimento del ricorso medesimo nel quadro degli strumenti di tutela dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi nei confronti della p.a. e dei suoi atti orientano a ritenere sussistente, nella specie, la violazione delle norme costituzionali poste a tutela dell'esercizio del diritto inviolabile alla difesa che, seppure riferibili direttamente alla sede giurisdizionale, appaiono parimenti applicabili alle correlate sedi giustiziali. E tutela non vi e' se il rapporto giuridico affermato nella naturale sede contenziosa non perviene poi, per intervento normativo retroattivo, a svolgere il proprio contenuto satisfattorio dell'interesse sostanziale azionato. Ne discende, ad avviso di questo giudice, il contrasto della disposizione con gli artt. 24, primo e secondo comma, e 113 della Costituzione. Ne' puo' non eccepirsi la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' della norma calendata sotto il profilo della diretta incidenza su situazioni definite per effetto di intervento accordo fra le parti e con valenza di posizioni di diritto soggettivo: cio' in violazione di principi fondamentali dell'ordinamento giuridico (certezza del diritto, parita' di trattamento, corretto andamento dell'attivita' della p.a., lealta' e trasparenza) in violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Ne', ancora, puo' omettersi di rilevare che la irretroattivita' costituisce un principio generale del nostro ordinamento (art. 11 preleggi) e, seppure non elevato, fuori dalla materia penale, al rango costituzionale, rappresenta pur sempre una regola essenziale del sistema a cui, salva un'effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi: donde la violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione nella misura in cui la legge interpretativa, in quanto retroattiva, viene a ledere rapporti preteriti ed ormai intangibili. Parimenti, costituendo la irretroattivita' principio fondamentale dell'ordinamento, il mancato rispetto di tale limite da parte del legislatore regionale (recte: la mancata salvaguardia, in sede di emanazione di legge interpretativa, dei rapporti definiti) appare in contrasto con l'art. 117, primo comma, della Costituzione. In conclusione, per le suesposte considerazioni il giudizio deve essere sospeso e gli atti trasmessi alla Corte costituzionale per l'esame delle questioni sopra prospettate.