ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  468,  565  e
 572  del  codice civile, promosso con ordinanza emessa il 17 febbraio
 1993 dalla Corte d'appello di Genova nel procedimento civile vertente
 tra Barlaro  Agostina  ed  altre  e  Sanguineti  Giovanni  ed  altri,
 iscritta  al  n.  484  del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  37,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1993;
    Visto  l'atto  di  costituzione  di  Sanguineti  Carlotta ed altri
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 5 luglio 1994 il Giudice relatore
 Luigi Mengoni;
    Udito l'Avvocato dello Stato Antonio Bruno per il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso di un giudizio di petizione dell'eredita' di Anna
 Sanguineti ved. Barlaro, promosso contro gli eredi legittimi (parenti
 collaterali in quarto grado),  la  Corte  d'appello  di  Genova,  con
 ordinanza   del   17   febbraio  1993,  ha  sollevato  "questione  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 565, 572 e 468 cod. civ.  per
 contrasto  con  gli  artt.  3  e 30, terzo comma, della Costituzione,
 nella parte in cui non prevedono la successione legittima di fratelli
 e sorelle naturali del de cuius e, per rappresentazione,  quella  dei
 discendenti  degli  stessi  in  mancanza  di  membri  della  famiglia
 legittima restrittivamente intesa".
   Nel caso di specie il padre della de cuius,  prima  del  matrimonio
 con  la  madre,  aveva  avuto  dalla  relazione  con una sudamericana
 quattro figli naturali,  nati  a  Valparaiso  in  Brasile  e  da  lui
 riconosciuti. I discendenti di due di questi figli, in rappresentanza
 dei  loro  genitori,  pretendono  l'eredita'  contro  i  cugini della
 defunta, chiamati  a  succederle  dall'art.  572  cod.  civ.,  previo
 incidente di costituzionalita' nei termini riferiti.
    Il   giudice   rimettente  propone  due  questioni  distinte,  una
 principale, l'altra subordinata:
       a) questione di legittimita' costituzionale degli artt.  565  e
 572  nella  parte in cui, nella successione dei parenti a una persona
 avente lo status di figlio legittimo,  in  mancanza  di  discendenti,
 ascendenti,  fratelli  e  sorelle legittimi (o loro discendenti), non
 prevedono la vocazione all'eredita'  dei  fratelli  e  delle  sorelle
 naturali  con  precedenza sulla vocazione dei parenti collaterali dal
 terzo al sesto grado;
       b)  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 468 cod.
 civ., nella parte in cui non ammette  i  discendenti  di  fratello  o
 sorella  naturale  del  de  cuius a rappresentare il genitore che non
 puo' o non vuole accettare l'eredita'.
    2. - Premesso che la normativa impugnata  e'  un'applicazione  del
 principio  dell'art.  258 cod. civ., secondo cui il riconoscimento di
 un figlio naturale non produce effetti che riguardo  al  genitore  da
 cui  fu  fatto,  salvi  i  casi  previsti  dalla  legge,  il  giudice
 rimettente  ritiene  tale   normativa   contrastante   col   precetto
 costituzionale di ogni tutela giuridica e sociale dei figli naturali,
 e  altresi' col principio di eguaglianza per il trattamento deteriore
 riservato ai fratelli naturali rispetto a  parenti  non  appartenenti
 alla famiglia legittima del de cuius intesa in senso stretto.
    Le medesime ragioni, in caso di accoglimento, varrebbero a fondare
 la questione subordinata, rivolta a ottenere l'estensione del diritto
 di rappresentazione ai discendenti dei fratelli naturali del defunto.
    3.  - Nel giudizio davanti alla Corte si sono costituiti gli eredi
 legittimi  chiedendo  che  la  questione  sub   a)   sia   dichiarata
 inammissibile o comunque infondata, con conseguente inammissibilita',
 per irrilevanza, della questione sub b).
    Secondo  le  parti  private  l'argomentazione del giudice a quo e'
 fondamentalmente viziata da  una  carenza  di  giustificazione  della
 premessa  implicita che estende in assoluto la garanzia dell'art. 30,
 terzo comma, della Costituzione,  ai  rapporti  del  figlio  naturale
 riconosciuto   con   i   parenti   del  genitore.  In  contrario,  la
 giurisprudenza di  questa  Corte  ha  piu'  volte  precisato  che  il
 significato  precettivo  immediato di questa disposizione e' limitato
 ai  rapporti  del  figlio  con  il  genitore  dal  quale   e'   stato
 riconosciuto.  Nei  rapporti  con  i  parenti  del  genitore  si puo'
 desumerne  solo  una  direttiva  di  miglioramento  del   trattamento
 giuridico  dei  figli  naturali,  la  cui  attuazione,  con opportuna
 gradualita', e' rimessa alla discrezionalita' del legislatore.
    Diversamente dall'ipotesi considerata dalla sentenza  n.  184  del
 1990,  la  sentenza  additiva  prospettata  dall'odierna ordinanza di
 rimessione e' talmente  incisiva  nell'ordinamento  dei  rapporti  di
 famiglia   e  della  successione  legittima  familiare  da  escludere
 all'evidenza che essa possa rientrare nei  poteri  di  questa  Corte,
 onde la questione deve ritenersi inammissibile prima che infondata.
    4.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
 sia dichiarata inammissibile  o  infondata  per  ragioni  analoghe  a
 quelle diffusamente svolte dalle parti private.
                        Considerato in diritto
   1.  -  La Corte d'appello di Genova mette in dubbio la legittimita'
 costituzionale: a) in linea principale, degli artt. 565  e  572  cod.
 civ.,  nella parte in cui non prevedono la successione dei fratelli e
 delle sorelle naturali del de  cuius  in  mancanza  di  membri  della
 famiglia legittima, intesa in senso stretto; b) in linea subordinata,
 dell'art. 468 cod. civ., nella parte in cui non ammette i discendenti
 di  fratello  o  sorella  naturale  del  de  cuius a rappresentare il
 genitore che non puo' o non vuole accettare l'eredita'.
    2. - La questione e' inammissibile.
    Il giudice rimettente richiama il precedente della sentenza n. 184
 del 1990, ma la questione da lui sollevata  prospetta  un  intervento
 sul  regime  successorio  di  natura  diversa e ben piu' incisivo. La
 sentenza n. 184 ha introdotto  una  nuova  categoria  (o  classe)  di
 successibili,  rappresentata  dai  fratelli e dalle sorelle naturali,
 senza  pero'  alterare  l'ordine  successorio  della  parentela   del
 defunto.  Per effetto della sentenza i fratelli e le sorelle naturali
 sono chiamati all'eredita' in mancanza di successibili per diritto di
 coniugio o di parentela, con precedenza soltanto sullo Stato. Poiche'
 la successione dello Stato si inserisce nel sistema della successione
 legittima non come ordine successorio,  ma  con  funzione  suppletiva
 della  successio  ordinum  e  come  norma  di  chiusura  del sistema,
 l'attribuzione  di  un  titolo  successorio   con   efficacia   cosi'
 circoscritta  non  implica  la  costituzione di uno status giuridico,
 nemmeno ridotto, di parentela col de cuius. Come precisa la  sentenza
 citata,  il  diritto  da  essa riconosciuto si fonda direttamente sul
 fatto naturale della consanguineita',  valutato  alla  stregua  della
 direttiva  di  graduale  miglioramento  della  condizione  di diritto
 familiare della prole naturale anche nei rapporti con i  parenti  del
 genitore (e quindi anche nei rapporti dei figli naturali riconosciuti
 tra  loro),  enucleata  al secondo dei due livelli di interpretazione
 ammessi dall'art. 30, terzo comma, della Costituzione.
    La questione in esame mira, invece, a ottenere  l'inserimento  dei
 fratelli  e  delle  sorelle  naturali  negli  ordini  successori  dei
 parenti, costituendoli come terzo  ordine  tra  gli  ascendenti  e  i
 fratelli  e  le  sorelle legittimi (o i loro discendenti) e gli altri
 parenti collaterali dal terzo al sesto grado, i quali  degraderebbero
 a quarto ordine.
    Ora  e' vero che la discrezionalita' lasciata al legislatore dalla
 suddetta  direttiva  costituzionale  e'  soggetta  al  limite   della
 ragionevolezza  dei  tempi  di  attuazione, commisurati alla dinamica
 evolutiva dei rapporti sociali.  Dopo  vent'anni  dalla  riforma  del
 diritto  di  famiglia  appare  sempre  meno  plausibile la regola che
 esclude dall'eredita' i fratelli e le sorelle naturali del defunto  a
 beneficio  anche di lontani parenti legittimi fino al sesto grado. Il
 legislatore deve prendere atto del notevole  incremento  verificatosi
 nel  frattempo, sebbene in misura inferiore che in altri paesi, delle
 nascite fuori del matrimonio e del fenomeno parallelo della  famiglia
 di  fatto. Ma l'incostituzionalita' dell'impugnato art. 572 cod. civ.
 non  e'   sostenibile   nei   termini   assoluti   e   indiscriminati
 dell'ordinanza di rimessione.
    3.  -  Nell'applicare il criterio di compatibilita' "con i diritti
 dei membri della famiglia legittima", il giudice a quo fa riferimento
 alla famiglia in senso stretto definita  dalla  sentenza  n.  79  del
 1969,  senza  avvertire  la  diversa  referenzialita'  sottesa ai due
 significati normativi, primario e secondario, distinguibili nell'art.
 30, terzo comma, della Costituzione Il riferimento alla famiglia  che
 il  de cuius si e' formato mediante il matrimonio con persona diversa
 dall'altro genitore ha senso solo quando il problema del  trattamento
 dei  figli  naturali,  in  rapporto  ai  figli legittimi, si pone con
 riguardo alla successione al genitore comune o  ai  suoi  ascendenti.
 Quando  il  problema si pone, invece, con riguardo alla successione a
 chi, avendo lo status di figlio legittimo, muore senza  lasciare  ne'
 coniuge,  ne'  discendenti,  il  referente  per la ponderazione della
 tutela costituzionalmente garantita ai fratelli naturali del  defunto
 e'  la sua famiglia di origine, ossia la parentela definita dall'art.
 74 cod. civ., e non vi sono indicazioni,  normative  o  sociologiche,
 che  autorizzino  l'interprete a restringerne senz'altro la rilevanza
 giuridica, sotto questo aspetto, ai membri della  famiglia  coniugale
 costituita  dai  genitori  del  defunto.  In  rapporto  non solo agli
 ascendenti e ai fratelli e alle sorelle, ma anche agli zii e alle zie
 e ai loro figli - parenti di terzo e quarto grado, che gia' il codice
 del 1942 distingueva, a certi effetti, dai parenti  piu'  lontani  di
 quinto  e  sesto  grado (art. 583, testo originario) - e' sicuramente
 riconoscibile ancor oggi una coscienza della parentela operante  come
 fonte di solidarieta' di gruppo.
    Di  questo  dato  sociologico  e  dell'inerente giudizio di valore
 occorre tenere conto nel bilanciamento di interessi che deve  guidare
 l'attuazione  della  direttiva  costituzionale piu' volte rammentata:
 bilanciamento che coinvolge una  valutazione  complessa  eccedente  i
 poteri  di  questa  Corte,  essendo  prospettabile  una pluralita' di
 soluzioni, non esclusa l'introduzione di nuovi casi di concorso,  tra
 le quali la scelta appartiene alla discrezionalita' legislativa.
    4.  - L'inammissibilita' della questione relativamente al punto a)
 ne comporta l'irrilevanza in relazione al punto b).