ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, primo comma,
 della legge 10 agosto 1964, n. 719 (Fornitura gratuita dei  libri  di
 testo  agli  alunni  delle scuole elementari), promosso con ordinanza
 emessa il 22 dicembre 1992 dal Tribunale di Catania nel  procedimento
 civile  vertente  tra Bellia Vito ed altri, n. q. e l'Assessorato dei
 beni culturali e della pubblica istruzione della  Regione  siciliana,
 iscritta  al  n.  191  del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  16,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1994;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 12  ottobre  1994  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio  civile instaurato da genitori
 esercenti la patria potesta' sui rispettivi figli minori,  alunni  di
 una scuola elementare privata, per l'accertamento del loro diritto di
 credito,  nei  confronti  della  pubblica amministrazione, avente per
 oggetto la prestazione gratuita dei libri di testo, il  Tribunale  di
 Catania,  con ordinanza del 22 dicembre 1992 (pervenuta alla Corte il
 24 marzo 1994), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 1,  primo  comma,  della  legge  10  agosto  1964,  n.  719
 (Fornitura  gratuita  di  libri  di  testo  agli  alunni delle scuole
 elementari), nella parte in cui non estende l'erogazione gratuita dei
 libri di testo agli alunni delle  scuole  private,  non  abilitate  a
 rilasciare titoli di studio riconosciuti dallo Stato.
    2.  -  Quanto  alla  rilevanza  della  questione, il giudice a quo
 ricorda che, nonostante che la materia dell'istruzione elementare sia
 devoluta alla competenza esclusiva della Regione siciliana (art.  14,
 lett.  r,  dello  Statuto  speciale di autonomia), la norma impugnata
 trova applicazione nella regione fino a quanto non  sia  in  concreto
 esercitata  la  competenza legislativa regionale; il che nella specie
 non e' avvenuto. Ne' puo' ritenersi  che  l'art.  42  del  d.P.R.  24
 luglio  1977,  n.  616  - che, nel dare la definizione di "assistenza
 scolastica", quale materia  trasferita  alle  regioni,  espressamente
 prevede  "l'erogazione  gratuita dei libri di testo agli alunni delle
 scuole  elementari",  senza  fare  alcuna  distinzione   tra   scuole
 pubbliche   e  private  -  abbia  implicitamente  abrogato  la  norma
 impugnata,    rendendo    cosi'    irrilevante     l'incidente     di
 costituzionalita',  perche' il decreto presidenziale citato si limita
 a regolare il passaggio  delle  funzioni  dallo  Stato  alle  regioni
 ordinarie   indicando,   nel   contempo,  secondo  la  giurisprudenza
 costituzionale (sentt. n. 223 del 1984 e 216 del 1985), un minimum di
 funzioni  da  garantire  anche  alle  regioni  a  statuto   speciale;
 cosicche'  soltanto  l'emanazione  di leggi regionali nello specifico
 settore  puo'  determinare   la   cessazione   dell'efficacia   delle
 precedenti  leggi  statali  disciplinanti  quelle materie divenute di
 competenza  regionale.  Diversamente,  dovrebbe  ritenersi   che   la
 legislazione   statale   (art.   42   d.P.R.   n.   616  cit.)  abbia
 arbitrariamente   invaso   la   sfera  dell'autonomia  della  Regione
 siciliana, la quale, pur se non ha in concreto legiferato, e'  sempre
 titolare in via esclusiva delle competenze nella materia.
    Da  tutto  sopra  deriverebbe  la  perdurante  applicabilita', nel
 giudizio a quo, dell'art. 1 della legge n. 719  del  1964;  donde  la
 rilevanza della prospettata questione.
    3.  -  Nel  merito,  il  giudice  della rimessione ricorda, in via
 preliminare, che le scuole elementari sono di due tipi: "autorizzate,
 ovvero a sgravio". Le prime possono essere a frequenza  gratuita,  ma
 normalmente  richiedono  (come  nel caso della scuola frequentata dai
 figli degli attori) il pagamento di una retta  e  in  ogni  caso  non
 rilasciano  titoli  riconosciuti  dallo  Stato;  le seconde sono, per
 legge, a frequenza gratuita e rilasciano  titoli  riconosciuti  dallo
 Stato.
    Nelle   scuole   secondarie,   invece,   la  distinzione  e'  piu'
 articolata, prevedendosi non solo scuole autorizzate, ma anche scuole
 legalmente  riconosciute  e   scuole   pareggiate,   che   (entrambe)
 rilasciano  titoli  legalmente  riconosciuti, ma non sono a frequenza
 necessariamente gratuita. Ne deriva che nell'ordinamento non sussiste
 una  connessione  necessaria  tra  gratuita'  e  rilascio  di  titoli
 riconosciuti, esistendo scuole private secondarie a frequenza onerosa
 che rilasciano titoli legalmente riconosciuti.
    Per  le  scuole  elementari, mentre "non sorge alcun problema" con
 riguardo a quelle pubbliche o "a quelle private a sgravio", in quanto
 in esse si ottempera all'obbligo scolastico con  la  mera  frequenza,
 per  le  scuole  private "semplicemente autorizzate" si possono avere
 due evenienze: o anno per anno gli alunni si sottopongono da  esterni
 all'esame,  che  conferisce  loro  il  titolo di studio riconosciuto;
 ovvero non oltre il compimento del quindicesimo anno di  eta'  devono
 sostenere l'esame di licenza della scuola media.
    Cio'  premesso,  nell'ordinanza  si  sostiene  che l'art. 34 della
 Costituzione assicura  l'obbligatorieta'  dell'istruzione  e  il  suo
 effettivo  adempimento,  sollevando  da  ogni  corrispondente onere i
 soggetti  cui  fa  carico  tale  obbligo  e  prescindendo   da   ogni
 considerazione circa il reddito della famiglia.
    Si  sostiene  altresi' che l'art. 33 della Costituzione, impedendo
 il finanziamento pubblico delle scuole private, riguarda la  gestione
 delle  scuole  intese  quali  imprese, e non invece gli utenti finali
 della prestazione e del servizio scolastico.
    Inoltre dai  menzionati  artt.  33  e  34  della  Costituzione  e'
 desumibile  il principio della parita' di trattamento tra scuole pri-
 vate e scuole pubbliche con riferimento alle provvidenze scolastiche,
 sempre prescindendo dal reddito dei beneficiari;  e  detto  principio
 trova,  come si e' detto, attuazione anche nell'art. 42 del d.P.R. n.
 616 del 1977 cit.
    E' altresi' garantito, dall'art. 3 della Costituzione, il  diritto
 dei  genitori  di  scegliere tra scuola pubblica e scuola privata per
 l'assolvimento  dell'obbligo  scolastico.  E  poiche'  la  scelta  di
 iscrizione  alle  scuole  private e' spesso collegata ad esigenze dei
 genitori e degli  alunni  scaturenti  da  carenze  riscontrabili  nei
 servizi  pubblici  e  non  testimonia  necessariamente  un sintomo di
 maggiore  capacita'  economica,   non   sarebbe   giustificabile   la
 discriminazione  di  quei  genitori  nel godimento di una prestazione
 pubblica, qual'e' la fornitura dei libri di testo, volta a facilitare
 l'assolvimento dell'obbligo scolastico.
    Cosi'  la  norma  impugnata  sarebbe in contrasto con il principio
 della  gratuita'  dell'istruzione,  con  quello  della  liberta'   di
 iscrizione  presso  le  scuole  private, con quello della parita' tra
 scuole pubbliche e private ed infine con il principio di  eguaglianza
 per  il  trattamento  differenziato  che la norma creerebbe del tutto
 irragionevolmente.
    4. - E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, sostenendo l'infondatezza della questione.
    In  proposito  ricorda  che  l'ordinamento  contempla  le   scuole
 meramente private, le scuole sussidiate o "a sgravio" (art. 90 T.U. 5
 febbraio  1928, n. 577), oltreche' l'ulteriore categoria delle scuole
 parificate (art. 2 R.D. 20 giugno 1935, n. 1196).
    Le scuole sussidiate, pur aperte da privati, sono istituite  sulla
 base  di  un'autorizzazione  del  Provveditore  agli studi, "dove non
 esiste alcun'altra scuola" e  "sono  mantenute  parzialmente  con  il
 sussidio dello Stato" (art. 90 del T.U. del 1928 cit.).
    Le   scuole  parificate  sono,  invece,  quelle  tenute  da  enti,
 corporazioni ed associazioni e  sono  riconosciute  ad  ogni  effetto
 legale  mediante  apposita  convenzione  di  parifica, che stabilisce
 anche il contributo dello Stato.
    La disposizione impugnata,  nel  delineato  quadro  ordinamentale,
 rende evidente l'intento da parte dello Stato di coprire, con proprio
 contributo  finanziario  diretto  od  indiretto,  tutta  l'area della
 domanda formativa attinente all'istruzione  obbligatoria  elementare,
 in  cui le scuole sussidiate e parificate sono abilitate a rilasciare
 titoli di studio riconosciuti dallo Stato.
    Cio' premesso, non sembrano sussistere i paventati contrasti con i
 parametri costituzionali invocati nell'ordinanza  di  rimessione.  Ed
 infatti  l'art. 33, quarto comma, della Costituzione, nel prescrivere
 che agli alunni delle scuole non statali debba essere  assicurato  un
 trattamento  scolastico  equipollente  a  quello  degli  alunni delle
 scuole statali, limita il riferimento alle "scuole  non  statali  che
 chiedono  la  parita'"  e la ottengono, poiche' solo queste ultime, e
 non  anche  le  scuole  meramente  private,  devono  sottostare  agli
 obblighi  propri  degli  istituti  statali, come quelli concernenti i
 requisiti delle aule, la composizione delle classi, la qualificazione
 degli insegnanti. E' pertanto consequenziale che tali scuole  abbiano
 parita'  di  diritti rispetto alle scuole statali per quanto riguarda
 il rilascio dei titoli  di  studio  e  le  provvidenze  di  carattere
 economico  e  che i loro alunni godano di un trattamento equipollente
 rispetto agli alunni delle scuole statali: cosi', appunto, in  ordine
 alla  provvista  dei  libri  di  testo  per  gli  alunni della scuola
 elementare.
    Per quanto, poi, concerne il richiamo all'art. 34, secondo  comma,
 della  Costituzione,  e'  di  tutta  evidenza  che il principio della
 gratuita' dell'istruzione inferiore e' stabilito con riferimento alla
 frequenza delle scuole statali e di quelle  che  abbiano  chiesto  ed
 ottenuto  la  parita',  le scuole, cioe', il cui onere di gestione e'
 assunto dallo Stato. Diversamente, gli alunni delle scuole  meramente
 private dovrebbero avere titolo, non soltanto alla provvista gratuita
 dei libri di testo, come prospettato dal giudice rimettente, ma anche
 ad  essere esentati dal pagamento delle tasse di frequenza; il che e'
 fuori da ogni ragionevolezza.
    Non  si  puo', inoltre, non rilevare sempre ad avviso della difesa
 dello Stato, che gli alunni che frequentano scuole meramente  private
 si  trovano  in  una  situazione  diversa (rispetto agli alunni delle
 scuole statali e di quelle private "paritarie") per libera scelta  di
 coloro  che  li rappresentano, e che appunto tale situazione diversa,
 che  oltretutto  e'  indice  di  una  maggiore  capacita'  economica,
 giustifica  il differente trattamento stabilito dalla norma impugnata
 in ordine alla provvista gratuita dei libri.
    Quanto, poi, al principio del  pari  trattamento  tra  le  diverse
 scuole,  invocato nell'ordinanza di rimessione, si osserva che, se e'
 vero che non e' finora intervenuta una legge organica che  disciplini
 l'istituto  della  parita', fissando diritti ed obblighi delle scuole
 che se ne avvalgano, e' peraltro incontestato  che,  in  mancanza  di
 essa, le regole della parita' sono quelle che attualmente definiscono
 gli  istituti  della  sussidiarieta'  e  della parifica per le scuole
 elementari e gli istituti  del  pareggiamento  e  del  riconoscimento
 legale  per  la  scuola  secondaria,  e  che  soltanto nell'ambito di
 applicazione  dei  suddetti   istituti   possono   emergere   realta'
 giuridicamente  rilevabili,  cui  sia  possibile riferire anche altri
 interventi pubblici  che,  come  quelli  dell'assistenza  scolastica,
 integrano l'intervento statale.
                        Considerato in diritto
    1.  -  E' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 1, primo comma, della legge 10  agosto  1964  n.  719  (poi
 trasfuso, con qualche modifica, nell'art. 156, primo comma, del testo
 unico   delle   disposizioni   legislative   vigenti  in  materia  di
 istruzione, relative alle scuole di ogni ordine  e  grado,  approvato
 con  decreto legislativo 16 aprile 1994 n. 297) che, nel prevedere la
 fornitura gratuita dei  libri  di  testo  agli  alunni  delle  scuole
 elementari,  l'ha  limitata  agli  allievi  delle scuole statali e di
 quelle autorizzate a rilasciare titoli di studio  riconosciuti  dallo
 Stato.
    Secondo  l'ordinanza di rimessione l'esclusione degli alunni delle
 scuole non abilitate a rilasciare detti titoli violerebbe  gli  artt.
 3,  33  e  34  della  Costituzione,  perche'  gli  esclusi verrebbero
 ingiustamente discriminati nel godimento di una prestazione  pubblica
 (art.  3  della  Costituzione),  volta  a  facilitare  l'assolvimento
 dell'obbligo scolastico, senza essere legata a condizioni di  reddito
 e  diretta  a  sollevare  da ogni onere i soggetti cui fa carico tale
 obbligo, tenendo conto del principio di parita'  di  trattamento  tra
 scuole  pubbliche  e  scuole  private,  anche  con  riferimento  alle
 provvidenze scolastiche, e garantendo  cosi'  il  diritto  di  scelta
 alternativa fra dette scuole (artt. 33 e 34 della Costituzione).
    2.  - Preliminarmente e' utile precisare che la disciplina oggetto
 della legge statale impugnata rientra in una  materia,  quale  quella
 dell'assistenza   scolastica,   trasferita  alle  regioni  e  percio'
 contemplata dall'art. 42  del  d.P.R.  24  luglio  1977  n.  616  che
 espressamente  vi  ricomprende  "l'erogazione  gratuita  dei libri di
 testo agli alunni delle scuole  elementari".  Una  disciplina  dunque
 che,  essendo  destinata  a  cessare  con  l'emanazione  delle  leggi
 regionali, come gia' avvenuto in molte regioni,  continua  ad  essere
 vigente  sia  nelle  regioni  ordinarie  che  nelle regioni a statuto
 speciale (sent. n. 214 del 1985) - come nel caso di quella siciliana,
 cui si riferisce il giudizio a quo e che e' titolare nella materia di
 competenza  legislativa  esclusiva  (art.  14, lett. r, dello Statuto
 speciale di autonomia) - fino a quando esse  non  abbiano  provveduto
 con proprie leggi.
    3. - Va ancora preliminarmente ricordato che la Corte ebbe gia' ad
 occuparsi  di  provvidenze  scolastiche,  del tipo di quella invocata
 nell'ordinanza di rimessione,  nonche'  di  adempimento  dell'obbligo
 scolastico nelle diverse strutture poste a disposizione degli utenti.
    Ma  nessuna  delle  decisioni  che  furono  adottate  puo'  essere
 utilmente invocata per  la  soluzione  della  presente  questione  di
 legittimita'  costituzionale,  perche'  o  si  trattava della diversa
 questione della omessa estensione della fornitura gratuita dei  libri
 di  testo  agli alunni della scuola media (sent. n. 7 del 1967), e in
 quella occasione si preciso' che  non  poteva  ritenersi  violato  il
 principio di eguaglianza, da considerarsi "unicamente in relazione al
 significato,  al  contenuto  ed ai limiti della norma sulla gratuita'
 (art. 34, secondo comma, della Costituzione) della istruzione"; o  si
 trattava del trasporto gratuito degli alunni, assicurato da una legge
 della  regione Sicilia soltanto per consentire loro di frequentare le
 scuole elementari  statali  o  autorizzate  al  rilascio  dei  titoli
 legali,  ovverosia  di  una provvidenza per sua natura collegata alla
 scuola piu' che riferita al singolo alunno (sent. n. 36 del 1982);  o
 si  trattava delle sanzioni previste per gli inadempienti all'obbligo
 scolastico, rispetto alle quali diveniva rilevante  il  rapporto  tra
 obbligatorieta'  e  gratuita' dell'istruzione (sent. n. 106 del 1968)
 ovvero si giustificava il trattamento differenziato previsto per  gli
 alunni  ciechi,  destinati ad apposite scuole speciali, rispetto agli
 alunni vedenti (sent. n. 125 del 1975).
    In tutti questi casi le questioni vennero proposte in  riferimento
 a  parametri  o  profili  diversi  da  quello  che sara' esaminato in
 prosieguo, attenendo, per come prospettate, a situazioni  riguardanti
 le  diverse scuole e non invece, come si vedra' di seguito, i singoli
 alunni delle medesime.
    4. - La questione,  sollevata  in  riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione, e' fondata.
    La  fornitura  dei  libri  di  testo delle scuole elementari, come
 risulta testualmente dalla disposizione impugnata, e' una provvidenza
 destinata direttamente agli alunni e quindi, come osserva il  giudice
 rimettente,  e'  considerata  dal  legislatore ordinario strettamente
 connessa all'assolvimento  dell'obbligo  scolastico,  senza  peraltro
 alcun riferimento alla capacita' economica dello studente.
    Tale   obbligo,   secondo   la   legislazione   vigente  all'epoca
 dell'ordinanza  di  rinvio,  era  legalmente  assolto,  relativamente
 all'istruzione   elementare,   non   solo   "frequentando  le  scuole
 elementari classificate, non classificate, o  sussidiate"  (art.  172
 del  r.d.  5  febbraio  1928  n.  177,  testo  unico  dell'istruzione
 elementare)  ovvero,  in   base   alla   legislazione   sopravvenuta,
 "frequentando  le scuole .. statali e le scuole non statali abilitate
 al rilascio di titoli di studio riconosciuti dallo Stato"  (ora  art.
 111,  comma  1,  del decreto legislativo 16 aprile n. 297, recante il
 testo unico delle disposizioni  legislative  vigenti  in  materia  di
 istruzione,  relative  alle scuole di ogni ordine e grado), ma anche,
 osservate certe condizioni, mediante l'istruzione privata  o  paterna
 (art. 174 del testo unico n. 177 del 1928 cit. ed ora art. 111, comma
 2, del testo unico n. 297 del 1994 cit.).
    Nel caso di iscrizione nelle scuole pubbliche, o in quelle private
 ad  esse  equiparate,  era  richiesta,  al  fine  del proscioglimento
 dall'obbligo, la frequenza della scuola fino al quattordicesimo anno.
 Per coloro che, invece, non seguivano tale forma di istruzione  erano
 stabiliti  particolari  adempimenti.  A  tal fine l'art. 174 cit. del
 testo unico n. 177 del 1928 prescriveva che chi intendesse  assolvere
 all'obbligo   scolastico,  avvalendosi  di  questo  secondo  tipo  di
 istruzione - che comprende anche l'iscrizione a  scuole  private  non
 abilitate al rilascio del titolo legale, ma autorizzate ed egualmente
 "destinate a fanciulli in eta' dell'obbligo scolastico" (art. 237 del
 T.U.  cit.), con insegnanti forniti di titolo e programmi ed orari di
 massima conformi a quelli  delle  scuole  pubbliche  -  doveva  darne
 comunicazione    all'autorita'    competente   all'inizio   dell'anno
 scolastico  e,   se   vi   provvedesse   direttamente,   fornire   la
 documentazione   della   propria   capacita'  tecnica  ed  economica.
 L'alunno, istruito privatamente, doveva poi, al quattordicesimo  anno
 di  eta',  sostenere l'esame di licenza media e, solo se dopo quattro
 sessioni non fosse riuscito ad ottenere la  licenza,  era  prosciolto
 dall'obbligo.
    Parimenti,  con  qualche modifica, e' ora previsto dalla normativa
 sopravvenuta all'ordinanza di rinvio che i  genitori,  che  intendono
 provvedere privatamente o direttamente all'obbligo scolastico, devono
 dimostrare  di  averne  la  capacita'  tecnica  ed  economica e darne
 comunicazione ogni anno alla competente autorita' (art. 111, comma 2,
 del nuovo testo unico del  1994)  e  che  adempie  al  detto  obbligo
 l'alunno  che  consegue  il diploma di licenza di scuola media ovvero
 che, al compimento del quindicesimo anno di eta',  dimostra  di  aver
 osservato per almeno otto anni le norme sull'obbligo scolastico.
    5.  -  Da quanto precede risulta, dunque, che l'obbligo scolastico
 puo' essere adempiuto in modi diversi dalla  frequenza  delle  scuole
 pubbliche o di quelle private abilitate a rilasciare titoli di studio
 aventi  valore legale. E' percio' ingiustificatamente discriminatoria
 l'esclusione, di chi l'assolva in uno dei modi diversi da  tale  tipo
 di  frequenza,  da  una  provvidenza destinata non alle scuole bensi'
 direttamente agli  alunni  e  quindi  in  connessione  con  l'obbligo
 scolastico,   il   cui   adempimento,   come  si  e'  visto,  non  e'
 necessariamente legato alla frequenza solo delle scuole  pubbliche  o
 di  quelle  autorizzate  a  rilasciare titoli di studio aventi valore
 legale.
    Il fatto che si sia in presenza di una prestazione pubblica avente
 come destinatari diretti gli alunni, e non le scuole, impedisce anche
 di giustificare, come ritiene invece  l'Avvocatura  dello  Stato,  la
 denunciata  esclusione  sulla base del terzo comma dell'art. 33 della
 Costituzione che, nel sancire il diritto degli enti e dei privati  di
 istituire  scuole  e  istituti  di  educazione,  esclude oneri per lo
 Stato. Una volta che il legislatore ordinario,  coerentemente  con  i
 principi  propri dell'assistenza scolastica, ha previsto di destinare
 la fornitura gratuita dei libri di testo direttamente agli  alunni  -
 sempre che, ovviamente, il testo prescelto rientrasse, all'epoca, tra
 quelli  approvati  dal  ministero  della pubblica istruzione ai sensi
 dell'art. 6 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello  Stato
 16  ottobre 1947 n. 1497, ovvero non ne sia ora vietata l'adozione ai
 sensi dell'art. 155 del testo unico del 1994 e nei limiti del  prezzo
 di  copertina  stabiliti  dall'art. 153 del medesimo testo unico - il
 comprendervi anche quelli che frequentino  scuole  meramente  private
 non  equivale  alla  assunzione  di  un onere da parte dello Stato in
 favore di dette scuole.
    Ne', come suggerito ancora dall'Avvocatura generale  dello  Stato,
 la  giustificazione  del  differente  trattamento potrebbe rinvenirsi
 nella diversita' della situazione degli alunni delle scuole statali e
 di quelle private "paritarie", rispetto a quella degli  alunni  delle
 scuole   meramente  private,  nell'assunto  che,  come  si  sostiene,
 quest'ultima  situazione  "oltretutto  e'  indice  di  una   maggiore
 capacita'  economica".  Che questo profilo sia irrilevante nella spe-
 cie,  deriva  dalla  considerazione  che  la  disposizione  impugnata
 prescinde,  allo  stato, da ogni riferimento alla capacita' economica
 dei destinatari della provvidenza.  Di  conseguenza,  anche  a  voler
 ammettere,  in  via  di  pura ipotesi, che l'iscrizione presso scuole
 meramente  private,  diverse  da  quelle  -  altrettanto  private  ed
 anch'esse  onerose  per gli utenti - abilitate a rilasciare titoli di
 studio aventi valore legale (agli alunni delle quali la  disposizione
 impugnata  pur  riconosce,  come  agli alunni di quelle pubbliche, il
 diritto alla prestazione) costituisca di per se' indice  di  maggiore
 capacita'  economica,  questa non potrebbe giustificare la diversita'
 di  trattamento,  perche'   tale   condizione   non   e'   presa   in
 considerazione dalla legge.
    6.  - Restano assorbite le questioni sollevate in riferimento agli
 artt. 33 e 34 della Costituzione.
    7. - La dichiarazione di illegittimita' costituzionale va  estesa,
 ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, all'art. 156,
 comma  1,  del  testo  unico  del  1994  n.  297,  nel quale e' stato
 trasfuso,  con  lievi  modifiche,  il  contenuto  della  disposizione
 impugnata.