IL TRIBUNALE
    Ha  deliberato  la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al
 n.  560  del  registo  delle  impugnazioni  delle  misure   cautelari
 personali  dell'anno  1994,  riservato  per la decisione alla udienza
 camerale del giorno  29  settembre  1994,  sulla  istanza  presentata
 nell'interesse di Le Pera Tommaso, nato a Gimigliano l'8 aprile 1954,
 detenuto   presso   la   casa  circondariale  di  Cosenza,  indagato,
 appellante, avverso l'ordinanza deliberata il 22 giugno 1994, con  la
 quale  il  giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il locale
 tribunale ha disposto la proroga fino al 23 ottobre 1994 del  termine
 della  misura  cautelare  della  custodia  in  carcere, applicata con
 ordinanza del 22 giugno 1993;
    Sentiti  l'indagato  ed  i  difensori,  avv.  Giovanni  Le Pera ed
 Antonio Chiarella;
    Esaminati gli atti di causa;
    Udito il presidente relatore;
                              R I L E V A
    Il giudice a quo ha argomentato che:
      la richiesta di proroga dei termini di  custodia  cautelare  non
 deve  essere  notificata  al  difensore dell'indagato ne' posta a sua
 disposizione, assieme agli  atti  e  documenti  che  la  legittimano,
 mediante il previo deposito in cancelleria;
      nella  procedura  ex  art.  305  del  c.p.p.,  a contraddittorio
 limitato per la esclusa partecipazione del cautelato, non e'  nemmeno
 richiesto  il  rispetto del termine dilatorio di cui all'art. 127 del
 c.p.p., per un adeguato apprestamento dei mezzi difensivi;
      l'audizione del difensore e' funzionale  alla  "rappresentazione
 dei  fatti  e  delle  esigenze offerte dall'accusa, spettando, per il
 resto, al giudice -  organo  di  garanzia  cui  solo  possono  essere
 compiutamente  disvelati gli atti e le prognosi investigative posti a
 fondamento della richiesta - di valutare il merito".
    Richiamati essenzialmente i connotati del rito,  nel  suo  modello
 normativo e nella sua pratica applicazione, sussistono, ad avviso del
 collegio,  le condizioni per prospettare la questione di legittimita'
 costituzionale del disposto dell'art. 305.2 del c.p.p.,  nella  parte
 in  cui,  prescrivendo  l'audizione  del  p.m.  e  del difensore, non
 prevede  ne'  l'intervento  dell'indagato  ne'  il   rispetto   delle
 disposizioni generali del procedimento camerale, a' termini dell'art.
 127   del   c.p.p.   ed   in   funzione   di  un  utile  ed  adeguato
 contraddittorio.
    La questione e' rilevante.
    La  norma  in  esame  e'  di  diretta  applicazione  nel  presente
 procedimento,  e  lo  e'  stata  nei rigorosi e delimitati modi sopra
 esposti; costituisce, peraltro, oggetto  di  articolata  ed  espressa
 doglianza di annullamento.
    La questione si appalesa, poi, non manifestamente infondata.
    1)  La  norma esclude, in primo luogo, la personale partecipazione
 dell'interessato  o,  quanto  meno,  un  meccanismo  procedurale   di
 audizione,  laddove  invece  detto  diritto deve essere garantito nel
 susseguente   procedimento   di   gravame,   assimilato   giustamente
 all'appello   de   libertate,   (sede  ove,  peraltro,  sarebbe  piu'
 ragionevolmente  giustificabile  la  delimitazione  ad   una   difesa
 tecnica),  oppure nel, senz'altro meno significativo sotto il profilo
 garantistico, procedimento di  correzione  di  errore  materiale  che
 dovesse  inficiare l'essenziale e primigenio provvedimento di proroga
 (arg. ex art. 130 del c.p.p.).
    2) Nonostante la rilevanza costituzionale del bene della  liberta'
 personale,   indubitabilmente   e   gravosamente   compromesso  dalla
 incidentale valutazione sulla protrazione  della  custodia  cautelare
 oltre  il  limite  massimo  di  fase,  pregiudica  sostanzialmente il
 correlato esercizio del diritto di difesa, perche':
      preclude la previa ed adeguata conoscenza  della  richiesta  del
 p.m., quale atto introduttivo del pocedimento incidentale;
      inibisce l'esame degli atti posti a fondamento di essa, cosi' da
 rendere  del  tutto  apparente "il parere"" formulabile ex adverso (a
 fronte di un inutile, perche' formale, parere del  p.m.,  gia'  forte
 della   articolata   richiesta)   ed   evanescente   la   susseguente
 impugnazione  di  merito  (argomento  che  neutralizza  l'assunto del
 g.i.p., quale organo di garanzia deputato all'esclusivo giudizio  sul
 punto);
      non prescrive, e senza alcuna comprensibile ragione derogatoria,
 tenuto  conto  della  materia  giudicanda, senz'altro da privilegiare
 rispetto ad ogni altra che sia oggetto  di  cognizione  camerale,  il
 rispetto  del  termine  dilatorio  di  dieci  giorni  per  l'efficace
 esplicazione del contraddittorio.
    Si evidenzia,  come  parametro  costituzionale,  il  principio  di
 ragionevolezza,  cui il legislatore deve attenersi nell'esercizio del
 suo  potere,  essendo  sotteso  nel  disposto   dell'art.   3   della
 Costituzione,  posto che, a parita' di condizioni, se non addirittura
 in presenza evidente di una situazione poziore, la norma in esame non
 tutela il rispetto del principio del contraddittorio camerale.
    Si appalesa altresi'  consistentemente  vulnerato  il  diritto  di
 difesa,  ex art. 24, secondo comma, della Costituzione, attraverso la
 personale e diretta partecipazione della parte  privata,  e  mediante
 l'applicazione  delle  norme  generali sul procedimento camerale, con
 deposito al difensore della richiesta di proroga  e  degli  atti  sui
 quali essa si fonda, con la connessa facolta' di estrarne copia e con
 il rispetto del congruo termine dilatorio di giorni dieci in funzione
 di un adeguato contraddittorio.