Ricorso del presidente della regione siciliana pro-tempore on.le prof. Francesco Martino, autorizzato a ricorrere con deliberazione della giunta regionale n. 453 del 26 ottobre 1994, rappresentato e difeso, sia congiuntamente che disgiuntamente, dall'avv. Francesco Torre e dall'avv. Francesco Castaldi ed elettivamente domiciliato nella sede dell'ufficio della regione siciliana in Roma, via Marghera, 36, giusta procura in margine al presente atto contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore domiciliato per la carica in Roma presso gli uffici della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Palazzo Chigi e difeso per legge dall'avvocatura dello Stato, per la risoluzione del conflitto di attribuzione insorto tra la regione siciliana e lo Stato per effetto della nota del Ministero delle finanze 10 agosto 1994, n. 3/1373/94, pervenuta all'assessorato regionale bilancio e finanze il 15 settembre 1994, nonche' della nota 24 novembre 1993, n. 3/2138/93 Sic., aventi ad oggetto il diniego di apertura di un conto corrente postale a cura dell'ufficio del registro di Roma per la riscossione delle tasse sulle concessioni governative regionali istituite con legge regionale 24 agosto 1993, n. 24. F A T T O Con legge regionale 24 agosto 1993, n. 24, si e' provveduto al riordino delle tasse sulle concessioni governative regionali con effetti decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge stessa. Ai fini della disciplina del pagamento delle predette tasse, l'art. 6, terzo comma, facendo rinvio alle disposizioni del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, e successive modificazioni, prevede che alla riscossione delle tasse sulle concessioni governative si proceda tramite gli uffici del registro. Con il che devesi intendere, in relazione all'accentramento delle strutture di riscossione delle tasse sulle concessioni governative disposto con l'art. 2 del d.m. 12 dicembre 1972 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 335 del 28 dicembre 1972) che alla detta riscossione, allo stato, unitamente provvede, per l'intera nazione, "l'ufficio del registro per le tasse sulle concessioni governative" di Roma (art. 3, lett. a), e art. 4 del d.P.R. n. 641/1972 e art. 2 del d.m. succitato). In conseguenza, con nota, n. 304795 del 25 settembre 1993 l'assessorato regionale del bilancio e delle finanze, in esecuzione del disposto di cui al richiamato art. 6, terzo comma, della legge regionale n. 24/1993, ha provveduto a chiedere al Ministero delle finanze di volere autorizzare l'ufficio del registro per le tasse sulle concessioni governative di Roma a far si' che venga istituito, da parte dell'amministrazione postale, un apposito conto corrente per il versamento delle tasse sulle concessioni regionali in parola. Il predetto Ministero con nota n. 3/2138/93 sic. del 24 novembre 1993 ha dichiarato di non concordare con la predetta richiesta avanzata dalla regione siciliana sostenendo che la possibilita' di avvalersi degli uffici periferici dell'amministrazione statale riguarda soltanto la riscossione di tributi erariali di spettanza regionale e va esclusa invece per la riscossione di tributti deliberati direttamente dalla regione, quali le tasse sulle concessioni governative in discorso. Con riferimento alla predetta nota ministeriale l'assessorato regionale del bilancio e delle finanze ha, con lettera 308080 del 22 febbraio 1994, rilevato come l'istituto dell'avvalimento degli uffici periferici dell'amministrazione statale (tra i quali va annoverato - ne' il Ministero lo contesta - anche l'ufficio del registro di Roma), previsto dall'art. 8 delle norme di attuazione in materia finanziaria (d.P.R. 6 luglio 1965, n. 1074), operi indistintamente per l'esercizio di tutte le funzioni esecutive ed amministrative spettanti in materia alla regione ai sensi dell'art. 20 dello statuto siciliano e, quindi, senza discriminare fra tributi erariali di spettanza della regione e tributi da questa direttamente deliberati. Cio' nonostante, il Ministero delle finanze, con la lettera del 10 agosto 1994 - a firma del Ministro - ha definitivamente escluso, nella fattispecie, la possibilita' del suddetto avvalimento, riportandosi alle motivazioni espresse nella precedente nota del 24 novembre 1993. D I R I T T O 1. - Violazione degli artt. 36 e 20 dello statuto della regione siciliana e degli artt. 2 e 8 delle norme di attuazione in materia finanziaria di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074. La norma dell'art. 20 dello statuto attribuisce alla regione potesta' esecutive ed amministrative proprie e piene in tutte le materie in cui la stessa ha competenza legislativa; dal che la giurisprudenza costituzionale ha affermato che al potere normativo segue, come necessario corollario ed entro gli stessi limiti, la potesta' amministrativa, trattandosi di attivita' che procede, di regola, parallelamente, in attuazione del decentramento conseguente all'autonoma. Come e' noto, la giurisprudenza di codesta Corte ha riconosciuto, che, ai sensi dell'art. 36 dello statuto, la regione ha, nella materia finanziaria, competenza legislativa concorrente, sia in ordine alla istituzione di tributi propri (da essa direttamente deliberati), sia in ordine ai tributi erariali, attribuiti alla spettanza regionale dalle norme di attuazione dello statuto in materia finanziaria con la esclusione del regime doganale, di esclusiva competenza statale ai sensi dell'art. 39 del st. e delle imposte di produzione, dei proventi del monopolio e del lotto, riservati allo Stato, ai sensi del secondo comma dell'art. 36. Siffatta competenza normativa e' stata, del resto, confermata e precisata con l'art. 6 delle norme di attuazione (d.P.R. n. 1074/1965) che stabilisce che le disposizioni delle leggi tributarie dello Stato hanno vigore e si applicano nel territorio della regione "salvo quanto la regione disponga nell'esercizio e nei limiti della competenza legislativa ad essa spettante". Infine per quanto riguarda il contenuto e l'ampiezza della potesta' esecutiva ed amministrativa regionale nella materia fiananziaria, deve farsi riferimento alle disposizioni di cui all'art. 8 delle norme di attuazione dello statuto della regione siciliana in materia finanziaria che stabilisce, in forma ampia ed omnicomprensiva che, per l'esercizio delle funzioni esecutive ed amministrative spettanti alla regione, ai sensi dell'art. 20 dello statuto, essa si avvale, fino a quando non sara' diversamente disposto, degli uffici periferici dell'amministrazione statale. Concretamente nessuna limitazione e' stata posta all'esercizio delle funzioni esecutive ed amministrative nella specifica materia finanziaria, essendosi ritenuto sufficiente ed adeguato il richiamo alla norma statutaria (art. 20). Per quanto riguarda poi la particolare attivita' di riscossione delle entrate di spettanza della regione, il terzo comma dell'art. 8 n. a. stabilisce che, per cio' che concerne "le imposte dirette riscuotibili mediante ruoli, si provvede a norma delle disposizioni nazionali e regionali vigenti in materia e a mezzo degli agenti di riscossione di cui alle disposizioni stesse", mentre per le "entrate di natura diversa da quella suindicata la regione puo' provvedere direttamente o mediante concessione". Ben vero la competenza della regione siciliana in materia di riscossione dei tributi di sua spettanza non puo' revocarsi in dubbio ed e' stata costantemente riconosciuta dalla giurisprudenza costituzionale, sia sotto la vigenza del regime provvisorio dettato dall'art. 2 d.l. 12 aprile 1948, n. 507, sia dopo l'emanazione delle norme di attuazione di cui al d.P.R. n. 1074/1965. Con particolare riguardo ai sistemi di riscossione dei tributi di spettanza regionale, tanto se istituiti dallo Stato che dalla regione (tributi propri), codesta ecc.ma Corte ha puntualizzato che gli artt. 8 e 9 delle norme di attuazione dello statuto "prevedono soluzioni aperte sia alla gestione diretta regionale che a quella statale ovvero alla concessione" (sentenza n. 61/1987; negli stessi termini setenza n. 959/1988). Pertanto l'impugnata nota del Ministero delle finanze del 10 agosto 1994 che ha definitivamente respinto la richiesta avanzata dalla regione siciliana di potersi avvalere dell'ufficio del registro per le tasse sulle concessioni governative di Roma, in quanto la possibilita' di avvalersi degli uffici dell'amministrazione statale riguarda soltanto la riscossione di tributi erariali di spettanza regionale e non anche quelli deliberati direttamente dalla regione, risulta in manifesto contrasto con le norme statutarie contenute negli artt. 36 e 20 e con le relative norme di attuazione in materia finanziaria e segnatamente con l'art. 8 di queste ultime che, per la riscossione dei tributi di spettanza regionale, tanto propri che erariali, prevede invece la possibilita' per la regione di avvalersi di detti uffici dell'amministrazione statale. 2. - Violazione delle medesime attribuzioni costituzionali di cui sopra, anche in relazione al principio di ragionevolezza. Il sistema finanziario della regione siciliana e' stato conformato dallo statuto al metodo della separazione nel senso che alcuni tributi vengono riservati allo Stato, altri tributi vengono attribuiti alla regione, la quale provvede per questi ultimi alla riscossione. Questo sistema, come esattamente viene rilevato dalla dottrina, e' di piu semplice applicazione ma rappresenta l'inconveniente di richiedere un doppio apparato fiscale (quello relativo ai tributi oggetto della riserva statale e quello concernente i tributi dei quali il potere di riscossione e' stato trasferito alla regione). E' stato proprio per evitare l'assurdita' oltre che l'antieconomicita' di un siffatto doppio apparato fiscale che il legislatore e' intervenuto con l'art. 8 delle norme di attuazione accedendo a quell'istituto dello "avvalimento" che, per le sue caratteristiche avrebbe unicamente potuto eliminare l'evidenziato inconveniente. Gli stessi motivi che vogliono siano evitate duplicazioni di strutture preordinate alla riscossione spingono a far ritenere che l'art. 8 succitato deve intendersi abbia voluto escludere anche la costituzione, per la medesima regione, di una separata struttura amministrativa con il compito di provvedere alla riscossione dei tributi dalla stessa istituiti. Ed invero e' stato fino ad oggi pacificamente e pienamente applicato il principio secondo il quale l'amministrazione regionale per la riscossione delle entrate dalla stessa deliberate e per l'esazione delle entrate patrimoniali normalmente ed in via generale si e' avvalsa e si avvale degli uffici periferici dell'amministrazione finanziaria dello Stato ai sensi dell'art. 8 del citato d.P.R. n. 1074/1965, senza, per conseguire tale scopo, dovere istituire una nuova struttura amministrativa propria opportunamente ramificata che oltretutto sarebbe ben piu' costosa per la regione di quanto lo e' l'avvalersi delle analoghe strutture dell'amministrazione finanziaria statale. Si pensi, al riguardo, alla gestione dei beni del demanio regionale ed alla riscossione dei relativi canoni, nonche' alla riscossione delle entrate relative al patrimonio indisponibile e disponibile della stessa regione (ad esempio la riscossione dei canoni di locazione di circa settemila appartamenti delle case ex Escal) condotte in atto dagli uffici del registro e dagli uffici delle ex intendenze di finanza (oggi sezioni staccate della direzione regionale delle entrate). Il ribaltamento del summenzionato principio fino ad oggi pacificamente applicato, operato dal Ministero delle finanze con le impugnate note, si appalesa ancor piu' irragionevole e contraddittorio se si ha riguardo anche alla motivazione contenuta nella nota del 10 agosto 1994 e cioe' che "non spetta allo Stato bensi' alla regione curare la istituzione del predetto conto corrente postale in quanto i relativi oneri, posti a carico dell'erario, non verrebbero compensati da alcuna entrata aggiuntiva, contrariamente a quanto potra' verificarsi per codesta regione". Ebbene detta affermazione e' assolutamente destituita di fondamento in quanto, com'e' noto, l'art. 9 delle norme di attuazione dello statuto in materia finanziaria prevede che "la regione rimborsera' allo Stato le spese relative ai servizi ed al personale di cui si avvale ..". 3. - Violazione delle medesime attribuzioni costituzionali di cui sopra, anche in relazione al principio di leale cooperazione. In via subordinata, qualora - in denegata ipotesi - si dovesse riconoscere che non spetta alla regione siciliana la potesta' di avvalersi dell'ufficio del registro di Roma per la riscossione delle tasse sulle concessioni governative regionali istituite con legge regionale 24 agosto 1993, n. 24, egualmente risulterebbero lese le attribuzioni della regione in materia finanziaria. E' incontestabile infatti, secondo il costante insegnamento di codesta ecc.ma Corte, che il principio della leale cooperazione e' alla base dei rapporti tra Stato e regioni ed in particolare, di quelli fra essi ordinati su base paritaria cioe' i c.d. rapporti orizzontali (sentenza n. 214/1988). Detto principio impone, nella configurazione che ne da' la Corte, obblighi di azione amministrativa e in altri casi di conformazione dell'organizzazione (ad esempio di consentire l'avvalimento degli uffici statali da parte delle regioni e di uffici regionali da parte dello Stato) per rendere possibile la cooperazione e il funzionamento delle amministrazioni (sentenze nn. 216/1987, 470/1988 e 232/1991). Nella specie la collaborazione tra l'amministrazione statale e quella regionale in materia di riscossione delle imposte di spettanza regionale e' volta al fine di prevenire inutili duplicazioni o sprechi nelle attivita' dei predetti enti in ossequio peraltro al principio del buon andamento dell'amministrazione sancito dall'art. 97 della Costituzione (cfr. sentenza n. 139/1990).