ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 11 e 12 della
 legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme sulle pensioni ordinarie a
 carico  dello  Stato),  come modificato dagli artt. 81 e 82 del testo
 unico 29  dicembre  1973,  n.  1092  (Approvazione  delle  norme  sul
 trattamento  di  quiescenza  dei  dipendenti  civili e militari dello
 Stato), promosso con ordinanza emessa il 16 giugno 1993  dalla  Corte
 dei  conti, sez. IV giurisdizionale, sul ricorso proposto da Imperoli
 Iride, iscritta al n. 54 del registro  ordinanze  1994  e  pubblicata
 nella  Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale
 dell'anno 1994;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 26 ottobre 1994 il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con decreto n. 278 del 22 novembre  1957  il  ministro  della
 difesa  respingeva  l'istanza  con  la  quale  la signora I. Imperoli
 chiedeva che  le  venisse  riconosciuto  il  diritto  al  trattamento
 pensionistico  di  riversibilita'  in  seguito al decesso del proprio
 marito  E.  Colaprete,  gia' in godimento della pensione privilegiata
 indiretta per la morte del proprio figlio Salvatore, capitano pilota,
 deceduto per causa di servizio in data  12  marzo  1948  e  avuto  da
 precedente matrimonio.
    Impugnato tale provvedimento in via giurisdizionale, nel corso del
 susseguente  giudizio la Corte dei conti ha sollevato d'ufficio - con
 ordinanza 16 giugno 1994 - questione di  legittimita'  costituzionale
 "degli  artt.  11 e 12 della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (ora artt.
 81 e 82 del T.U. 29 dicembre 1973, n. 1092) e corrispondenti norme in
 materia di pensioni di guerra", ritenendo violati gli artt. 3,  29  e
 31  della  Costituzione  "nella parte in cui non e' previsto anche il
 beneficio della riversibilita' della  pensione  indiretta  in  favore
 dell'altro coniuge ovvero dei minori di eta' (figli)".
    Ad  avviso  del  giudice  a  quo  la  ratio  delle norme censurate
 andrebbe  ricercata  nella  esigenza  di  "non  far  venire  meno  ai
 familiari del dipendente o pensionato i necessari mezzi economici, di
 cui  essi  fruivano  nel  momento  dell'avvenuto decesso del genitore
 titolare della pensione" e quindi nella esigenza  di  "assicurare  al
 nucleo familiare quelle risorse economiche di carattere continuativo"
 che  sarebbero "imprescindibili" per la vita futura dei componenti il
 nucleo  medesimo.  In  altri  termini,   tale   essendo   la   "ratio
 dell'istituto  della  riversibilita'"  non  sarebbe  comprensibile la
 mancata previsione dello stesso nel  caso  in  cui  il  "titolare  di
 pensione indiretta all'atto del decesso del coniuge (genitore) si sia
 risposato ed abbia anche avuto dal nuovo matrimonio la prole".
    In  ordine  al contrasto con gli artt. 29 e 31 della Costituzione,
 osserva il giudice a quo, che la  mancata  previsione  del  beneficio
 della   riversibilita'  -  nella  fattispecie  -  si  ripercuoterebbe
 negativamente sull'equilibrio dei  rapporti  tra  coniugi  in  quanto
 lederebbe  il  principio della parita' giuridica sancito dall'art. 29
 della Costituzione atteso che'  i  benefici  pensionistici  economici
 suddetti sarebbero subordinati alla circostanza che il titolare della
 pensione  indiretta resti in vita restando - per contro - esclusi nel
 caso di decesso dello stesso beneficiario.
    Di piu',  detta  esclusione  -  risolvendosi  il  beneficio  della
 riversibilita'  in  interventi o incentivi economici a sostegno della
 unione  familiare  -  verrebbe  a  costituire  un  ostacolo  per   la
 formazione della unione familiare (art. 31 della Costituzione).
    2.  -  Dinanzi  a  questa  Corte  e' intervenuto il Presidente del
 Consiglio dei  ministri  -  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale  dello  Stato  -  chiedendo  che la questione sia dichiarata
 manifestamente infondata.
    In particolare si assume che la disparita' censurata nella  specie
 puo'  "al piu'" considerarsi di mero fatto e non certamente giuridica
 posto che diversa sarebbe "la situazione di base  del  percettore  di
 pensione  diretta  rispetto  a quello di pensione indiretta" il quale
 ultimo verrebbe a costituire adempimento di  un  preciso  obbligo  di
 solidarieta' sociale.
    Quanto  alla  censura  concernente  l'equilibrio  nei rapporti tra
 coniugi si rileva che -  sulla  base  della  costante  giurisprudenza
 costituzionale  -  "l'imposizione  di  limiti  e  condizioni  per  il
 conseguimento della pensione di  riversibilita'"  non  contrasta  con
 l'art.  31  della  Costituzione in quanto e da un lato la liberta' di
 formare  una  famiglia  non puo' ritenersi concretamente limitata dal
 ridimensionamento di una mera aspettativa,  futura  ed  incerta  come
 quella  di  conseguire  una  pensione di riversibilita', e dall'altro
 l'istituto  della  famiglia   -   tutelato   dalla   Costituzione   -
 risponderebbe a scopi etico-sociali ben "piu' pregnanti di quelli che
 sarebbe  dato  rinvenire in un rapporto istituito con finalita' cosi'
 limitate e ristrette" (Corte costituzionale, sentenza n. 3/1975).  In
 particolare,  secondo  la piu' recente giurisprudenza costituzionale,
 il vincolo del  matrimonio  -  attenendo  ai  diritti  intrinseci  ed
 essenziali  della  persona  umana  - e' e deve rimanere frutto di una
 libera  scelta  autoresponsabile  nella  quale  non   deve   incidere
 alcunche' di estraneo (sentenza n. 109/1991).
    Da ultimo si osserva che la tesi prospettata dalla Corte dei conti
 potrebbe  provocare  "una  riversibilita'  a  catena"  in  quanto  la
 pensione acquisita dalla  vedova  (o  dal  vedovo)  del  titolare  di
 pensione  indiretta  potrebbe trasferirsi anche ad un eventuale nuovo
 coniuge ovvero all'orfano, cioe'  a  soggetti  non  legati  da  alcun
 rapporto con "la persona dell'originario trattamento pensionistico".
    Infine  si  rileva  che  i  requisiti  posti  dalla  legge  per la
 concessione   di   pensione   di   riversibilita'    concernono    la
 discrezionalita'  del  legislatore e sono in quanto tali sottratti al
 sindacato di costituzionalita'.
                        Considerato in diritto
    1. - La Corte dei conti dubita della  legittimita'  costituzionale
 degli artt. 11 e 12 della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (ora artt. 81
 e  82  del  t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092) e corrispondenti norme in
 materia di pensioni di  guerra,  nella  parte  in  cui  escludono  il
 beneficio della riversibilita' della pensione indiretta in favore del
 coniuge ovvero dei minori di eta' (figli).
    Detta  mancata  previsione creando - secondo la Corte remittente -
 una ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra  la  vedova  del
 titolare  di  pensione  diretta  e  quella  del  titolare di pensione
 indiretta violerebbe gli artt. 3, 29 e 31 della Costituzione.
    2. - La questione non e' fondata.
    Converra' preliminarmente chiarire che il  giudizio  a  quo,  come
 risulta  dalla  stessa  ordinanza  di  rinvio, concerne il diniego di
 pensione privilegiata di riversibilita' nei confronti del coniuge del
 titolare di pensione indiretta.
    Orbene, per quel  che  concerne  il  trattamento  privilegiato  di
 riversibilita'  -  ovvero  quello  previsto,  indipendentemente dalla
 anzianita' di servizio quando la  morte  del  dipendente  statale  e'
 conseguente   ad  infermita'  o  lesioni  riconducibili  a  fatti  di
 servizio,  rectius  derivanti  dall'adempimento  degli  obblighi   di
 servizio  -  l'art.  92 del testo unico sulle pensioni civili n. 1092
 del 1973 stabilisce che "spetta ai congiunti la pensione privilegiata
 nella misura  ed  alle  condizioni  previste  dalle  disposizioni  in
 materia  di  pensioni  di guerra". In virtu' di detto rinvio, possono
 fruire del trattamento di riversibilita',  in  ordine  di  precedenza
 (art.  57  e  segg.  d.P.R.  23  dicembre  1978, n. 915), le seguenti
 categorie di superstiti: a) il coniuge e gli orfani (figli legittimi,
 ai quali  sono  equiparati  i  legittimati,  gli  adottivi,  i  figli
 naturali  riconosciuti o giudizialmente dichiarati e coloro che siano
 stati affiliati nelle forme di legge: art. 46 d.P.R. n.  1092  cit.),
 b) i genitori legittimi o che abbiano legittimato il dante causa ed i
 soggetti   ad  essi  assimilati  ovvero  gli  adottanti,  i  genitori
 naturali, gli affilianti.
    Dal contesto normativo richiamato  emerge  che  il  sistema  delle
 pensioni  indirette  e' regolato da specifiche norme che stabiliscono
 un rigido  ordine  di  precedenza:  esse  si  fondano,  tranne  poche
 eccezioni,  sul  principio  che  la  pensione va attribuita, una sola
 volta, a quello fra i soggetti che alla data di morte del dante causa
 sia  collocato  prima   nell'ordine   di   precedenza.   Sicche'   la
 legittimazione   delle  predette  categorie  si  fonda  sul  criterio
 dell'esclusione,  nel  senso  che  la  presenza  di  aventi   diritto
 appartenenti  alle  categorie  in  posizione  prioritaria  esclude  i
 soggetti appartenenti a categorie  successive.  Tale  criterio  della
 esclusione  risulta  corretto  da  quelli  della  coesistenza  e  del
 consolidamento: in particolare nell'ambito di ciascuna categoria vige
 (eccezion fatta per la seconda che comprende il padre e la madre)  il
 principio  della  legittimazione  plurima, in virtu' del quale con il
 coniuge superstite possono concorrere gli orfani o soggetti  ad  essi
 equiparati  ed  al  concorso  potevano,  altresi',  essere chiamati i
 collaterali (per  questi  ultimi  vige  attualmente  la  disposizione
 contenuta  nell'art.  5  della  legge  6  ottobre  1986,  n. 656, che
 abrogando la lettera c) dell'art. 57 nonche' l'art. 65 del d.P.R.  n.
 915  del 1978, esclude i collaterali dal novero dei soggetti chiamati
 a beneficiare della pensione di cui alle norme citate).
    Ne consegue che il diritto al trattamento  di  riversibilita'  non
 puo'  risorgere  in capo ad un soggetto appartenente ad una categoria
 esclusa,  allorche'  il   titolare,   appartenente   alla   categoria
 precedente  ammessa al godimento, l'abbia successivamente perduto per
 morte. Infatti, la mancanza di congiunti di ordine precedente  aventi
 diritto  alla pensione di riversibilita' va sempre riferita alla data
 della morte  del  dipendente  o  del  pensionato,  salvi  i  casi  di
 consolidamento della pensione (art. 66 d.P.R. n. 915 del 1978).
    Criterio   del   tutto   peculiare   e',   infatti,   quello   del
 consolidamento per effetto del quale in alcune ipotesi tassativamente
 previste dalla  legge,  sul  presupposto  della  sussistenza  di  una
 comunanza  di  interessi  tra  i  componenti del gruppo familiare, la
 pensione viene acquisita da un soggetto (padre) e  venuto  a  mancare
 quest'ultimo,   si  consolida  in  favore  della  madre.  Si  rileva,
 altresi',  che  il  consolidamento  non  presuppone  una   originaria
 contitolarita'  del diritto, essendo ciascun soggetto titolare di una
 propria autonoma posizione, che si realizza secondo ordine successivo
 nel caso di morte.
    3. - Cio' premesso, si rileva che la  fattispecie  -  oggetto  del
 giudizio  a  quo  -  e' quella descritta dall'art. 57 del testo unico
 delle norme in materia di pensioni  di  guerra  (d.P.R.  23  dicembre
 1978,   n.  915)  in  base  al  quale  la  pensione  privilegiata  di
 riversibilita' spetta, in mancanza di altri congiunti,  a  titolo  di
 assegno  alimentare,  al  padre  che  abbia  raggiunto l'eta' di anni
 cinquantotto, o sia comunque inabile  a  qualsiasi  proficuo  lavoro,
 oppure alla madre vedova.
   In  applicazione dei principi dianzi richiamati, se il padre (unico
 genitore superstite) del dipendente deceduto - al quale, verificatesi
 le condizioni di cui all'art. 57 del d.P.R.  n.  915  del  1978,  sia
 stato  attribuito  il trattamento di riversibilita' - successivamente
 muore, come e' avvenuto nella fattispecie di cui e' causa, il diritto
 alla  riversibilita'  si  estingue.  Il  che  appare  coerente  con i
 principi ispiratori della normativa  censurata,  preordinata,  da  un
 lato,  ad  assicurare  una  graduazione  di  diritti alla pensione di
 riversibilita' fondata  sulla  prossimita'  del  grado  di  parentela
 (legittima,  naturale  e  civile),  e  dall'altro  alla necessita' di
 assicurare la par condicio, ovvero di trattare  alla  stessa  stregua
 soggetti  facenti parte (rispetto al dipendente o pensionato statale)
 di uno stesso gruppo o categoria.
    In questa prospettiva vigono ed operano i criteri  di  esclusione,
 di concorso e di consolidamento dianzi ricordati.
    Se  questo  e' il congegno che racchiude la normativa censurata e'
 chiaro  come,  tranne  i  casi  di  consolidamento  previsti  in  via
 tassativa,   la   posizione   inerente   alla   pensione  sia  dunque
 rigorosamente statica e non dinamica in quanto, come  gia'  rilevato,
 anche venendo a morte i congiunti che, in ordine prioritario avessero
 fruito  della pensione, di questa non possono beneficiare i congiunti
 che li seguono nell'ordine, essendo ininfluenti gli eventi successivi
 alla data indicata dalla legge (morte del dante causa).
    L'ordinanza di rinvio non muove dalla considerazione dei  principi
 ora  indicati,  posti  a  base della disciplina censurata, fondandosi
 esclusivamente  sulla   pretesa   funzione   assistenziale   che   il
 trattamento  di  riversibilita' verrebbe ad acquistare tanto nel caso
 di morte del  titolare  di  pensione  diretta  quanto  in  quello  di
 pensione indiretta.
    E'  subito  da rilevare, in questo quadro, che la pensione diretta
 non e' equiparabile a quella indiretta, in  quanto  i  gia'  indicati
 criteri  di  individuazione  e  di graduazione dei beneficiari, posti
 dalla  legge,  per   il   trattamento   privilegiato   indiretto   di
 riversibilita'  si fondano sulla tutela dei vincoli di sangue e della
 conseguente solidarieta' familiare. Intesa,  quest'ultima,  non  come
 prius   bensi'   come   posterius,   sicche'  i  contenuti  di  detta
 solidarieta' non sono connotabili a priori o sulla base di situazioni
 di fatto bensi'  operano  sulla  base  dei  principi  afferenti  alle
 pensioni  privilegiate  indirette. Sicche' l'esclusione, il concorso,
 il consolidamento nonche' la tassativita' dei titoli di acquisizione,
 postulando la sussistenza di uno  status  familiae  del  beneficiario
 rispetto  a  quello  concernente  il congiunto, tutelano il legame di
 quest'ultimo con il primo.
    Con la conseguenza che, una volta attribuita al  beneficiario  del
 trattamento  di riversibilita', la pensione indiretta realizza la sua
 finalita' risarcitoria e cessa di operare. E' questa la ragione della
 sua inidoneita' ad esplicare ulteriori effetti, che sarebbero  propri
 di  una diversa funzione (assistenziale) e contraddistinti da diversi
 titoli di acquisizione (seconda moglie del genitore  superstite)  non
 predeterminati ne' predeterminabili.
    Come   si   e'  osservato,  il  collegamento  tra  i  vari  ordini
 beneficiari  previsti  dalla  legge  e'  di   carattere   statico   e
 strettamente  riferibile  alla data di decesso del titolare. Ed anche
 nell'ambito della riversibilita' ordinaria, il raffronto  prospettato
 dal giudice a quo tra vedova di titolare di pensione diretta e vedova
 di titolare di pensione indiretta colloca in un'unica fattispecie due
 situazioni   non   omogenee,   l'una   delle  quali  esclude  l'altra
 trattandosi, per l'appunto, di situazioni diversamente connotabili in
 ordine alla fonte, all'oggetto della tutela nonche' al momento  della
 loro efficacia.
    Diversita'  che  non  possono  non interessare e riflettersi sulla
 tutela dei superstiti. Con la conseguenza che nessuna comparazione e'
 possibile tra le situazioni poste a raffronto dal giudice a quo.
    Cade,  per  queste  ragioni,  il  contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione  e  restano assorbiti le ulteriori violazioni denunciate
 con riferimento agli artt. 29 e 31 della Costituzione che  su  quella
 norma si sono fondati.