ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge
 della Regione  Sicilia  24  luglio  1978,  n.  17  (Nuove  norme  per
 l'adeguamento  delle  retribuzioni  al  costo  della  vita  e  per le
 prestazioni    di     lavoro     straordinario     dei     dipendenti
 dell'Amministrazione  regionale),  promosso con ordinanza emessa il 5
 ottobre 1993 dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale  per  la
 Regione  Sicilia  - sui ricorsi riuniti proposti da Drago Domenico ed
 altre contro la Presidenza della Regione Sicilia, iscritta al  n.  64
 del  registro  ordinanze  1994  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  dell'8 giugno 1994 il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ordinanza del 5 ottobre 1993, la Corte dei conti - Sezione
 giurisdizionale per la Regione Sicilia - ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'articolo  4  della legge regionale
 siciliana  24  luglio  1978  n.  17,   recante   "Nuove   norme   per
 l'adeguamento  delle  retribuzioni  al  costo  della  vita  e  per le
 prestazioni    di     lavoro     straordinario     dei     dipendenti
 dell'Amministrazione  regionale", che stabilisce il divieto di cumulo
 di piu' indennita' di contingenza (o analoghe maggiorazioni collegate
 alle variazioni del costo della vita) sia per  il  titolare  di  piu'
 pensioni  sia  per il pensionato che svolga attivita' lavorative alle
 dipendenze  di  altre  amministrazioni.  L'ordinanza  di   rimessione
 prospetta  la  violazione  dell'articolo 36 della Costituzione per la
 parte  in  cui   la   norma   impugnata   "implica   la   sospensione
 dell'indennita' di contingenza senza stabilire il limite minimo della
 retribuzione    di    attivita'   o   del   complessivo   trattamento
 pensionistico, in relazione al quale si giustifichi e possa  divenire
 operante   la  decurtazione  dell'indennita'  di  contingenza..".  Il
 giudice a quo richiama le sentenze di questa Corte n. 566 del 1989  e
 n.  204  del 1992, sulle quali erano basate le domande dei ricorrenti
 (tutti pensionati della Regione Sicilia e titolari di due trattamenti
 pensionistici  ovvero  di  un  trattamento  pensionistico  e  di   un
 trattamento retributivo), osservando che, alla fattispecie dedotte in
 giudizio  non era applicabile l'articolo 99, quinto comma, del d.P.R.
 29 dicembre 1973 n. 1092, nel testo risultante dalla dichiarazione di
 parziale illegittimita' costituzionale, bensi' il citato  articolo  4
 della  legge  regionale  siciliana n. 17 del 1978, in ordine al quale
 ricorrevano, peraltro, le stesse ragioni di  incostituzionalita'  che
 la  Corte  aveva  riconosciuto  nei  confronti dell'analoga normativa
 statale:  l'indennita'  di  contingenza  e  l'indennita'  integrativa
 speciale  assolvono  al  fine di adeguare i trattamenti retributivi e
 pensionistici al costo della vita,  sicche',  il  divieto  di  cumulo
 posto  in  via  generale  ed  assoluta  dalla  norma impugnata, senza
 prevedere  l'inoperativita'  del  divieto  stesso,   allorquando   il
 trattamento  retributivo  concorrente con quello pensionistico ovvero
 (nel caso di piu' pensioni) il trattamento pensionistico  complessivo
 si  collochino  al  di  sotto  di  un determinato ammontare, viola il
 criterio della sufficienza di cui all'articolo 36 della Costituzione.
    Entrambe le norme contenute nella disposizione impugnata  (divieto
 di  cumulo  di piu' indennita' di contingenza per il titolare di piu'
 pensioni e divieto di cumulo di piu' indennita' di contingenza per il
 pensionato che presti opera retribuita) sono applicabili nel giudizio
 a quo, trattandosi di un  procedimento  in  cui  sono  stati  riuniti
 ricorsi  proposti  da titolari di piu' pensioni e ricorsi proposti da
 pensionati che prestano  opera  retribuita.  Donde  la  rilevanza  di
 entrambe le questioni prospettate.
    2.  - Nel giudizio davanti alla Corte non vi e' stata costituzione
 delle parti del giudizio a quo  ne'  intervento  del  Presidente  del
 Consiglio dei ministri.
                        Considerato in diritto
    1.  -  La  legge  regionale  siciliana 24 luglio 1978 n. 17 (Nuove
 norme per l'adeguamento delle retribuzioni al costo della vita e  per
 le    prestazioni    di    lavoro    straordinario   dei   dipendenti
 dell'Amministrazione regionale), dopo aver disciplinato, con  i  suoi
 primi  articoli, la misura degli adeguamenti retributivi derivanti da
 variazioni del costo  della  vita,  da  corrispondere,  a  titolo  di
 indennita'   di   contingenza,   ai  dipendenti  dell'Amministrazione
 regionale (articoli 1 e 2) nonche' ai titolari di pensioni ed assegni
 vitalizi a carico del Fondo di quiescenza, previdenza  ed  assistenza
 per  il personale regionale (articolo 3), stabilisce, all'articolo 4,
 che "Al titolare di piu' pensioni o assegni vitalizi, l'indennita' di
 contingenza o comunque ogni maggiorazione dipendente dall'adeguamento
 al costo  della  vita  competono  ad  un  solo  titolo,  e  non  sono
 cumulabili  con altre indennita' derivanti da forme di adeguamento al
 costo della vita, connesse a trattamenti di attivita' di  servizio  o
 di  quiescenza  erogati  da  altri  enti  o amministrazioni, salvo il
 diritto di opzione per il trattamento piu' favorevole".
    La Corte dei  conti  -  sezione  giurisdizionale  per  la  Regione
 siciliana  -  ritiene  che  quest'ultima  norma  sia in contrasto con
 l'articolo 36 della Costituzione, per i motivi e nei limiti affermati
 dalle sentenze n. 566 del 1989 e n. 204  del  1992,  rese  da  questa
 Corte   a  proposito  di  analoghe  norme  statali:  l'indennita'  di
 contingenza ha la funzione - alla  pari  dell'indennita'  integrativa
 speciale  -  di adeguare i trattamenti retributivi e pensionistici al
 costo della vita,  sicche',  il  divieto  di  cumulo,  posto  in  via
 generale   ed   assoluta   dalla  norma  impugnata,  senza  prevedere
 l'inoperativita'  del  divieto  stesso,  allorquando  il  trattamento
 retributivo  concorrente con quello pensionistico ovvero (nel caso di
 piu' pensioni) il trattamento pensionistico complessivo si collochino
 al di sotto di un determinato  ammontare,  viola  il  criterio  della
 sufficienza di cui all'articolo 36 della Costituzione.
    2.  - Il giudice a quo prospetta in realta' due distinte questioni
 di legittimita' costituzionale, entrambe peraltro rilevanti,  essendo
 stata  disposta,  nel  procedimento  al  suo esame, la riunione di un
 ricorso proposto da un pensionato che svolgeva  attivita'  retribuita
 con due ricorsi proposti da titolari di due pensioni.
    Le questioni stesse sono fondate.
    E'  da  ricordare che questa Corte si e' pronunziata piu' volte su
 entrambe, dichiarando la parziale illegittimita'  costituzionale  sia
 di  norme  della  legislazione statale che stabiliscono il divieto di
 cumulo  di  piu'  indennita'  integrative  speciali   nel   caso   di
 titolarita'  di  piu'  pensioni sia di altre norme che statuiscono la
 sospensione dell'indennita' integrativa speciale  nei  confronti  del
 titolare di pensione o assegno vitalizio che presti opera retribuita.
    In  particolare,  con  la  sentenza  n.  566  del 1989 la Corte ha
 ribadito la legittimita' in via di principio  della  riduzione  della
 pensione nel caso di concorso con altra prestazione retribuita, ma ha
 precisato  che  tale riduzione puo' essere giustificata e compatibile
 col  principio  stabilito  dall'articolo  36,  primo   comma,   della
 Costituzione, "solo ove sia correlata ad una retribuzione della nuova
 attivita'  lavorativa che ne giustifichi la misura". Conseguentemente
 la   pronunzia   ha   dichiarato   l'illegittimita'    costituzionale
 dell'articolo 99, quinto comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 -
 che disponeva la sospensione dell'indennita' integrativa speciale nei
 confronti  dei  pensionati  che prestavano opera retribuita presso lo
 Stato, le amministrazioni pubbliche e gli enti pubblici -  in  quanto
 tale  norma  implicava  una  sostanziale decurtazione del complessivo
 trattamento  pensionistico,  senza  dare  alcun  rilievo  alla misura
 dell'emolumento  ricevuto  per  la  nuova  attivita'  e  cioe'  senza
 stabilire un limite minimo al di sotto del quale la percezione di una
 retribuzione  non  fosse  idonea  a  determinare  la decurtazione del
 trattamento pensionistico.
    Con la successiva sentenza n. 204 del 1992, la Corte ha  esaminato
 l'articolo  17,  primo  comma,  della  legge 21 dicembre 1978 n. 843,
 modificato dall'articolo 15 del decreto legge 30 dicembre 1979 n. 663
 (convertito nella legge 29 febbraio 1980 n. 33), che avevano ampliato
 il divieto di cumulo estendendolo alle ipotesi in cui  il  pensionato
 percepisse   una   retribuzione  in  virtu'  di  rapporti  di  lavoro
 subordinato con privati, ma avevano imposto  di  far  comunque  salvo
 l'importo  corrispondente  al trattamento minimo di pensione previsto
 per  i  lavoratori  dipendenti.  Le  due  norme   furono   dichiarate
 costituzionalmente illegittime "nella parte in cui non determinano la
 misura   della   retribuzione,  oltre  la  quale  diventano  operanti
 l'esclusione e il congelamento dell'indennita' integrativa speciale".
    Con sentenza n. 172 del 1991, lo stesso articolo  17  della  legge
 843  del  1978 e' stato poi dichiarato costituzionalmente illegittimo
 nella parte in cui non prevedeva anche nei confronti del titolare  di
 due  pensioni  -  cosi'  come  invece  disponeva  per  il titolare di
 pensione che presta opera retribuita alle dipendenze di terzi -  che,
 pur restando vietato il cumulo delle indennita' integrative speciali,
 dovesse  comunque farsi salvo l'importo corrispondente al trattamento
 minimo  di  pensione  previsto  per  il  fondo  pensioni   lavoratori
 dipendenti.  E  la  sentenza  n.  307  del  1993 ha adottato identica
 soluzione con riferimento al sistema normativo delle pensioni erogate
 dalla Cassa  nazionale  di  previdenza  e  assistenza  a  favore  dei
 geometri.
    Anche  la  sentenza n. 494 del 1993, infine, esaminando l'articolo
 99, secondo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 - secondo  cui
 "Al  titolare  di  piu'  pensioni  o assegni l'indennita' integrativa
 speciale compete a un solo titolo" - ha  dichiarato  l'illegittimita'
 costituzionale di tale norma "nella parte in cui non prevede che, nei
 confronti  del  titolare  di  due  pensioni,  pur restando vietato il
 cumulo delle indennita' integrative speciali,  debba  comunque  farsi
 salvo  l'importo  corrispondente  al  trattamento  minimo di pensione
 previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti".
    Secondo i principi affermati da questa Corte, quindi, la riduzione
 del  trattamento  pensionistico  spettante  al  lavoratore,  mediante
 l'esclusione  dell'indennita' integrativa speciale ad esso afferente,
 in caso di titolarita' di piu' pensioni o di prestazione di attivita'
 retribuita da parte del pensionato, in tanto e'  compatibile  con  il
 dettato  costituzionale  -  ed in particolare con gli articoli 3 e 36
 della  Costituzione  -  in  quanto  la  prestazione  pensionistica  o
 retributiva  concorrente  sia  di ammontare tale da giustificare tale
 misura.
    Specificando tali principi si e' statuito, in primo luogo, che  la
 regola  per cui al titolare di piu' pensioni l'indennita' integrativa
 speciale compete ad un solo titolo ed e' costituzionalmente legittima
 solo se e nella misura in cui sia  fatto  salvo  l'importo  di  detta
 indennita'  eventualmente  occorrente  a  non  ridurre la prestazione
 pensionistica al di sotto del trattamento minimo I.N.P.S.. In secondo
 luogo, questa Corte ha stabilito,  con  riferimento  all'ipotesi  del
 pensionato   che  presti  attivita'  lavorativa  retribuita,  che  la
 sospensione o il congelamento  dell'indennita'  integrativa  speciale
 relativa  alla  pensione  non e' legittima ove sia operante qualunque
 sia l'ammontare della retribuzione percepita, spettando peraltro alla
 discrezionalita' del legislatore - che non risulta  essere  stata  in
 concreto esercitata - stabilire quale sia la soglia retributiva oltre
 la quale abbia vigore tale decurtazione.
    E'   evidente   che   tali   rationes  decidendi  debbono  trovare
 applicazione anche con riferimento  alla  censura  di  illegittimita'
 costituzionale  in  esame,  posto  che  le  norme regionali impugnate
 dettano una disciplina  sostanzialmente  analoga  a  quella  prevista
 dalle  norme  legislative  statali che la Corte ha rettificato con le
 pronunzie qui ricordate. Le questioni sollevate  dal  giudice  a  quo
 devono  quindi  essere  accolte nei termini e nei limiti precisati da
 tali pronunzie.