ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del codice di
 procedura  civile,  promosso  con ordinanza emessa il 12 gennaio 1993
 (recte: 12 gennaio 1994) dal Tribunale di  Firenze  nel  procedimento
 civile  vertente tra Cassani Giulio Cesare e la Syracuse University -
 Syracuse in Italy Program, iscritta al n. 82 del  registro  ordinanze
 1994  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11,
 prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visti gli atti di costituzione di Cassani Giulio  Cesare  e  della
 Syracuse  University  -  Syracuse  in Italy Program nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11  ottobre  1994  il  Giudice
 relatore Cesare Ruperto;
    Uditi  l'avvocato  Giorgio  Bellotti  per  Cassani Giulio Cesare e
 l'avvocato Mario Tonucci per la Syracuse  University  -  Syracuse  in
 Italy  Program  e  l'Avvocato  dello  Stato  Antonino  Freni  per  il
 Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Un  cittadino  statunitense  aveva  proposto  al  Pretore  di
 Firenze,  quale  giudice del lavoro, piu' domande, il cui presupposto
 era  costituito  dall'accertamento  della  natura   subordinata   del
 rapporto  di  lavoro da lui intrattenuto, in qualita' di docente, con
 la Syracuse University di Firenze,  istituzione  culturale  con  sede
 legale  nello  stato  di New York: rapporto svoltosi sulla base di un
 contratto stipulato negli U.S.A.
    Il Pretore  aveva  dichiarato  il  difetto  di  giurisdizione  del
 giudice  italiano,  trattandosi  di obbligazione sorta all'estero tra
 cittadini stranieri, i quali avevano validamente derogato  con  patto
 scritto  ex  art. 2 del codice di procedura civile alla giurisdizione
 che l'art. 4, n. 2  del  codice  di  procedura  civile  riconosce  al
 giudice   italiano   per  tutte  le  obbligazioni  da  eseguirsi  sul
 territorio nazionale.
    In sede di gravame, il Tribunale di Firenze, con ordinanza  emessa
 il  12  gennaio  1993  (recte:  12  gennaio  1994),  ha sollevato, in
 riferimento agli artt. 35, 36, 37, e 38 della Costituzione, questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 2 cod.  proc.  civ.,  "nella
 parte  in  cui consente, attraverso la mediazione giurisdizionale del
 giudice straniero, che abbiano  esecuzione  in  Italia  contratti  di
 lavoro  il  cui  contenuto  e'  contrario  all'ordine pubblico di cui
 all'art. 31 delle preleggi".
   A parere del giudice a quo la volonta' delle parti, determinando lo
 Stato  ove  il  processo  avra'  luogo,  individuerebbe,  "sia   pure
 indirettamente,  anche  la  legge sostanziale che verra' applicata al
 rapporto". E poiche', ai sensi dell' art. 31 delle disposizioni sulla
 legge  in  generale,  non  possono  avere  effetto  in  Italia  leggi
 contrarie  all'ordine  pubblico,  "non  potrebbe trovare ingresso nel
 nostro  Paese,  neppure  attraverso  la  mediazione   giurisdizionale
 straniera",   la  legge  di  uno  Stato  estero  che  qualifichi  una
 prestazione   lavorativa    come    autonoma,    laddove    l'opposta
 qualificazione  in  termini  di  lavoro  subordinato  costituisca  il
 presupposto   per   l'applicazione   di   norme    previdenziali    e
 infortunistiche.
    Il Tribunale osserva, con riguardo al rapporto di lavoro, che, per
 la  presenza  di  numerose  norme  inderogabili,  il "quantitativo di
 diritto  straniero  importabile"  nel  nostro   ordinamento   sarebbe
 "contingentato"  per  effetto del detto limite. Il rapporto di lavoro
 e' regolato soprattutto  da  fonti  eteronome,  indipendentemente  ed
 anche  contro  la  volonta'  delle parti da cui trae origine, onde le
 limitazioni di carattere pubblicistico non potrebbero "non estendersi
 coerentemente al  piano  processuale  attraverso  cui  quelle  stesse
 limitazioni potrebbero essere escluse".
    Nella  specie  -  sempre  a  detta  del Tribunale remittente - non
 potrebbe il giudice straniero, dovendo necessariamente  applicare  la
 legge  dello  Stato  di  New  York  (che non contemplerebbe il limite
 dell'art. 31), "valutare se il rapporto  contenga  elementi  contrari
 all'ordine pubblico italiano". Il Tribunale di Firenze ritiene quindi
 che  sussista  un  contrasto  tra l'impugnato art. 2 cod proc. civ. e
 l'art. 31 delle preleggi, che non sarebbe risolvibile  accordando  la
 precedenza  al  momento  della  giurisdizione,  in  ragione della sua
 logica priorita' (come del resto  deciso  in  altra  occasione  dallo
 stesso  giudice  a  quo),  ma  esclusivamente  riducendo  la  portata
 dell'una o dell'altra norma.
    2. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato   dall'Avvocatura   dello   Stato,   che   ha  eccepito
 preliminarmente l'inammissibilita' per irrilevanza  della  questione,
 prospettata nell'eventualita' che una possibile pronuncia del giudice
 straniero  dia  esecuzione  in Italia a contratti in ipotesi contrari
 all'ordine pubblico.
    Nel merito, l'Autorita' intervenuta sostiene  che  l'ordinanza  di
 rimessione  muove da un presupposto errato. In realta', mentre l'art.
 31 postula la giurisdizione italiana,  introducendo  come  limite  al
 funzionamento   del   diritto  privato  internazionale,  il  generale
 concetto di  ordine  pubblico  (e  rivolgendosi  appunto  al  giudice
 italiano),  l'art. 2 impugnato sancisce una deroga alla giurisdizione
 italiana e non implica necessariamente che il giudice  straniero  non
 possa applicare la legge italiana.
    3.  -  Nel  giudizio  dinanzi  a  questa  Corte si sono costituite
 entrambe le parti private. Il ricorrente in primo  grado  ha  aderito
 alle motivazioni dell'ordinanza di rimessione, mentre l'appellante ha
 insistito  sulla  ontologica diversita' delle due norme (artt. 2 cod.
 proc. civ. e 31 preleggi), escludendo in nuce  il  contrasto  tra  la
 norma  impugnata  e  gli  evocati  parametri costituzionali. A parere
 della Syracuse University - che  eccepisce  anche  l'inammissibilita'
 per  omessa  motivazione  circa l'asserita violazione degli artt. 35,
 36, 37 e 38 della Costituzione - la scelta  della  giurisdizione  non
 determina  (neppure  indirettamente)  anche  la  scelta  della  legge
 sostanziale.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  Tribunale  di   Firenze   dubita   della   legittimita'
 costituzionale  dell'art. 2 del codice di procedura civile, in quanto
 consentirebbe, attraverso la mediazione giurisdizionale  del  giudice
 straniero,  che  abbiano esecuzione in Italia contratti di lavoro dal
 contenuto contrario all'ordine pubblico  di  cui  all'art.  31  delle
 disposizioni sulla legge in generale.
    Sostiene  in  particolare  il  giudice remittente che l'articolo 2
 cod. proc. civ. - a norma del quale la  giurisdizione  italiana  puo'
 essere convenzionalmente derogata per le obbligazioni tra stranieri o
 tra  uno straniero e un cittadino non residente ne' domiciliato nella
 Repubblica, purche' la deroga risulti da atto scritto - e  l'art.  31
 delle  disposizioni  sulla legge in generale - a stregua del quale in
 nessun caso le leggi e gli atti di uno Stato estero, gli  ordinamenti
 e  gli  atti  di  qualunque istituzione o ente, cosi' come le private
 disposizioni e convenzioni possono avere effetto nel  territorio  del
 nostro  Stato  -  appaiono  confliggenti  fra di loro. L'ultima norma
 citata,  infatti,  impedisce  che  si  travalichino  le   limitazioni
 all'autonomia  negoziale  delle  parti, nella specie quelle di valore
 costituzionale poste  dalla  legislazione  in  tema  di  obbligazioni
 lavoristiche.  Ma  l'art. 2 cod. proc. civ., che facoltizza la deroga
 alla giurisdizione, si estende, per consolidata giurisprudenza, anche
 a tali obbligazioni; e dunque il ricorso ad esso, nell'a'mbito  delle
 controversie  di  lavoro,  consentirebbe  di eludere il divieto posto
 dall'altra norma, atteso che la scelta della giurisdizione  determina
 nello   stesso   tempo,  sia  pure  indirettamente,  anche  la  legge
 sostanziale  applicabile,  la  quale  puo'  in  ipotesi  regolare  il
 rapporto  di  lavoro in modo meno favorevole per il lavoratore. Donde
 il dubbio espresso sulla  legittimita'  costituzionale  dell'articolo
 medesimo.
    2. - La questione e' inammissibile.
   La  violazione  dei  parametri  costituzionali viene denunziata dal
 Tribunale di Firenze sulla base di una duplice ipotesi:  che  la  lex
 causae  coincida  con la lex fori e che dall'applicazione della prima
 scaturisca  una  decisione  contraria  all'ordine  pubblico  (la  cui
 efficacia  nel nostro ordinamento resterebbe peraltro esclusa ex art.
 797, n. 7 cod. proc. civ.). La prospettazione appare dunque legata  a
 mere  eventualita',  che rendono evidente il difetto di una rilevanza
 attuale della questione. Infatti la legge che le parti intendono  far
 applicare  ben potrebbe essere quella del luogo in cui il rapporto si
 svolge; ed inoltre, non puo' dirsi a priori che il giudice straniero,
 sia  pure  applicando  la  propria  legge,  pervenga  a   conclusioni
 contrastanti  con  il  limite dell'ordine pubblico di cui all'art. 31
 delle disposizioni sulla legge in generale. Conclusioni, che comunque
 non possono considerarsi quale effetto necessario  dell'art.  2  cod.
 proc.   civ.,  la  cui  portata  normativa  si  esaurisce  sul  piano
 processuale.