LA CORTE DEI CONTI
    Ha emesso la seguente ordinanza n. 475/94/ord.;
    Vista l'istanza del 3 maggio 1994, depositata il 3 maggio 1994 con
 la  quale  la  procura  regionale  ha chiesto al signor presidente di
 questa sezione il sequestro conservativo dei seguenti beni  intestati
 al sig. Palillo Giovanni:
      autoveicolo  Lancia Thema serie 162B4A targata AG 369382, per un
 valore di lire 17.500.000;
      Immobili: 1) appezzamento di terreno agricolo sito  in  agro  di
 Siculiana,  localita'  Salsa  Garebici, esteso Ha 1.88.90, in catasto
 alla particella 148, valore L. 10.000.000;
      2) appartamento di civile  abitazione  sito  in  Agrigento  c/da
 Pisciotto  Madonna  delle Rocche, di circa mq 109, distinto al foglio
 di mappa n. 118, particella 98, valore L. 80.000.000;
      3) la meta' indivisa  di  un  vano  al  piano  terra  avente  la
 superficie di mq 37, sito in Agrigento nella via Madonne delle Rocche
 nn.  9 e 11, facente parte dell'edificio 2, compreso nella particella
 352/1 del foglio di mappa 118 del N.C.E.U. di  Agrigento  in  catasto
 alla 18708, valore L. 30.000.000;
      stipendi,  gettoni, indennita' e quant'altro comunque denominato
 dovuto a titolo  continuativo,  periodico  ed  una  tantum  da  parte
 dell'Assemblea  regionale  siciliana  sino  alla  concorrenza  di  L.
 2.200.000.000, per l'intero ed in subordine negli eventuali  ritenuti
 limiti di legge.
    Il  sequestro  e'  stato  chiesto  fino  alla  concorrenza  di  L.
 2.200.000.000.
    Il presidente di questa sezione ha autorizzato il  sequestro  come
 richiesto,  escludendo  le somme eventualmente dovute dalla Assemblea
 regionale ed indicate come stipendi, gettoni e indennita': cio' nella
 duplice considerazione che tale credito  del  sig.  Palillo  non  era
 stato  quantificato  e  che lo stesso non e' sequestrabile; il signor
 presidente ha fissato l'udienza del 7 luglio 1994 per la comparizione
 delle parti ai sensi dell'art. 5 della legge n. 19 del 1994.
    Il sig. Palillo si  e'  costituito  a  mezzo  dell'avv.  Francesco
 Tinaglia  che lo rappresenta e difende, per opporsi alla conferma del
 provvedimento  ritenendo  che  il  sequestro  non  sia  sorretto  dai
 presupposti  giuridici  necessari  sia con riferimento all'indizio di
 buon diritto sia con riferimento al pericolo nel ritardo.
    All'udienza  pubblica,  preliminarmente,  il  p.m.   ha   eccepito
 l'incompetenza di questa sezione al riesame del decreto presidenziale
 che  autorizza  il sequestro, assumendo in proposito che l'art. 5 del
 d.-l. n. 359/1993, dove stabilisce che il  presidente  della  sezione
 giurisdizionale  provvede  sulla domanda con decreto motivato e fissa
 l'udienza di comparizione delle parti dinanzi al  giudice  designato,
 introduce  e  crea,  nel  giudizio  dinanzi alla Corte dei conti, una
 figura di giudice monocratico per il riesame del provvedimento.
    Cio'  troverebbe  una  conferma  nella   considerazione   che   il
 legislatore  non  ha  mai  usato  le parole "giudice designato" nelle
 disposizioni riguardanti le sezioni giurisdizionali della  Corte  dei
 conti.  Pertanto, posto che per giudice designato non puo' intendersi
 questa sezione, dovrebbe ritenersi che tale dizione si riferisca allo
 stesso presidente, il quale ha emanato il  decreto  "inaudita  altera
 pate"  e  che  dovrebbe  riesaminarne  il contenuto dopo l'udienza di
 audizione  delle  parti;  questa  assumerebbe,  come   previsto   nel
 novellato  codice  di  procedura  civile,  la  funzione di udienza di
 integrazione del contraddittorio.
    Secondo la tesi del procuratore regionale, questa sezione potrebbe
 essere chiamata a decidere solo in sede di reclamo del  provvedimento
 di  riesame,  previsto  e  disciplinato  nell'art.  669-terdicies del
 c.p.c.
    Il procuratore generale, proseguendo la requisitoria,  ha  chiesto
 che   venga   sollevata   questione  di  costituzionalita'  ritenendo
 illegittima la l.r. n. 44 del 30 dicembre 1965  nella  parte  in  cui
 estende   ai   deputati   regionali   la  "insequestrabilita'"  delle
 indennita' e delle diarie loro dovute o corrisposte;  il  procuratore
 regionale  ha  oralmente  esposto  i  motivi  ed ha poi depositato in
 udienza una apposita memoria.
    L'avv. Tinaglia ha chiesto termine per controdedurre.
    Il presidente accogliendo la richiesta del convenuto  ha  rinviato
 la  prosecuzione  della discussione alla udienza del giorno 4 ottobre
 1994.
    L'avv. Tinaglia, con memoria depositata il 23  settembre  1994,  a
 chiesto   che   venga  dichiarata  la  manifesta  infondatezza  della
 questione di costituzionalita' proposta dal procuratore regionale.
    Il p.m. in data 8 settembre 1994 ha depositato una  memoria  nella
 quale  chiede  che  la  sezione  dichiari  la  propria incompetenza a
 decidere in fase di conferma:  cio'  in  conformita'  alla  decisione
 delle  sezioni  riunite n. 6/qm del 1994 ritenendola vincolante salva
 l'ulteriore remissione della questione.
    Nella pubblica udienza del 4 ottobre 1994 l'avv. Tinaglia  per  il
 convenuto,   ha  preliminarmente  esposto  il  proprio  convincimento
 ritenendo  che  la  figura  del  giudice  monocratico  chiamato   per
 l'adozione,   previa   l'audizione  delle  parti,  del  provvedimento
 relativo al sequestro non trovi collocazione sistematica  nell'ambito
 dello speciale ordinamento della Corte dei conti: ha pero' dichiarato
 la  mancanza  di interesse rispetto ad un eventuale diverso indirizzo
 della Corte; ha poi insistito per  la  revoca  del  provvedimento  di
 autorizzazione   del   sequestro   non  ritenendo  che  sussistono  i
 presupposti di pericolo per la garanzia patrimoniale della azione  di
 condanna proposta dal procuratore regionale. In ogni caso deve essere
 disattesa  la  eccezione  di  incostituzionalita'  sollevata dal p.m.
 poiche'  la  insequestrabilita'  delle  indennita'  parlamentari  dei
 deputati  regionali  risponde  ad  una  esigenza  di  garanzia  della
 funzione legislativa dagli stessi, quali componenti della  Assemblea,
 esercitata.
    Il  p.m.  ha  replicato  insistendo  su  tutte  le  richieste.  In
 particolare:
       a) per quanto attiene la competenza della Sezione  ad  emettere
 il provvedimento di cui al quarto comma dell'art. 5 della legge n. 19
 del  1994: trattandosi di una questione procedurale e non sostanziale
 la eventuale divergenza dall'indirizzo espresso dalle sezioni riunite
 si porrebbe in contrasto con il principio costituzionale della unita'
 nazionale; in conseguenza gia' in questa sede  il  collegio  potrebbe
 disporre che il relatore proceda alla audizione delle parti;
       b)  per quanto attiene la questione di costituzionalita'; tra i
 parlamentari regionali e quelli nazionali  esiste  solo  analogia  di
 funzioni che non significa identita' di stato.
                             D I R I T T O
    La  sezione e' chiamata, previa l'audizione delle parti, all'esame
 del provvedimento con il quale il presidente  di  questa  sezione  ha
 disposto  l'autorizzazione  al  sequestro,  nei  confronti  del  sig.
 Palillo, dei beni indicati nella  premessa  in  fatto  ed  ha  negato
 l'autorizzazione  per  il sequestro delle indennita' comunque denomi-
 nate e dovute al sig. Palillo quale deputato alla Assemblea regionale
 siciliana.
    Preliminarmente, occorre  procedere  all'esame  dell'eccezione  di
 incompetenza di questa sezione sollevata dal procuratore regionale.
    Osserva  il collegio che l'art. 5, secondo, terzo, quarto e quinto
 comma del d.-l. 14 settembre 1993, n. 359,  disciplina  compiutamente
 il   procedimento  di  concessione  del  sequestro  conservativo.  In
 particolare, sia che il sequestro venga  chiesto  anteriormente  alla
 causa  di  merito  sia che venga chiesto in corso di causa, l'istanza
 del procuratore regionale deve essere  rivolta  al  presidente  della
 sezione  competente  a  conoscere  del  merito,  il quale provvedera'
 sempre  con  decreto  motivato,  cioe'   "inaudita   altera   parte",
 procedendo  contestualmente a fissare l'udienza di comparizione delle
 parti dinanzi al giudice designato. In tale udienza, il  giudice  con
 ordinanza  confermera',  modifichera'  o  revochera'  i provvedimenti
 emanati con il decreto.
    Del tutto diversa appare la  disciplina  giuridica  contenuta  nel
 nuovo  codice  di  procedura  civile,  dove  sull'istanza  e'  sempre
 competente a decidere il giudice istruttore o il pretore,  il  quale,
 ordinariamente,    sentite   le   parti,   provvede   con   ordinanza
 all'accoglimento o al rigetto della  domanda.  Solo  nell'ipotesi  di
 gravissimi   motivi   di   urgenza  provvede  con  decreto,  fissando
 contestualmente l'udienza di comparizione delle parti dinanzi a  se',
 ai  fini  dell'integrazione  del  contraddittorio.  A tale udienza lo
 stesso,  giudice  con  ordinanza,  conferma,  modifica  o  revoca   i
 provvedimenti emanati con decreto. L'art. 669-terdecies, poi, prevede
 che,  contro  l'ordinanza  con  la  quale  si  sia  provveduto  su un
 provvedimento cautelare, sia proposto reclamo al collegio, del  quale
 non  puo'  fare  parte  il  giudice  che  ha  emesso il provvedimento
 reclamato. Il reclamo assolve, quindi, alla funzione di  una  vera  e
 propria  impugnazione del provvedimento cautelare emanato dal giudice
 monocratico del processo  civile,  dovendo  il  collegio  riesaminare
 tutti  gli  elementi  gia'  a  conoscenza del primo giudice che, dopo
 avere sentito le parti, ha provveduto in senso  negativo  o  positivo
 sulla istanza.
    Da quanto sin qui esposto, emerge chiaramente che non puo' trovare
 applicazione  nel procedimento di sequestro dinanzi a questo giudice,
 la disciplina giuridica dettata in materia dal  codice  di  procedura
 civile,  le  cui  norme, in linea generale, ai sensi dell'art. 26 del
 regolamento di procedura per i giudizi dinanzi alla Corte dei  conti,
 devono  essere osservate nel processo contabile in quanto applicabili
 e compatibili con le disposizioni speciali.
    Da una parte, infatti, come gia' rilevato, il procedimento per  la
 concessione del sequestro conservativo trova compiutamente la propria
 disciplina  nelle  citate  norme  contenute  nell'art. 5 del decreto-
 legge,  dall'altra,  le  disposizioni  del  nuovo  c.p.c.,  risultano
 incompatibili  con quelle dettate espressamente per i giudizi dinanzi
 alla Corte dei conti, ove si considerino le differenze circa l'organo
 competente  a  concedere  il  provvedimento  (giudice  istruttore   e
 presidente della Corte) e circa la natura giuridica del provvedimento
 da adottare (ordinanza e decreto).
    Cio'  posto, al fine di accertare se sussista o meno la competenza
 di questa sezione al riesame del decreto  di  sequestro  emanato  dal
 presidente,   occorre  procedere  esclusivamente  all'interpretazione
 della normativa speciale dettata nel citato art. 5.
    Come e' noto, tra i canoni ermeneutici individuati dalla  dottrina
 il  primo  da adottare e' quello letterale: solo allorquando, dopo la
 lettura della norma, il significato  permanga  oscuro,  e'  possibile
 fare ricorso a criteri diversi.
    Il  caso  in  ispecie, configura l'ipotesi del sequestro anteriore
 alla causa, dato che si e' provveduto  sulla  richiesta  prima  della
 notificazione  dell'atto  di  citazione:  la  norma  dispone  che  il
 presidente   della   sezione   giurisdizionale   regionale   provvede
 sull'istanza con decreto motivato e procede contestualmente a fissare
 l'udienza  di  comparizione delle parti dinanzi al giudice designato,
 entro un termine non superiore a quarantacinque giorni.
    Anzitutto,  occorre  precisare  che   per   "giudice"   non   deve
 necessariamente  intendersi "giudice monocratico", come affermato dal
 procuratore generale, fuorviato forse dall'utilizzo del singolare  da
 parte  del  legislatore,  ma semplicemente "organo giudicante" la cui
 composizione  monocratica   o   collegiale   discende   dalle   norme
 concernenti  la  sua  costituzione. Peraltro, non e' ipotizzabile che
 attraverso una dizione cosi' generica si sia voluto  innovare  a  tal
 punto  il  processo  dinanzi alla Corte dei conti, da creare un nuovo
 organo giudicante, a composizione monocratica, senza specificarne  le
 modalita'  di  scelta  e, principalmente, le competenze ed i rapporti
 rispetto alla sezione giudicante.
    Non  puo'  neppure  ritenersi  che  per  "giudice  designato"   il
 legislatore  abbia  voluto  riferirsi  allo  stesso  presidente, che,
 quando  gli   e'   attribuita   una   specifica   competenza,   viene
 espressamente indicato con tale qualifica.
    Potrebbe aggiungersi che, qualora il "giudice" dinanzi al quale le
 parti sono chiamate a comparire fosse il presidente, la norma avrebbe
 avuto  una formulazione piu' coerente e generalmente ricorrente prev-
 edendo la fissazione dell'udienza "dinanzi a se'", dizione che  viene
 sempre   usata   nelle   norme  procedurali;  l'espressione  "giudice
 designato", dimostra al contrario l'intento  di  indicare  un  organo
 giudicante   diverso   da  quello  che  emette  il  provvedimento  di
 comparizione.
    In definitiva, quindi, il giudice  competente  a  provvedere  alla
 conferma,  modifica  o revoca del provvedimento cautelare, dopo avere
 sentito  le  parti,  non   puo'   essere   altro   che   la   sezione
 giurisdizionale,    unico   organo   giudicante   nel   giudizio   di
 responsabilita' amministrativa, giudice designato  per  la  causa  di
 merito   in   ragione   della   sua  competenza  territoriale  e  per
 individuazione  del  presidente,   nell'ipotesi   di   piu'   sezioni
 giurisdizionali o di sezione costituita da piu' collegi.
    Per   quanto   riguarda  poi  la  preoccupazione  del  procuratore
 regionale che una tale interpretazione possa "vanificare  lo  spirito
 della  riforma  del  codice  di  rito,  impegnando  la solennita' del
 giudizio collegiale allorquando il provvedimento  non  ha  acquistato
 quella    stabilita'    che    gli   deriva   dall'integrazione   del
 contraddittorio", v'e' da osservare che la stessa  appare  infondata:
 in  disparte  la  considerazione che, al momento in cui la sezione e'
 chiamata  a  confermare,  modificare  o  revocare  il   provvedimento
 presidenziale,  il  contraddittorio  si e' ormai instaurato a seguito
 dell'avvenuta  notificazione  della  domanda   e   del   decreto   al
 sequestrando,   si   ritiene,   infatti,   che  l'intestazione  della
 competenza di "giudice del  riesame"  ad  un  organo  collegiale  non
 costituisca   caratteristica  esclusiva  del  procedimento  cautelare
 innanzi alla Corte dei conti, ma sia tipica di altri  giudizi  quali,
 ad   esempio,   le  cause  di  merito  di  competenza  delle  sezioni
 specializzate agrarie o del collegio del tribunale (su  rinvio  dalla
 Cassazione o nella revocazione).
    Del  pari  infondate  si  appalesano  le perplessita' espresse dal
 procuratore regionale circa il carattere definitivo  che,  a  seguito
 della  pronuncia  della  sezione,  viene ad assumere il provvedimento
 cautelare concessivo a causa dell'inapplicabilita', in  virtu'  delle
 considerazioni  gia'  espresse,  dell'art.  669-terdecies  del  nuovo
 codice di procedura civile al processo dinanzi alla Corte dei  conti;
 l'ordinanza  di  concessione  della misura cautelare, infatti, non e'
 suscettibile di reclamo, ma tale  circostanza  risulta  coerente  col
 sistema e comunque rispettosa del diritto di difesa, tenuto conto che
 il  controllo  del  provvedimento  da  parte di un giudice diverso da
 quello che ha emanato il provvedimento stesso  risulta  gia'  attuato
 nella  fase  del  riesame  da parte della sezione e, per di piu', con
 carattere di necessarieta', anziche' essere meramente eventuale  come
 nel codice di rito civile.
   Una  diversa  ricostruzione  del  procedimento hanno configurato le
 sezioni riunite con decisione n. 6/qm del  6  luglio  1994  ritenendo
 "che  il giudice designato di cui al comma terzo, lett. A), dell'art.
 5 del d.-l. n. 453/1993 deve essere  il  giudice  singolo"  con  cio'
 intendendo  un  magistrato della sezione designato dal presidente: "e
 cio' sia per ragioni testuali essendo l'inciso inutile ove si dovesse
 comparire innanzi al collegio sia  soprattutto  perche'  nel  sistema
 processuale deve essere consentito in concreto da parte di un giudice
 diverso da quello che ha adottato il provvedimento il controllo sugli
 errores  in  procedendo  e  in  iudicando  eventualmente commessi dal
 giudice della cautela".
    Tale controllo e' attuabile solo attraverso il reclamo al collegio
 e "questo gravame non sarebbe possibile ove per giudice designato  si
 intenda il collegio".
    Secondo le sezioni riunite una diversa soluzione rispetto a quella
 dalle  stesse  prospettata "porrebbe fondati motivi di dubitare della
 costituzionalita' del sistema adottato in relazione agli artt. 3 e 24
 della Costituzione".
    Questa  sezione  non  ravvisa  in  tali   argomenti   motivi   per
 discostarsi dal proprio orientamento.
    Infatti,  oltre  che  i motivi sistematici relativi alla struttura
 collegiale dell'attivita' giurisdizionale della Corte dei conti  e  a
 quanto  in  precedenza  esposto, non sussistono quelle conseguenze di
 incostituzionalita' del sistema con riferimento agli  artt.  3  e  24
 della Costituzione.
    Il  diritto  di  difesa  trova,  infatti,  garanzia  in termini di
 parita' rispetto al giudizio civile, nella audizione  delle  parti  e
 nell'intervento  del  collegio.  Solo la esclusione di tali garanzie,
 audizione delle parti ed esame collegiale,  potrebbe  configurare  un
 deteriore trattamento processuale.
    Tale  esame,  come  prima detto e come qui si sottolinea, non solo
 non e' escluso, ma anziche' eventuale, a seguito di reclamo, e'  reso
 necessario  dall'intervento della sezione, con audizione delle parti,
 con cio' attuando quel riesame e quel  "controllo  sugli  errores  in
 procedendo   e  in  iudicando  eventualmente  commessi"  in  sede  di
 concessione del provvedimento cautelare dal presidente.
    Ne' dubbi di  costituzionalita'  del  sistema  potrebbero  sorgere
 dalla  constatazione  che  verrebbe  a  mancare  il  doppio esame: al
 riguardo bisognerebbe tenere presente la  giurisprudenza  consolidata
 della Corte costituzionale (vedi sent. n. 69 del 1982; sentenza n. 52
 del  1984)  la  quale ha ribadito che non ha vigore costituzionale la
 garanzia del doppio grado di giurisdizione  fuori  dell'aria  segnata
 dall'art.  125, secondo comma, della Costituzione; in ogni caso e con
 maggiore pertinenza deve aggiungersi che il reclamo al  collegio  non
 instaurerebbe  un  giudizio  di  secondo grado ma e' solo una fase di
 riesame nell'ambito dello stesso grado  del  giudizio  affidata  alla
 garanzia   dell'organo   collegiale.   Qualora  tale  garanzia  fosse
 assicurata non dalla esperibilita' del reclamo  ma  dalla  necessaria
 attivazione  del  collegio  per  la  conferma,  modifica o revoca del
 decreto del presidente, non potrebbe ravvisarsi  alcuna  lesione  del
 diritto  di  difesa  garantito  dall'art.  24 della Costituzione che,
 secondo il costante insegnamento della giurisprudenza  costituzionale
 "puo'    variamente   atteggiarsi   in   funzione   delle   peculiari
 caratteristiche dei diversi tipi di processo".
    La sezione, poi, non  riconosce  quel  carattere  vincolante  "per
 tutti  i  giudici  di  merito"  delle  pronuncie emesse dalle sezioni
 riunite ai sensi dell'art. 1, settimo comma, del  d.-l.  n.  453  del
 1993.
    Tale  principio  e'  assolutamente  estraneo al nostro ordinamento
 giuridico che non attribuisce a nessun precedente  giurisprudenziale,
 da  qualunque  organo  promani,  efficacia  vincolante  per i giudizi
 futuri tranne che sussista un rapporto di  pregiudizialita'  che  gli
 conferisca  efficacia  di  giudicato.  Deve  pure  aggiungersi che il
 settimo comma dell'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 19,  affida
 alle  singole  sezioni  il  deferimento  delle questioni alle sezioni
 riunite ed e' stato in precedenza ritenuto che "la  rimessione  della
 problematica  alle ss.rr. non puo' avvenire in maniera automatica, ma
 deve essere sempre preceduta da una delibazione preliminare da  parte
 del  collegio  circa l'effettivo verificarsi nella fattispecie di una
 questione di massima".
    Cio' premesso la sezione ritiene che l'art. 5 non ponga seri dubbi
 interpretativi e non condivide quelli espressi nella citata decisione
 n. 6/qm del 1994; in conseguenza il contrasto si pone in  una  logica
 di dialettica evolutiva che non giustifica la rimessione alle ss.rr.
    Con   cio'  si  intende  qui  confermare  la  convinzione  che  la
 evoluzione giurisprudenziale proceda attraverso "la  autorita'  della
 ragione"  e  non attraverso una pretesa "ragione della autorita'" per
 niente compatibile con l'attivita' giurisdizionale con la altrettanto
 ferma convizione che le eventuali divergenze nella interpretazione di
 norme  procedurali  -  non  diversamente,  peraltro,  che  di  quelle
 sostanziali  -  non  contrastano,  ne'  minimamente   attengono,   al
 principio costituzionale dell'unita' nazionale.
    L'eccezione  di  incompetenza  di  questa sezione viene, pertanto,
 rigettata non senza precisare che la ripartizione tra il  collegio  e
 giudice unico, nei termini prospettati dal p.m., ha carattere interno
 ed  e'  estranea  alle  questioni  di  competenza  in  senso  tecnico
 giuridico: queste attengono  alla  attribuzione  della  "causa"  alla
 cognizione   di   diversi   giudici  secondo  criteri  di  riparto  -
 territorio, materia, valore,  connessione,  litispendenza  -,  mentre
 eventuali  questioni  relative  al riparto interno potrebbero trovare
 corretto collegamento con gli artt.  158  e  161,  primo  comma,  del
 c.p.c.
    Tanto  premesso  la  sezione ritiene che ricorrono gli estremi per
 confermare nel suo contenuto  il  decreto  con  il  quale  il  signor
 presidente ha autorizzato il sequestro.
    Le  ragioni  della  domanda  risarcitoria proposta dal procuratore
 regionale devono trovare approfondito esame in sede  di  giudizio  di
 merito;  allo  stato  e quale presupposto del provvedimento cautelare
 richiesto, sussistono ragionevoli motivi per  ritenere  che  il  sig.
 Palillo  abbia potuto, nell'esercizio delle sue funzioni, determinare
 un incremento della spesa regionale in  contrasto  con  la  normativa
 vigente  e,  quindi,  abbia  recato  danno  patrimoniale alla regione
 stessa.
    L'importo, poi, del ritentuto danno e'  tale  da  giustificare  il
 timore  che  possa  essere  messo  in  pericolo  il  suo risarcimento
 trattandosi di una somma di non comune disponibilita';  in  concreto,
 il  patrimonio  del  sequestrando  non induce a fare ritenere una sua
 eccezionale disponibilita' finanziaria.
    Secondo la  legislazione  vigente  devono  restare  escluse  dallo
 strumento  cautelare  le  indennita'  spettanti al sig. Palillo quale
 membro della Assemblea regionale, giacche' ai deputati  regionali  si
 applicano, in forza della legge regionale n. 44 del 30 dicembre 1965,
 le  disposizioni della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, che dispongono
 la non sequestrabilita' e la non pignorabilita'  della  indennita'  e
 della diaria spettante ai deputati.
    A tale riguardo il procuratore regionale ha sollevato questione di
 legittimita'  costituzionale  richiamando  la sentenza n. 24 del 1968
 con la quale la Corte, al di la' dello  specifico  aspetto  preso  in
 considerazione  in  quella  sede, aveva ritenuto la eccezionalita' di
 tutte le norme riguardanti i parlamentari  nazionali;  eccezionalita'
 giustificata   dalla   posizione   costituzionale   del   Parlamento,
 depositario della sovranita' nazionale. Il procuratore  regionale  ha
 sottolienato  la  carenza di potesta' legislativa in materia anche in
 considerazione   delle    conseguenze    che    ne    derivano:    la
 insequestrabilita'  delle  indennita'  parlamentari coinvolgerebbe la
 tutela dei diritti patrimoniali, attienenti, questi, ai  rapporti  di
 diritto  privato  dei  singoli  cittadini;  materia  esclusa in senso
 assoluto dalla competenza legislativa regionale.
    Infine  il  procuratore  regionale  ha  richiamato  le  precedenti
 sentenze  della  Corte  costituzionale  che,  anche  recentemente, ha
 sottolineato la  natura  della  Assemblea  regionale  siciliana,  non
 assimilabile  a  quella  del  Parlamento  nazionale: mentre questi e'
 depositario  di sovranita', l'Assemblea regionale e' organo di tutela
 delle autonomie locali: la diversa natura del  potere  esercitato  si
 riflette   sulla   diversa   disciplina   riguardante   i  rispettivi
 componenti.
    La sezione non puo' disconoscere alla questione sollevata un mini-
 mum di ragionevolezza cosi' come non puo' disconoscere la  pertinenza
 delle opposte considerazioni svolte dalla difesa del sequestrando che
 ritiene  la insequestrabilita' delle indennita' in questione connesse
 all'esercizio delle funzioni legislative  attribuite  alla  Assemblea
 regionale siciliana.
    In   sostanza  la  esenzione  della  indennita'  parlamentare  dal
 "sequestro" potrebbe rientrare, secondo la prospettazione  di  parte,
 fra  le  "prerogative  di  funzioni":  sotto  questo profilo, sarebbe
 diretta a fornire particolari  garanzie  non  all'individuo  ma  alla
 struttura   della  quale  egli  fa  parte:  la  concessione  di  tale
 particolare ed uguale protezione a tutti i  suoi  componenti,  ha  la
 specifica  finalita'  di  evitare il possibile nocumento che potrebbe
 derivare al funzionamento della  struttura  stessa  ed  all'esercizio
 della funzione attribuita.
    Con  riferimento  alla  funzione  legislativa  regionale  di grado
 primario  (legislazione  esclusiva),  la   posizione   dei   deputati
 siciliani ben puo' essere parificata a quella dei deputati nazionali;
 sotto  tale  aspetto sarebbero state per loro previste prerogative di
 pari  contenuto  perche'  connesse  all'esercizio  di  una   funzione
 legislativa pari ordinata.
    E' vero che le prerogative risultano tassativamente indicate nella
 Costituzione  e  fra  queste  non  figura la insequestrabilita' delle
 indennita' parlamentari, ma in tale caso i dubbi di costituzionalita'
 non  riguarderebbero  solo  quelle  previste   per   i   parlamentari
 regionali.
    Di  fatto la legge n. 1261 del 31 ottobre 1965 e' stata emanata al
 dichiarato scopo di "garantire il  libero  svolgimento  del  mandato"
 parlamentare  nel  cui  ambito  non  sarebbe  corretto  operare delle
 distinzioni  concorrendo  tutte  a  costituire  il  complesso   degli
 obblighi di funzione. Che attraverso iniziative di sequestro si possa
 operare  o,  comunque,  determinare una alterazione del comportamento
 parlamentare e'  chiaramente  dimostrato  dalla  istanza  stessa  del
 procuratore  regionale  ove  esprime  la  opportunita'  di  "chiedere
 l'adozione di idonee misure patrimoniali cautelari" nei confronti del
 deputato  sig.  Palillo  "per  il  fondato  timore  della   sua   non
 estraneita',  in  quanto  suo componente, alle determinazioni assunte
 dall'Assemblea regionale siciliana con l'approvazione dell'art. 4 del
 disegno   di   legge   n.    650,    finalizzato    alla    sanatoria
 dell'illegittimita' contestata".
    Prescindendo  dalla  possibilita'  che proprio la misura cautelare
 possa spingere il sig. Palillo ad un  piu'  determinato  impegno  per
 l'approvazione  di  un  provvedimento  legislativo  di  sanatoria, e'
 comunque da ritenere che il sequestro delle indennita'  possa  sviare
 o,  almeno,  colorare di interesse personale la sua partecipazione al
 procedimento di formazione legislativa.
    Pur sussistendo ragionevoli dubbi la sezione non  ritiene,  pero',
 che  la  questione  sia  manifestamente  infondata con riferimento al
 diverso  trattamento  riservato,  in  ragione  del  loro  stato,   ai
 parlamentari  della  Assemblea  regionale  siciliana  (art.  3  della
 Costituzione)  e  per violazione dei limiti posti dallo statuto della
 regione siciliana alla attivita' legislativa (art. 14, 17).
    La decisione, poi, che  questo  giudice  deve  adottare  non  puo'
 prescindere  dalla  soluzione  della  questione  di costituzionalita'
 proposta poiche' la permanenza o la eliminazione  della  legislazione
 regionale vigente comporta opposte decisioni.
    Pertanto  la  richiesta  del procuratore regionale e' accolta e la
 sezione  solleva  la  questione  di  costituzionalita'  dallo  stesso
 prospettata.