IL PRETORE In relazione al procedimento civile iscritto al n. 4339 rg. 1994 della pretura circondariale di Torino, rileva quanto segue. Con atto di citazione notificato il 17 aprile 1994 l'avv. R. D'Antino conveniva in giudizio Claudio Paggi per sentirlo dichiarare tenuto e condannare al pagamento delle spettanze dovutegli in forza dell'attivita' di difensore d'ufficio espletata a favore del convenuto in un procedimento penale instaurato dinanzi al tribunale di Torino. Claudio Paggi rimaneva contumace. Al termine dell'udienza istruttoria del 29 settembre 1994, il pre- tore assumeva la causa a riserva. Ad avviso di questo giudicante, alla fattispecie in esame e' applicabile l'art. 31 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale approvate con d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271 che prevede come "fermo quanto previsto dalle norme sul gratuito patrocinio, l'attivita' del difensore d'ufficio e' in ogni caso retribuita". A sommesso avviso di chi scrive, tale norma dev'essere interpretata (almeno) nel senso che (anche) l'imputato, che abbia usufruito della difesa obbligatoria d'ufficio di cui all'art. 97 del c.p.p., e' tenuto a retribuire il difensore stesso. Ora, il d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, e' stato emanato sulla base dell'art. 6, della legge 16 febbraio 1987, n. 81, di delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale. Tale art. 6, delega il Governo ad emanare le norme di attuazione delle disposizioni previste negli artt. 2, 3 e 5 della legge di delegazione. L'art. 31 suddetto, quindi, e' una norma delegata e, di conseguenza, ex artt. 76 e 77 della Costituzione, deve adeguarsi ai principi ed ai criteri direttivi contenuti nella legge di delegazione. Secondo il piu' autorevole pensiero dottrinario-costituzionale, data la portata non solo di specificazione, ma anche di parziale determinazione del contenuto della norma delegata, la legge di delegazione non e' solo norma sulla produzione, bensi' anche norma di produzione giuridica. La correlazione che ne deriva rende plausibile la configurazione delle due leggi, delegante e delegata, come momenti di un unico speciale procedimento legislativo. Il riferimento dell'art. 76 della Costituzione tanto ai principi quanto ai criteri di determinazione cui deve adeguarsi la legge delegata, di conseguenza, vogliono esprimere, secondo il piu' autorevole pensiero, proprio un'endiadi adoperata dal Costituente e suggerita dall'intento di limitare al massimo il potere del delegato. La legge di delegazione in questione pero', non pare contenere alcun principio o criterio direttivo dal quale far discendere l'obbligo dell'imputato di retribuire il difensore d'ufficio di cui non si siano richieste le prestazioni professionali. Tali principi e criteri, infatti, non paiono poter discendere dalle disposizioni dell'art. 2, primo comma, legge di delegazione, che prevede come il nuovo codice di procedura penale debba adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia, ne' dall'art. 2, primo comma, n. 3, legge di delegazione, che prevede la partecipazione dell'accusa e della difesa su basi di parita' in ogni stato e grado del procedimento. Ad avviso del giudicante, infatti, ne' l'art. 6, terzo comma, lettera c) della legge 4 agosto 1955, n. 848, di ratifica ed esecuzione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo (che prevede solo il diritto di difendersi personalmente o con l'assistenza di un difensore di fiducia e, in mancanza di mezzi, di essere assistito da un difensore d'ufficio), ne' il suddetto principio di parita' rappresentano principi o criteri da cui possa discendere l'obbligo giuridico per l'imputato di retribuire un difensore del quale non sia stata richiesta (o sia stata addirittura rifiutata) l'assistenza. Su tali basi, ad avviso dello scrivente, puo' essere reputata non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 31 delle norme di attuazione del codice di procedura penale in relazione agli artt. 76 e 77 della Carta costituzionale nella parte in cui prevede che il difensore d'ufficio debba essere retribuito dall'imputato. Ulteriore questione non manifestamente infondata di costituzionalita' dell'art. 31 suddetto, puo' essere posta in riferimento all'art. 3 della Costituzione che prevede l'eguaglianza dei cittadini davanti alla legge. Difatti, l'interpretazione di cui sopra della norma contenuta nel d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, porterebbe a considerare identicamente obbligati alla medesima prestazione pecuniaria nei confronti del difensore, tanto l'imputato che abbia stipulato con lo stesso un contratto ex art. 2230 c.c., da cui discendono le relative obbligazioni negoziali, quanto l'imputato che da tale difensore sia stato assistito ex lege, in forza dell'art. 97 del c.p.p., senza averne fatto alcuna richiesta ovvero rifiutandone l'assistenza. Le questioni prospettate sono rilevanti, ai fini del presente giudizio, giacche' influiscono sulla stessa sussistenza del diritto di credito fatto valere da parte attrice, che trae dalla norma impugnata la propria legittimita'.