ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di ammissibilita', ai sensi dell'art.  2,  primo  comma,
 della  legge  costituzionale  11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di
 referendum popolare per l'abrogazione della legge 14 aprile 1975,  n.
 103,  recante  "Nuove  norme  in  materia di diffusione radiofonica e
 televisiva" limitatamente a:
      articolo  4,  comma  1,  limitatamente  alle  parole:   "formula
 indirizzi generali relativamente ai messaggi pubblicitari, allo scopo
 di  assicurare  la  tutela  del consumatore e la compatibilita' delle
 esigenze delle attivita' produttive  con  la  finalita'  di  pubblico
 interesse    e    le    responsabilita'    del    servizio   pubblico
 radiotelevisivo";
      articolo 15, comma 1, limitatamente alle parole: "nonche' con  i
 proventi derivanti dalla pubblicita' radiofonica e televisiva".
    Il  decreto-legge  6  dicembre 1984, n. 807, recante "Disposizioni
 urgenti in materia di trasmissioni  radiotelevisive",  convertito  in
 legge,  con  modificazioni,  dalla  legge  4  febbraio  1985,  n. 10,
 limitatamente a:
      articolo  3-bis,  comma  2:  "La  commissione  parlamentare  per
 l'indirizzo  generale  e  la  vigilanza  dei servizi radiotelevisivi,
 contestualmente alla determinazione del limite massimo degli introiti
 pubblicitari di cui all'articolo 21 della legge 14  aprile  1975,  n.
 103,  fissa  per  la  concessionaria  la quota percentuale massima di
 messaggi pubblicitari per ciascuna ora di effettiva trasmissione".
    La legge 6 agosto 1990, n. 223  recante  "Disciplina  del  sistema
 radiotelevisivo pubblico e privato", limitatamente a:
      articolo  8, comma 6: "La trasmissione dei messaggi pubblicitari
 da parte della concessionaria pubblica non puo'  eccedere  il  4  per
 cento dell'orario settimanale di programmazione ed il 12 per cento di
 ogni  ora;  un'eventuale  eccedenza,  comunque non superiore al 2 per
 cento  nel  corso  di  un'ora,  deve   essere   recuperata   nell'ora
 antecedente o successiva"; comma 10, limitatamente alle parole: "e la
 concessionaria  pubblica";  comma 15, limitatamente alle parole: "sia
 per la concessionaria pubblica sia"; comma 16: "Entro il 30 giugno di
 ciascun anno il Presidente del Consiglio dei  ministri,  su  proposta
 del  Ministro  delle poste e delle telecomunicazioni, di concerto con
 il Ministro delle partecipazioni statali e sentiti il  Garante  e  il
 Consiglio  dei  ministri, stabilisce il limite massimo degli introiti
 pubblicitari quale fonte accessoria di proventi che la concessionaria
 pubblica potra' conseguire nell'anno successivo.  Tale  limite  viene
 fissato  applicando  a  quello  stabilito  per  l'anno  precedente la
 variazione  percentuale  prevista  per   il   gettito   pubblicitario
 radiotelevisivo  per  l'anno  in  corso. Ove il gettito pubblicitario
 previsto si discosti da quello effettivo,  il  limite  massimo  degli
 introiti pubblicitari per l'anno successivo terra' conto dell'aumento
 o della diminuzione verificatasi";
      comma  17:  "Le disposizioni di cui ai commi 6 e 16 del presente
 articolo e la normativa di cui alla legge 14  aprile  1975,  n.  103,
 articolo 15, hanno validita' sino al 31 dicembre 1992. In tempo utile
 il  Garante  propone,  nella  relazione  annuale  di  cui al comma 13
 dell'articolo  6,  in  relazione  alle nuove dimensioni comunitarie e
 all'andamento del mercato pubblicitario, le necessarie  ed  opportune
 modificazioni  della  suddetta  normativa.  Il  Governo provvede alle
 conseguenti iniziative legislative";
      articolo  15,  comma  6,  limitatamente  alle  parole:  "con  la
 concessionaria pubblica";
      articolo  24, comma 2: "Le imprese concessionarie di pubblicita'
 che si trovino in situazioni  di  controllo  o  collegamento  con  la
 concessionaria pubblica possono raccogliere pubblicita' anche per tre
 reti radiofoniche della concessionaria stessa".
    Il  decreto-legge  19  ottobre  1992, n. 408 recante "Disposizioni
 urgenti in materia di  pubblicita'  radiotelevisiva",  convertito  in
 legge,  con  modificazioni,  dalla  legge  17  dicembre 1992, n. 483,
 limitatamente a:
      articolo 2, comma 1, limitatamente alle parole: "e l'articolo 8,
 comma 6, della legge 6 agosto 1990, n. 223", iscritto al  n.  76  del
 registro referendum.
    Vista  l'ordinanza  del  30  novembre  1994 con la quale l'Ufficio
 centrale per il referendum popolare presso la Corte di cassazione  ha
 dichiarato  legittima  la  richiesta  e la successiva ordinanza del 9
 dicembre 1994 con la quale l'Ufficio Centrale per  il  referendum  ha
 confermato il quesito predetto;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 gennaio 1995 il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
    Udito  l'avvocato  Claudio  Chiola  per  i  presentatori  Giuseppe
 Calderisi, Lorenzo Strik Lievers e Elio Vito.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  L'Ufficio  Centrale  per  il  referendum  presso la Corte di
 cassazione ha esaminato, in applicazione della legge 25 maggio  1970,
 n.  352,  e  successive  modificazioni,  la  richiesta  di referendum
 popolare presentatata da Calderisi Giuseppe, Bernardini Rita, Lavaggi
 Ottavio, Stanzani Ghedini Sergio Augusto, Vito  Elio,  Strik  Lievers
 Lorenzo  e  Vigevano  Paolo,  depositata  in data 3 febbraio 1994 sul
 seguente quesito:
      "Volete voi che sia abrogata la legge 14 aprile  1975,  n.  103,
 recante   'Nuove   norme  in  materia  di  diffusione  radiofonica  e
 televisiva' limitatamente all'articolo 4, comma 1, limitatamente alle
 parole:  'formula  indirizzi  generali  relativamente   ai   messaggi
 pubblicitari, allo scopo di assicurare la tutela del consumatore e la
 compatibilita'  delle  esigenze  delle  attivita'  produttive  con la
 finalita' di pubblico interesse e  le  responsabilita'  del  servizio
 pubblico  radiotelevisivo;  e all'articolo 15, comma 1, limitatamente
 alle parole: 'nonche' con  i  proventi  derivanti  dalla  pubblicita'
 radiofonica  e televisiva'; nonche' il decreto-legge 6 dicembre 1984,
 n. 807, recante 'Disposizioni  urgenti  in  materia  di  trasmissioni
 radiotelevisive', convertito in legge, con modificazioni, dalla legge
 4  febbraio  1985,  n. 10, limitatamente all'articolo 3-bis, comma 2:
 'La commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la  vigilanza
 dei  servizi radiotelevisivi, contestualmente alla determinazione del
 limite massimo degli introiti pubblicitari  di  cui  all'articolo  21
 della  legge  14  aprile 1975, n. 103, fissa per la concessionaria la
 quota percentuale massima di messaggi pubblicitari per  ciascuna  ora
 di  effettiva  trasmissione';  la legge 6 agosto 1990, n. 223 recante
 'Disciplina   del   sistema   radiotelevisivo   pubblico  e  privato'
 limitatamente all'articolo 8, comma 6: 'La trasmissione  di  messaggi
 pubblicitari da parte della concessionaria pubblica non puo' eccedere
 il 4 per cento dell'orario settimanale di programmazione ed il 12 per
 cento  di ogni ora; un'eventuale eccedenza, comunque non superiore al
 2 per cento nel corso di  un'ora,  deve  essere  recuperata  nell'ora
 antecedente  o  successiva.'; comma 10, limitatamente alle parole: 'e
 la concessionaria pubblica'; comma  15,  limitatamente  alle  parole:
 'sia  per  la  concessionaria  pubblica  sia'; comma 16: 'Entro il 30
 giugno di ciascun anno il Presidente del Consiglio dei  ministri,  su
 proposta  del  Ministro  delle  poste  e  delle telecomunicazioni, di
 concerto con il Ministro delle partecipazioni statali  e  sentiti  il
 Garante  ed  il  Consiglio dei ministri, stabilisce il limite massimo
 degli introiti pubblicitari quale fonte accessoria di proventi che la
 concessionaria pubblica potra' conseguire nell'anno successivo.  Tale
 limite  viene  fissato  applicando,  a  quello  stabilito  per l'anno
 precedente,  la  variazione  percentuale  prevista  per  il   gettito
 pubblicitario  radiotelevisivo  per  l'anno  in corso. Ove il gettito
 pubblicitario previsto si discosti da  quello  effettivo,  il  limite
 massimo  degli  introiti  pubblicitari  per  l'anno successivo terra'
 conto dell'aumento o della diminuzione verificatasi.'; comma 17:  'Le
 disposizioni  di  cui  ai  commi  6  e  16 del presente articolo e la
 normativa di cui alla legge 14 aprile  1975,  n.  103,  articolo  15,
 hanno  validita'  fino al 31 dicembre 1992. In tempo utile il Garante
 propone, nella relazione annuale di cui al comma 13 dell'articolo  6,
 in  relazione  alle  nuove dimensioni comunitarie e all'andamento del
 mercato pubblicitario, le necessarie ed opportune modificazioni  alla
 suddetta  normativa.  Il Governo provvede alle conseguenti iniziative
 legislative.' e all'articolo 15, comma 6, limitatamente alle  parole:
 'con la concessionaria pubblica'; nonche' il decreto-legge 19 ottobre
 1992, n. 408, recante 'Disposizioni urgenti in materia di pubblicita'
 radiotelevisiva', convertito il legge, con modificazioni, dalla legge
 17  dicembre  1992,  n.  483,  limitatamente all'articolo 2, comma 1,
 limitatamente alle parole: 'e l'articolo 8, comma 6,  della  legge  6
 agosto  1990,  n. 223'?".  Con ordinanza 30 novembre 1994, depositata
 il 1 dicembre dello stesso anno, l'Ufficio Centrale per  il  referen-
 dum,  verificata  la regolarita' delle sottoscrizioni delle richieste
 referendarie  nonche'  il  raggiungimento  ed  il   superamento   del
 richiesto  numero  minimo  di 500.000 firme valide, ha dichiarato - a
 norma dell'ultimo comma dell'art. 32 della legge n. 352 del 1970 - la
 legittimita' di detta  richiesta.  Peraltro,  l'Ufficio  Centrale  ha
 accolto  la  richiesta dei promotori di integrare la formulazione del
 quesito con l'inserimento dell'art. 24, comma 2, della legge  n.  223
 del   1990,   omesso   nella  formulazione  originaria  per  semplice
 dimenticanza; la richiesta di rimediare a detta  omissione  e'  stata
 fatta  al fine di rendere coincidente la chiara volonta' referendaria
 con  la  formulazione  espressa  dal  quesito  abrogativo.  L'Ufficio
 Centrale  ha  motivato  l'integrazione,  affermando  che  l'omissione
 configura una "mera irregolarita' formale", da intendersi poi  sanata
 con la memoria presentata dai promotori, in cui si riformula all'uopo
 il  quesito.    Pertanto il quesito sulla cui ammissibilita' deve ora
 pronunciarsi la Corte e' il seguente:
      "Volete  voi  che  sia abrogata la legge 14 aprile 1975, n. 103,
 recante  'Nuove  norme  in  materia  di  diffusione   radiofonica   e
 televisiva' limitatamente a:
       articolo  4,  comma  1,  limitatamente  alle  parole:  'formula
 indirizzi generali relativamente ai messaggi pubblicitari, allo scopo
 di assicurare la tutela del consumatore  e  la  compatibilita'  delle
 esigenze  delle  attivita'  produttive  con  la finalita' di pubblico
 interesse   e    le    responsabilita'    del    servizio    pubblico
 radiotelevisivo';
       articolo 15, comma 1, limitatamente alle parole: 'nonche' con i
 proventi derivanti dalla pubblicita' radiofonica e televisiva';
    Il  decreto-legge  6  dicembre 1984, n. 807, recante 'Disposizioni
 urgenti in materia di trasmissioni  radiotelevisive',  convertito  in
 legge,  con  modificazioni,  dalla  legge  4  febbraio  1985,  n. 10,
 limitatamente a:
      articolo  3-bis,  comma  2:  'La  commissione  parlamentare  per
 l'indirizzo  generale  e  la  vigilanza  dei servizi radiotelevisivi,
 contestualmente alla determinazione del limite massimo degli introiti
 pubblicitari di cui all'articolo 21 della legge 14  aprile  1975,  n.
 103,  fissa  per  la  concessionaria  la quota percentuale massima di
 messaggi pubblicitari per ciascuna ora di effettiva trasmissione'.
    La legge 6 agosto 1990, n. 223  recante  'Disciplina  del  sistema
 radiotelevisivo pubblico e privato', limitatamente a:
      articolo  8, comma 6: 'La trasmissione dei messaggi pubblicitari
 da parte della concessionaria pubblica non puo'  eccedere  il  4  per
 cento dell'orario settimanale di programmazione ed il 12 per cento di
 ogni  ora;  un'eventuale  eccedenza,  comunque non superiore al 2 per
 cento  nel  corso  di  un'ora,  deve   essere   recuperata   nell'ora
 antecedente o successiva'; comma 10, limitatamente alle parole: 'e la
 concessionaria  pubblica';  comma 15, limitatamente alle parole: 'sia
 per la concessionaria pubblica sia'; comma 16: 'Entro il 30 giugno di
 ciascun anno il Presidente del Consiglio dei  ministri,  su  proposta
 del  Ministro  delle poste e delle telecomunicazioni, di concerto con
 il Ministro delle partecipazioni statali e sentiti il  Garante  e  il
 Consiglio  dei  ministri, stabilisce il limite massimo degli introiti
 pubblicitari quale fonte accessoria di proventi che la concessionaria
 pubblica potra' conseguire nell'anno successivo.  Tale  limite  viene
 fissato  applicando  a  quello  stabilito  per  l'anno  precedente la
 variazione  percentuale  prevista  per   il   gettito   pubblicitario
 radiotelevisivo  per  l'anno  in  corso. Ove il gettito pubblicitario
 previsto si discosti da quello effettivo,  il  limite  massimo  degli
 introiti pubblicitari per l'anno successivo terra' conto dell'aumento
 o  della diminuzione verificatasi'; comma 17: 'Le disposizioni di cui
 ai commi 6 e 16 del presente articolo e  la  normativa  di  cui  alla
 legge 14 aprile 1975, n. 103, articolo 15, hanno validita' sino al 31
 dicembre  1992.  In  tempo  utile il Garante propone, nella relazione
 annuale di cui al comma 13 dell'articolo 6, in relazione  alle  nuove
 dimensioni  comunitarie e all'andamento del mercato pubblicitario, le
 necessarie ed opportune modificazioni della  suddetta  normativa.  Il
 Governo provvede alle conseguenti iniziative legislative';
      articolo  15,  comma  6,  limitatamente  alle  parole:  'con  la
 concessionaria pubblica';
      articolo 24, comma 2: 'Le imprese concessionarie di  pubblicita'
 che  si  trovino  in  situazioni  di  controllo o collegamento con la
 concessionaria pubblica possono raccogliere pubblicita' anche per tre
 reti radiofoniche della concessionaria stessa'.  Il decreto-legge  19
 ottobre  1992,  n.  408  recante  'Disposizioni urgenti in materia di
 pubblicita' radiotelevisiva', convertito in legge, con modificazioni,
 dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483, limitatamente a:
      articolo 2, comma 1, limitatamente alle parole: 'e l'articolo 8,
 comma 6, della legge 6 agosto 1990, n. 223'?".
    2. - L'Ufficio Centrale per il referendum ha, invece,  respinto  -
 con l'ordinanza sopra citata e con una successiva del 9 dicembre 1994
 -  la  richiesta  dei  promotori di estendere il quesito all'art. 10,
 terzo comma, del decreto-legge 28 ottobre 1994, n. 602,  sopravvenuto
 alla   presentazione   del  quesito  stesso.  L'Ufficio  Centrale  ha
 ribadito, in proposito, la propria giurisprudenza in base alla  quale
 non  puo'  tener conto di decreti-legge non ancora convertiti, stante
 il loro carattere di "provvedimenti provvisori" a norma dell'art.  77
 della  Costituzione  e  stante  la  possibilita'  di una loro mancata
 conversione in legge.
    3.  -  Ricevuta  la  comunicazione   dell'ordinanza   dell'Ufficio
 Centrale,  il  Presidente  di  questa  Corte  ha  fissato il giorno 9
 gennaio 1995  per  la  conseguente  deliberazione,  dandone  regolare
 comunicazione.
    4.  -  In  data  31  dicembre  1994,  i  promotori del referendum,
 rappresentati e difesi  dall'avv.  Claudio  Chiola  hanno  presentato
 memoria nel giudizio di ammissibilita' del referendum.
    In  primo  luogo,  i  promotori  sottolineano  che  lo scopo della
 proposta abrogativa e' quello di "eliminare la pubblicita' televisiva
 e radiofonica dalle reti della concessionaria  pubblica  al  fine  di
 ricondurre   il  servizio  pubblico  radiotelevisivo  nel  suo  alveo
 naturale  depurandolo  da  ogni   condizionamento   derivante   dalla
 pubblicita'  commerciale".   In secondo luogo, la memoria si sofferma
 sulla "assoluta omogeneita'-completezza" del quesito,  rilevando  che
 tutte  le  disposizioni  in  tema  di  pubblicita'  sulle  reti della
 concessionaria pubblica sono state coinvolte per evitare ogni censura
 di incompletezza-incoerenza.  L'obiettivo referendario  di  eliminare
 la  pubblicita'  quale  fonte  di  finanziamento delle concessionarie
 pubbliche sarebbe desumibile,  particolarmente,  dall'art.  15  della
 legge n. 103 del 1975 che disciplina il fabbisogno finanziario per la
 gestione del servizio pubblico, affermando che questo e' coperto, con
 i  proventi  della pubblicita' commerciale, oltre che con i canoni di
 abbonamento e con altre entrate previste dalla legge.
    L'"amputazione"  nell'art.   15   dell'entrata   derivante   dalla
 pubblicita'   costituirebbe   il  "principio  abrogativo",  lo  scopo
 perseguito dal referendum.
    La memoria si sofferma, quindi, sulla vigenza dell'art.  15  della
 legge  n.  103  del  1975,  che,  in  virtu'  di  altre disposizioni,
 assoggettate  anche  esse   al   quesito   referendario   (artt.   8,
 diciassettesimo  comma,  legge  n. 223 del 1990 e 2, decreto-legge n.
 408 del 1992, convertito in legge n. 483 del 1992) e' stata mantenuta
 sino alla data del 31 dicembre 1993.
    In proposito, si rileva che la disposizione di cui al citato  art.
 15  era  in  vigore ed efficace al momento del deposito del quesito e
 che la dichiarazione temporale  di  efficacia  non  e'  assoluta,  in
 quanto  l'art.  8, comma 17, legge n. 223 del 1990, pone in relazione
 la decadenza della vecchia disciplina della  pubblicita'  sulle  reti
 pubbliche con la entrata in vigore della nuova.
    Nonostante lo scadere del termine temporale di efficacia dell'art.
 15,  i promotori hanno ritenuto opportuno e necessario che il quesito
 coinvolgesse  la  parte  di  tale  articolo  che  fa  riferimento  ai
 "proventi   finanziari  derivanti  dalla  pubblicita'  radiofonica  e
 televisiva", poiche' dall'abrogazione di questa frase si ritiene  che
 derivi  la  preclusione  di una reviviscenza dell'utilizzazione della
 pubblicita'  commerciale  come  fonte   di   finanziamento   per   la
 concessionaria pubblica.
    I promotori negano, poi, che nell'interpretare il quesito si possa
 ritenere  che  dall'abrogazione  di  norme che contengono limiti alla
 pubblicita' derivi l'effetto di una liberalizzazione  "pubblicitaria"
 dell'emittente pubblica.
    Secondo  i  promotori, la concessionaria pubblica necessita di una
 previa,  specifica  autorizzazione  da   parte   del   concedente   o
 direttamente   dal  legislatore.  La  veste  formale  di  S.p.A.  non
 costituisce titolo sufficiente per attribuire alla RAI  il  godimento
 di poteri imprenditoriali e piu' latamente di iniziativa economica ex
 art.  41 della Costituzione, che sono invece prerogative inalienabili
 delle  societa'  commerciali  di   diritto   comune.   Cio'   sarebbe
 dimostrato,  da  un lato, dal fatto che dalla peculiare posizione che
 ha la RAI nell'ordinamento dipende l'impossibilita' di privatizzarla,
 a  differenza  delle  altre  societa'  in  partecipazione   dell'IRI.
 Dall'altro che, in base alla convenzione con lo Stato (art. 5, d.P.R.
 28  marzo 1994), l'assunzione di attivita' commerciali ed industriali
 non puo' essere  effettuata  dalla  RAI  senza  l'autorizzazione  del
 Ministro  delle  poste  e  delle telecomunicazioni di concerto con il
 Ministro del tesoro.
    5. -  Ad  integrazione  della  difesa  scritta,  nella  camera  di
 consiglio del 9 gennaio 1995 e' stato udito, per i promotori del ref-
 erendum,  l'avv. Claudio Chiola che ha insistito per l'ammissibilita'
 del referendum.
                        Considerato in diritto
   1. -  Deve  essere  esaminata  la  sussistenza  dei  requisiti  per
 l'ammissibilita'   della   richiesta  del  referendum  abrogativo  in
 oggetto, dichiarata legittima dall'Ufficio Centrale per il referendum
 presso la Corte di cassazione,  con  ordinanza  del  30  novembre  (1
 dicembre)  1994.  A  tal  fine,  questa  Corte  deve verificare se la
 richiesta stessa non incontri i limiti previsti dall'art. 75, secondo
 comma, della Costituzione o quelli desumibili  da  un  esame  logico-
 sistematico  della  Costituzione  stessa, secondo la propria costante
 giurisprudenza a far corso dalla sentenza n. 16 del 1978.
    La richiesta in esame investe varie disposizioni legislative  che,
 nel  tempo,  hanno  concorso  a  disciplinare i messaggi pubblicitari
 sulle reti radiofoniche e televisive della concessionaria pubblica.
    In   particolare,   nel   quesito,   come   dichiarato   legittimo
 dall'Ufficio   Centrale   per   il  referendum,  sono  ricomprese  le
 disposizioni concernenti:
      1) la  funzione  dei  proventi  pubblicitari  di  concorrere  al
 fabbisogno  finanziario  per una efficiente ed economica gestione del
 servizio pubblico (art. 15, legge 14 aprile 1975, n. 103);
      2) le funzioni di indirizzo della Commissione  parlamentare  per
 l'indirizzo  generale  e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, in
 ordine ai messaggi pubblicitari (art. 4, primo comma,  legge  n.  103
 del 1975);
      3)   le  limitazioni  orarie  delle  trasmissioni  dei  messaggi
 pubblicitari (art. 3-bis, secondo  comma,  decreto-legge  6  dicembre
 1984,  n.  807,  convertito  con modificazioni dalla legge 4 febbraio
 1985, n. 10, art. 8, sesto comma, legge 6 agosto 1990, n. 223);
      4) le modalita' di trasmissione dei messaggi pubblicitari  (art.
 8, decimo comma, legge n. 223 del 1990);
      5)  i  poteri  del garante in ordine alla regolamentazione delle
 sponsorizzazioni (art. 8, quindicesimo comma, legge n. 223 del 1990);
      6) il  limite  massimo  degli  introiti  pubblicitari  (art.  8,
 sedicesimo comma, legge n. 223 del 1990);
      7)  la  vigenza  delle  disposizioni  di cui ai citati artt. 15,
 primo comma, della legge n. 103 del 1975 e 8, sesto comma della legge
 n. 223 del 1990 (art. 8, diciassettesimo comma, della  legge  n.  223
 del 1990; art. 2, primo comma, decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 408,
 convertito con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483);
      8)  gli  oneri delle imprese concessionarie di pubblicita' (art.
 15, sesto comma, legge n. 223 del 1990);
      9) la raccolta pubblicitaria per le reti radiofoniche (art.  24,
 secondo comma, legge n. 223 del 1990).
   2.  - La richiesta pone non pochi problemi circa il perdurare della
 vigenza di alcune norme che  ne  sono  oggetto.  Problemi  che,  come
 esposto  in  narrativa,  sono  segnalati  dalla  stessa  memoria  dei
 presentatori del referendum, ma che non sono  stati  presi  in  esame
 nelle citate ordinanze dell'Ufficio Centrale per il referendum.
    D'altro  canto,  va  rilevato che e' stata effettuata l'estensione
 del quesito ad una disposizione non sottoposta  a  sottoscrizione  da
 parte degli elettori ai sensi dell'art. 75 della Costituzione (l'art.
 24,  secondo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223) con l'espresso
 fine  di  rendere  piu'  chiara  la  richiesta   referendaria.   Tale
 valutazione dell'Ufficio Centrale non puo' considerarsi - ai fini del
 giudizio sulla chiarezza del quesito - una indicazione vincolante per
 questa  Corte,  alla  quale, in forza del disposto di cui all'art. 2,
 primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1,  spetta,
 in via esclusiva, la funzione di giudicare sulla ammissibilita' delle
 richieste di referendum abrogativo, e, pertanto, di valutare se dette
 richieste posseggano i requisiti imposti dal dettato costituzionale e
 quindi,  come  nella  specie,  possano  considerarsi "chiare" ai fini
 della loro ammissibilita'.
    3. - La richiesta di referendum abrogativo  e'  inammissibile,  in
 quanto  non  appare  univocamente  diretta  al  fine,  propugnato dai
 promotori, di impedire che  le  reti  della  concessionaria  pubblica
 trasmettano messaggi pubblicitari.
    Invero,  deve essere disattesa l'interpretazione - prospettata dai
 promotori - che configura l'art. 15 della legge n. 103 del 1975  come
 espressivo   della   norma   che   costituisce  il  fondamento  della
 possibilita'  di  raccolta   e   di   trasmissione   di   pubblicita'
 commerciale.
    Al  contrario,  tale  disposizione  si  limita  ad  individuare la
 finalita' dei proventi pubblicitari che e' quella  di  concorrere  al
 fabbisogno  finanziario  della  concessionaria  pubblica,  assieme ai
 canoni di abbonamento ed alle altre entrate previste dalla legge.
    L'intento,  sotteso  alla iniziativa referendaria, ha un carattere
 propositivo, volto ad introdurre un divieto assoluto di  trasmissioni
 pubblicitarie:  finalita' che non puo' essere raggiunta con la pura e
 semplice  ablazione  dall'ordinamento  della  disposizione   di   cui
 all'art. 15 della legge n. 103 del 1975.
    Ne'  a  un  tale  intento  puo'  ritenersi  utilmente  finalizzata
 l'abrogazione delle altre disposizioni coinvolte dalla richiesta, che
 attengono alle modalita' e ai  limiti  di  trasmissione  di  messaggi
 pubblicitari    nonche'   alla   raccolta   pubblicitaria:   siffatta
 abrogazione potrebbe d'altronde essere intesa come  provvedimento  di
 liberalizzazione  delle  trasmissioni pubblicitarie, in contrasto con
 il programmato intento di impedire la pubblicita'  sulle  reti  della
 concessionaria pubblica.
    D'altro  canto,  non  assumono pregio le valutazioni dei promotori
 circa le peculiarita' della natura giuridica della RAI,  che  vertono
 sull'integrale  partecipazione  pubblica  al  suo  azionariato  e sui
 poteri autorizzatori che, in base alla  vigente  convenzione  con  lo
 Stato (art. 5, d.P.R. 28 marzo 1994), sono imputati al Ministro delle
 poste e delle telecomunicazioni.
    Da  un  lato,  non  appare  sufficiente a far venire meno i poteri
 imprenditoriali e piu' latamente d'iniziativa economica  ex  art.  41
 della  Costituzione  -  ai quali la giurisprudenza di questa Corte ha
 riconnesso la pubblicita' commerciale (sentenza n. 231  del  1985)  -
 l'attuale    proprieta'   pubblica   delle   azioni   RAI   e   cio',
 particolarmente, alla luce dell'attuale configurazione  del  ruolo  e
 della  natura  giuridica  della concessionaria pubblica. Peraltro, la
 proprieta' pubblica delle azioni della RAI non  costituisce  un  dato
 immodificabile,   come   e'  dimostrato  anche  dalla  ammissibilita'
 (dichiarata  con  sentenza  emessa  in  pari  data)  del   referendum
 abrogativo delle disposizioni che tale proprieta' pubblica prevedono.
    D'altro  canto,  ritenere  che l'autorizzazione del Ministro delle
 poste e delle telecomunicazioni a svolgere attivita'  commerciali  ed
 industriali  sia  costitutiva di poteri imprenditoriali configura una
 inaccettabile ricostruzione della funzione autorizzatoria,  la  quale
 invece non puo' che farsi rientrare, nel caso, fra le limitazioni che
 il  terzo  comma  dell'art. 41 della Costituzione consente al fine di
 indirizzare  e  coordinare  a  fini  sociali  l'attivita'   economica
 pubblica.
    La  discrasia fra il significato che assume la cancellazione delle
 disposizioni  ricomprese  nel  quesito   referendario   ed   i   fini
 concretamente  perseguiti  dai promotori denota l'assoluta ambiguita'
 della richiesta referendaria, che non consentirebbe all'elettorato di
 approvare o respingere con la dovuta consapevolezza  la  proposta  di
 abrogazione  (cfr.,  da  ultimo,  sentenze nn. 29, 34 e 36 del 1993).
 Pertanto,  la  richiesta  di  referendum  abrogativo  va   dichiarata
 inammissibile.