IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Premesso che in data 12 agosto 1994 il p.m. ha chiesto procedersi a giudizio immediato nei confronti di De Simoni Gino, nato a Urbino il 19 luglio 1949, arr. domiciliare in Bologna, via Mura di Porta Castiglione, 21 c/o la madre Alessandroni Cesira arr. 16 giugno 1994, lib. obb. 19 giugno 1994, riarr. 23 giugno 1994, arr. dom. 30 luglio 1994, dif. fid. avv. Alfonso Vaccari Rimini. Imputato: a) del reato di cui all'art. 73, primo comma, d.P.R. n. 309/90 perche', al fine di spaccio, deteneva sostanze stupefacenti del tipo eroina in quantita' di grammi venti circa, confezionata in settanta dosi. Con l'aggravante della recidiva specifica reiterata. In Cattolica il 16 giugno 1994; b) del reato di cui all'art. 708 c.p. perche', essendo gia' stato condannato per reati contro il patrimonio, veniva colto nel possesso dell'importo di L. 3.930.000 non confacente al proprio stato e del quale non giustificava la provenienza. Con l'aggravante della recidiva reiterata. In Cattolica il 16 giugno 1994; c) del reato di cui all'art. 73, primo comma, d.P.R. n. 309/90 perche', al fine di spaccio, deteneva sostanze stupefacenti del tipo eroina in quantita' di grammi dieci circa, confezionata in ventotto dosi. Con l'aggravante della recidiva specifica reiterata. In Riccione il 23 giugno 1994; d) del reato di cui agli artt. 81 cpv. c.p. 73, primo comma, d.P.R. n. 309/90 perche', in esecuzione del medesimo disegno criminoso cadeva in tempi diversi ed in piu' occasioni, quantita' imprecisate di sostanze stupefacenti del tipo eroina a piu' persone tra le quali Petrini Roberto, Pezzi Paolo, Cecchini Domenico e Patrignani Roberto, e per avere offerto in vendita una dose di eroina a D'Adamo Antonio. Con l'aggravante della recidiva specifica reiterata. In Riccione ed altrove fino al 23 giugno 1994. Con decreto 19 settembre 1994 questo giudice, ha disposto il giudizio immediato. Con istanza notificata e depositata in termini l'imputato ha chiesto il giudizio abbreviato ex art. 458 c.p.p.; il p.m. ha apposto in calce all'istanza dell'imputato la seguente formula: "Visto, il p.m. la richiesta, non esprime il proprio consenso".; O S S E R V A L'art. 458 c.p.p. prevede la possibilita' che il p.m. non esprima il consenso al giudizio abbreviato e al riguardo la Corte costituzionale, con sentenze n. 81/91 e 23/92 ha esteso ai primi due comma di tale articolo le note declaratorie di illegittimita' costituzionale nelle parti in cui non prevedendo che il p.m., in caso di dissenso, sia tenuto a enunciarne le ragioni, e il giudice, a dibattimento concluso, ritenuto ingiustificato il dissenso del p.m. o ritenuto che il processo poteva essere definito allo stato degli atti, non possa applicare la diminuzione di pena prevista per il giudizio abbreviato. Questo giudice ritiene, tuttavia, che i primi due comma dell'art. 458 c.p.p. siano viziati da illegittimita' costituzionale con riferimento all'art. 3 della Costituzione, nelle parti in cui l'ammissione del giudizio abbreviato e' subordinata al consenso del p.m. e ad un ulteriore giudizio di ammissibilita' da parte del giudice. La richiesta di giudizio immediato da parte del p.m. e il suo accoglimento da parte del giudice ex art. 455 c.p.p., presuppongono infatti la valutazione positiva sia da parte del p.m. che del giudice, sull'evidenza della prova (art. 453 c.p.p) che e' nozione logicamente comprensiva della nozione di decidibilita' del processo allo stato degli atti. Logicamente comprensiva poiche' e' nozione piu' pregnante e, perdipiu', esprime un'evidenza in senso accusatorio (che, se si trattasse di evidenze in senso favorevole all'imputato, il p.m. dovrebbe chiedere l'archiviazione ex art. 125 disp. att. c.p.p.). In sintesi, un processo in cui la prova appare evidente - e non puo' apparire tale che in base agli atti compiuti ed esistenti nel fascicolo processuale - e' definibile allo stato degli atti. In sostanza, una volta richiesto e ammesso il giudizio immediato, sono non solo pleonastiche ma addirittura contraddittorie nell'ambito del sistema normativo descritto la previsione del consenso del p.m. alla richiesta di giudizio abbreviato e la valutazione del giudice sull'ammissibilita' del giudizio stesso. Questo argomento logico appare incontrovertibile alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 81/91: " .. individuata la funzione della motivazione del suo eventule dissenso e del susseguente controllo di essa nel dare al giudice del dibattimento la possibilita' di far luogo alla riduzione della pena allorquando il dissenso del pubblico ministero gli risulti ingiustificato, l'unico criterio idoneo a rendere concreto l'esercizio della suddetta funzione deve considerarsi, al momento, quello imperniato sull'effettiva utilita' del passaggio al dibattimento: criterio che, alla stregua della normativa in vigore, non puo' che identificarsi in quello - ricavabile dal confronto con i poteri conferiti al giudice dall'art. 440, primo comma - consistente nel ritenere il processo non definibile allo stato degli atti". Se la definibilita' allo stato degli atti e' l'unico criterio in relazione al quale il p.m. puo' motivare il dissenso, e' evidente che, qualora il p.m. abbia gia' espresso una valutazione positiva in tal senso chiedendo il giudizio immediato, la previsione di un ulteriore consenso al giudizio abbreviato e' del tutto pleonastica. Nel sistema attuale la previsione della necessita' dell'ulteriore consenso del p.m., con la conseguente possibilita' che egli lo neghi, realizza nei confronti dell'imputato richiedente una palese e assolutamente irrazionale disparita' di trattamento rispetto a chi abbia ottenuto il consenso del p.m. al giudizio abbreviato, sottoponendolo al pregiudizio conseguente ad una condotta del p.m. equivalente ad una revoca del consenso basata su ragioni necessariamente diverse dalla valutazione della definibilita' allo stato degli atti e, pertanto, estranee al sistema e arbitrarie. Pregiudizio che si concreta anche nella sottoposizione ad un giudizio nelle forme ordinarie, con tutto cio' che in termini di costi umani ed economici comporta. Se il sistema delineato dalla Corte costituzionale con le sentenze citate - rimedio all'errore del p.m. e del g.i.p. mediante diminuzione della pena nella decisione dibattimentale - si giustifica, nell'ambito della procedura ordinaria - richiesta di giudizio abbreviato prima e durante l'udienza preliminare - in relazione all'opinabilita' del dissenso del p.m. o della valutazione negativa del g.i.p. sull'ammissibilita' del giudizio abbreviato, soggetti a verifica appunto in sede dibattimentale, non altrettanto puo' dirsi dell'attuale disciplina prevista dall'art. 458 c.p.p. proprio perche' la necessita' del consenso al giudizio abbreviato e la conseguente possibilita' del dissenso si innestano in una situazione processuale in cui sia il p.m. che il g.i.p. hanno gia' valutato in senso affermativo la definibilita' del processo allo stato degli atti, valutazione su cui l'imputato ha fatto evidente e ragionevole affidamento chiedendo il giudizio abbreviato. La questione appare non manifestamente infondata ed e' rilevante nel processo, dipendendo dalla sua risoluzione la prosecuzione nella forma del giudizio immediato o l'ammissione del giudizio abbreviato.