ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  secondo
 comma,  della  delibera  legislativa  approvata  il  26  maggio  1994
 dall'Assemblea  regionale,  recante:  "Recepimento  della   normativa
 statale  sul dissesto finanziario ed altri provvedimenti per gli enti
 locali della Sicilia", promosso con  ricorso  del  Commissario  dello
 Stato  per  la  Regione  siciliana,  notificato  il  3  giugno  1994,
 depositato in cancelleria il 10 successivo ed iscritto al n.  47  del
 registro ricorsi 1994;
    Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  22  novembre  1994  il giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Uditi l'Avvocato dello Stato Gaetano Zotta per  il  ricorrente,  e
 gli avvocati Giovanni Pitruzzella e Giovanni Lo Bue per la Regione;
                           Ritenuto in fatto
    Il  Commissario  dello Stato per la regione siciliana, con ricorso
 del 3 giugno 1994, ha impugnato, per violazione degli artt. 3,  97  e
 119  della  Costituzione,  l'art.  1,  secondo  comma, della delibera
 legislativa approvata dall'Assemblea regionale  il  26  maggio  1994,
 recante "Recepimento della normativa statale sul dissesto finanziario
 ed altri provvedimenti per gli enti locali della Sicilia".
    La  norma impugnata prevede, per i soli Comuni fino a quindicimila
 abitanti che abbiano deliberato lo stato  di  dissesto  entro  il  31
 gennaio 1994, la messa in mobilita', con assegnazione ad altri Comuni
 e  Province  della  Regione,  del  personale  risultante in esubero a
 seguito della rideterminazione della pianta organica operata  con  la
 deliberazione  di  dissesto, fatta salva la permanenza in servizio di
 detto personale presso gli enti  di  appartenenza  nelle  more  della
 rideterminazione  delle  piante  organiche, con l'assunzione da parte
 della regione dei relativi oneri.
    Secondo il ricorrente, tale disposizione si porrebbe in  contrasto
 con   il   principio   di   eguaglianza,  di  cui  all'art.  3  della
 Costituzione,  per  il  fatto  di   determinare   un   ingiustificato
 trattamento  di  favore  nei confronti dei soli dipendenti dei Comuni
 citati, rispetto ai dipendenti degli altri enti locali della Regione.
    La medesima disposizione  lederebbe,  altresi',  il  principio  di
 buona  amministrazione,  di  cui  all'art. 97 della Costituzione, nel
 disporre il mantenimento in servizio presso i comuni di  appartenenza
 del personale dichiarato in esubero.
    Sarebbe,  infine,  leso  il  principio  del  coordinamento  fra la
 finanza statale  e  quella  regionale,  di  cui  all'art.  119  della
 Costituzione,  per effetto della assunzione a carico della regione di
 un onere ingiustificato,  a  vantaggio  di  un  ristretto  numero  di
 beneficiari,  in  contrasto  con  la generale esigenza di un rigoroso
 contenimento della spesa pubblica.
    2. - Si  e'  costituita  in  giudizio  la  regione  siciliana  per
 sostenere l'infondatezza del ricorso.
    La resistente ritiene che la norma impugnata sia conforme alla ra-
 tio  della  normativa  statale  in  materia  di  mobilita'  e  che la
 individuazione degli enti interessati mediante il ricorso a parametri
 generali ed astratti impedisca ogni disparita' di trattamento  tra  i
 diversi enti.
    Sarebbe,  inoltre,  conforme  al principio di buon andamento della
 pubblica amministrazione l'aver individuato piu' celeri procedure  di
 mobilita',  in  relazione all'esiguo numero di dipendenti interessati
 da questa normativa.
    Infine,  risulterebbe  inammissibile  la  censura  relativa   alla
 violazione  dell'art.  119  della  Costituzione,  in quanto i rilievi
 espressi non conterrebbero elementi  idonei  a  cogliere  il  livello
 costituzionale delle censure.
    3.   -  In  prossimita'  dell'udienza,  la  regione  siciliana  ha
 presentato una memoria per chiedere che sia dichiarata la  cessazione
 della  materia  del contendere, dal momento che, successivamente alla
 proposizione  del  ricorso,  l'art.  11  della  legge  regionale   29
 settembre  1994, n. 34, ha disposto l'abrogazione dell'impugnato art.
 1 della delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale il 26
 maggio 1994.
    4. - Va, infine,  rilevato  che  nella  Gazzetta  Ufficiale  della
 regione  siciliana  n.  50 del 13 ottobre 1994 e' stata pubblicata la
 legge regionale 10 ottobre 1994, n. 38 (Recepimento  della  normativa
 statale  sul dissesto finanziario ed altri provvedimenti per gli enti
 locali della Sicilia), promulgata dal Presidente  della  regione  con
 omissione della disposizione oggetto del presente giudizio, in quanto
 abrogata dalla succitata legge regionale n. 34 del 1994.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  Commissario  dello  Stato  per  la regione siciliana ha
 sollevato questione di legittimita', in riferimento agli artt. 3,  97
 e  119 della Costituzione, dell'art. 1, secondo comma, della delibera
 legislativa approvata dall'Assemblea regionale  il  26  maggio  1994,
 recante "Recepimento della normativa statale sul dissesto finanziario
 ed altri provvedimenti per gli enti locali della Sicilia".
    In  via  preliminare,  questa  Corte  deve  esaminare la richiesta
 avanzata dalla regione siciliana al fine di sentir dichiarare cessata
 la materia del contendere per la sopravvenuta abrogazione della norma
 impugnata.
    Tale richiesta deve essere accolta.
    Infatti, dopo la proposizione del  ricorso,  il  Presidente  della
 regione  siciliana  ha promulgato la legge regionale 10 ottobre 1994,
 n. 38, che, nel recepire la citata delibera legislativa, ha omesso la
 norma  impugnata,  in  quanto  abrogata  dall'art.  11  della   legge
 regionale 29 settembre 1994, n. 34.
    La  norma oggetto del presente giudizio non ha, pertanto, prodotto
 alcun effetto nell'ordinamento giuridico, ne' e'  piu'  in  grado  di
 produrne, essendo gia' stato esercitato da parte del Presidente della
 regione  il potere di promulgazione e non sussistendo la possibilita'
 di una successiva autonoma promulgazione della norma espunta.
    Alla luce di una costante giurisprudenza di questa  Corte  (v.  da
 ultimo sentenze nn. 84, 235 e 421 del 1994) deve, quindi, dichiararsi
 cessata la materia del contendere.