ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art.  5  della  legge
 regionale  della  Campania  27  giugno 1987, n. 35 (Piano urbanistico
 territoriale  dell'area  sorrentino-amalfitana)   promossi   con   le
 seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza  emessa  il  25  maggio  1993  dal  giudice per le
 indagini preliminari presso la Pretura di  Salerno  nel  procedimento
 penale  a  carico  di  Alfonso Russo, iscritta al n. 470 del registro
 ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1993;
      2) ordinanza emessa il 12 novembre 1993 dal Pretore di Salerno -
 sezione distaccata di Cava dei Tirreni,  nel  procedimento  penale  a
 carico di Armando Anastasio ed altro, iscritta al n. 457 del registro
 ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 35, prima serie speciale dell'anno 1994;
    Visti gli atti di intervento del Presidente della giunta regionale
 della Campania;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  ottobre  1994  il  Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
    Uditi gli avvocati Luigi Nerone e Sergio Ferrari per il Presidente
 della giunta regionale della Campania.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il giudice per le indagini preliminari presso la  Pretura  di
 Salerno,  nel  corso  di un giudizio penale con rito abbreviato - nel
 quale si procedeva contro  l'imputato,  tra  l'altro,  per  il  reato
 previsto  dall'art.  20, lettera c), della legge 28 febbraio 1985, n.
 47, per aver eseguito, in zona sottoposta a vincolo  paesaggistico  e
 di  inedificabilita' ai sensi della legge regionale della Campania 27
 giugno 1987, n. 35 ed in assenza di concessione  edilizia,  opere  di
 sopraelevazione  di  un preesistente fabbricato, con ordinanza emessa
 il 25 maggio 1993 (R.O.  n.  470/1993),  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  agli artt. 117, primo
 comma, e 42, secondo comma, della  Costituzione,  dell'art.  5  della
 legge  regionale della Campania 27 giugno 1987, n. 35, nella parte in
 cui vieta il rilascio di concessioni  edilizie  per  tutti  i  comuni
 dell'area   sorrentino-amalfitana  fino  all'approvazione  dei  piani
 regolatori generali comunali adeguati al piano  urbanistico  adottato
 dalla regione.
    Nell'ordinanza  si  espone  che  l'imputato aveva eseguito - senza
 concessione - una costruzione edilizia sul territorio del  comune  di
 Cava   dei  Tirreni,  compreso  nel  piano  urbanistico  territoriale
 (P.U.T.) adottato dalla Regione Campania con legge 27 giugno 1987, n.
 35 e come tale soggetto a vincolo paesaggistico e, ai sensi dell'art.
 5  della  citata  legge  regionale,  a  vincolo  di  inedificabilita'
 assoluta.
    Secondo  il  giudice  a  quo,  detto  piano  urbanistico, anche se
 definito  espressamente  "piano  territoriale  di  coordinamento"   e
 contenente  "norme  generali  di  uso  del  territorio",  all'art. 5,
 vietando il rilascio  di  concessioni  edilizie  in  tutti  i  Comuni
 compresi  nel  piano  stesso,  crea  un vincolo generale, assoluto ed
 immediatamente operante di inedificabilita' (salve limitate eccezioni
 in materia di edilizia pubblica).
    E proprio per tale ragione, trattandosi di divieto sine die  -  in
 quanto  non  e' previsto un termine perentorio per l'approvazione dei
 piani regolatori generali comunali - la  norma  censurata  violerebbe
 l'art.   117   della  Costituzione,  per  inosservanza  dei  principi
 fondamentali, stabiliti in materia dalle leggi  dello  Stato,  ed  in
 particolare  dall'art.  1-  bis  della legge 8 agosto 1985, n. 431, a
 norma del quale il vincolo paesaggistico puo' essere imposto solo con
 riferimento a beni ed  aree  determinate.  Inoltre,  introducendo  un
 vincolo d'inedificabilita' assoluta e non derogabile, la disposizione
 de qua si porrebbe in contrasto con la disciplina dettata dall'art. 7
 della  legge  n. 1497 del 1939 e dall'art. 82, comma nono, del d.P.R.
 n. 616 del 1977 (aggiunto dall'art. 1 della legge n. 431 del 1985), i
 quali prevedono la derogabilita' del vincolo  in  forza  di  apposita
 autorizzazione.
    La norma censurata violerebbe, altresi', l'art. 42, secondo comma,
 della  Costituzione,  poiche'  sopprimerebbe a tempo indeterminato lo
 ius aedificandi - che, alla stregua della legislazione statale, puo',
 invece, essere esercitato previa concessione amministrativa,  secondo
 il regime dettato dall'art. 1 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 - ed
 in  tal  modo  esplicherebbe  il potere di determinazione dei modi di
 godimento della proprieta' privata, riservato dall'art.  42,  secondo
 comma, della Costituzione, esclusivamente alla legge statale.
    1.2.  -  Nel  giudizio  e'  intervenuto il Presidente della giunta
 regionale della Campania, che ha concluso per la  infondatezza  della
 questione,  sottolineando,  in  particolare,  la efficacia vincolante
 delle prescrizioni del piano urbanistico territoriale, approvato  con
 la  legge regionale impugnata, nei confronti dei comuni, i quali sono
 obbligati  a  recepirle  nei  propri  strumenti  urbanistici,  e   la
 necessita',  che  e' all'origine della norma censurata, di proteggere
 le prescrizioni di detto piano fino alla  introduzione  di  esse  nei
 piani urbanistici comunali, la cui approvazione e' obbligatoria.
    Del  resto,  tale norma di salvaguardia, si osserva nella memoria,
 introduce un divieto temporaneo ponendo un termine, sia pure incertus
 quando,  alla  sua  durata,  e  cio'  basterebbe  ad   escludere   la
 configurabilita'   di  una  limitazione  di  carattere  espropriativo
 costituzionalmente illegittima perche' imposta senza indennizzo.
    Si   rileva,   altresi',  che  i  beni  aventi  valore  paesistico
 costituiscono una categoria originariamente  di  interesse  pubblico,
 rispetto  alla  quale  la giurisprudenza costituzionale ha escluso la
 equiparazione dei vincoli imposti con provvedimenti amministrativi  e
 delle  espropriazioni soggette all'obbligo della corresponsione di un
 indennizzo.
    Quanto al rilievo secondo cui il vincolo paesaggistico puo' essere
 imposto solo con riferimento a beni ed aree determinati,  si  osserva
 nella  memoria  che,  essendo  il  P.U.T.  un  piano  territoriale di
 coordinamento, ben potrebbe comprendere  nel  proprio  perimetro  una
 porzione  del  territorio  regionale  piu' ampia di quella soggetta a
 tutela paesaggistica dall'art. 1 della legge n. 431 del 1985. Se  non
 si ammettesse tale possibilita', dovrebbe ritenersi priva di senso la
 distinzione tra P.U.T. e piano paesistico.
    2. - Una questione sostanzialmente identica e' stata sollevata, in
 riferimento  agli  artt.  117,  primo  comma,  e  42,  secondo comma,
 nonche', come si evince dalla parte  motiva  della  ordinanza,  terzo
 comma,  della  Costituzione, con ordinanza emessa il 12 novembre 1993
 (R.O. n. 457 del 1994), dal Pretore di Salerno -  sezione  distaccata
 di Cava dei Tirreni. Questi, nel richiamare la predetta ordinanza del
 g.i.p.  presso la pretura di Salerno, osserva, in particolare, che il
 piano urbanistico territoriale, la cui finalita',  all'art.  3  della
 legge  impugnata, e' espressamente indicata nella "considerazione dei
 valori paesistici ed ambientali", esorbiterebbe da tale programmatica
 premessa, ricomprendendo nei vincoli previsti l'intero territorio  di
 34  comuni,  e  quindi  involgendo  piu'  direttamente  la  tutela di
 interessi di tipo urbanistico-edilizio, ed operando una inammissibile
 commistione tra le due  discipline,  quella  paesaggistica  e  quella
 urbanistica. In tal modo il diritto di proprieta' verrebbe sottoposto
 ad un vincolo esorbitante dai limiti posti dall'art. 1 della legge n.
 10  del  1977 e dall'art. 42 della Costituzione, con compressione del
 diritto stesso indefinita nel termine finale, determinata  non  dalla
 legge   ne'   da   un   atto  amministrativo,  ma  solo  dall'inerzia
 dell'amministrazione, e non correlata ad un indennizzo.
    Quanto meno, secondo il remittente,  la  norma  censurata  avrebbe
 dovuto   stabilire   una   differente   regolamentazione  delle  zone
 sottoposte a vincolo paesistico e di quelle vincolate  dal  punto  di
 vista urbanistico.
    2.1.  -  Anche  nel  secondo giudizio e' intervenuto il Presidente
 della giunta regionale della  Campania,  sostenendo  la  infondatezza
 della  questione.  Al  riguardo,  premesso  il  rilievo sulla nozione
 unitaria di ambiente,  al  di  la'  della  distinzione  degli  ambiti
 ambientale  ed  urbanistico,  entrambi  caratterizzati dalla esigenza
 primaria di tutelare la qualita'  della  vita  nelle  sue  molteplici
 manifestazioni,   nella   memoria  si  osserva  che  la  disposizione
 regionale, attuativa della legge generale sull'ambiente, opera su  un
 piano  di  tutela di interessi pubblici prevalente su quello al quale
 afferiscono interessi urbanistici, e che un  regime  di  salvaguardia
 risulta  imprescindibile  ove  si voglia conservare alla legge n. 431
 del 1985 la capacita' effettiva di  incidere  sulle  attivita'  umane
 dotate  di "naturale aggressivita'" verso l'ambiente. Tale regime e',
 comunque, transitorio in quanto rigorosamente circoscritto al periodo
 di tempo intercorrente tra l'entrata in vigore del piano  urbanistico
 territoriale  e  l'approvazione  dei  piani  regolatori  generali dei
 comuni ricadenti nel territorio protetto.  Del  resto,  si  conclude,
 l'adozione  dei  piani  regolatori generali, con tutto cio' che vi e'
 connesso anche relativamente all'esercizio di poteri  sostitutivi  in
 caso di inerzia da parte dei comuni, resta regolata dalla legge n. 10
 del 1977.
    2.2.  -  Nell'imminenza  dell'udienza  pubblica l'Avvocatura della
 Regione Campania ha depositato, in relazione alla questione sollevata
 con ordinanza n. 457 del 1994, una memoria con la quale  ha  eccepito
 la  inammissibilita' per difetto di rilevanza della questione stessa,
 della quale ha comunque ribadito la infondatezza.
    Sotto il primo profilo, si osserva che una eventuale pronuncia  di
 illegittimita'  costituzionale  della  norma  impugnata  non  avrebbe
 l'effetto,  come  ritenuto  dal  giudice   a   quo,   di   modificare
 l'imputazione  da  quella  di cui alla lett. c) in quella di cui alla
 lett. b) dell'art. 20 della legge n. 47 del 1985.
    Nel merito,  la  difesa  della  Regione,  nel  rinviare  a  quanto
 sostenuto  nella  precedente memoria, rileva una tautologia nell'iter
 argomentativo del  remittente,  secondo  il  quale,  posta,  in  modo
 assiomatico,  la  natura urbanistica del vincolo in questione, il suo
 regime dovrebbe essere quello tipico del piano regolatore, e cioe' di
 un  atto  a  contenuto  generale  che,  imponendo  limitazioni   alla
 proprieta', prevede altresi' deroghe ad essa mediante atti singolari.
                        Considerato in diritto
    1.  -  I  giudizi  introdotti  con le ordinanze di cui in epigrafe
 presentano sostanziale identita' di questioni, e  possono,  pertanto,
 essere riuniti e definiti con unica sentenza.
    2.  -  I  remittenti  dubitano  della  legittimita' costituzionale
 dell'art. 5 della legge della Regione Campania 27 giugno 1987, n. 35,
 con la quale e' stato approvato  il  piano  urbanistico  territoriale
 dell'area sorrentino-amalfitana, nella parte in cui detta norma vieta
 il  rilascio  di  concessioni  edilizie  per tutti i comuni dell'area
 interessata  fino  all'approvazione  dei  piani  regolatori  generali
 comunali adeguati al citato piano regionale.
    Tale  disposizione  violerebbe  l'art.  117,  primo  comma,  della
 Costituzione, ponendosi in  contrasto  con  i  principi  fondamentali
 stabiliti  dalle  leggi  dello  Stato,  che operano quale limite alla
 potesta' legislativa regionale, ed in particolare: a) con  l'art.  1-
 bis  della  legge statale 8 agosto 1985, n. 431 (rectius, art. 1- bis
 del  d.l.  27  giugno  1985,  n.  312,  introdotto  dalla  legge   di
 conversione  8  agosto  1985,  n.  431), a norma del quale il vincolo
 paesaggistico puo' essere imposto solo con riferimento a beni ed aree
 determinate, e non,  indiscriminatamente,sull'intera  area  presa  in
 considerazione  dalla  legge  regionale impugnata; b) con gli artt. 7
 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e 82, comma nono, del d.P.R.  24
 luglio 1977, n. 616 - aggiunto dall'art. 1 del citato d.l. n. 312 del
 1985, come sostituito dalla legge di conversione n. 431 del 1985 -, i
 quali  prevedono  la  derogabilita'  del vincolo in forza di apposita
 autorizzazione.
   I remittenti deducono, altresi', la lesione dell'art.  42,  secondo
 comma,  della  Costituzione, sotto il profilo della compressione sine
 die  del  diritto  di  proprieta',  e,  quindi,   della   sostanziale
 abrogazione   dello   ius   aedificandi,   che,  invece,  secondo  la
 legislazione statale, alla stregua dell'art. 1 della legge 28 gennaio
 1977,   n.   10,   puo'   essere   esercitato   previa    concessione
 amministrativa.
    A  tali  rilievi, nella ordinanza R.O. n. 457 del 1994, emessa dal
 Pretore di Salerno - sezione  distaccata  di  Cava  dei  Tirreni,  si
 aggiunge  il  sospetto  di  incostituzionalita' della disposizione in
 questione  per  la  mancata  correlazione  della  compressione  della
 proprieta'  ad  un  indennizzo.  Deve,  pertanto,  pur  in assenza di
 espressa menzione nel dispositivo, ritenersi estesa la censura  anche
 al terzo comma dell'art. 42 della Costituzione.
    3.  - Va preliminarmente esaminata l'eccezione di inammissibilita'
 per irrilevanza sollevata dalla Regione Campania con riferimento alla
 ordinanza R.O. n.  457  del  1994,  secondo  la  quale  la  eventuale
 declaratoria  di  illegittimita' costituzionale della norma impugnata
 non avrebbe influenza nel giudizio a quo, poiche' non  comporterebbe,
 contrariamente  a  quanto  ritenuto  dal remittente, la modificazione
 della originaria imputazione.
    L'eccezione e' infondata.
    La norma censurata introduce un regime di inedificabilita' in zone
 precedentemente non sottoposte a vincolo in  base  alla  legislazione
 statale.  Pertanto,  la  sua applicazione costituisce, nel giudizio a
 quo, il presupposto del contestato reato di cui  all'art.  20,  lett.
 c),  consistente  nella  realizzazione, in assenza di concessione, di
 interventi edilizi in zona vincolata. Ne deriva  la  rilevanza  della
 questione,  poiche'  la  eventuale  sopravvenuta  illegittimita'  del
 vincolo disposto dalla norma di cui si tratta si rifletterebbe  sulla
 fattispecie   sottoposta   all'esame  del  remittente,  che  potrebbe
 degradare nella piu' lieve ipotesi contravvenzionale di esecuzione di
 lavori in assenza di concessione, di cui all'art. 20, lett. b), della
 citata legge n. 47 del 1985.
    4. - Nel merito le questioni non sono fondate.
    L'art. 5 della legge della Regione Campania 27 giugno 1987, n.  35
 dispone, al primo comma, che "dalla data di entrata in vigore del pi-
 ano  urbanistico  territoriale  e  sino  all'approvazione  dei  piani
 regolatori generali comunali (ivi incluse  le  obbligatorie  varianti
 generali  di  adeguamento  ai piani regolatori generali eventualmente
 vigenti), per tutti i comuni dell'area  e'  vietato  il  rilascio  di
 concessioni ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10. Sono escluse
 da  tale divieto le concessioni relative a opere di edilizia pubblica
 (residenziale, scolastica, sanitaria,  ecc.)  che  comunque  dovranno
 essere conformi alla normativa urbanistica all'atto vigente, e munite
 del parere di conformita' della giunta regionale".
    Siffatto vincolo di inedificabilita', esteso all'intero territorio
 compreso  nel  piano,  secondo  i  remittenti,  sarebbe imposto dalla
 Regione in violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione,
 in quanto esorbitante dai limiti derivanti dai principi  fondamentali
 della legislazione statale nella materia.
    5.  -  Il  primo  dei  principi  violati sarebbe quello desumibile
 dall'art. 1- bis del d.l. 27 giugno 1985, n.  312,  introdotto  dalla
 legge   di   conversione   8   agosto   1985,  n.  431.  Detta  norma
 consentirebbe,  infatti,  l'intervento  delle  regioni  soltanto  con
 riferimento  ai beni ed alle aree elencate dal quinto comma dell'art.
 82 del d.P.R. n. 616 del 1977 come integrato dall'art. 1 della  legge
 n.   431  del  1985,  che  non  potrebbero  coincidere  con  l'intera
 superficie dei trentaquattro comuni costituenti l'area investita  dal
 piano in questione.
    5.1.  - Al riguardo, appare opportuna una premessa sulle finalita'
 di detta legge, ripetutamente poste in luce dalla  giurisprudenza  di
 questa  Corte  (sent.  n. 67 del 1992, ord. n. 431 del 1991, sent. n.
 151 del 1986).
    Allo scopo di apprestare una piu'  efficace  protezione  dei  beni
 ambientali,  la ora ricordata legge n. 431 ha seguito un criterio che
 si discosta nettamente da quello  che  aveva  ispirato  disciplina  e
 tutela  delle  bellezze naturali nella legge 23 giugno 1939, n. 1497.
 Invece di limitarsi ad interventi diretti alla preservazione di  cose
 e  di localita' di particolare pregio singolarmente considerate, essa
 ha previsto vincoli paesaggistici generalizzati, in  ordine  a  vaste
 porzioni  e  numerosi  elementi  del  territorio  individuati secondo
 tipologie paesistiche, ubicazionali o morfologiche, indicate all'art.
 1, che integra l'art. 82 del d.P.R. n. 616 del 1977; con  una  scelta
 la  cui  ratio  sta  nella  introduzione  di una tutela del paesaggio
 improntata a integralita' e globalita'.
    5.2. - Il concetto tradizionale di paesaggio  ha  subito,  quindi,
 una  trasformazione,  evolvendo verso un allargamento dell'area della
 tutela riferibile al complesso dei valori inerenti al territorio, con
 il conseguente intrinseco collegamento di paesaggio  e  di  strutture
 urbane   (edilizie,   sociali,   produttive)   e  allargamento  della
 disciplina urbanistica, cui gia' l'art. 80 del d.P.R. n. 616 del 1977
 attribuiva una funzione di protezione  ambientale  accanto  a  quella
 originaria di assetto e di sviluppo edilizio dei centri abitati.
    Le  due  funzioni, quella di pianificazione paesistica e quella di
 pianificazione  urbanistica,  restano  pur   sempre   ontologicamente
 distinte,  avendo  obiettivi,  in  linea  di  principio,  diversi, da
 ricollegare, sostanzialmente, per la prima, alla  tutela  dei  valori
 estetico-culturali,  per  la  seconda  alla gestione del territorio a
 fini economico-sociali.
    La riferita concezione "dinamica" del paesaggio, e la  piu'  ampia
 apertura  del  concetto di urbanistica, hanno avuto per risultato una
 sorta di mutualita' integrativa, per effetto della  quale  la  tutela
 dei  valori  paesaggistico-ambientali si realizza anche attraverso la
 pianificazione urbanistica. E' propriamente in  questo  ambito  e  in
 questa  funzione  che  si  colloca ed opera la legge n. 431 del 1985,
 quando, con l'aggiunta dell'art. 1- bis al  d.l.  n.  312  del  1985,
 dispone che "le regioni sottopongono a specifica normativa d'uso e di
 valorizzazione   ambientale   il   relativo  territorio  mediante  la
 redazione di piani paesistici o di piani urbanistico-territoriali con
 specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali ...". Si
 e', in tal modo, riconosciuta la possibilita'  che  il  perseguimento
 della  tutela  paesaggistica  avvenga  attraverso  l'impiego di piani
 paesistici ovvero di piani urbanistici a valenza paesaggistica.
    Sulla diversa natura, e tuttavia  sulla  integrabilita'  del  fine
 protettivo dei valori ambientali, ricorrente in entrambi i menzionati
 piani,  questa  Corte  si  e'  gia'  in  altra  occasione  soffermata
 (sentenza n. 327 del  1990),  osservando  che  il  piano  urbanistico
 territoriale e' comunque uno strumento di pianificazione urbanistica,
 che  trova  il  proprio  nucleo  iniziale  di  disciplina  nei "piani
 territoriali di coordinamento" previsti dall'art. 5  della  legge  n.
 1150 del 1942, mentre il fondamento normativo dei piani paesistici si
 rinviene  nell'art.  5  della legge 29 giugno 1939, n. 1497, relativa
 alla protezione delle bellezze naturali, e nell'art.  23  del  regio-
 decreto 3 giugno 1940, n. 1357.
    5.3.  -  Tale  premessa  rende  ragione della non fondatezza della
 questione sollevata, con riferimento  alla  pretesa  esorbitanza  dai
 limiti   posti   dall'art.   1-   bis   del  d.l.  n.  312  del  1985
 dell'imposizione con legge regionale di un generalizzato  vincolo  di
 inedificabilita'.   Se   e'  vero,  infatti,  che  tale  disposizione
 riferisce   il   piano   urbanistico   territoriale   con   specifica
 considerazione  dei valori paesistici ed ambientali - al pari del pi-
 ano paesistico - ai "beni ed alle  aree  elencati  nel  quinto  comma
 dell'art.  82  del  d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616", e' pur vero, come
 gia'  rilevato  nella  citata  sentenza  n.  327  del  1990,  che  la
 limitazione della disciplina alle sole predette zone risulta estranea
 agli  strumenti  di  pianificazione  urbanistica, la cui efficacia e'
 "normalmente orientata  verso  l'assetto  dell'intero  territorio  di
 spettanza   dell'ente   investito   del  potere  di  pianificazione".
 Pertanto, il riferimento del citato art. 1 legge  alle  categorie  di
 beni  sottoposti  a  specifica  tutela  paesaggistica non puo' essere
 correttamente inteso  come  "limitativo  delle  ordinarie  competenze
 regionali  in  materia  urbanistica". Al contrario, se la regione non
 puo' prescindere, nei propri strumenti  programmatici,  dalla  tutela
 dei valori paesistico-ambientali, essa ben puo', nell'esercizio delle
 sue  competenze urbanistiche, prendere in considerazione tali valori,
 con automatico ampliamento dell'efficacia dello strumento ad aree non
 comprese nella disciplina della legge n. 431. Al riguardo,  la  Corte
 ha  gia' avuto modo di sottolineare come la protezione preordinata da
 tale legge sia pur sempre  "minimale"  e  non  escluda  ne'  precluda
 "normative  regionali  di maggiore o pari efficienza" (sentt. nn. 327
 del 1990, 151 del 1986), in una visione organica del territorio e dei
 valori sottostanti alla disciplina dell'uso dello stesso.
    6. - Nemmeno e' fondata la censura che lamenta l'inosservanza  dei
 principi  affermati  dall'art.  7  della legge n. 1497 del 1939 e 82,
 nono comma (introdotto dall'art. 1 del d.l. n.  312  del  1985,  come
 sostituito dalla legge di conversione n. 431 del 1985), del d.P.R. n.
 616   del   1977,   che   consentono  la  derogabilita'  del  vincolo
 paesaggistico in forza di  apposita  autorizzazione,  mentre  analoga
 possibilita'  non  e'  contemplata  dall'art. 5 della legge regionale
 della Campania n. 35 del 1987.
    Il divieto di rilascio di concessioni edilizie nell'area  compresa
 nel  piano  urbanistico  territoriale  della Campania, disposto dalla
 norma impugnata - che, come si vedra' piu' avanti, non  ha  carattere
 assoluto   ne'   temporalmente   illimitato   -   e'  una  misura  di
 salvaguardia,  prodromica  all'approvazione  dei   piani   regolatori
 generali  comunali  ovvero  all'adeguamento  di  quelli eventualmente
 vigenti alle  prescrizioni  del  piano  urbanistico  territoriale,  a
 tutela  dei  valori  ambientali,  dei  quali  si  vuole  evitare  una
 menomazione  che  pregiudichi  in  via  definitiva  l'efficacia   del
 procedimento  di pianificazione in corso. Si tratta di un vincolo che
 discende  dalla  stessa  facolta',  riconosciuta  alla  regione,   di
 apprestare una piu' penetrante tutela ambientale, e la cui temporanea
 inderogabilita' costituisce il corollario di detta facolta'.
    7.  - Infondate sono, infine, le censure sollevate con riferimento
 all'art. 42, secondo e terzo comma, della Costituzione.
    Quanto al secondo comma, le ordinanze,  rilevato  che  tale  norma
 riconosce  e  garantisce la proprieta' privata, riservando alla legge
 statale di determinarne i modi di godimento, osservano che  la  legge
 28  gennaio  1977, n. 10, pur sostituendo il regime di autorizzazione
 con  quello  di  concessione  dello ius aedificandi, ha espressamente
 riconosciuto il diritto del proprietario  di  edificare  sul  proprio
 terreno,  purche'  questo  venga  esercitato  nel rispetto dei valori
 territoriali  e   con   la   partecipazione   agli   oneri   relativi
 all'attivita'  edilizia che si intende intraprendere (art. 1 legge n.
 10 del 1977). La legge statale ha, quindi, previsto  una  dettagliata
 procedura  per  il rilascio della concessione edilizia. Viceversa, la
 legge della regione Campania n.  35 del 1987, all'art. 5,  renderebbe
 praticamente irrealizzabile lo ius aedificandi in tutto il territorio
 dei   trentaquattro   comuni   interessati   al   piano   urbanistico
 territoriale,  precludendo  ai  rispettivi  sindaci  l'esercizio  del
 potere-dovere  di  esaminare le richieste di concessioni edilizie; in
 tal modo di fatto si abrogherebbe la citata legge statale n.  10  del
 1977,  esercitandosi  dalla regione quel potere di determinare i modi
 di godimento della proprieta' privata, riservato  dalla  Costituzione
 esclusivamente alla legge statale.
    Il  Pretore  di  Salerno  aggiunge  -  in  tal modo implicitamente
 invocando il  parametro  di  cui  all'art.  42,  terzo  comma,  della
 Costituzione - l'ulteriore rilievo che il vincolo imposto dalla norma
 censurata  sottopone la proprieta' ad una compressione indefinita nel
 termine finale, che, come  tale,  dovrebbe  essere  correlata  ad  un
 indennizzo; compressione non determinata da una legge, ne' da un atto
 amministrativo,  ma soltanto dall'inerzia dell'amministrazione, sotto
 la specie della mancata adozione - o del mancato  adeguamento  -  dei
 piani  regolatori  generali.  Il che determinerebbe un procrastinarsi
 infinito del vincolo in questione.
    7.1. - Al riguardo, la Corte rileva anzitutto che, se e' vero  che
 le  regioni  non  hanno competenza a legiferare in materia di diritto
 privato, tale preclusione concerne i rapporti intersoggettivi da  cui
 i diritti stessi derivano, mentre, per quanto attiene alla normazione
 conformativa  del  contenuto  dei diritti di proprieta' allo scopo di
 assicurarne la  funzione  sociale,  la  riserva  di  legge  stabilita
 dall'art.  42  della  Costituzione  puo'  trovare attuazione anche in
 leggi regionali nell'ambito  delle  materie  indicate  dall'art.  117
 della Costituzione (cfr. sent. n. 391 del 1989).
    Del resto, nella specie, e' una legge statale, la legge n. 431 del
 1985,  ed,  in  particolare, una norma in essa contenuta - quella che
 aggiunge l'art. 1 legge al d.l. n. 312 del 1985, che, per  ammissione
 degli stessi remittenti, costituisce principio fondamentale, ai sensi
 dell'art.  117 della Costituzione - a stabilire il potere, ed anzi il
 dovere,  per  le  regioni,  di  redazione   di   piani   urbanistico-
 territoriali;  piani  che,  avendo  per  oggetto  la  disciplina  del
 territorio, comportano limiti al diritto di proprieta'.  Tali  limiti
 rientrano  tra  quelli  previsti  dall'art.  42, secondo comma, della
 Costituzione, non potendosi dubitare del collegamento di essi con  la
 funzione sociale della proprieta'.
    7.2. - Illegittima sarebbe l'imposizione dei predetti vincoli alla
 utilizzazione   edilizia   dei  suoli  se,  comportando  la  assoluta
 inedificabilita' - in via definitiva, o anche in  via  temporanea  ma
 senza   alcuna  prefissione  del  termine  finale  di  durata  -  non
 prevedesse la corresponsione di un indennizzo.
    Ma,  come  gia' accennato, la censurata restrizione del diritto di
 proprieta' derivante dall'art. 5 della legge della  regione  Campania
 n.  35  del  1987  cede rispetto a qualificate categorie di opere e a
 costruzioni  perseguenti  anche  finalita'  pubbliche,   e   non   e'
 indefinita nel tempo.
    Sotto   il   primo   profilo,  va  osservato  che  la  norma,  sin
 dall'origine, ha escluso  dal  divieto  di  rilascio  di  concessioni
 quelle   relative   ad  opere  di  edilizia  pubblica  (residenziale,
 scolastica, sanitaria, ecc.).  Nella  formulazione  conseguente  alle
 modifiche  apportate  con  legge  regionale  1 luglio 1993, n. 22, la
 esclusione si estende  alle  "concessioni  relative  agli  interventi
 costruttivi delle cooperative edilizie dotate di finanziamento ..", a
 quelle  relative  agli  interventi  in  aree agricole ed insediamenti
 residenziali  e  produttivi,   nonche'   agli   interventi   a   rete
 (illuminazioni, acquedotti, fognature).
    7.3.  - Ne' puo' affermarsi, infine, che il divieto di rilascio di
 concessioni disposto dalla norma sia temporalmente illimitato.
    Secondo quanto affermato da questa Corte (sentt. nn. 186 del 1993;
 141  del  1992;  1164   del   1988),   i   vincoli   che   comportino
 l'inedificabilita'  delle  aree  assumono  carattere  sostanzialmente
 espropriativo  se  non  sono  adeguatamente  delimitati  nel   tempo:
 pertanto,   le   norme  che  li  prevedono,  ove  non  ne  dispongano
 l'indennizzabilita', debbono circoscriverne la  durata  entro  limiti
 ragionevoli.
    Nella specie, la temporaneita' dei vincoli risulta dalla congiunta
 operativita'  della  legislazione  regionale e di quella statale, che
 prevedono una  serie  di  misure,  dall'obbligatorio  adempimento  di
 attivita'  amministrative  sino  ai  poteri sostitutivi nei confronti
 degli enti inadempienti, idonee ad assicurare che comunque, entro  un
 ragionevole  limite temporale, il termine di validita' della norma di
 salvaguardia  si  compia  con  la   realizzazione   degli   strumenti
 urbanistici richiesti.
    L'art.  35  della  stessa legge regionale della Campania n. 35 del
 1987 obbliga, infatti, i comuni, i cui territori ricadono in tutto  o
 in  parte nell'ambito del piano urbanistico territoriale, ad adeguare
 alle prescrizioni in esso contenute, entro centottanta  giorni  dalla
 pubblicazione della legge, i piani regolatori generali vigenti, prev-
 edendo,  in  caso  di inadempimento, un potere sostitutivo "dell'ente
 delegato competente" (e cioe',  a  norma  dell'art.  23  della  legge
 regionale  n.  54 del 1980, le comunita' montane, e, per i comuni non
 compresi in esse, le province).
    Per il caso di mancata  adozione  del  piano  regolatore  generale
 comunale,  la  legislazione  statale  prevedeva  forme e modalita' di
 esercizio  dei  poteri   sostitutivi   nei   confronti   dei   comuni
 inadempienti, indicando, all'art. 8 della legge n. 1150 del 1942, nel
 prefetto   l'organo   competente   alla  nomina  di  un  commissario.
 L'adozione di tali misure e' stata, poi, trasferita alle regioni  con
 l'art. 1 del d.P.R. n. 8 del 1972.