ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale  dell'art.  156,  primo  e
 secondo  comma, del testo delle norme di attuazione, di coordinamento
 e transitorie del codice di procedura penale (testo approvato con  il
 decreto  legislativo  28  luglio  1989,  n.  271)  promossi  con n. 2
 ordinanze emesse il 24 gennaio ed il 16 marzo  1994  dalla  Corte  di
 cassazione  sui  ricorsi  proposti  da  Borghi  Luciano  e Della Noce
 Luciano, iscritte ai nn. 187 e 295  del  registro  ordinanze  1994  e
 pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica nn. 16 e 22,
 prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Udito nella camera di consiglio del 12  ottobre  1994  il  Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
                           Ritenuto in fatto
   1.   -   Con  due  ordinanze,  di  contenuto  pressoche'  identico,
 pronunciate il 24 gennaio 1994 ed il 16  marzo  1994,  la  V  Sezione
 penale  della  Corte  di  cassazione, chiamata a decidere sui ricorsi
 proposti da persone offese dal reato (una di queste, pure querelante)
 avverso decreti di archiviazione adottati dal Pretore senza la previa
 comunicazione  alle  dette  persone,   nonostante   queste   avessero
 tempestivamente  avanzato  istanza di essere avvisate della eventuale
 richiesta del  pubblico  ministero  di  archiviazione  della  notitia
 criminis  (nonche'  -  cosi'  una  soltanto delle due ordinanze - nei
 confronti del provvedimento con il  quale  lo  stesso  Pretore  aveva
 disposto  "la  restituzione  degli  atti  al  Pubblico  ministero per
 un'eventuale richiesta di riapertura delle indagini e la notifica del
 provvedimento  al  querelante  per  l'eventuale  impugnazione"),   ha
 sollevato,  di  ufficio,  in  riferimento all'art. 24, secondo comma,
 della Costituzione, questione  di  legittimita'  sia  dell'art.  156,
 primo  comma,  delle  norme  di  attuazione  del  codice di procedura
 penale, "nella parte in cui non prevede la nullita'  del  decreto  di
 archiviazione  adottato  senza previa comunicazione della domanda del
 pubblico  ministero  alla persona offesa che ne abbia fatto richiesta
 o, comunque, prima che sia decorso il termine per l'opposizione", sia
 del secondo comma dello stesso art. 156,  "nella  parte  in  cui  non
 prevede   che   tale   nullita'  sia  denunciabile  con  ricorso  per
 cassazione".
    2. - Premette il giudice a quo che  nel  procedimento  davanti  al
 pretore   trova   sicura  applicazione  l'art.  126  delle  norme  di
 attuazione, in base al quale, nel caso  di  richiesta  della  persona
 offesa  di  essere  informata  della  richiesta  di archiviazione, il
 pubblico ministero trasmette gli atti  al  giudice  per  le  indagini
 preliminari  dopo  la  presentazione  dell'opposizione  della persona
 offesa ovvero dopo la scadenza del termine per proporre  opposizione.
 Peraltro, il provvedimento di archiviazione adottato in violazione di
 tale   precetto   non   costituisce  ne'  un  provvedimento  abnorme,
 suscettibile, quindi, di annullamento pur in mancanza di una espressa
 previsione legislativa che ne preveda la  sindacabilita',  rientrando
 la  pronuncia  del decreto di archiviazione fra i poteri del giudice;
 ne' un provvedimento affetto da nullita' ex art. 178, lettera c), del
 codice di procedura penale, non essendo la  posizione  della  persona
 offesa  o  del  querelante  tutelata dalla disposizione ora ricordata
 oltre i limiti derivanti dal precetto che sancisce la nullita'  della
 citazione in giudizio.
    Richiamati i decisa delle sentenze costituzionali n. 94 del 1992 e
 n.  353  del  1991,  rileva  la  Corte di cassazione che, poiche' nel
 procedimento pretorile il provvedimento di  archiviazione  e'  sempre
 pronunciato  de  plano,  resta impercorribile la possibilita', per un
 verso, di ritenere nullo il provvedimento di archiviazione e, per  un
 altro  verso,  di  consentirne  la  denunciabilita'  con  ricorso per
 cassazione.
    In  conclusione,  e'  assente  nel  sistema  normativo   che   da'
 regolamentazione al procedimento pretorile una disposizione che, come
 quella  dell'art. 127, quinto comma, del codice di procedura penale -
 appositamente richiamato, per il procedimento davanti  al  tribunale,
 dall'art. 409, sesto comma, dello stesso codice - da un lato, preveda
 la  nullita'  in  conseguenza  della  violazione  del contraddittorio
 cartolare  e,  dall'altro  lato,  contempli  la   ricorribilita'   in
 cassazione  del  decreto adottato nonostante la detta violazione. Con
 conseguente violazione del diritto di difesa dell'offeso  dal  reato,
 al  quale,  pure,  questa  Corte, con la sentenza n. 353 del 1991, ha
 assegnato valenza costituzionale.
    3. - In nessuno dei due giudizi e' intervenuto il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri, ne' si sono costituite le parti private.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Le  ordinanze  in epigrafe sollevano questioni identiche. I
 relativi  giudizi  vanno,  quindi,  riuniti  per  essere  decisi  con
 un'unica sentenza.
    2. - Oggetto comune di censura e' l'art. 156 del testo delle norme
 di  attuazione  del codice di procedura penale (approvato, insieme al
 testo delle norme di coordinamento  e  transitorie,  con  il  decreto
 legislativo 28 luglio 1989, n. 271), nella parte in cui (primo comma)
 non  prevede  la nullita' del decreto di archiviazione adottato senza
 la previa notificazione della richiesta del pubblico  ministero  alla
 persona  offesa che ne abbia fatto domanda o, comunque, prima che sia
 decorso il termine per proporre l'opposizione e nella  parte  in  cui
 (secondo  comma)  non  prevede che tale nullita' sia denunciabile con
 ricorso per cassazione.
    Sarebbe vulnerato l'art. 24, secondo  comma,  della  Costituzione,
 restando  preclusa  all'offeso  dal reato, che si sia tempestivamente
 attivato al fine di venire a conoscenza dell'eventuale richiesta  del
 pubblico ministero di non promuovere l'azione penale, la possibilita'
 di sottoporre le sue ragioni al giudice attraverso l'opposizione.
    3.  -  Pure  se  due sono i precetti sospettati di illegittimita',
 unica, in effetti, si presenta  la  questione  sottoposta  al  vaglio
 della Corte. Da un lato, infatti, si censura il primo comma dell'art.
 156   delle   norme   di   attuazione   perche'   non   fa   derivare
 dall'inosservanza del dovere di avviso alla persona offesa dal  reato
 la  nullita'  del  decreto  di  archiviazione; dall'altro lato, si fa
 discendere,  quasi  a   corollario,   dalla   detta   omissione,   la
 corrispondente illegittimita' del secondo comma dello stesso art. 156
 perche'  non  prescrive  che  avverso  un  provvedimento  in tal modo
 adottato venga attribuito alla stessa persona offesa  il  diritto  di
 proporre ricorso per cassazione. Il petitum avuto di mira dal giudice
 a  quo  si  rivela,  quindi,  decisamente  incentrato  sulla  mancata
 previsione  della  ricorribilita'  per  cassazione  del  decreto   di
 archiviazione,  a presidio della persona offesa che sia stata privata
 del diritto di essere informata della richiesta avanzata dal pubblico
 ministero; ricorribilita' che,  peraltro,  dovrebbe  scaturire  dalla
 dichiarazione d'illegittimita' del primo comma dello stesso art. 156,
 nella   parte   in  cui  non  prevede  la  nullita'  del  decreto  di
 archiviazione adottato senza la notificazione del  detto  avviso.  Il
 che  risulta  univocamente  confermato  dagli  stessi casi di specie,
 relativi ad  impugnative  di  decreti  di  archiviazione  pronunciati
 omettendo   di  informare  la  persona  offesa  che  ne  aveva  fatto
 richiesta. Di fronte a simili doglianze, la Corte  di  cassazione  ha
 ritenuto    pregiudiziale,    ai    fini    della   verifica   quanto
 all'ammissibilita' dei  ricorsi  -  che  altrimenti  avrebbe  dovuto,
 nell'ottica  interpretativa seguita, dichiarare inammissibili - porre
 in discussione la  conformita'  all'art.  24,  secondo  comma,  della
 Costituzione,  del  precetto  - collocato nel capo XII delle norme di
 attuazione, dedicato  alle  "Disposizioni  relative  al  procedimento
 davanti  al pretore" - che disciplina l'opposizione alla richiesta di
 archiviazione. E cio' sul presupposto  che  il  sistema,  cosi'  come
 strutturato,   non  e'  in  grado  di  apprestare  alcuna  protezione
 all'offeso  che  sia  stato  privato   dell'avviso   della   relativa
 richiesta,   in   presenza   di  un  provvedimento  di  archiviazione
 pronunciato  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  la
 pretura.
    4.  -  L'articolato  incedere  argomentativo  delle  ordinanze  di
 rimessione  muove  -  con  il  costante  richiamo  al   ricorso   per
 cassazione,   tipico   mezzo   di   tutela   apprestato  nel  sistema
 dell'archiviazione davanti al tribunale - dalla constatazione che  il
 sistema   protettivo   dell'offeso  dal  reato  nel  procedimento  di
 archiviazione pretorile diverrebbe puramente  teorico  ove  la  norma
 censurata  non  venisse  dichiarata illegittima nelle parti indicate,
 perche' la persona offesa, non potendo  conoscere  la  richiesta  del
 pubblico   ministero,  non  e'  posta  in  condizione  di  esercitare
 l'opposizione alla quale  e'  espressamente  legittimata  proprio  in
 forza dell'art. 156 delle norme di attuazione.
    Con  la  conseguenza  che  il giudice a quo, mentre, per un verso,
 censura la detta lesione del diritto di difesa, per un  altro  verso,
 non   ritenendo   assimilabile   -  almeno  sotto  questo  profilo  -
 l'archiviazione pretorile all'archiviazione nel  rito  di  base,  non
 individua   nella   disciplina   di   questa   procedura  un  tertium
 comparationis,  restando  attestato  all'invocazione,  quale   norma-
 parametro,  del  solo  art.  24,  secondo  comma, della Costituzione.
 Anzi, come si vedra' dall'analisi  del  prosieguo  della  motivazione
 delle ordinanze, proprio la diversita' di struttura tra le due proce-
 dure  renderebbe incompatibile, nella specifica materia, il regime di
 garanzia dettato a favore della persona offesa di fronte  al  decreto
 di  archiviazione pronunciato dal giudice per le indagini preliminari
 presso il tribunale. Il che appare subito confermato dal fatto che le
 ordinanze di rimessione non hanno come diretto punto  di  riferimento
 le  norme  codicistiche,  essendo  chiamati in causa in via immediata
 soltanto due precetti delle norme di attuazione.  Oltre,  ovviamente,
 l'art.  156  - la norma oggetto del giudizio di legittimita' - l'art.
 126 che, nel  disciplinare  le  modalita'  dell'avviso  alla  persona
 offesa  della  richiesta  di  archiviazione,  prescrive  che nel caso
 previsto dall'art.  408,  secondo  comma,  del  codice  di  procedura
 penale,  il  pubblico  ministero trasmette gli atti al giudice per le
 indagini preliminari dopo  la  presentazione  dell'opposizione  della
 persona offesa ovvero dopo la scadenza del termine indicato nel terzo
 comma   del   medesimo  articolo.  Una  norma  che,  dettata  per  il
 procedimento davanti al  tribunale,  viene  ritenuta  dal  rimettente
 estensibile  al procedimento pretorile. Cosicche' la questione resta,
 piu' esattamente, definita nel sospetto di  illegittimita'  dell'art.
 156  delle  norme  di  attuazione,  nella parte in cui non prevede il
 diritto della persona offesa dal reato di  ricorrere  per  cassazione
 avverso  il  decreto  di  archiviazione  adottato  dal giudice per le
 indagini preliminari presso la pretura senza che sia stato  osservato
 il  precetto  dell'art.  408,  secondo comma, del codice di procedura
 penale,  appositamente  richiamato  dall'art.  126  delle  norme   di
 attuazione.  Operando,  in  tal  modo,  un'ulteriore,  piu' generale,
 scelta   interpretativa,   nel   senso,   cioe',   di    considerare,
 relativamente  all'archiviazione nel procedimento davanti al pretore,
 inoperante - almeno relativamente  al  quesito  sottoposto  all'esame
 della Corte - l'art. 549 del codice di procedura penale che prescrive
 l'osservanza  per  il  procedimento pretorile delle norme relative al
 procedimento davanti al tribunale "in quanto applicabili".
    5. - Pure se, dunque, ad essere direttamente chiamata in causa  e'
 la  mancata  legittimazione  a proporre ricorso per cassazione cui la
 persona  offesa  dovrebbe   accedere   dopo   la   dichiarazione   di
 illegittimita'  della norma che non prevede come causa di nullita' la
 violazione dell'art. 408, secondo  comma,  del  codice  di  procedura
 penale,  il  fatto  stesso che venga denunciato come contrastante con
 l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, l'art. 156 delle  norme
 di   attuazione   sta   a   comprovare  come  attraverso  la  duplice
 dichiarazione  d'illegittimita'  richiesta  il   rimettente   intenda
 perseguire  il  solo  risultato  di  consentire l'accesso al giudice,
 attraverso l'opposizione, della persona offesa  nei  confronti  della
 quale  sia  stato omesso l'avviso di cui all'art. 408, secondo comma,
 del codice di procedura penale.
    6.  -  Le  norme denunciate, quindi, pur riferendosi ad un momento
 successivo (ed eventuale) rispetto a quello formalmente indicato  dal
 giudice  a quo con la questione ora sottoposta al vaglio della Corte,
 vengono percio' a rappresentare, insieme al gia' ricordato  art.  126
 delle  norme  di  attuazione, gli unici precetti posti a tutela della
 persona  offesa  nel  procedimento  davanti  al  pretore.  Donde   la
 strumentalita'  del  richiesto  diritto  di  ricorrere per cassazione
 rispetto a quello che rappresenta il punto di arrivo  della  proposta
 questione, da identificare nella possibilita' di proporre opposizione
 anche nel caso in cui il decreto di archiviazione pretorile sia stato
 adottato  omettendo  l'avviso di cui all'art. 408, secondo comma, del
 codice di procedura penale.
    Decisiva appare, in proposito,  l'argomentazione  contenuta  nelle
 ordinanze   di   rimessione   che  sembra  implicitamente  risolversi
 nell'enunciazione  del  requisito  della   rilevanza:   non   potendo
 l'archiviazione  pronunciata  in violazione dei diritti della persona
 offesa qualificarsi ne' provvedimento nullo (e quindi annoverarsi tra
 i provvedimenti affetti  da  nullita'  di  ordine  generale,  l'unica
 tipologia  di vizio in grado di presidiare adeguatamente l'offeso dal
 reato, salvaguardato dal regime delle nullita' di cui  all'art.  178,
 lettera  c),  del  codice  di  procedura  penale,  nel  solo  caso di
 inosservanza  delle  disposizioni  concernenti   la   "citazione   in
 giudizio"),  ne'  provvedimento  abnorme  (tale  essendo  soltanto il
 provvedimento - non identificabile con quello  emesso  in  violazione
 dei  diritti  della  persona  offesa  -  "che,  per la singolarita' e
 stranezza del suo contenuto, sta al di fuori delle norme  legislative
 e    dell'intero   ordinamento   processuale"),   ne'   provvedimento
 inesistente, la sola via per pervenire a rimuovere la violazione  del
 diritto  di difesa dell'offeso dal reato in conseguenza della mancata
 osservanza dell'art. 408, secondo  comma,  del  codice  di  procedura
 penale, sarebbe appunto quella di applicare la disciplina contemplata
 per  le  ipotesi  di  nullita';  cosi'  da  consentire, attraverso il
 rimedio richiesto, la demolizione del provvedimento e l'esercizio del
 diritto  di  proporre  opposizione.  Davvero  significativa  risulta,
 piuttosto,   l'univocita'   del  passaggio  dal  tipo  di  patologia,
 individuato  nella  nullita'  del  decreto,  al   tipo   di   tutela,
 individuato  nel  ricorso  per  cassazione;  e  cio'  nonostante che,
 proprio in forza della  ritenuta  "dissociazione"  dell'archiviazione
 pretorile  dall'archiviazione  nel procedimento davanti al tribunale,
 gli strumenti diretti - attraverso la caducazione del decreto  emesso
 in  violazione  dei  diritti  della persona offesa - ad apprestare un
 rimedio in grado di consentire l'esercizio della facolta' di proporre
 opposizione, potrebbero teoricamente profilarsi anche  come  plurimi.
 D'altra  parte,  non trattandosi di sentenza o di provvedimento sulla
 liberta' personale, non potrebbe utilmente farsi ricorso al  disposto
 dell'art.  568,  secondo comma, del codice di procedura penale, quale
 norma derogatoria rispetto al principio di tassativita' dei mezzi  di
 impugnazione.
    Senonche' l'individuazione di un simile strumento di tutela sembra
 agevolmente  ricavabile nel richiamo alla sentenza n. 353 del 1991 la
 quale - dopo aver rilevato che se la legge lasciasse privo di  tutela
 l'offeso  dal  reato  cui  non  venisse  comunicato  l'avviso  di cui
 all'art. 408, secondo comma, del  codice  di  procedura  penale,  "la
 denunciata    omessa    previsione   si   presenterebbe   di   dubbia
 compatibilita' con l'art. 24, secondo comma,  della  Costituzione"  -
 ebbe  a dichiarare non fondate, "nei sensi di cui in motivazione", le
 questioni di legittimita' dell'art. 178, lettera c),  del  codice  di
 procedura  penale e dell'art. 409 dello stesso codice, nella parte in
 cui tali norme non consentirebbero alcuna tutela alla persona  offesa
 dal  reato  nei confronti della quale sia stato omesso l'avviso della
 richiesta  di  archiviazione  formulata   dal   pubblico   ministero,
 nonostante l'espressa domanda avanzata a norma dell'art. 408, secondo
 comma,  additando  nel  ricorso  per  cassazione  la  "disciplina che
 consente di esperire un mezzo di  gravame  avverso  il  provvedimento
 conclusivo di tale procedura".
    7.  -  Il giudice a quo, pur mostrando di condividere la soluzione
 interpretativa  a  suo  tempo  adottata  dalla  Corte,   l'ha   pero'
 rigorosamente circoscritta al procedimento davanti al tribunale dando
 una  particolare  valenza  al  principio,  enunciato  dalla  indicata
 sentenza, in base al quale l'art. 409, sesto  comma,  del  codice  di
 procedura  penale,  che ammette il ricorso per cassazione nei casi di
 nullita'  previsti  dall'art.  127,  quinto  comma,  deve   ritenersi
 applicabile  anche  quando  risulti  colpita  "all'origine  la stessa
 instaurazione del contraddittorio proprio del procedimento in  camera
 di  consiglio".  Princip/',  dunque,  secondo  il  giudice a quo, non
 riferibili al provvedimento di archiviazione pretorile,  adottato  de
 plano  anche  in  caso  di  opposizione  della persona offesa, senza,
 dunque, poter  fare  alcun  riferimento  ne'  alle  forme  prescritte
 dall'art.  127  del  codice di procedura penale ed al quinto comma di
 tale articolo, che prevede la nullita' per la violazione delle regole
 riguardanti il contraddittorio  cartolare  consentito  dall'art.  156
 delle  norme  di  attuazione,  ne' ad una norma analoga all'art. 409,
 sesto comma, del  codice,  che,  appunto,  consente  il  ricorso  per
 cassazione  ove  le regole poste a tutela del contraddittorio vengano
 violate.
    8. - La questione, nei termini che seguono, non e' fondata.
    Il tema della tutela della persona offesa dal reato cui non  venga
 data  notizia  della richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico
 ministero, nonostante l'espressa domanda formulata nella  notizia  di
 reato o successivamente alla sua presentazione, e' stato - come si e'
 piu'  volte  ricordato  -  gia'  affrontato  da questa Corte. Piu' in
 particolare, con la sentenza n. 353 del 1991,  venne  precisato  come
 sussista  il  diritto  della  persona offesa di essere avvisata della
 detta richiesta,  un  diritto  "particolarmente  valorizzato  proprio
 nello  stadio delle indagini preliminari entro le quali si colloca il
 procedimento di archiviazione".  La  Corte  pervenne,  percio',  alla
 conclusione che "l'offeso dal reato possa usufruire di una disciplina
 che consente di esperire un mezzo di gravame avverso il provvedimento
 conclusivo  di tale procedura": mezzo che venne individuato in quello
 previsto dall'art. 127, quinto comma, del codice di procedura penale,
 espressamente richiamato dall'art. 409, quinto  comma,  dello  stesso
 codice.
    Alla  persona  offesa  nei confronti della quale si sia mancato di
 notificare  l'avviso  della  richiesta  di  archiviazione  fu   cosi'
 riconosciuto il diritto di proporre ricorso per cassazione perche' il
 vizio  derivante dalla detta omissione "con l'impedire all'offeso dal
 reato ogni possibilita' di contestare" la richiesta, "viene a colpire
 all'origine la stessa potenziale  instaurazione  del  contraddittorio
 proprio  dell'udienza  in  camera di consiglio". Un vizio, dunque, da
 ritenere  "ancor  piu'  grave  di quello derivante dall'omesso avviso
 alla persona offesa,  che  abbia  proposto  opposizione,  della  data
 fissata  per la stessa udienza, in ordine al quale, pure, l'art. 409,
 sesto comma, la legittima espressamente a ricorrere per cassazione".
    9. - Il giudice a quo  ha  contestato  la  riferibilita'  di  tale
 pronuncia   al   procedimento   pretorile   per   il  suo  intrinseco
 collegamento  con  la  procedura  in  camera  di  consiglio  prevista
 esclusivamente con riguardo all'archiviazione pronunciata dal giudice
 per  le  indagini  preliminari  presso  il tribunale. Ma si tratta di
 un'interpretazione in contrasto sia  con  la  ratio  decidendi  della
 stessa  sentenza n. 353 del 1991 sia con le successive statuizioni di
 questa  Corte  in  tema  di  archiviazione  anche  relativamente   al
 procedimento davanti al pretore.  Senza contare che la giurisprudenza
 della  Corte di cassazione aveva gia' seguito la linea interpretativa
 additata da questa Corte, anche nelle statuizioni immediatamente suc-
 cessive alla sentenza n. 353 del 1991,  pure  senza  che  ne  venisse
 direttamente coinvolta l'archiviazione pretorile.
    10.  -  In  primo  luogo, il fatto che la sentenza n. 353 del 1991
 possa   apparire   rigorosamente   attestata   al   procedimento   di
 archiviazione  davanti  al  tribunale  non  risulta di ostacolo - ove
 venga  individuata  l'effettiva  ratio  della  statuizione   -   alla
 possibilita' di una estensione al procedimento davanti al pretore del
 rimedio  da  essa  individuato in via interpretativa. Non puo' essere
 infatti trascurata l'incidenza dei limiti del devolutum, circoscritto
 al raffronto tra l'ipotesi del mancato avviso dell'udienza in  camera
 di  consiglio (presidiato dal combinato disposto dell'art. 409, sesto
 comma, e dell'art. 127, quinto comma)  ed  il  mancato  avviso  della
 richiesta   del   pubblico   ministero.   Tanto   e'  vero  che,  pur
 puntualizzandosi  come  "dall'esame  congiunto"   delle   norme   ora
 ricordate risulta che esse "fanno, in tema di archiviazione, espresso
 riferimento,  integrandosi  reciprocamente,  alla  sola archiviazione
 pronunciata con ordinanza a seguito  della  procedura  in  camera  di
 consiglio  fissata  dal  giudice  che  non  accolga  la richiesta del
 pubblico ministero", si ravviso' il  dato  piu'  saliente  del  vizio
 allora  denunciato  proprio  nel  fatto  che se la persona offesa non
 viene avvisata dell'udienza, potra' proporre ricorso  per  cassazione
 invocando la nullita' del provvedimento a norma dell'art. 127, quinto
 comma,   mentre   di  tale  rimedio  non  avrebbe  potuto  farsi  uso
 nell'ipotesi  della  stessa  persona  offesa   "che   venga   privata
 dell'avviso  della  richiesta di archiviazione formulata dal pubblico
 ministero nonostante la sua espressa domanda di essere avvertita".  E
 trattavasi  di  una  soluzione  fondata,  oltre  che sull'esigenza di
 tutela dell'offeso dal reato - quanto agli  strumenti  adoperati  per
 rimuovere  il  vulnus - sulla necessita', perseguita dal legislatore,
 di  disciplinare   l'archiviazione   come   istituto   unitario,   "a
 prescindere  dalle  diversita'  sia  delle cadenze procedimentali sia
 della tipologia del provvedimento  conclusivo".  Prova  ne  sia  che,
 nonostante le varie scelte invalidanti allora prospettate dai giudici
 a  quibus  (alcune  dirette  a  sindacare l'art. 178, lettera c), del
 codice di procedura penale, altre facenti leva  sull'art.  409  dello
 stesso   codice),   questa  Corte  ritenne  conforme  a  Costituzione
 conseguire  il  medesimo  risultato  attraverso  l'individuazione   e
 l'interpretazione  delle  norme  effettivamente  censurate proprio al
 fine di dettare un identico regime protettivo per la  persona  offesa
 che,  "non  informata  della  richiesta  di  archiviazione,  e' stata
 privata della facolta' di opposizione".
    La ratio decidendi della sentenza n. 353 del 1991 non si  collega,
 dunque,  se  non  per l'ipotesi normativa allora sottoposta al vaglio
 della Corte, a quel procedimento in contraddittorio previsto  per  il
 rito  di  base.  Il  suo reale valore prescrittivo e', infatti, nella
 diretta tutela del diritto  di  difesa  dell'offeso  dal  reato,  che
 "risulta   nel   sistema   del  nuovo  codice  di  procedura  penale,
 particolarmente  valorizzato  proprio  nello  stadio  delle  indagini
 preliminari, entro il quale si colloca il decreto di archiviazione".
    L'assenza  di  un immancabile collegamento con la procedura di cui
 all'art. 127 era, del resto, resa evidente sia dalla circostanza che,
 anche con riguardo all'archiviazione pronunciata dal giudice  per  le
 indagini  preliminari presso il tribunale veniva in considerazione un
 decreto  adottato  de  plano,  sia  soprattutto,   dall'esigenza   di
 consentire  alla  persona  offesa  di  essere protetta attraverso uno
 strumento - il ricorso per cassazione - previsto dall'ordinamento per
 situazioni, non solo fondate su  un'identica  ratio,  ma  addirittura
 contrassegnate da un tasso maggiore di gravita'.
    Dunque  e'  la  sostanziale  identita'  dei provvedimenti, sebbene
 emessi a seguito di procedimenti di tipo diverso, che ha motivato  la
 scelta  interpretativa  ricavabile  dalla  sentenza  n. 353 del 1991.
 Perche' se scopo essenziale  dell'impugnazione  e',  nella  specifica
 materia,  quello  di  porre  riparo alla lesione dell'interesse della
 persona offesa di sottoporre  a  controllo  la  scelta  del  pubblico
 ministero  di  non  esercitare l'azione penale, il medesimo interesse
 dovra' essere tutelato anche quando l'archiviazione  sia  pronunciata
 de  plano  ed  il controllo dovra' a maggior ragione essere garantito
 proprio quando, come nel procedimento  pretorile,  l'opposizione  non
 provochi l'instaurazione del rito camerale.
    11.  -  L'unitarieta'  del  fenomeno  in esame - quali che possano
 essere  le  divaricazioni  normative  provocate   soprattutto   dalla
 necessita'   di   dare   attuazione,  relativamente  al  procedimento
 pretorile, all'art. 2, n. 103, della legge-delega, che  prescrive  il
 principio   di  massima  semplificazione,  e'  stata  successivamente
 ribadita dalla sentenza n. 94 del  1992  con  la  quale  -  anche  in
 funzione  del  principio  adesso  ricordato  -  venne  dichiarata non
 fondata la questione di legittimita', in riferimento all'art. 3 della
 Costituzione, dello stesso art. 156 delle norme di attuazione  "nella
 parte  in  cui  non  prevede  nel  procedimento pretorile, in caso di
 opposizione della persona offesa  alla  richiesta  di  archiviazione,
 l'audizione delle parti in camera di consiglio".
    Con  tale  decisione,  dopo  essersi  puntualizzato che, a seguito
 della dichiarazione di illegittimita' costituzionale  dell'art.  554,
 secondo  comma,  del  codice di procedura penale - nella parte in cui
 non prevede che anche nel procedimento pretorile il  giudice  per  le
 indagini  preliminari,  se  ritiene necessarie ulteriori indagini, le
 indichi con ordinanza al pubblico ministero fissando il  termine  per
 il  loro  compimento (sentenza n. 445 del 1990) - ne e' derivata "sul
 piano logico sistematico, un'espansione delle facolta' della  persona
 offesa",   cosicche'   "anche   nel  procedimento  pretorile  la  sua
 opposizione non sia piu' finalizzata solo al rigetto della  richiesta
 di  archiviazione,  ma possa anche consistere nella sollecitazione di
 un'investigazione suppletiva", si e' espressamente statuito, con  una
 precisazione direttamente collegata proprio alla dichiarazione di non
 fondatezza,  costituendo  una  delle  rationes  decidendi  che  hanno
 condotto la Corte a non ravvisare alcuna illegittimita'  nell'assenza
 della  procedura in camera di consiglio nell'archiviazione pretorile,
 che "anche nel procedimento pretorile, qualora l'avviso  sia  omesso,
 la persona offesa sia abilitata a proporre ricorso per cassazione".
    12.  -  Non  puo'  essere,  infine, trascurato come la detta linea
 interpretativa risulta accolta dalla giurisprudenza  della  Corte  di
 cassazione,  la  quale  ha particolarmente insistito sulla violazione
 del contraddittorio cui da' vita il mancato avviso della richiesta di
 archiviazione alla persona offesa che ne  abbia  fatto  domanda,  non
 soltanto   nel   senso  della  possibilita'  di  instaurazione  della
 procedura in camera  di  consiglio  ma  anche  (e  soprattutto)  come
 lesione  del  diritto  della  persona offesa di proporre opposizione.
 Fino ad affermare da ultimo (Sez. I, 13 aprile  1994,  n.  1695)  che
 anche  nel  procedimento pretorile contro il decreto di archiviazione
 e' proponibile il ricorso per  cassazione  per  far  valere  l'omesso
 avviso  della  richiesta  del  pubblico ministero, qualora la persona
 offesa abbia fatto istanza di essere preavvertita, trattandosi di una
 causa  di  nullita'  che   vanifica   la   stessa   possibilita'   di
 instaurazione  del  contraddittorio,  in tal modo violando il diritto
 della persona offesa  a  proporre  opposizione  e  ad  esercitare  le
 proprie ragioni.
    13.  - Il fatto, poi, che il giudice a quo invochi l'azionabilita'
 del  ricorso  per  cassazione   pure   nel   procedimento   pretorile
 rappresenta  la  conferma delle premesse sopra riportate, sicuramente
 plurimi potendo profilarsi - al di fuori di  uno  spazio  che  ecceda
 l'ambito  interpretativo  e, quindi, in un regime del procedimento di
 archiviazione non sorretto da regole unitarie quanto  ai  sistemi  di
 tutela  -  gli  strumenti  volti  a  fornire  alla  persona offesa un
 trattamento  protettivo:  si  pensi  soltanto  alla  possibilita'  di
 richiedere  la  revoca  del  decreto direttamente al giudice che l'ha
 pronunciato. Ma, proprio il rischio di compromettere il principio  di
 tassativita'  dei mezzi di impugnazione (ora, di nuovo, paventato dal
 giudice a quo), risulta, ancora una volta, decisivo,  sempre  facendo
 appello  all'"esigenza,  avvertita  dal  legislatore  di disciplinare
 l'archiviazione  come  istituto   unitario,   a   prescindere   dalla
 diversita'  sia  delle cadenze procedimentali sia della tipologia del
 provvedimento conclusivo: un'esigenza gia' altre volte  avvertita  da
 questa Corte proprio considerando "la finalita' che accomuna tutte le
 varie   ipotesi   di  archiviazione"  (sentenza  n.  409  del  1990),
 risultando cosi' non intaccato, per l'assenza di ogni  necessita'  di
 ricorrere all'analogia, il limite segnato dall'art. 568 del codice di
 procedura penale.
    14.  - Cosi' interpretate, le norme sottoposte al vaglio di questa
 Corte  si  sottraggono   ad   ogni   contrasto   con   il   parametro
 costituzionale invocato.