ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, settimo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 24 novembre 1993 dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, sul ricorso proposto da Cozzupoli Pietro contro la u.s.l. n. 11 della Calabria ed altri, iscritta al n. 434 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie speciale, dell'anno 1994; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 23 novembre 1994 il Giudice relatore Mauro Ferri; Ritenuto che il TAR della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ha sollevato - con ordinanza del 24 novembre 1993 - questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 4, settimo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, nella parte in cui stabilisce, per i medici dipendenti del Servizio sanitario nazionale, l'incompatibilita' col rapporto d'impiego dell'esercizio dell'attivita' libero-professionale presso strutture private convenzionate con il Servizio medesimo; che, ad avviso del giudice a quo, premesso che la ratio della norma sembra quella di evitare l'elusione del principio di unicita' del rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale (principio posto nel primo periodo della norma stessa), non appare giustificata la disparita' di trattamento che si verifica tra i medici dipendenti del Servizio sanitario "nelle diverse situazioni, rispettivamente, di esistenza o di immediato approntamento della struttura atta a consentire loro l'attivita' libero professionale inframuraria e/o di esistenza, nell'ambito territoriale della u.s.l. di appartenenza, di strutture private non convenzionate, e di situazioni di assoluta o protratta inesistenza di siffatte condizioni, sia per omissioni e ritardi dipendenti dalle uu.ss.ll., sia per generalizzato convenzionamento delle strutture sanitarie private del territorio"; che, sempre ad avviso del remittente, per sopperire a tale disparita' di trattamento occorrerebbe "consentire che, accertata la carenza nel territorio della u.s.l. di strutture sanitarie private non convenzionate e nelle more dell'approntamento delle strutture interne per l'esercizio dell'attivita' libero professionale inframuraria, il medico dipendente pubblico possa essere autorizzato - esercitando eventualmente i dovuti controlli e prendendo gli accorgimenti idonei al fine di evitare, per quanto possibile, l'eventualita' di un convenzionamento o di un rapporto di dipendenza tra il medico e la struttura privata convenzionata con il Servizio sanitario nazionale - a svolgere la libera professione anche presso strutture private convenzionate"; che e' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l'infondatezza della questione; Considerato che questa Corte ha gia' avuto modo di affermare (sent. n. 457 del 1993, ord. n. 214 del 1994) che la norma impugnata, data la peculiarita' della natura e delle funzioni delle istituzioni sanitarie private convenzionate, costituisce frutto di una non irragionevole valutazione discrezionale di politica sanitaria, ispirata dall'intento di assicurare la massima efficienza e funzionalita' operativa all'organizzazione sanitaria pubblica, in attuazione del principio sancito dall'art. 32 della Costituzione; che, cio' posto, appare evidente come il giudice a quo, nel lamentare la diversita' di trattamento tra medici a seconda della esistenza o meno, nell'ambito territoriale della u.s.l. di appartenenza, di strutture private non convenzionate, nonche' dell'esistenza o meno, all'interno della struttura pubblica, di spazi adeguati per l'esercizio della libera professione intramuraria, prospetta disparita' di mero fatto, come tali ininfluenti ai fini del sindacato di costituzionalita', e la cui eliminazione, d'altronde, oltre a richiedere una disciplina che investe la discrezionalita' del legislatore (come chiaramente dimostra il complesso petitum dell'ordinanza di rimessione), finirebbe inevitabilmente col vanificare le anzidette finalita' della norma impugnata; che, in conclusione, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;