LA CORTE DEI CONTI Ha emesso la seguente ordinanza n. 475/94/ord.; Vista l'istanza del 3 maggio 1994, depositata il 3 maggio 1994 con la quale la procura regionale ha chiesto al signor presidente di questa sezione il sequestro conservativo dei seguenti beni intestati al sig. Palillo Giovanni: autoveicolo Lancia Thema serie 162B4A targata AG 369382, per un valore di lire 17.500.000; Immobili: 1) appezzamento di terreno agricolo sito in agro di Siculiana, localita' Salsa Garebici, esteso Ha 1.88.90, in catasto alla particella 148, valore L. 10.000.000; 2) appartamento di civile abitazione sito in Agrigento c/da Pisciotto Madonna delle Rocche, di circa mq 109, distinto al foglio di mappa n. 118, particella 98, valore L. 80.000.000; 3) la meta' indivisa di un vano al piano terra avente la superficie di mq 37, sito in Agrigento nella via Madonne delle Rocche nn. 9 e 11, facente parte dell'edificio 2, compreso nella particella 352/1 del foglio di mappa 118 del N.C.E.U. di Agrigento in catasto alla 18708, valore L. 30.000.000; stipendi, gettoni, indennita' e quant'altro comunque denominato dovuto a titolo continuativo, periodico ed una tantum da parte dell'Assemblea regionale siciliana sino alla concorrenza di L. 2.200.000.000, per l'intero ed in subordine negli eventuali ritenuti limiti di legge. Il sequestro e' stato chiesto fino alla concorrenza di L. 2.200.000.000. Il presidente di questa sezione ha autorizzato il sequestro come richiesto, escludendo le somme eventualmente dovute dalla Assemblea regionale ed indicate come stipendi, gettoni e indennita': cio' nella duplice considerazione che tale credito del sig. Palillo non era stato quantificato e che lo stesso non e' sequestrabile; il signor presidente ha fissato l'udienza del 7 luglio 1994 per la comparizione delle parti ai sensi dell'art. 5 della legge n. 19 del 1994. Il sig. Palillo si e' costituito a mezzo dell'avv. Francesco Tinaglia che lo rappresenta e difende, per opporsi alla conferma del provvedimento ritenendo che il sequestro non sia sorretto dai presupposti giuridici necessari sia con riferimento all'indizio di buon diritto sia con riferimento al pericolo nel ritardo. All'udienza pubblica, preliminarmente, il p.m. ha eccepito l'incompetenza di questa sezione al riesame del decreto presidenziale che autorizza il sequestro, assumendo in proposito che l'art. 5 del d.-l. n. 359/1993, dove stabilisce che il presidente della sezione giurisdizionale provvede sulla domanda con decreto motivato e fissa l'udienza di comparizione delle parti dinanzi al giudice designato, introduce e crea, nel giudizio dinanzi alla Corte dei conti, una figura di giudice monocratico per il riesame del provvedimento. Cio' troverebbe una conferma nella considerazione che il legislatore non ha mai usato le parole "giudice designato" nelle disposizioni riguardanti le sezioni giurisdizionali della Corte dei conti. Pertanto, posto che per giudice designato non puo' intendersi questa sezione, dovrebbe ritenersi che tale dizione si riferisca allo stesso presidente, il quale ha emanato il decreto "inaudita altera pate" e che dovrebbe riesaminarne il contenuto dopo l'udienza di audizione delle parti; questa assumerebbe, come previsto nel novellato codice di procedura civile, la funzione di udienza di integrazione del contraddittorio. Secondo la tesi del procuratore regionale, questa sezione potrebbe essere chiamata a decidere solo in sede di reclamo del provvedimento di riesame, previsto e disciplinato nell'art. 669-terdicies del c.p.c. Il procuratore generale, proseguendo la requisitoria, ha chiesto che venga sollevata questione di costituzionalita' ritenendo illegittima la l.r. n. 44 del 30 dicembre 1965 nella parte in cui estende ai deputati regionali la "insequestrabilita'" delle indennita' e delle diarie loro dovute o corrisposte; il procuratore regionale ha oralmente esposto i motivi ed ha poi depositato in udienza una apposita memoria. L'avv. Tinaglia ha chiesto termine per controdedurre. Il presidente accogliendo la richiesta del convenuto ha rinviato la prosecuzione della discussione alla udienza del giorno 4 ottobre 1994. L'avv. Tinaglia, con memoria depositata il 23 settembre 1994, a chiesto che venga dichiarata la manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' proposta dal procuratore regionale. Il p.m. in data 8 settembre 1994 ha depositato una memoria nella quale chiede che la sezione dichiari la propria incompetenza a decidere in fase di conferma: cio' in conformita' alla decisione delle sezioni riunite n. 6/qm del 1994 ritenendola vincolante salva l'ulteriore remissione della questione. Nella pubblica udienza del 4 ottobre 1994 l'avv. Tinaglia per il convenuto, ha preliminarmente esposto il proprio convincimento ritenendo che la figura del giudice monocratico chiamato per l'adozione, previa l'audizione delle parti, del provvedimento relativo al sequestro non trovi collocazione sistematica nell'ambito dello speciale ordinamento della Corte dei conti: ha pero' dichiarato la mancanza di interesse rispetto ad un eventuale diverso indirizzo della Corte; ha poi insistito per la revoca del provvedimento di autorizzazione del sequestro non ritenendo che sussistono i presupposti di pericolo per la garanzia patrimoniale della azione di condanna proposta dal procuratore regionale. In ogni caso deve essere disattesa la eccezione di incostituzionalita' sollevata dal p.m. poiche' la insequestrabilita' delle indennita' parlamentari dei deputati regionali risponde ad una esigenza di garanzia della funzione legislativa dagli stessi, quali componenti della Assemblea, esercitata. Il p.m. ha replicato insistendo su tutte le richieste. In particolare: a) per quanto attiene la competenza della Sezione ad emettere il provvedimento di cui al quarto comma dell'art. 5 della legge n. 19 del 1994: trattandosi di una questione procedurale e non sostanziale la eventuale divergenza dall'indirizzo espresso dalle sezioni riunite si porrebbe in contrasto con il principio costituzionale della unita' nazionale; in conseguenza gia' in questa sede il collegio potrebbe disporre che il relatore proceda alla audizione delle parti; b) per quanto attiene la questione di costituzionalita'; tra i parlamentari regionali e quelli nazionali esiste solo analogia di funzioni che non significa identita' di stato. D I R I T T O La sezione e' chiamata, previa l'audizione delle parti, all'esame del provvedimento con il quale il presidente di questa sezione ha disposto l'autorizzazione al sequestro, nei confronti del sig. Palillo, dei beni indicati nella premessa in fatto ed ha negato l'autorizzazione per il sequestro delle indennita' comunque denomi- nate e dovute al sig. Palillo quale deputato alla Assemblea regionale siciliana. Preliminarmente, occorre procedere all'esame dell'eccezione di incompetenza di questa sezione sollevata dal procuratore regionale. Osserva il collegio che l'art. 5, secondo, terzo, quarto e quinto comma del d.-l. 14 settembre 1993, n. 359, disciplina compiutamente il procedimento di concessione del sequestro conservativo. In particolare, sia che il sequestro venga chiesto anteriormente alla causa di merito sia che venga chiesto in corso di causa, l'istanza del procuratore regionale deve essere rivolta al presidente della sezione competente a conoscere del merito, il quale provvedera' sempre con decreto motivato, cioe' "inaudita altera parte", procedendo contestualmente a fissare l'udienza di comparizione delle parti dinanzi al giudice designato. In tale udienza, il giudice con ordinanza confermera', modifichera' o revochera' i provvedimenti emanati con il decreto. Del tutto diversa appare la disciplina giuridica contenuta nel nuovo codice di procedura civile, dove sull'istanza e' sempre competente a decidere il giudice istruttore o il pretore, il quale, ordinariamente, sentite le parti, provvede con ordinanza all'accoglimento o al rigetto della domanda. Solo nell'ipotesi di gravissimi motivi di urgenza provvede con decreto, fissando contestualmente l'udienza di comparizione delle parti dinanzi a se', ai fini dell'integrazione del contraddittorio. A tale udienza lo stesso, giudice con ordinanza, conferma, modifica o revoca i provvedimenti emanati con decreto. L'art. 669-terdecies, poi, prevede che, contro l'ordinanza con la quale si sia provveduto su un provvedimento cautelare, sia proposto reclamo al collegio, del quale non puo' fare parte il giudice che ha emesso il provvedimento reclamato. Il reclamo assolve, quindi, alla funzione di una vera e propria impugnazione del provvedimento cautelare emanato dal giudice monocratico del processo civile, dovendo il collegio riesaminare tutti gli elementi gia' a conoscenza del primo giudice che, dopo avere sentito le parti, ha provveduto in senso negativo o positivo sulla istanza. Da quanto sin qui esposto, emerge chiaramente che non puo' trovare applicazione nel procedimento di sequestro dinanzi a questo giudice, la disciplina giuridica dettata in materia dal codice di procedura civile, le cui norme, in linea generale, ai sensi dell'art. 26 del regolamento di procedura per i giudizi dinanzi alla Corte dei conti, devono essere osservate nel processo contabile in quanto applicabili e compatibili con le disposizioni speciali. Da una parte, infatti, come gia' rilevato, il procedimento per la concessione del sequestro conservativo trova compiutamente la propria disciplina nelle citate norme contenute nell'art. 5 del decreto- legge, dall'altra, le disposizioni del nuovo c.p.c., risultano incompatibili con quelle dettate espressamente per i giudizi dinanzi alla Corte dei conti, ove si considerino le differenze circa l'organo competente a concedere il provvedimento (giudice istruttore e presidente della Corte) e circa la natura giuridica del provvedimento da adottare (ordinanza e decreto). Cio' posto, al fine di accertare se sussista o meno la competenza di questa sezione al riesame del decreto di sequestro emanato dal presidente, occorre procedere esclusivamente all'interpretazione della normativa speciale dettata nel citato art. 5. Come e' noto, tra i canoni ermeneutici individuati dalla dottrina il primo da adottare e' quello letterale: solo allorquando, dopo la lettura della norma, il significato permanga oscuro, e' possibile fare ricorso a criteri diversi. Il caso in ispecie, configura l'ipotesi del sequestro anteriore alla causa, dato che si e' provveduto sulla richiesta prima della notificazione dell'atto di citazione: la norma dispone che il presidente della sezione giurisdizionale regionale provvede sull'istanza con decreto motivato e procede contestualmente a fissare l'udienza di comparizione delle parti dinanzi al giudice designato, entro un termine non superiore a quarantacinque giorni. Anzitutto, occorre precisare che per "giudice" non deve necessariamente intendersi "giudice monocratico", come affermato dal procuratore generale, fuorviato forse dall'utilizzo del singolare da parte del legislatore, ma semplicemente "organo giudicante" la cui composizione monocratica o collegiale discende dalle norme concernenti la sua costituzione. Peraltro, non e' ipotizzabile che attraverso una dizione cosi' generica si sia voluto innovare a tal punto il processo dinanzi alla Corte dei conti, da creare un nuovo organo giudicante, a composizione monocratica, senza specificarne le modalita' di scelta e, principalmente, le competenze ed i rapporti rispetto alla sezione giudicante. Non puo' neppure ritenersi che per "giudice designato" il legislatore abbia voluto riferirsi allo stesso presidente, che, quando gli e' attribuita una specifica competenza, viene espressamente indicato con tale qualifica. Potrebbe aggiungersi che, qualora il "giudice" dinanzi al quale le parti sono chiamate a comparire fosse il presidente, la norma avrebbe avuto una formulazione piu' coerente e generalmente ricorrente prev- edendo la fissazione dell'udienza "dinanzi a se'", dizione che viene sempre usata nelle norme procedurali; l'espressione "giudice designato", dimostra al contrario l'intento di indicare un organo giudicante diverso da quello che emette il provvedimento di comparizione. In definitiva, quindi, il giudice competente a provvedere alla conferma, modifica o revoca del provvedimento cautelare, dopo avere sentito le parti, non puo' essere altro che la sezione giurisdizionale, unico organo giudicante nel giudizio di responsabilita' amministrativa, giudice designato per la causa di merito in ragione della sua competenza territoriale e per individuazione del presidente, nell'ipotesi di piu' sezioni giurisdizionali o di sezione costituita da piu' collegi. Per quanto riguarda poi la preoccupazione del procuratore regionale che una tale interpretazione possa "vanificare lo spirito della riforma del codice di rito, impegnando la solennita' del giudizio collegiale allorquando il provvedimento non ha acquistato quella stabilita' che gli deriva dall'integrazione del contraddittorio", v'e' da osservare che la stessa appare infondata: in disparte la considerazione che, al momento in cui la sezione e' chiamata a confermare, modificare o revocare il provvedimento presidenziale, il contraddittorio si e' ormai instaurato a seguito dell'avvenuta notificazione della domanda e del decreto al sequestrando, si ritiene, infatti, che l'intestazione della competenza di "giudice del riesame" ad un organo collegiale non costituisca caratteristica esclusiva del procedimento cautelare innanzi alla Corte dei conti, ma sia tipica di altri giudizi quali, ad esempio, le cause di merito di competenza delle sezioni specializzate agrarie o del collegio del tribunale (su rinvio dalla Cassazione o nella revocazione). Del pari infondate si appalesano le perplessita' espresse dal procuratore regionale circa il carattere definitivo che, a seguito della pronuncia della sezione, viene ad assumere il provvedimento cautelare concessivo a causa dell'inapplicabilita', in virtu' delle considerazioni gia' espresse, dell'art. 669-terdecies del nuovo codice di procedura civile al processo dinanzi alla Corte dei conti; l'ordinanza di concessione della misura cautelare, infatti, non e' suscettibile di reclamo, ma tale circostanza risulta coerente col sistema e comunque rispettosa del diritto di difesa, tenuto conto che il controllo del provvedimento da parte di un giudice diverso da quello che ha emanato il provvedimento stesso risulta gia' attuato nella fase del riesame da parte della sezione e, per di piu', con carattere di necessarieta', anziche' essere meramente eventuale come nel codice di rito civile. Una diversa ricostruzione del procedimento hanno configurato le sezioni riunite con decisione n. 6/qm del 6 luglio 1994 ritenendo "che il giudice designato di cui al comma terzo, lett. A), dell'art. 5 del d.-l. n. 453/1993 deve essere il giudice singolo" con cio' intendendo un magistrato della sezione designato dal presidente: "e cio' sia per ragioni testuali essendo l'inciso inutile ove si dovesse comparire innanzi al collegio sia soprattutto perche' nel sistema processuale deve essere consentito in concreto da parte di un giudice diverso da quello che ha adottato il provvedimento il controllo sugli errores in procedendo e in iudicando eventualmente commessi dal giudice della cautela". Tale controllo e' attuabile solo attraverso il reclamo al collegio e "questo gravame non sarebbe possibile ove per giudice designato si intenda il collegio". Secondo le sezioni riunite una diversa soluzione rispetto a quella dalle stesse prospettata "porrebbe fondati motivi di dubitare della costituzionalita' del sistema adottato in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione". Questa sezione non ravvisa in tali argomenti motivi per discostarsi dal proprio orientamento. Infatti, oltre che i motivi sistematici relativi alla struttura collegiale dell'attivita' giurisdizionale della Corte dei conti e a quanto in precedenza esposto, non sussistono quelle conseguenze di incostituzionalita' del sistema con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Il diritto di difesa trova, infatti, garanzia in termini di parita' rispetto al giudizio civile, nella audizione delle parti e nell'intervento del collegio. Solo la esclusione di tali garanzie, audizione delle parti ed esame collegiale, potrebbe configurare un deteriore trattamento processuale. Tale esame, come prima detto e come qui si sottolinea, non solo non e' escluso, ma anziche' eventuale, a seguito di reclamo, e' reso necessario dall'intervento della sezione, con audizione delle parti, con cio' attuando quel riesame e quel "controllo sugli errores in procedendo e in iudicando eventualmente commessi" in sede di concessione del provvedimento cautelare dal presidente. Ne' dubbi di costituzionalita' del sistema potrebbero sorgere dalla constatazione che verrebbe a mancare il doppio esame: al riguardo bisognerebbe tenere presente la giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale (vedi sent. n. 69 del 1982; sentenza n. 52 del 1984) la quale ha ribadito che non ha vigore costituzionale la garanzia del doppio grado di giurisdizione fuori dell'aria segnata dall'art. 125, secondo comma, della Costituzione; in ogni caso e con maggiore pertinenza deve aggiungersi che il reclamo al collegio non instaurerebbe un giudizio di secondo grado ma e' solo una fase di riesame nell'ambito dello stesso grado del giudizio affidata alla garanzia dell'organo collegiale. Qualora tale garanzia fosse assicurata non dalla esperibilita' del reclamo ma dalla necessaria attivazione del collegio per la conferma, modifica o revoca del decreto del presidente, non potrebbe ravvisarsi alcuna lesione del diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione che, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza costituzionale "puo' variamente atteggiarsi in funzione delle peculiari caratteristiche dei diversi tipi di processo". La sezione, poi, non riconosce quel carattere vincolante "per tutti i giudici di merito" delle pronuncie emesse dalle sezioni riunite ai sensi dell'art. 1, settimo comma, del d.-l. n. 453 del 1993. Tale principio e' assolutamente estraneo al nostro ordinamento giuridico che non attribuisce a nessun precedente giurisprudenziale, da qualunque organo promani, efficacia vincolante per i giudizi futuri tranne che sussista un rapporto di pregiudizialita' che gli conferisca efficacia di giudicato. Deve pure aggiungersi che il settimo comma dell'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 19, affida alle singole sezioni il deferimento delle questioni alle sezioni riunite ed e' stato in precedenza ritenuto che "la rimessione della problematica alle ss.rr. non puo' avvenire in maniera automatica, ma deve essere sempre preceduta da una delibazione preliminare da parte del collegio circa l'effettivo verificarsi nella fattispecie di una questione di massima". Cio' premesso la sezione ritiene che l'art. 5 non ponga seri dubbi interpretativi e non condivide quelli espressi nella citata decisione n. 6/qm del 1994; in conseguenza il contrasto si pone in una logica di dialettica evolutiva che non giustifica la rimessione alle ss.rr. Con cio' si intende qui confermare la convinzione che la evoluzione giurisprudenziale proceda attraverso "la autorita' della ragione" e non attraverso una pretesa "ragione della autorita'" per niente compatibile con l'attivita' giurisdizionale con la altrettanto ferma convizione che le eventuali divergenze nella interpretazione di norme procedurali - non diversamente, peraltro, che di quelle sostanziali - non contrastano, ne' minimamente attengono, al principio costituzionale dell'unita' nazionale. L'eccezione di incompetenza di questa sezione viene, pertanto, rigettata non senza precisare che la ripartizione tra il collegio e giudice unico, nei termini prospettati dal p.m., ha carattere interno ed e' estranea alle questioni di competenza in senso tecnico giuridico: queste attengono alla attribuzione della "causa" alla cognizione di diversi giudici secondo criteri di riparto - territorio, materia, valore, connessione, litispendenza -, mentre eventuali questioni relative al riparto interno potrebbero trovare corretto collegamento con gli artt. 158 e 161, primo comma, del c.p.c. Tanto premesso la sezione ritiene che ricorrono gli estremi per confermare nel suo contenuto il decreto con il quale il signor presidente ha autorizzato il sequestro. Le ragioni della domanda risarcitoria proposta dal procuratore regionale devono trovare approfondito esame in sede di giudizio di merito; allo stato e quale presupposto del provvedimento cautelare richiesto, sussistono ragionevoli motivi per ritenere che il sig. Palillo abbia potuto, nell'esercizio delle sue funzioni, determinare un incremento della spesa regionale in contrasto con la normativa vigente e, quindi, abbia recato danno patrimoniale alla regione stessa. L'importo, poi, del ritentuto danno e' tale da giustificare il timore che possa essere messo in pericolo il suo risarcimento trattandosi di una somma di non comune disponibilita'; in concreto, il patrimonio del sequestrando non induce a fare ritenere una sua eccezionale disponibilita' finanziaria. Secondo la legislazione vigente devono restare escluse dallo strumento cautelare le indennita' spettanti al sig. Palillo quale membro della Assemblea regionale, giacche' ai deputati regionali si applicano, in forza della legge regionale n. 44 del 30 dicembre 1965, le disposizioni della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, che dispongono la non sequestrabilita' e la non pignorabilita' della indennita' e della diaria spettante ai deputati. A tale riguardo il procuratore regionale ha sollevato questione di legittimita' costituzionale richiamando la sentenza n. 24 del 1968 con la quale la Corte, al di la' dello specifico aspetto preso in considerazione in quella sede, aveva ritenuto la eccezionalita' di tutte le norme riguardanti i parlamentari nazionali; eccezionalita' giustificata dalla posizione costituzionale del Parlamento, depositario della sovranita' nazionale. Il procuratore regionale ha sottolienato la carenza di potesta' legislativa in materia anche in considerazione delle conseguenze che ne derivano: la insequestrabilita' delle indennita' parlamentari coinvolgerebbe la tutela dei diritti patrimoniali, attienenti, questi, ai rapporti di diritto privato dei singoli cittadini; materia esclusa in senso assoluto dalla competenza legislativa regionale. Infine il procuratore regionale ha richiamato le precedenti sentenze della Corte costituzionale che, anche recentemente, ha sottolineato la natura della Assemblea regionale siciliana, non assimilabile a quella del Parlamento nazionale: mentre questi e' depositario di sovranita', l'Assemblea regionale e' organo di tutela delle autonomie locali: la diversa natura del potere esercitato si riflette sulla diversa disciplina riguardante i rispettivi componenti. La sezione non puo' disconoscere alla questione sollevata un mini- mum di ragionevolezza cosi' come non puo' disconoscere la pertinenza delle opposte considerazioni svolte dalla difesa del sequestrando che ritiene la insequestrabilita' delle indennita' in questione connesse all'esercizio delle funzioni legislative attribuite alla Assemblea regionale siciliana. In sostanza la esenzione della indennita' parlamentare dal "sequestro" potrebbe rientrare, secondo la prospettazione di parte, fra le "prerogative di funzioni": sotto questo profilo, sarebbe diretta a fornire particolari garanzie non all'individuo ma alla struttura della quale egli fa parte: la concessione di tale particolare ed uguale protezione a tutti i suoi componenti, ha la specifica finalita' di evitare il possibile nocumento che potrebbe derivare al funzionamento della struttura stessa ed all'esercizio della funzione attribuita. Con riferimento alla funzione legislativa regionale di grado primario (legislazione esclusiva), la posizione dei deputati siciliani ben puo' essere parificata a quella dei deputati nazionali; sotto tale aspetto sarebbero state per loro previste prerogative di pari contenuto perche' connesse all'esercizio di una funzione legislativa pari ordinata. E' vero che le prerogative risultano tassativamente indicate nella Costituzione e fra queste non figura la insequestrabilita' delle indennita' parlamentari, ma in tale caso i dubbi di costituzionalita' non riguarderebbero solo quelle previste per i parlamentari regionali. Di fatto la legge n. 1261 del 31 ottobre 1965 e' stata emanata al dichiarato scopo di "garantire il libero svolgimento del mandato" parlamentare nel cui ambito non sarebbe corretto operare delle distinzioni concorrendo tutte a costituire il complesso degli obblighi di funzione. Che attraverso iniziative di sequestro si possa operare o, comunque, determinare una alterazione del comportamento parlamentare e' chiaramente dimostrato dalla istanza stessa del procuratore regionale ove esprime la opportunita' di "chiedere l'adozione di idonee misure patrimoniali cautelari" nei confronti del deputato sig. Palillo "per il fondato timore della sua non estraneita', in quanto suo componente, alle determinazioni assunte dall'Assemblea regionale siciliana con l'approvazione dell'art. 4 del disegno di legge n. 650, finalizzato alla sanatoria dell'illegittimita' contestata". Prescindendo dalla possibilita' che proprio la misura cautelare possa spingere il sig. Palillo ad un piu' determinato impegno per l'approvazione di un provvedimento legislativo di sanatoria, e' comunque da ritenere che il sequestro delle indennita' possa sviare o, almeno, colorare di interesse personale la sua partecipazione al procedimento di formazione legislativa. Pur sussistendo ragionevoli dubbi la sezione non ritiene, pero', che la questione sia manifestamente infondata con riferimento al diverso trattamento riservato, in ragione del loro stato, ai parlamentari della Assemblea regionale siciliana (art. 3 della Costituzione) e per violazione dei limiti posti dallo statuto della regione siciliana alla attivita' legislativa (art. 14, 17). La decisione, poi, che questo giudice deve adottare non puo' prescindere dalla soluzione della questione di costituzionalita' proposta poiche' la permanenza o la eliminazione della legislazione regionale vigente comporta opposte decisioni. Pertanto la richiesta del procuratore regionale e' accolta e la sezione solleva la questione di costituzionalita' dallo stesso prospettata.