LA CORTE D'APPELLO
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nella causa penale contro
 Youssef Ahmed Ahmed Anwar, nato ad Alessandria d'Egitto il 4  gennaio
 1961,  detenuto presso casa circondariale San Vittore di Milano. Dif.
 fid. avv. Bozena  Katia  Kolakowska,  via  Antonio  Fogazzaro  n.  1,
 Milano. Imputato: art.  73 primo comma, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.
 309  -  t.u.  leggi  stupefacenti - commesso in Milano il 25 febbraio
 1993;
    Letti gli atti del procedimento penale indicato a margine;
    Visto il parere favorevole del procuratore  generale  in  data  18
 aprile 1994;
                             O S S E R V A
    Con  sentenza 22 marzo 1993 del tribunale di Milano, confermata da
 questa Corte  con  sentenza  6  ottobre  1993,  il  prevenuto  veniva
 condannato  alla  pena  di  sei  anni  e otto mesi di reclusione e L.
 120.000.000 di  multa  per  il  delitto  di  detenzione  di  sostanze
 stupefacenti;  il  relativo  procedimento  penale e' tuttora pendente
 avanti la suprema Corte di cassazione a seguito di  ricorso  proposto
 dall'imputato.
    Questi,  con  istanza  presentata  dal  difensore di fiducia il 14
 luglio 1993 chiedeva a questa Corte l'espulsione dal territorio dello
 Stato con autorizzazione al rientro temporaneo al fine di presenziare
 all'udienza dibattimentale in grado di appello del 6 ottobre 1993.
    Venivano acquisite presso l'ufficio stranieri  della  Questura  di
 Milano  le informazioni di rito dalle quali emergeva che il prevenuto
 dispone di un valido documento per l'espatrio e che ha subito  alcuni
 procedimenti penali per inosservanza dei provvedimenti dell'autorita'
 ed  una  condanna  (sotto  falso  nome)  per  detenzione  di sostanze
 stupefacenti nell'anno 1986.
    Con ordinanza 27 ottobre 1993, su conforme parere del  procuratore
 generale,    questa   Corte   ha   rigettato   l'istanza   presentata
 nell'interesse   del   prevenuto   interpretando    logicamente    la
 disposizione di legge innovativa ed osservando che l'espulsione dello
 straniero non ancora irrevocabilmente condannato puo' essere disposta
 quando  ricorrono due condizioni negative, vale a dire che il delitto
 contestatogli non rientri tra quelli indicati nell'art. 275  comma  3
 del  c.p.p.  e  che  la pena residua da scontare sia inferiore ai tre
 anni di reclusione, condizione -  quest'ultima  -  nella  fattispecie
 insussistente.
    A  seguito  di ricorso proposto dal difensore, la suprema Corte di
 cassazione, con sentenza 23/25 marzo 1994, ha  annullato  l'anzidetta
 ordinanza della Corte d'appello di Milano cui ha rimesso gli atti per
 nuova deliberazione.
    Tanto  premesso  osserva  la  Corte che l'istituto dell'espulsione
 "amministrativa" o "di polizia" dello straniero nel territorio  dello
 Stato trovava il proprio fondamento negli artt. 150 e ss. del vigente
 testo  unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18
 giugno 1931, n. 773, abrogati dall'art.  13  del  d.l.  30  dicembre
 1989,  n.  416,  convertito  con  modificazioni con legge 28 febbraio
 1990, n. 39,  e  sostituiti  dall'art.  7  del  citato  provvedimento
 legislativo.
    Nella  vecchia come nella nuova formulazione (art. 7, primo comma,
 della legge citata) viene fatto salvo  "quanto  previsto  dal  codice
 penale,  dalle  norme  in materia di stupefacenti, dall'art. 25 della
 legge 22 maggio 1975, n.  152,  dall'art.  9,  secondo  comma,  della
 stessa  legge (concernente le false dichiarazioni e attestazioni rese
 dallo  straniero  richiedente  la  regolarizzazione   della   propria
 posizione  relativa all'ingresso ed al soggiorno nel territorio dello
 Stato) e  si  demanda  all'autorita'  amministrativa  l'adozione  dei
 provvedimenti di espulsione dei cittadini extracomunitari.
    In materia penale l'espulsione dello straniero (art. 235 del c.p.)
 e'  una  misura  di sicurezza non detentiva che va eseguita (art. 211
 del c.p.) "dopo che  la  pena  e'  stata  scontata  o  e'  altrimenti
 estinta"  e  che  postula l'accertamento positivo della pericolosita'
 sociale del soggetto (art. 31 della legge 10 ottobre 1986).
    In deroga alla citata  disposizione  generale  -  per  quanto  qui
 interessa  - l'art. 86 del d.P.R. 9 ottobre 1990 prevede l'espulsione
 obbligatoria (primo comma) dello straniero condannato per  i  delitti
 di   cui  agli  artt.  73,  74  e  75  stesso  decreto,  l'espulsione
 facoltativa (secondo comma) nel caso di condannata per reati previsti
 da altre norme dello stesso decreto,  l'espulsione  "amministrativa",
 previo nulla-osta dell'autorita' giudiziaria procedente, nell'ipotesi
 di  flagranza  di  delitti  previsti  dall'art.  73, primo, secondo e
 quinto comma, del citato testo unico delle leggi sugli stupefacenti.
    Nel  quadro  normativo   teste'   sommariamente   delineato   deve
 collocarsi  la  novella  legislativa  dell'estate 1993, proceduta dal
 d.l. 13 aprile 1993,  n.  107  (non  convertito)  che  demandava  al
 prefetto  l'adozione  dei provvedimenti di espulsione degli stranieri
 sottoposti a procedimento penale o condannati per i  delitti  di  cui
 agli  artt.  423  424,  624  aggravato, 635 aggravato, 648 del codice
 penale e 3 della legge 20 febbraio 1958, n. 75.
    Nella relazione al citato decreto-legge si dava testualmente  atto
 che  "si  tratta  prevalentemente  di  reati  contro  il  patrimonio,
 individuati con  riferimento  a  condotte  che  possono  non  destare
 particolare  allarme  sociale  ma  che  rappresentano le piu' diffuse
 espressioni di condotte devianti appartenenti al fenomeno della  c.d.
 "microcriminalita'".
    Il   citato  decreto-legge  veniva  reiterato  mutando  totalmente
 l'ottica e la prospettiva dell'espulsione dello straniero imputato  o
 condannato:   il  provvedimento  deve  essere  infatti  ora  adottato
 dall'autorita' giudiziaria su istanza dell'interessato e la finalita'
 perseguita dal legislatore e' quella del  "decongestionamento"  delle
 carceri.
    Il  d.l.  14  giugno 1993, n. 187, convertito con legge 12 agosto
 1993, n. 296, disciplina una espulsione non  obbligatoria  demandando
 all'autorita'  giudiziaria  il  controllo  della sussistenza nel caso
 concreto di inderogabili esigenze processuali ovvero di gravi ragioni
 personali  di  salute  ovvero  gravi  pericoli  per  la  sicurezza  e
 l'incolumita' dello straniero la cui  espulsione,  come  gia'  si  e'
 detto,   e'   subordinata  alla  sussistenza  delle  condizioni  gia'
 evidenziate.
    Con riferimento alla novella legislativa dell'estate  1993  e,  in
 particolare,  ai  commi  12-  bis  e 12- ter dell'art. 7 del d.l. 30
 dicembre 1989, n. 416, convertito con legge 28 febbraio  1990  questa
 Corte,  chiamata a pronunciarsi a seguito di rinvio dalla Cassazione,
 solleva d'ufficio  questione  di  illegittimita'  costituzionale  per
 contrasto  con  gli  artt.  3,  10,  27,  79  e 81 della Costituzione
 perche':
      1) la nuova normativa discrimina tra italiani e stranieri  prev-
 edendo  solo  per  questi  ultimi la possibilita' di sottrarsi ad una
 qualsivoglia misura cautelare mediante  l'espulsione  dal  territorio
 dello Stato.
    Richiamandosi  sul  punto  le  considerazioni  svolte  dalla Corte
 costituzionale nella sentenza 24 febbraio 1994, n. 62,  questa  Corte
 evidenzia  che  l'espulsione dallo Stato non puo' essere equiparata a
 nessuna misura cautelare prevista dal codice di rito non incidendo in
 nessun modo sulla liberta' del soggetto indagato  e  non  costituendo
 alcuna idonea garanzia per le esigenze di tutela della collettivita';
      2)  la  nuova normativa discrimina tra stranieri gia' condannati
 definitivamente alla data di entrata in vigore della nuova  normativa
 e  stranieri  imputati dello stesso reato, non essendo stata prevista
 alcuna disposizione transitoria;
      3) la nuova normativa discrimina tra  stranieri  imputati  dello
 stesso reato i quali - a seconda dello stato e del grado del processo
 - possono ottenere o meno il provvedimento di espulsione.
    E'  noto infatti che per il reato di cui all'art. 73 del d.P.R. n.
 309/1990 e' prevista una pena edittale da otto a vent'anni e che esso
 non rientra nell'ambito dell'art. 275, terzo comma, del c.p.p.: se la
 domanda  di  espulsione  dell'Anwar  fosse  stata   presentata   dopo
 l'irrevocabilita' della sentenza, egli non avrebbe potuto ottenere il
 provvedimento di espulsione;
      4)  la  discriminazione - ex art. 3 della Costituzione - attuata
 con la nuova normativa e' ancora  piu'  grave  -  sotto  tale  angolo
 visuale  -  considerando che nel terzo comma dell'art. 275 del c.p.p.
 sono previsti delitti (rapina, estorsione,  armi,  tentato  omicidio,
 ecc.)  puniti  con  pena  meno  grave  -  nel  minimo e nel massimo -
 rispetto a quello di cui all'art.  73  del  d.P.R.  n.  309/1990:  la
 scelta  legislativa  e'  quindi  irrazionale poiche' ad un piu' grave
 trattamento sanzionatorio  corrispondono  benefici  che  non  possono
 esssere  conseguiti  da  chi  ha  commesso un reato quoad poenam meno
 grave;
      5)  la  nuova  disciplina  contrasta   con   l'art.   27   della
 Costituzione  poiche'  la  finalita' rieducativa della pena non viene
 minimamente in considerazione non essendo  previsto  alcun  controllo
 sulla  condotta  successiva  del  soggetto,  salvo  il divieto di far
 rientro nel territorio dello Stato;
      6)  la  nuova  disciplina  contrasta   con   l'art.   79   della
 Costituzione   risolvendosi  in  un  provvedimento  generalizzato  di
 clemenza  nei  confronti  dei  cittadini  stranieri  sottratto   alla
 potesta' del Presidente della Repubblica e configurandosi quale causa
 anticipata  di  estinzione  della pena subordinata al mancato rientro
 dello straniero nel territorio dello Stato;
      7)  la  nuova  disciplina  contrasta   con   l'art.   81   della
 Costituzione poiche' si prevede una implicita rinunzia da parte dello
 Stato  alla  riscossione delle spese processuali e di mantenimento in
 carcere che lo straniero e' stato condannato  o  sara'  condannato  a
 corrispondere;  non  prevede, altresi', che il costo del biglietto di
 viaggio  debba  gravare  sullo   straniero   istante   ovvero   sulla
 collettivita',  in  entrambi  i  casi  senza  indicare  la  copertura
 finanziaria;
      8)  la  nuova  contrasta  con  l'art.  10   della   Costituzione
 demandando all'autorita' giudiziaria un controllo sulle gravi ragioni
 personali e sui gravi pericoli per la sicurezza e l'incolumita' dello
 straniero  che  la  stessa autorita' giudiziaria e' impossibilitata a
 svolgere non potendo far ricorso a tale  fine  alla  procedura  della
 rogatoria internazionale.
    Sotto questo profilo va evidenziato che il alcuni paesi e' tuttora
 prevista  la pena di morte per i delitti relativi agli stupefacenti e
 che non puo' essere esclusa la sottoposizione dello straniero espulso
 ad un nuovo processo per gli stessi fatti nel suo paese di origine in
 assenza  di   precise   garanzie   internazionali   che   l'autorita'
 giudiziaria  italiana  non  puo'  ne'  chiedere  ne'  ottenere  ed in
 presenza di diritti personali indisponibili quali quello della vita e
 della incolumita' fisica e morale dell'individuo.
    Valutera' il supremo collegio adito, ai sensi dell'art.  27  della
 legge  n.  87/1953,  nell'ipotesi  di accoglimento delle questioni di
 costituzionalita' innanzi sollevate, quali altre disposizioni  legis-
 lative risultino consequenzialmente illegittime.