ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 9, 11 e 23 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), promosso con ordinanza emessa l'11 febbraio 1994 dalla Corte di cassazione su ricorso proposto da Cosimo Cannarile, iscritta al n. 263 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 9 novembre 1994 il Giudice relatore Cesare Mirabelli; Ritenuto che la Corte di cassazione - investita del ricorso proposto da Cosimo Cannarile avverso la sentenza del Pretore di Taranto che lo aveva condannato per non avere fatto richiesta di assunzione al competente Ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione di venti lavoratori appartenenti alle categorie protette, pur essendovi tenuto in ragione del numero di dipendenti in servizio nella propria azienda - con ordinanza emessa l'11 febbraio 1994 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 38 e 41 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli artt. 9, 11 e 23 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private); che le aziende private con piu' di 35 dipendenti sono tenute, in base alla legge n. 482 del 1968, ad assumere lavoratori appartenenti alle categorie protette nella misura del 15 per cento del personale in servizio (art. 11), secondo la ripartizione tra le varie categorie di riservatari fissata dall'art. 9, venendo penalmente sanzionata l'omessa richiesta di assunzione di invalidi o di altri aventi diritto (art. 23); che il giudice rimettente, sulla base dell'interpretazione letterale delle disposizioni denunciate, ritiene automatico l'obbligo di assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette al solo raggiungimento del numero minimo di trentasei dipendenti in servizio, senza che si possa in alcun modo tener conto della possibilita' per l'azienda di fare fronte al carico di ulteriori assunzioni, rese obbligatorie; che, ad avviso del giudice rimettente, sarebbe irragionevole porre sullo stesso piano soggetti diversi quanto a capacita' di assorbimento di nuove unita' di lavoratori, come pure sarebbe irragionevole differenziare la disciplina delle aziende private rispetto a quella degli enti pubblici, per i quali l'obbligo di assunzione di lavoratori appartenenti alle categorie protette e' subordinato al verificarsi di vacanze nell'organico; che, ad avviso dello stesso giudice, sarebbe anche lesa la liberta' di organizzazione e di gestione dell'impresa secondo criteri di economicita', aspetto compreso nella liberta' di iniziativa economica privata; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la non fondatezza della questione, affermando che e' stata nuovamente proposta una questione gia' esaminata e dichiarata infondata dalla Corte (sentenze n. 38 del 1960 e n. 279 del 1983; ordinanza n. 173 del 1985); Considerato che l'ordinanza di rimessione prospetta in termini non univoci il dubbio di legittimita' costituzionale, che sembra riferito a due situazioni diverse. Difatti non e' chiaro se la questione riguardi l'obbligo di assunzione di lavoratori appartenenti a categorie protette in se' considerato, riproponendosi cosi' un dubbio gia' ritenuto non fondato dalla Corte in rapporto agli stessi parametri dedotti (sentenza n. 279 del 1983; ordinanza n. 173 del 1985), o se invece la questione sia proposta per l'ipotesi, peraltro non ricorrente nel giudizio principale, del datore di lavoro che raggiunga il numero minimo di dipendenti previsto dalla legge, perche' scatti l'obbligo di immediata assunzione di lavoratori appartenenti a categorie protette in numero proporzionale ai dipendenti in servizio, venendo cosi' aumentato il numero del personale da assumere indipendentemente dalla necessita' dell'azienda di ampliare ulteriormente le unita' dei lavoratori addetti; che, non essendo il quesito precisato in modo tale da individuare quale delle questioni prospettate sia sottoposta al vaglio di legittimita' costituzionale, ne deve essere dichiarata la manifesta inammissibilita'; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;