ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 1, comma
 3-bis, 3-ter, 3-quater, 3-quinquies e 3-septies, 2 e  3  della  legge
 regionale   approvata   il   26   maggio  1994,  recante  "Norme  per
 l'applicazione della  legge  regionale  9  maggio  1984,  n.  27,  ai
 dipendenti  dell'Italkali,  addetti  al  comparto dei sali alcalini",
 promosso con ricorso del  Commissario  dello  Stato  per  la  Regione
 siciliana,  notificato il 3 giugno 1994, depositato in cancelleria il
 10 successivo ed iscritto al n. 49 del registro ricorsi 1994;
    Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana e  l'atto  di
 intervento della S.p.A. Italkali;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  22  novembre  1994  il Giudice
 relatore Massimo Vari;
    Uditi l'Avvocato dello Stato Giuseppe O. Russo per il  ricorrente,
 e  gli  Avvocati  Giovanni  Pitruzzella  e  Laura  Ingargiola  per la
 Regione,  nonche'  l'Avvocato  Michele  Giorgianni  per   la   S.p.A.
 Italkali.
                           Ritenuto in fatto
    1.   -  Con  ricorso  regolarmente  notificato  e  depositato,  il
 Commissario  dello  Stato  per  la  Regione  siciliana  ha  sollevato
 questione  di legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma 3-bis,
 3-ter, 3-quater, 3-quinquies e 3-septies, 2 e 3 della legge approvata
 dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del  26  maggio  1994
 (Norme per l'applicazione della legge regionale 9 maggio 1984, n. 27,
 ai  dipendenti dell'Italkali, addetti al comparto dei sali alcalini),
 per contrasto con gli artt. 3, 41,  81,  quarto  comma,  e  97  della
 Costituzione.
    2.  -  Viene  denunciato, anzitutto, l'art. 1 della predetta legge
 che aggiunge  al  comma  3  dell'art.  28  della  legge  regionale  1
 settembre   1993,   n.  25,  sette  ulteriori  commi,  censurando  in
 particolare, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione:
       a) il comma 3-bis, con il quale si dispone l'applicazione delle
 provvidenze di cui ai commi 2 e 3 del menzionato art. 28 della  legge
 regionale n. 25 del 1993 (c.d. prepensionamento) a tutti i lavoratori
 non  riammessi nell'attivita' lavorativa a causa del fermo produttivo
 dei sali alcalini, norma che sarebbe viziata  da  irragionevolezza  e
 non  corretta  amministrazione  della  cosa  pubblica, concretando un
 esodo  di  manodopera  qualificata  confliggente  con  la  dichiarata
 volonta' di riprendere l'attivita' estrattiva;
       b)  il  comma  3-ter,  che sarebbe illegittimo sia per i motivi
 teste' esposti, sia perche' non si evince la ragione per la  quale  i
 benefici  in  questione vengono estesi a coloro che, gia' in possesso
 dei requisiti per il prepensionamento, ai sensi del predetto art.  28
 della  legge  regionale  n.  25  del  1993,  non  abbiano ritenuto di
 avvalersene, ed altresi' per  l'ingiustificato  dispendio  di  denaro
 pubblico  dovuto al fatto che fra i destinatari della norma rientrano
 anche coloro il cui rapporto di  lavoro  sia  cessato  in  virtu'  di
 licenziamento per giusta causa;
       c)   il   comma  3-quater,  che  risulterebbe  irragionevole  e
 contrastante con il principio della  certezza  del  diritto,  perche'
 esclude  dai benefici menzionati i lavoratori delle unita' produttive
 per le quali sono intervenuti i piani di ristrutturazione,  revocando
 cosi'  un  beneficio gia' concesso o concedibile. Ove, invece, a tale
 norma si dovesse dare efficacia per il  futuro,  essa  creerebbe  una
 ingiustificata  disparita' di trattamento tra soggetti che si trovano
 nelle medesime condizioni;
       d) il comma 3-quinquies, con cui si autorizza l'amministrazione
 regionale ad utilizzare, in servizi socialmente utili,  i  dipendenti
 della  Italkali  ammessi  alle  provvidenze statali ex lege 23 luglio
 1991, n. 223. Questo perche' non e' dato neanche  conoscere  se,  per
 gli  anni  decorsi,  le provvidenze previste dalla citata legge siano
 state concesse dai competenti organi  statali,  ne'  e'  dato  sapere
 quale  soggetto  dovra',  per  l'avvenire,  attivare le procedure per
 l'applicazione della normativa statale in questione.
    Il  ricorso  investe  altresi'  l'art.  2,  che   prevede,   senza
 pregiudizio  di  eventuali  provvedimenti di decadenza o revoca delle
 concessioni,   l'assegnazione   di   un   termine,   alla    societa'
 concessionaria  Italkali,  per  la ripresa dell'attivita'. Secondo il
 Commissario  dello  Stato,  la  disposizione  sarebbe  "incongrua   e
 pleonastica",  giacche', se sussistono i presupposti per la decadenza
 o la revoca, i relativi provvedimenti possono essere  adottati  dalle
 competenti autorita' in base alle norme vigenti; al tempo stesso, non
 sarebbe   comprensibile   la  previsione  di  una  ingiunzione,  alla
 societa',  di  riavviare  l'attivita'  produttiva,  entro  un   certo
 termine,  quando  la  societa' medesima ha manifestato la volonta' di
 abbandonare l'attivita'. Secondo il ricorso,  sarebbe,  altresi',  in
 contrasto  con  l'art.  41  della Costituzione l'obbligo, previsto, a
 carico dell'Italkali, dalla ultima parte dell'art. 2,  di  reinserire
 prioritariamente   nell'azienda   i   lavoratori   di  cui  al  comma
 3-quinquies e cioe' quelli  che  fruiscono  delle  provvidenze  della
 legge n. 223 del 1991.
    Costituisce  oggetto  di  impugnazione anche l'art. 3 della legge,
 che autorizza il trasferimento della quota di capitale della Italkali
 gestita dall'Ente minerario siciliano (E.M.S.) all'Ente siciliano per
 la promozione industriale (E.S.P.I.). La disposizione contrasterebbe,
 infatti, con il principio di imparzialita' di cui all'art.  97  della
 Costituzione,  essendo  la norma rivolta ad influire sull'esito di un
 giudizio civile in corso.
    Una ultima questione ha per oggetto l'art. 1, la' dove aggiunge al
 comma 3 dell'art. 28 della legge regionale n. 25 del  1993  il  comma
 3-septies,  che dispone la copertura dell'onere finanziario derivante
 dai precedenti commi 3- bis e 3- ter per il solo esercizio in  corso,
 violando cosi' l'art. 81, quarto comma, della Costituzione.
   3.  - Si e' costituita in giudizio la Regione siciliana, eccependo,
 anzitutto, l'inammissibilita' del ricorso. Rilevato che la gran parte
 delle censure riguarderebbe scelte insindacabili del legislatore,  la
 resistente  deduce,  in  particolare,  circa  i commi 3- bis e 3-ter,
 aggiunti all'art. 28 della legge n. 25 del 1993, la prospettazione ad
 opera  del  ricorso  di  un  nuovo  tipo  vizio,  la  "non   corretta
 amministrazione  della cosa pubblica". Riguardo al comma 3-quinquies,
 osserva  che  la  censura  investe  la  tecnica  di  redazione  della
 disposizione,  ma non coinvolge problemi di costituzionalita', mentre
 ulteriore motivo di inammissibilita' sarebbe la configurazione,  come
 parametro,  del principio della certezza del diritto, che non risulta
 costituzionalizzato.
    Ancora inammissibile sarebbe la censura avverso il  primo  periodo
 dell'art. 2, nel senso del carattere pleonastico della disposizione.
    Del  pari inammissibili sarebbero le questioni sollevate sull'art.
 3 che, oltre ad investire il merito  delle  scelte  del  legislatore,
 invocano   l'art.  97  della  Costituzione,  inidoneo  a  fungere  da
 parametro di costituzionalita',  alla  stregua  delle  censure  mosse
 (dovendosi  se  mai,  fare  riferimento  agli  artt.  104  e 41 della
 Costituzione).
    Nel  merito,  le  questioni  sarebbero   comunque   manifestamente
 infondate.
    Quanto all'art. 1 si deduce in particolare che:
       a)  in  conseguenza  del fermo produttivo delle attivita' della
 Italkali nel  settore  dei  sali  potassici,  non  sarebbe  possibile
 formulare  i  piani  di  ristrutturazione previsti dall'art. 28 della
 legge regionale n. 25 del 1993, onde  non  sarebbe  irragionevole  la
 estensione, disposta dai commi 3- bis e 3-ter, del prepensionamento a
 soggetti, non riammessi in servizio, in possesso dei requisiti minimi
 di  eta'  e  contribuzione  gia'  previsti dalla precedente normativa
 (legge regionale n. 27 del 1984), ivi compresi coloro il cui rapporto
 di lavoro sia cessato per cause diverse dalle dimissioni;
       b) la esclusione dai benefici delle unita'  produttive  per  le
 quali  sono  intervenuti  i  piani  di ristrutturazione, disposta dal
 comma 3-quater, sarebbe collegata ad una oggettiva  diversita'  delle
 situazioni   disciplinate:  nel  settore  del  salgemma,  infatti,  a
 differenza di quello dei sali alcalini, non sussistono  ostacoli  per
 la ripresa della produzione;
       c)  le  perplessita'  relative  alla  mancata  indicazione  del
 soggetto che dovra' attivare, giusta il comma 3-quinquies, le  proce-
 dure per l'applicazione della disciplina prevista dalla legge statale
 (legge  n.  223  del  1991) non sono fondate; anzi, in pendenza di un
 giudizio civile in materia, bene ha fatto il legislatore siciliano  a
 non  indicarlo  espressamente,  evitando  cosi' di interferire con le
 decisioni dell'autorita' giudiziaria.
    Altrettanto infondate sarebbero le censure  relative  all'art.  2,
 giacche'  la  Regione,  individuando  un termine per la ripresa delle
 attivita', a pena di decadenza dalle concessioni, ha  inteso  evitare
 che la Italkali frapponga nuovi ostacoli, a fini speculativi. D'altro
 canto,  prevedendo,  nel  caso  che  la societa' decida di utilizzare
 nuove  unita'  di  personale,  il   prioritario   reinserimento   dei
 lavoratori gia' dipendenti dall'impresa, la legge si e' rifatta ad un
 principio generale applicabile ai lavoratori in mobilita'.
    Manifestamente infondate, oltre che inammissibili, sarebbero anche
 le   doglianze  relative  all'art.  3,  norma  che  si  sarebbe  resa
 necessaria per tre motivi: 1) la eliminazione di una situazione nella
 quale il socio di minoranza - che per statuto ha i poteri di gestione
 - puo' bloccare le deliberazioni dell'assemblea, adducendo  a  motivo
 il   contrasto   di   interessi  con  l'E.M.S.;  2)  il  processo  di
 scioglimento degli enti pubblici economici in corso in  Sicilia,  che
 investe  anche  l'E.M.S.;  3) il vincolo di indisponibilita' gravante
 sulle azioni, che il legislatore ha dovuto rimuovere  per  consentire
 il trasferimento all'E.S.P.I. della quota azionaria.
    Sarebbe,  infine,  infondata,  quanto al comma 3-septies, aggiunto
 dall'art. 1 della legge impugnata, la censura di violazione dell'art.
 81, quarto comma, della Costituzione, non richiedendo detto articolo,
 per le spese continuative, che la legge precisi, anche per gli anni a
 venire, l'onere e la relativa copertura.
    4. - In prossimita' dell'udienza, il Commissario  dello  Stato  ha
 depositato una memoria intesa a sollecitare un intervento della Corte
 che precisi i limiti che il legislatore siciliano incontra in materia
 di  leggi  provvedimento,  trattandosi  di  un  delicato problema che
 dimostra l'infondatezza dell'assunto  secondo  il  quale  il  ricorso
 costituirebbe  un'invasione  nella  discrezionalita' del legislatore.
 Nello sviluppare gli argomenti gia' addotti nel ricorso, si  osserva,
 riguardo   all'art.   1:   che  il  riferimento  alla  "non  corretta
 amministrazione  della  cosa  pubblica"  sarebbe  da  intendere  come
 violazione  del principio di buon andamento; che le censure sollevate
 avverso i commi 3- bis e 3- ter non  possono  definirsi  "generiche",
 attenendo  alla  ragionevolezza delle disposizioni denunciate; che la
 censura  avverso  il  comma  3-quater  non   puo'   essere   superata
 dall'apodittica  affermazione  della  non  costituzionalizzazione del
 principio di certezza del diritto; che il comma  3-quinquies  ebbe  a
 suscitare,  per  la  sua  ambigua formulazione, notevoli perplessita'
 circa la sua applicabilita' da parte di numerosi deputati.  Sull'art.
 2,  si ribadisce che sarebbe "privo di valore normativo" e, comunque,
 incongruo rispetto ai fini  perseguiti.  Se,  poi,  all'ultima  parte
 dell'articolo,  e  cioe'  quella  che obbliga la societa' ad assumere
 prioritariamente i lavoratori di cui al comma 3-quinquies, si dovesse
 attribuire "valore normativo", esso sarebbe incostituzionale non solo
 per contrasto con l'art. 41  della  Costituzione,  ma  anche  perche'
 disciplina  materie  di  diritto  privato  sottratte  alla competenza
 regionale.
    Quanto all'art. 3, si  ribadisce  che  non  puo'  essere  reputato
 imparziale  il  legislatore  che  si sostituisce alla amministrazione
 nella adozione di provvedimenti che incidono su di  una  controversia
 in corso.
    Sulla   dedotta  violazione  dell'art.  81,  quarto  comma,  della
 Costituzione, da parte  dell'art.  1,  comma  3-septies,  la  memoria
 lamenta  la  mancanza  di una complessiva quantificazione della spesa
 pluriennale. A  seguire  una  diversa  interpretazione,  occorrerebbe
 riconsiderare  la  costituzionalita'  della  legge 19 maggio 1976, n.
 335, e della analoga legge  siciliana  in  materia  di  contabilita',
 nella parte in cui ammettono il rinvio ai bilanci successivi a quello
 in  corso,  per  la  determinazione  delle  quote della spesa globale
 destinate a gravare sui relativi esercizi.
    5. - Anche la Regione siciliana ha presentato una memoria  con  la
 quale,   nel   riconfermare   la   richiesta   di   declaratoria   di
 inammissibilita' ovvero di infondatezza del ricorso, si eccepisce  la
 inammissibilita' dell'atto di intervento della Italkali S.p.A..
    6.  -  Con  ordinanza  letta  in  udienza,  la Corte, premesso che
 l'Italkali S.p.A. ha depositato, in data  25  luglio  1994,  atto  di
 intervento  in  giudizio, ha dichiarato - sulla scorta della costante
 giurisprudenza  secondo  la  quale,  nei  giudizi   di   legittimita'
 costituzionale  in  via  principale,  non  e'  ammessa la presenza di
 soggetti diversi dalla parte ricorrente e dal titolare della potesta'
 legislativa   il   cui   atto   e'   oggetto   di   contestazione   -
 l'inammissibilita' dell'intervento medesimo.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  presente  giudizio  di  costituzionalita', promosso con
 ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ha  per
 oggetto  la  legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella
 seduta del 26 maggio 1994, recante "Norme  per  l'applicazione  della
 legge  regionale  9  maggio  1984, n. 27, ai dipendenti dell'Italkali
 addetti al comparto dei sali  alcalini".  La  legge  denunciata,  nel
 quadro delle misure volte a provvedere allo stato di fermo produttivo
 verificatosi  nel  predetto settore, modifica l'art. 28 della legge 1
 settembre 1993, n. 25 (avente ad  oggetto:  "Interventi  straordinari
 per l'occupazione produttiva in Sicilia"), al quale vengono aggiunti,
 dopo  il  comma  3,  sette  nuovi  commi, che estendono ai lavoratori
 interessati dal fermo talune provvidenze (c.d. prepensionamento)  che
 erano gia' state previste per i dipendenti dell'Italkali risultati in
 esubero, a seguito dei piani di ristrutturazione delle singole unita'
 produttive.   Al  tempo  stesso,  la  legge  detta  disposizioni  per
 l'impiego, in servizi socialmente  utili,  dei  lavoratori  che,  non
 avendo  i  requisiti  dell'eta'  o  della contribuzione previdenziale
 previsti dal precedente comma 3, fruiscono della  disciplina  di  cui
 alla  legge  23  luglio 1991, n. 223 (contenente "Norme in materia di
 cassa  integrazione,  mobilita',   trattamenti   di   disoccupazione,
 attuazione di direttive della Comunita' europea, avviamento al lavoro
 ed  altre  disposizioni  in materia di mercato del lavoro"). La legge
 denunciata prevede,  per  questi  ultimi,  anche  l'eventualita'  del
 reimpiego,  in  caso  di  ripresa  dell'attivita'  dell'Italkali  nel
 settore  dei  sali  potassici,  senza   pregiudizio,   peraltro,   di
 provvedimenti  di  revoca  o  decadenza  delle  concessioni (art. 2).
 Contempla, infine (art. 3), nell'ambito di una  complessa  situazione
 concernente  i  rapporti,  in  parte litigiosi, fra l' Ente minerario
 siciliano e la stessa Italkali S.p.A., il trasferimento  delle  quote
 di  capitale,  detenute  dal primo nella seconda, all' Ente siciliano
 per la promozione industriale.
    2. - Le questioni sollevate investono, anzitutto, taluni dei commi
 aggiunti dall'art. 1 all'art. 28 della precedente legge regionale  n.
 25 del 1993, chiamando, in particolare, la Corte a stabilire:
       a)  se  il  comma 3-bis, nel prevedere che i benefici di cui ai
 commi 2 e 3 del predetto art. 28 "si applicano  anche  ai  dipendenti
 non  riammessi nell'attivita' lavorativa a causa del fermo produttivo
 dei  sali  alcalini",  contrasti  con  gli  artt.  3   e   97   della
 Costituzione,  "sotto  il  profilo della irragionevolezza e della non
 corretta amministrazione della cosa pubblica,  poiche'  il  massiccio
 esodo di manodopera altamente qualificata confligge con la dichiarata
 volonta'  di  riprendere  nel  piu' breve tempo possibile l'attivita'
 estrattiva";
       b) se il comma 3-ter, nell'ammettere ai benefici di  cui  sopra
 anche i lavoratori che, "a far data dal 31 dicembre 1992 non si siano
 dimessi  volontariamente",  contrasti, del pari, con gli artt. 3 e 97
 della Costituzione, sia  per  le  ragioni  esposte  a  proposito  del
 precedente  comma  3-bis,  sia  perche'  dalla sua ambigua e generica
 formulazione,  non  si  evince  la  ragione  per  cui  i  benefici in
 questione vengono estesi a coloro che, gia' in possesso dei requisiti
 per accedere al prepensionamento, ai sensi dell'art. 28  della  legge
 regionale  n.  25  del  1993,  non  hanno ritenuto di avvalersene, ed
 altresi' perche' l'inclusione fra i  beneficiari  di  coloro  il  cui
 rapporto  di  lavoro  sia cessato per cause diverse dalle dimissioni,
 quali per ipotesi i licenziati per giusta causa,  da'  luogo  ad  una
 "cospicua  elargizione  di  denaro  pubblico  che  non  trova  alcuna
 plausibile giustificazione";
       c) se il comma 3-quater, nell'escludere dai benefici come sopra
 previsti i lavoratori delle  unita'  produttive  per  le  quali  sono
 intervenuti  piani di ristrutturazione, sia illegittimo per contrasto
 con   gli   artt.   3   e   97   della    Costituzione,    revocando,
 irragionevolmente,  un  beneficio gia' concesso nel momento stesso in
 cui viene  esteso  ad  altri  lavoratori,  e  ledendo,  altresi',  il
 principio  della  certezza del diritto. Ove, poi si dovesse dare alla
 norma efficacia per l'avvenire,  essa  creerebbe  una  ingiustificata
 disparita'  di trattamento tra soggetti che si trovano nelle medesime
 condizioni;
       d) se il comma 3-quinquies, nell'autorizzare  l'amministrazione
 regionale  ad  utilizzare  in  servizi socialmente utili i dipendenti
 della Italkali che, non possedendo  i  requisiti  dell'eta'  o  della
 contribuzione  previdenziale,  fruiscono  delle  provvidenze  statali
 previste dalla legge 23 luglio 1991, n. 223, contrasti con gli  artt.
 3 e 97 della Costituzione, non essendo neanche dato conoscere se, per
 gli anni decorsi, le provvidenze previste dalla legge n. 223 del 1991
 siano  state  concesse  dai  competenti  organi  statali,  ne' "quale
 soggetto  dovra'   per   l'avvenire   attivare   le   procedure   per
 l'applicazione  della  normativa  statale  in  questione",  avendo la
 societa' Italkali manifestato l'intento di abbandonare la concessione
 e messo in dubbio la propria qualita' di datore di lavoro;
       e)  se  il  comma  3-septies,  il  quale  limita  la  copertura
 dell'onere  finanziario  di  cui  ai  commi  3-  bis e 3- ter al solo
 esercizio in corso, contrasti con  l'art.  81,  quarto  comma,  della
 Costituzione.
    3.  -  Va  disattesa,  anzitutto,  quanto ai commi 3- bis e 3-ter,
 aggiunti dall'art. 1 della legge all'art. 28 della  precedente  legge
 regionale  n.  25  del  1993,  l'eccezione  sollevata  dalla  Regione
 siciliana, secondo la quale le questioni sarebbero  inammissibili  in
 ragione  sia  della  loro genericita', sia per il fatto di toccare il
 merito delle scelte operate dal legislatore.
    Infatti, l'oggetto delle questioni sottoposte  al  giudizio  della
 Corte  risulta  adeguatamente  definito  nel  ricorso,  oltre che con
 l'indicazione   dei   parametri   costituzionali   incisi,   con   il
 riferimento,  da  un canto, alla pretesa irragionevolezza delle norme
 impugnate e, dall'altro, alla violazione del principio  di  "corretta
 amministrazione", da intendersi, piu' esattamente, come il ricorrente
 ha  avuto  modo  di precisare, nel senso di buon andamento. Non puo',
 percio', convenirsi con quanto affermato  dalla  Regione  resistente,
 vale  a  dire  che  le  censure  sarebbero  generiche e che le stesse
 toccherebbero il merito della legge.
    Sotto questo secondo aspetto, e' sufficiente, infatti,  rammentare
 il ripetuto orientamento di questa Corte, secondo il quale le censure
 di  legittimita' non si distinguono da quelle di merito per la natura
 sostanziale delle valutazioni da operare, bensi' soltanto per il dato
 formale  che,  nel  primo caso, a differenza del secondo, le regole o
 gli interessi assunti come parametro del  giudizio  sono  sanciti  in
 norme della Costituzione ovvero di legge (sentenza n. 991 del 1988).
    Aggiungasi   che,  sempre  secondo  la  ricordata  giurisprudenza,
 nemmeno il riferimento alle finalita' sociali, economiche  ovvero  di
 politica  generale  della  norma  denunciata  comporta un giudizio di
 merito, quando sia funzionale al tentativo di dimostrare  la  pretesa
 violazione  di  parametri costituzionali e segnatamente del principio
 di buon andamento (sentenza n. 266 del 1993).
    4. - Le questioni sollevate ancorche' ammissibili sono,  tuttavia,
 infondate.
    Le  ragioni  del contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione
 del  comma  3-  bis   e,   correlativamente,   del   comma   3-   ter
 discenderebbero,   secondo   il   Commissario   dello   Stato,  dalla
 contraddittorieta' del provvedimento in questione, in quanto volto ad
 ipotizzare, da una parte, un considerevole  esodo  di  manodopera  e,
 dall'altro,  una  ripresa  dell'attivita' produttiva da realizzare in
 tempi brevi. Obietta, a questo riguardo, la Regione  resistente  che,
 al   di   la'   del  problema  sul  futuro  dell'attivita'  mineraria
 dell'Italkali, la disciplina apprestata si spiega e si giustifica con
 la situazione di fermo produttivo totale verificatosi nel settore dei
 sali potassici, tale da rendere, al momento, prevedibile l'esecuzione
 delle sole manutenzioni attinenti alla sicurezza degli impianti,  con
 limitato  impiego di unita' lavorative, rispetto al contingente prima
 utilizzato. Tutto cio' chiarisce anche perche',  contrariamente  alle
 situazioni  originariamente  ipotizzate  dall'art.  28  della legge 1
 settembre 1993, n. 25, questa volta non si assuma piu', a presupposto
 del prepensionamento, la presenza di piani di  ristrutturazione  che,
 nelle condizioni esistenti, non potrebbero essere formulati.
    La   ratio   ispiratrice   del  provvedimento,  cosi'  come  sopra
 evidenziata, sulla scorta, tra l'altro, di quanto  e'  dato  desumere
 dagli   atti   del  dibattito  assembleare  svoltosi  nella  fase  di
 approvazione della legge, induce ad escludere  l'esistenza  dei  vizi
 denunciati  dal  Commissario  dello  Stato. Va, d'altro canto, tenuto
 conto che il giudizio affidato alla Corte,  sotto  il  profilo  della
 ragionevolezza  e  dell'osservanza  del canone di buon andamento, non
 puo' che consistere in una valutazione esterna delle scelte  legisla-
 tive   che   riguardi   la   palese   arbitrarieta'  o  la  manifesta
 irragionevolezza della disciplina denunciata, e non  puo'  spingersi,
 invece,  a  valutazioni  in  ordine  ai  possibili altri modi con cui
 provvedere alle situazioni  considerate  dal  legislatore,  modi  che
 attengono  per  l'appunto  al merito delle scelte operate; ne', tanto
 meno,  puo'  implicare   una   revisione   o   riformulazione   della
 ponderazione  degli  interessi  compiuta dal legislatore (sentenza n.
 390 del 1989).
   5.  -  Del  pari  infondata  e'  l'altra  questione  sollevata  nei
 confronti  del comma 3-ter, norma che, nel disporre che "sono ammessi
 ai benefici di cui ai commi 2 e 3 i lavoratori che a far data dal  31
 dicembre  1992  non si siano dimessi volontariamente", si presterebbe
 ad essere censurata sotto il  duplice  profilo  della  ingiustificata
 concessione  dei benefici oggetto della legge anche a coloro che, pur
 potendo fruire del prepensionamento ai sensi dell'art. 28 della legge
 regionale n. 25 del 1993, non  abbiano  ritenuto,  a  suo  tempo,  di
 avvalersene  ed  altresi' a coloro che siano cessati dal rapporto per
 cause diverse dalle dimissioni, tra  cui,  eventualmente,  la  giusta
 causa.
    Quanto  ai primi, la coerente ricostruzione in termini sistematici
 della  disciplina  apprestata  porta  ad  escludere   la   fondatezza
 dell'ipotesi  formulata nel ricorso. Di cio' e' riprova la successiva
 disposizione del comma 3-quater, anch'esso oggetto di impugnativa, ma
 che,  se  rettamente  inteso,  nell'escludere  dai  benefici  di  cui
 trattasi  "i  lavoratori  delle  unita'  produttive per le quali sono
 intervenuti i piani di ristrutturazione di cui al comma 2"  tende  ad
 evitare,  come  piu'  ampiamente  si  vedra',  proprio l'eventualita'
 paventata nel ricorso.
    Quanto, poi, a coloro che siano cessati per  cause  diverse  dalle
 dimissioni e, segnatamente, in quanto licenziati per giusta causa, la
 scelta  del  legislatore  regionale, di non discriminarli ai fini del
 prepensionamento, appare plausibile  e  giustificata  alla  luce  dei
 generali  orientamenti, talora recepiti anche dalla giurisprudenza di
 questa Corte, secondo i quali sui trattamenti di  fine  rapporto  non
 devono  in  generale  incidere  i  motivi  della  cessazione,  attesa
 l'intangibilita' dei trattamenti stessi.
    6. -  Venendo,  dopo  di  cio',  alla  questione  di  legittimita'
 costituzionale   del   comma   3-quater,   questione  connessa,  come
 accennato, con quella di cui al comma 3-ter, va esaminata, anzitutto,
 l'eccezione di inammissibilita' formulata dalla  Regione  resistente,
 in  quanto  l'invocato  principio  della  certezza  del  diritto  non
 assurgerebbe a dignita' di parametro costituzionale.  L'eccezione  va
 disattesa,  giacche',  come e' dato evincere da tutto il contesto del
 ricorso, il ricorrente, nel richiamare il  principio  della  certezza
 del  diritto,  ha  inteso,  in  realta', riproporre il problema, piu'
 volte affrontato da questa Corte, della legittimita' delle leggi  che
 si riflettano retroattivamente su situazioni gia' definite.
    Inquadrata  in questi piu' esatti termini, la questione, ancorche'
 ammissibile,  e'  da  reputare,  tuttavia,  infondata,  giacche'   la
 disposizione  denunciata,  lungi dal revocare benefici gia' concessi,
 ha semplicemente lo scopo di circoscrivere l'ambito  di  applicazione
 della  nuova  disciplina. Come chiarisce la Regione resistente e come
 si evince dagli atti del dibattito svoltosi  all'Assemblea  regionale
 nella  fase  di approvazione della legge, la norma dell'art. 28 della
 legge n. 25 del 1993, nell'originaria  sua  formulazione,  concerneva
 anche i lavoratori del settore del salgemma, nel quale non sussistono
 gli  ostacoli alla ripresa della produzione che esistono, invece, nel
 settore dei sali potassici,  tanto  da  poter  definire  i  piani  di
 ristrutturazione con l'ammissione al prepensionamento dei soggetti in
 esubero aventi i requisiti di eta' e di contribuzione.
    La  norma  dell'art.  1,  comma  3-quater, tende, sia pure con una
 formulazione non del tutto chiara e felice, a far  si'  che  i  nuovi
 benefici  restino  limitati  solo  ai lavoratori del settore dei sali
 potassici, e non vengano, invece, estesi anche a quelli del  salgemma
 gia'  a suo tempo considerati dall'art. 28 della piu' volte ricordata
 legge regionale n. 25 del 1993.
    7. - Va accolta, invece, l'eccezione di inammissibilita'  proposta
 dalla  Regione,  in  ordine  alla questione di legittimita' del comma
 3-quinquies, che autorizza l'amministrazione regionale ad  utilizzare
 in servizi socialmente utili i dipendenti dell'Italkali che fruiscono
 delle provvidenze statali della legge 23 luglio 1991, n. 223. Invero,
 il  ricorso,  nel  lamentare  la  violazione degli artt. 3 e 97 della
 Costituzione, adduce, a motivazione  della  questione  sollevata,  il
 fatto che non sarebbe dato conoscere se le provvidenze previste dalla
 legge  n.  223  del  1991  siano state concesse dai competenti organi
 statali, ne' "quale soggetto dovra' per l'avvenire attivare le proce-
 dure per l'applicazione della normativa statale in questione", avendo
 l'Italkali messo in dubbio la propria qualita' di datore  di  lavoro.
 Come  gia'  altre volte affermato da questa Corte, sono inammissibili
 le questioni che  "non  contengono  elementi  idonei  a  cogliere  il
 livello  costituzionale  delle  censure"  (sentenza  n. 342 del 1990)
 ovvero che non sono sorrette da adeguata  motivazione  che  consenta,
 tra  l'altro,  di  "determinare  inequivocabilmente  l'oggetto  della
 questione sottoposta al giudizio di costituzionalita' e di verificare
 l'eventuale arbitrarieta', pretestuosita' o astrattezza dei dubbi  di
 legittimita' prospettati" (sentenza n. 85 del 1990).
    Orbene,  nella  specie,  non e' dato scorgere la reale portata, in
 termini di giudizio di costituzionalita', di una  prospettazione  che
 sembrerebbe,  invero,  evidenziare un problema attinente all'utilita'
 in se' della disposizione  denunciata,  in  relazione,  tra  l'altro,
 all'attendibilita'   e   verificabilita'  delle  situazioni  in  essa
 ipotizzate.
    8. - Non fondata e' la questione sollevata nei confronti del comma
 3-septies, che ad avviso del ricorrente violerebbe l'art. 81,  quarto
 comma,  della Costituzione, in quanto limita la copertura della spesa
 prevista al solo esercizio in corso. La  norma  denunciata,  per  far
 fronte  agli  oneri  comportati  dai precedenti commi 3- bis e 3-ter,
 dispone l'incremento, per l'esercizio 1994, del fondo di cui all'art.
 13,  lettera  a),  della  legge  regionale  6  giugno  1975,  n.  42,
 costituito  in  occasione di precedenti analoghi interventi in favore
 dei lavoratori dello zolfo.
    Per quanto concerne l'asserita  violazione  dell'art.  81,  quarto
 comma,  della  Costituzione,  va  ricordato  che la giurisprudenza di
 questa   Corte   ha   riconosciuto   compatibile   con   tale   norma
 costituzionale   il   fatto  che  una  Regione  ordinaria  rinvii  la
 quantificazione  delle  spese  continuative  e  ricorrenti,   nonche'
 l'individuazione  dei  relativi  mezzi di copertura, al momento della
 redazione e dell'approvazione  del  bilancio  annuale:  e  questo  in
 relazione a quanto previsto nella legge-quadro in materia di bilancio
 e  contabilita'  regionale  (legge  19  maggio 1976, n. 335), dove si
 prevede espressamente la  possibilita'  di  rinviare  alla  legge  di
 bilancio  la  determinazione  dell'entita'  delle  spese  relative ad
 attivita'  o  interventi  continuativi   e   ricorrenti   (art.   2),
 imponendosi  contestualmente  l'obbligo  dell'equilibrio  dei bilanci
 regionali (art. 4) (v. sentenza n. 331 del 1988).
    Tale principio, come la Corte ha gia' avuto occasione di affermare
 (v. sentenza n. 26 del 1991), puo' valere anche nei  confronti  della
 Regione  siciliana,  nel  cui  ambito la materia del bilancio e della
 contabilita' risulta regolata dalla legge regionale 8 luglio 1977, n.
 47, il cui art. 7 stabilisce, infatti, che  le  leggi  regionali  che
 autorizzano  spese  pluriennali  determinano  "di  norma" l'ammontare
 complessivo della spesa per tutto il periodo  della  loro  efficacia,
 nonche'  la  quota  del  primo  anno,  lasciando  pertanto  aperta la
 possibilita'  di  adottare,  se  del caso, anche la diversa soluzione
 prevista dalla legge-quadro statale,  consistente  nel  rinvio  della
 quantificazione  della spesa e della copertura degli oneri alla legge
 annuale di bilancio.
    9. - Il Commissario dello Stato sottopone, poi, al giudizio  della
 Corte le seguenti ulteriori questioni:
       a)  se  l'art.  2  della  legge,  nella  parte in cui contempla
 l'"adozione di provvedimenti immediati di decadenza o di revoca delle
 concessioni  minerarie",  contrasti  con  gli  artt.  3  e  97  della
 Costituzione, in quanto pleonastico ed incongruo, atteso che, gia' in
 base   alla   normativa   vigente,   la   Regione  potrebbe  adottare
 provvedimenti immediati di revoca o decadenza;
       b) se la medesima disposizione, nella parte in cui prevede  che
 l'Assessore  regionale  per  l'industria,  preso  atto  dell'avvenuta
 consegna delle opere infrastrutturali di cui all'art. 2  della  legge
 regionale  1  febbraio  1991,  n.  8  (relative agli impianti idrici,
 fognari  e  di  smaltimento  dei  rifiuti),  ingiunge  alla  societa'
 Italkali  il  termine  entro  il  quale  essa  e'  tenuta a riavviare
 l'attivita' produttiva delle miniere, contrasti con gli artt. 3 e  97
 della  Costituzione,  trattandosi  di  uno strumento che non potrebbe
 essere utilizzato, poiche' la societa' ha manifestato la volonta'  di
 abbandonare l'attivita';
       c)  se  la  stessa  disposizione,  nella  parte  in cui prevede
 l'obbligo della Italkali di reinserire prioritariamente  nell'azienda
 i  lavoratori  di  cui  al comma 3-quinquies, contrasti con l'art. 41
 della Costituzione, non essendo consentito al  legislatore  siciliano
 imporre   ad   imprese  private  l'obbligo  di  assumere  determinate
 categorie di soggetti.
    10. - Va dichiarata l'inammissibilita' delle prime due  questioni,
 come  sopra  sollevate,  in  quanto il rilevato carattere incongruo o
 pleonastico  della  disposizione,  ovvero  l'inattendibilita'   della
 previsione formulata circa la volonta' o meno della societa' Italkali
 di  riavviare l'attivita', appaiono critiche che tutt'al piu' mettono
 in discussione la tecnica di redazione della disposizione stessa o la
 plausibilita'  del  suo  contenuto,  ma  non  assumono,   certamente,
 nonostante l'invocazione dei parametri di cui agli artt. 3 e 97 della
 Costituzione,  la consistenza di censure apprezzabili sul piano della
 conformita' o meno a Costituzione dell'articolo denunciato.
    11. - Non fondata e', invece, l'ulteriore questione, sollevata con
 riferimento all'art. 41 della Costituzione, in base  all'assunto  che
 l'art.   2   della   legge  impugnata  disponga  l'obbligo  a  carico
 dell'Italkali di reinserire nell'attivita' i  lavoratori  di  cui  al
 comma  3-quinquies,  e  cioe'  quelli che fruiscono delle provvidenze
 della legge n. 223 del 1991. A tal fine, il ricorso  richiama  quella
 giurisprudenza   che   ritiene  illegittimo  il  c.d.  imponibile  di
 manodopera, per violazione della  liberta'  di  iniziativa  economica
 privata   e   per   ingiustificata   compressione   di   un  elemento
 caratterizzante  dell'impresa,   quale   quello   relativo   al   suo
 dimensionamento  e  al conseguente profilo di organizzazione interna.
 Quel che risulta, tuttavia, erronea  e'  la  premessa  interpretativa
 dalla  quale  muove il ricorso, giacche' la stessa formulazione della
 disposizione, la quale prevede che i  lavoratori  vengano  reinseriti
 "prioritariamente"  nell'azienda,  porta ad intenderla rettamente nel
 senso che l'obbligo intanto insorgera' in quanto la  societa'  stessa
 decidera'   di   assumere  nuovo  personale.  In  questi  limiti,  la
 disposizione non incide  sul  dimensionamento  e  sull'organizzazione
 interna  dell'impresa, limitandosi a recepire il principio secondo il
 quale i lavoratori messi in mobilita' hanno la preferenza in caso  di
 nuove assunzioni.
    12.  -  Il Commissario dello Stato censura, infine, l'art. 3 della
 legge, per contrasto con  l'art.  97  della  Costituzione,  sotto  il
 profilo  della  violazione  del principio di imparzialita', in quanto
 l'autorizzazione concessa all'E.M.S.  a  trasferire  all'E.S.P.I.  la
 quota  di  capitale  detenuta  nell'Italkali  sarebbe  uno "strumento
 surrettizio" volto ad influire sull'esito di un  giudizio  civile  in
 corso,  sorto a seguito dell'impugnativa da parte di alcuni azionisti
 di una delibera  assembleare  per  conflitto  di  interessi  relativo
 all'E.M.S.  (che  sarebbe  in  tal  modo  sostituito  con l'E.S.P.I.,
 estraneo alle questioni di causa). La censura e'  inammissibile,  sia
 perche'  il ricorso, pur dilungandosi ad illustrare in punto di fatto
 i rapporti litigiosi pendenti fra E.M.S.  e Italkali, non  spiega  se
 ed  in  qual  modo  la  pretesa influenza su un giudizio in corso, da
 parte della norma denunciata,  si  traduca  in  una  vera  e  propria
 interferenza  sulla  funzione  del  giudice,  assumendo cosi' rilievo
 costituzionale,  sia  perche',  a  sostegno  della  questione,  viene
 richiamato  un parametro improprio ed inidoneo, quale l'art. 97 della
 Costituzione.
    Quest'ultimo,  infatti,  nel  far  riferimento  all'imparzialita',
 intende  aver  riguardo  alla pubblica amministrazione, enunciando un
 principio  fondamentale  cui  deve  uniformarsi  in  tutte   le   sue
 articolazioni  l'organizzazione  dei pubblici uffici, si' da ispirare
 anche l'opera del legislatore  nell'emanazione  di  leggi  aventi  ad
 oggetto  tale  organizzazione.  Ma  si  tratta,  come e' evidente, di
 un'accezione con la quale non ha nulla a che  vedere  l'imparzialita'
 nel senso in cui la intende il ricorso, che vuole porre in realta' un
 diverso  problema,  e  cioe' quello del modo in cui il legislatore si
 sarebbe rapportato, nella specie,  agli  interessi  sottostanti  alla
 legge dallo stesso emanata.