ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio   di   legittimita'   costituzionale   della   delibera
 legislativa  del  Consiglio  regionale  del  Lazio  riapprovata il 20
 aprile 1994 avente per oggetto: "Testo unico,  con  modificazioni  ed
 integrazioni,  delle  disposizioni  concernenti  la  FI.LA.S. s.p.a.,
 Finanziaria laziale di sviluppo), promosso con ricorso del Presidente
 del Consiglio dei ministri notificato il 26 maggio  1994,  depositato
 in  cancelleria  il  1  giugno  successivo  ed  iscritto al n. 46 del
 registro ricorsi 1994;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  22  novembre  1994  il  Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
    Udito l'Avvocato dello Stato Franco Favara, per il ricorrente.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Il  Presidente  del Consiglio dei ministri, rappresentato e
 difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  impugnato,  per
 violazione  degli  artt. 2, 3 e 117 della Costituzione e segnatamente
 del limite del  diritto  privato  che  incombe  sull'esercizio  delle
 competenze regionali, la delibera legislativa del Consiglio regionale
 del  Lazio  (Testo  unico,  con  modificazioni ed integrazioni, delle
 disposizioni concernenti la FI.LA.S. s.p.a., Finanziaria  laziale  di
 sviluppo)   approvata,   la  prima  volta,  il  13  ottobre  1993,  e
 riapprovata con modifiche, a seguito di  rinvio  governativo,  il  20
 aprile 1994.
    Il  ricorrente  censura,  in  particolare, l'art. 4 della delibera
 legislativa in esame che, disciplinando l'assetto organizzativo della
 FI.LA.S. s.p.a. (Finanziaria laziale di  sviluppo),  gia'  costituita
 con legge regionale 15 febbraio 1974, n. 13, contempla fra gli organi
 societari  il presidente laddove l'art. 2380, terzo comma, del codice
 civile prevede solo un presidente del consiglio di amministrazione da
 questo prescelto.
    Il  comma  2  del  citato  art.  4  ha   subi'to,   in   sede   di
 riapprovazione, una modifica nella quale si fa riferimento agli artt.
 2458, 2460 e 2386 del codice civile: l'intento era quello di recepire
 le   indicazioni   contenute  nell'atto  governativo  di  rinvio,  ma
 l'adeguamento risulta incongruo sul piano della  tecnica  legislativa
 (nel  comma 2 vengono menzionati l'art. 2386, mentre l'atto di rinvio
 indica l'art. 2396 e l'art. 2460,  che  pero'  non  e'  pertinente  a
 quanto disposto dal comma), ed e' contraddetto dalla parte successiva
 dello  stesso  comma  2,  con  gravi  incertezze circa la validita' e
 l'efficacia degli atti societari. L'art. 2458 codice civile  dispone,
 infatti,  che  quando lo Stato o altro ente pubblico partecipa ad una
 societa' per azioni, l'atto costitutivo della  societa'  (e  non  una
 legge  regionale  o  altro  atto  autoritativo) puo' conferire a tale
 soggetto la facolta', e non la competenza esclusiva, di nominare  uno
 o piu' amministratori o sindaci, mentre la norma impugnata prevede la
 designazione,  da  parte della Regione, di un numero di consiglieri e
 sindaci in proporzione alla quota di capitale posseduta.
    Quanto al comma 4 dell'art. 4, esso e' affetto dai medesimi  vizi:
 l'obbligo,  per  l'assemblea, di tener conto delle designazioni della
 Regione  al  momento  di  nominare  i  componenti  del  consiglio  di
 amministrazione  e  il collegio sindacale, indebolisce l'efficacia di
 queste ultime rispetto alle "nomine" previste dall'art.  2458  codice
 civile  e  alle  stesse  regole  poste  dal  comma 2 sul numero degli
 amministratori  e  sindaci  di  designazione  regionale.  Il  secondo
 periodo  del  comma  4,  in  base  al  quale  l'assemblea  nomina  il
 presidente della FI.LA.S. fra i componenti  indicati  dalla  Regione,
 comprime  la  liberta'  dell'assemblea  e  indebolisce  il  consiglio
 d'amministrazione, in contrasto com'e' con l'art. 2460 codice civile,
 il quale riserva la presidenza soltanto ai componenti nominati per il
 collegio sindacale.
    Il successivo comma 5 prevede il numero minimo  e  quello  massimo
 degli amministratori, ma la materia e' rimessa dall'art. 2380, codice
 civile, all'atto costitutivo della societa'.
    Il comma 6 dell'art. 4 disciplina la nomina del direttore generale
 e  dei  rappresentanti  della  FI.LA.S.  negli  organi delle societa'
 partecipate, attribuendo al presidente  un  potere  di  proposta:  la
 legge  regionale non puo' comunque interferire nell'organizzazione di
 una societa' per azioni, e ancor meno nelle vicende  di  societa'  ed
 enti  nei  quali  la  FI.LA.S.  assume partecipazioni minoritarie, ai
 sensi dell'art. 3, comma 2, lett. a), del testo in esame.
    L'art. 5, comma 1, detta, poi, una norma che appare irragionevole,
 e  non  consentita  dal codice civile, se applicata ai componenti del
 consiglio di amministrazione non espressi dalla Regione.
    In conclusione, il ricorrente osserva che non vi e' alcun  bisogno
 di  un  intervento  legislativo  per  assicurare  al  socio che ha la
 maggioranza assoluta delle azioni (n. 2, comma 1, del testo in esame)
 quanto occorre per conseguire i fini di cui all'art. 4; chiede dunque
 la caducazione, nell'art. 4, dei commi 1, 2, 4, 5 e del primo periodo
 del comma  6,  nonche'  una  pronuncia  "manipolativa"  del  comma  1
 dell'art. 5 o, quanto meno, una sua interpretazione correttiva.
                        Considerato in diritto
    1.  - Il Presidente del Consiglio dei ministri impugna la delibera
 legislativa approvata dal Consiglio regionale del  Lazio,  una  prima
 volta  il  13 ottobre 1993 e poi, a seguito di rinvio governativo, il
 20  aprile  1994,  contenente  il  testo  unico  delle   disposizioni
 concernenti  la FI.LA.S. s.p.a. (Finanziaria laziale di sviluppo). Il
 ricorrente censura, in realta', soltanto l'art. 4, commi 1, 2, 4,  5,
 6  primo  periodo,  e  l'art. 5, comma 1 (di quest'ultimo suggerendo,
 invero, un'interpretazione correttiva), perche'  la  Regione  avrebbe
 oltrepassato  il  limite  del diritto privato, e a tal fine richiama,
 quali parametri, gli artt. 2, 3 e 117 della Costituzione.
    Con particolare riguardo all'art.  4,  contesta  l'inclusione  del
 presidente  tra  gli organi societari (comma 1), in aggiunta a quelli
 stabiliti dal codice civile: assemblea, consiglio di  amministrazione
 e  collegio  dei  sindaci;  la  prevista designazione, da parte della
 Regione, di un numero di consiglieri e sindaci  in  proporzione  alla
 quota  di  capitale  posseduta (comma 2); il meccanismo di nomina dei
 componenti del consiglio d'amministrazione e del collegio dei sindaci
 (comma  4);  la  determinazione  del  numero  minimo  e  massimo  dei
 consiglieri  ad  opera  della  legge,  anziche' dell'atto costitutivo
 (comma  5);  la  nomina  del  direttore  generale  su  proposta   del
 presidente (comma 6, primo periodo).
    2. - Le censure mosse all'art. 4 sono fondate.
    Come  questa  Corte  ha gia' avuto modo di chiarire, il limite del
 diritto privato vieta alle leggi regionali di derogare alla normativa
 statale nella  sfera  dei  rapporti  intersoggettivi  attinenti  alle
 societa':  la  normativa  regionale deve, infatti, applicare le norme
 del codice civile o, in  generale,  la  disciplina  introdotta  dallo
 Stato   per   detti   rapporti.  Sono  ammissibili  le  deroghe  alla
 legislazione  di  diritto  privato   nell'area   dei   rapporti   che
 intercorrono  tra  la societa' privata e l'amministrazione regionale,
 ma e'  necessario  che  esse  non  rechino  violazione  dei  principi
 civilistici,  ancorche'  indiretta,  e  non  risultino manifestamente
 irragionevoli (fra le varie, v. la sent. n. 35 del 1992).
    Alla luce di tali premesse, appare evidente l'illegittimita' delle
 disposizioni contenute nel citato art. 4, prima menzionate.
    Il comma 1 include tra gli organi societari, in aggiunta a  quelli
 individuati  dal  codice  civile, il presidente (laddove l'art. 2380,
 terzo comma, del codice  civile  contempla  solo  un  presidente  del
 consiglio di amministrazione, da questo prescelto).
    Il  comma  2, che riconosce direttamente alla Regione il potere di
 designare consiglieri  e  sindaci,  esordisce  con  una  clausola  di
 salvaguardia  degli artt. 2458, 2460 e 2386 del codice civile; ma non
 basta tale  rinvio  ad  assicurare  la  conformita'  della  normativa
 regionale  a quella del codice civile (l'art. 2458 dispone che quando
 lo  Stato o altro ente pubblico partecipa ad una societa' per azioni,
 sia l'atto costitutivo della societa'  -  e  non,  dunque,  la  legge
 regionale - a conferire a tale soggetto la facolta' di nominare uno o
 piu' amministratori o sindaci).
    Il  comma  4  introduce  un meccanismo che palesemente si discosta
 dallo schema codicistico, e segnatamente dagli  artt.  2458  e  2460.
 Quanto  al  comma  5,  la materia va rimessa, ai sensi dell'art. 2380
 codice civile, all'atto costitutivo della societa'.
    Il comma 6, nel disciplinare la nomina del  direttore  generale  e
 dei   rappresentanti  della  FI.LA.S.  negli  organi  delle  societa'
 partecipate,  interferisce  nell'organizzazione  della  societa'  per
 azioni  e  dei  soggetti  nei quali la FI.LA.S. assume partecipazioni
 minoritarie.  E  per   tale   ragione   partecipa   dei   motivi   di
 illegittimita' che inficiano le disposizioni prima indicate.
    3.  - Il ricorrente si duole, poi, dell'irragionevolezza dell'art.
 5, comma 1, del quale suggerisce una "manipolazione" o, quanto  meno,
 un'interpretazione  correttiva. Ma su tale disposizione la censura e'
 inammissibile: nell'atto di rinvio della delibera consiliare  del  13
 ottobre  1993,  sottoscritto dal Ministro per gli affari regionali il
 12 novembre 1993, l'unico articolo cui si fa riferimento e' l'art. 4,
 per il denunziato contrasto  con  la  disciplina  privatistica  degli
 artt. 2458, 2460 e 2396 codice civile. Non si menziona l'art. 5, e il
 ricorso deve dunque ritenersi, per questa parte, inammissibile.
    4.  -  Occorre  aggiungere  che  norme analoghe a quelle censurate
 erano gia' presenti nella legge regionale 15 febbraio  1974,  n.  13,
 che  provvede alla costituzione della FI.LA.S. s.p.a. In particolare,
 l'art. 4, primo comma, e l'art. 5, primo e secondo comma,  contengono
 norme  sulla  struttura organizzativa della FI.LA.S. e delle societa'
 in cui quest'ultima ha partecipazioni, che sono affette dagli  stessi
 vizi illustrati trattando dell'art. 4 del testo impugnato.
    Occorre     dunque    dichiararne,    in    via    consequenziale,
 l'illegittimita' costituzionale, ai sensi dell'art. 27 della legge 11
 marzo  1953,  n.  87,  che  e'  applicabile  anche  ai   giudizi   di
 legittimita'  costituzionale  in  via principale, secondo quanto gia'
 chiarito da questa Corte (sent. n. 34 del 1961).