LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinaria nel giudizio di responsabilita' promosso dal Procurtore generale nei confronti dei signori Contestabile Fausto, Bertora Gerolamo, Marturo Ferruccio, Fresia Giacomo e per Bertora Lorenzo, l'erede Bertora Rosanna; Uditi alla pubblica udienza del 14 gennaio 1994 il relatore consigliere dott. Giorgio Capone, i difensori avv. Guido Romanelli e avv. Francesco Ramo' nonche' il pubblico ministero nella persona del vice procuratore generale dott. Umberto Atelli; Esaminati gli atti e documenti di causa; Premesso che con atto di citazione del 15 maggio 1993 il procuratore generale della Corte dei conti ha chiamato in giudizio i sopraindicati amministratori del comune di Pornassio (Imperia) partecipi alle delibere di giunta del 4 aprile 1992 (la n. 113 e 114) relative alla liquidazione delle spese sostenute dall'amministrazione del predetto comune per controversie insorte con alcuni proprietari terrieri e censurate dal Comitato regionale di controllo, per ivi sentirli condannare al pagamento di L. 11.036.308 oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio; Premesso che il procuratore generale, preso atto dell'avvenuto decesso (2 settembre 1990) del convenuto Bertora Lorenzo, ha avanzato forti dubbi sulla legitimatio ad causam della convenuta erede Bertora Rosanna in virtu' del disposto di cui all'art. 58, ultima parte, del quarto comma, della legge 8 giugno 1990, n. 142 che stabilisce intrasmissibilita' agli eredi della responsabilita' degli amministratori degli enti locali; che conclusivamente il procuratore generale ha mostrato di condividere la rilevanza e la fondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'anzidetta norma, in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione cosi' come gia' formulata nell'ordinanza di questa sezione n. 2/94 depositata il 10 gennaio 1994; che, diversamente opinando, la difesa di parte ha denunciato la superfluita' di una pronuncia del giudice costituzionale sull'argomento, tenuto conto della chiarezza della portata della norma in questione ed ha invocato l'applicazione di detta normativa e, di conseguenza, l'estromissione di Bertora Rosanna; Considerato, in punto di rilevanza, ed in perfetta aderenza con quanto prospettato da questa stessa sezione con la cennata ordinanza 2/94 del 10 gennaio 1994, che la vigenza dell'art. 58, quarto comma, della legge n. 142/1990 porterebbe sostanzialmente ad una rinuncia obbligata alla pretesa erariale nei confronti di una delle parti in giudizio, divenendo questa priva di legitimatio passiva ad causam; che l'anzidetta rinuncia e' venuta successivamente a trovare progressiva allocazione nell'ordinamento giuridico per l'estensione della norma denunciata, operata con d.-l. 27 agosto 1993, n. 324, convertito con modificazioni, nella legge 27 ottobre 1993, n. 423, e con il d.-l. 15 novembre 1993, n. 453, convertito, all'atto della presente ordinanza, nella legge 14 gennaio 1994, n. 20, anche a favore dei dipendenti delle unita' sanitarie locali, dei disciolti enti ospedalieri, delle regioni e poi, infine, nei confronti degli altri pubblici dipendenti, con grave aggressione al quadro normativo esistente in ordine all'azionabilita' della pubblica pretesa erariale; Considerato, inoltre, in punto di non manifesta infondatezza, che appare necessaria una pronuncia da parte del supremo organo costituzionale sui seguenti profili di sospetta incostituzionalita' dell'art. 58 cennato e della normativa successiva: a) per violazione dell'art. 3 della Costituzione: per disparita' di trattamento fra eredi di amministratori e dipendenti pubblici e quelli privati, tenuti questi ultimi ai sensi dell'art. 752 e 754 del codice civile a soddisfare i debiti del de cuius, anche con il proprio patrimonio, a meno che non abbiano accettato l'eredita' con "beneficio d'inventario"; per disparita' di trattamento fra i creditori degli amministratori e dipendenti pubblici e altri creditori, in quanto i secondi e non anche i primi vedrebbero la possibilita' di soddisfare le proprie pretese creditorie sui beni del defunto debitore, trasmessi iure successionis; b) per violazione dell'art. 97 della Costituzione e, quindi, dei canoni di imparzialita' e di "buon andamento", per aver stabilito, con la normativa de qua, un ingiustificato esonero da responsabilita' con danno per l'erario provocando un'indubbia incoerenza nell'assetto organizzativo dello Stato-persona, a scapito dei precetti di razionalita' ed efficienza che dovrebbero tenerlo unito. Non e' invero comprensibile ne' razionale che il legislatore abbia affidato allo Stato in alcuni settori, in specie quello fiscale, un potere di supremazia, atto a far valere nei confronti dell'erede del debitore tributario le proprie pretese (cf. art. 65 del d.P.R. n. 600 del 1973), (cd. favor fisci), mentre in altro settore, come quello disciplinato con la normativa de qua abbia compresso notevolmente l'azionabilita' delle pretese risarcitorie dell'erario derivanti da illecito contabile, limitandole alle sole ipotesi di illecito arricchimento del dante causa; c) per violazione dell'art. 24 della Costituzione: per aver il legislatore, con la normativa denunciata, prodotto un sostanziale sacrificio al diritto di difesa giudiziale delle ragioni dello Stato- persona, atteso il carattere risarcitorio e patrimoniale delle responsabilita' amministrative; il beneficio introdotto in favore dei dipendenti ed amministratori pubblici viene a sottrarre, infatti, al titolare di essa, cioe' al procuratore generale della Corte dei conti, un potere di agire giudialmente che l'anzidetto articolo della Carta costituzionale assegna ad ogni soggetto dell'ordinamento giuridico, senza limitazioni.