ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della legge 14 aprile 1975, n. 103, recante "Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva" limitatamente a: articolo 4, comma 1, limitatamente alle parole: "formula indirizzi generali relativamente ai messaggi pubblicitari, allo scopo di assicurare la tutela del consumatore e la compatibilita' delle esigenze delle attivita' produttive con la finalita' di pubblico interesse e le responsabilita' del servizio pubblico radiotelevisivo"; articolo 15, comma 1, limitatamente alle parole: "nonche' con i proventi derivanti dalla pubblicita' radiofonica e televisiva". Il decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807, recante "Disposizioni urgenti in materia di trasmissioni radiotelevisive", convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 febbraio 1985, n. 10, limitatamente a: articolo 3-bis, comma 2: "La commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, contestualmente alla determinazione del limite massimo degli introiti pubblicitari di cui all'articolo 21 della legge 14 aprile 1975, n. 103, fissa per la concessionaria la quota percentuale massima di messaggi pubblicitari per ciascuna ora di effettiva trasmissione". La legge 6 agosto 1990, n. 223 recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato", limitatamente a: articolo 8, comma 6: "La trasmissione dei messaggi pubblicitari da parte della concessionaria pubblica non puo' eccedere il 4 per cento dell'orario settimanale di programmazione ed il 12 per cento di ogni ora; un'eventuale eccedenza, comunque non superiore al 2 per cento nel corso di un'ora, deve essere recuperata nell'ora antecedente o successiva"; comma 10, limitatamente alle parole: "e la concessionaria pubblica"; comma 15, limitatamente alle parole: "sia per la concessionaria pubblica sia"; comma 16: "Entro il 30 giugno di ciascun anno il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, di concerto con il Ministro delle partecipazioni statali e sentiti il Garante e il Consiglio dei ministri, stabilisce il limite massimo degli introiti pubblicitari quale fonte accessoria di proventi che la concessionaria pubblica potra' conseguire nell'anno successivo. Tale limite viene fissato applicando a quello stabilito per l'anno precedente la variazione percentuale prevista per il gettito pubblicitario radiotelevisivo per l'anno in corso. Ove il gettito pubblicitario previsto si discosti da quello effettivo, il limite massimo degli introiti pubblicitari per l'anno successivo terra' conto dell'aumento o della diminuzione verificatasi"; comma 17: "Le disposizioni di cui ai commi 6 e 16 del presente articolo e la normativa di cui alla legge 14 aprile 1975, n. 103, articolo 15, hanno validita' sino al 31 dicembre 1992. In tempo utile il Garante propone, nella relazione annuale di cui al comma 13 dell'articolo 6, in relazione alle nuove dimensioni comunitarie e all'andamento del mercato pubblicitario, le necessarie ed opportune modificazioni della suddetta normativa. Il Governo provvede alle conseguenti iniziative legislative"; articolo 15, comma 6, limitatamente alle parole: "con la concessionaria pubblica"; articolo 24, comma 2: "Le imprese concessionarie di pubblicita' che si trovino in situazioni di controllo o collegamento con la concessionaria pubblica possono raccogliere pubblicita' anche per tre reti radiofoniche della concessionaria stessa". Il decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 408 recante "Disposizioni urgenti in materia di pubblicita' radiotelevisiva", convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483, limitatamente a: articolo 2, comma 1, limitatamente alle parole: "e l'articolo 8, comma 6, della legge 6 agosto 1990, n. 223", iscritto al n. 76 del registro referendum. Vista l'ordinanza del 30 novembre 1994 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum popolare presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la richiesta e la successiva ordinanza del 9 dicembre 1994 con la quale l'Ufficio Centrale per il referendum ha confermato il quesito predetto; Udito nella camera di consiglio del 9 gennaio 1995 il Giudice relatore Ugo Spagnoli; Udito l'avvocato Claudio Chiola per i presentatori Giuseppe Calderisi, Lorenzo Strik Lievers e Elio Vito. Ritenuto in fatto 1. - L'Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha esaminato, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni, la richiesta di referendum popolare presentatata da Calderisi Giuseppe, Bernardini Rita, Lavaggi Ottavio, Stanzani Ghedini Sergio Augusto, Vito Elio, Strik Lievers Lorenzo e Vigevano Paolo, depositata in data 3 febbraio 1994 sul seguente quesito: "Volete voi che sia abrogata la legge 14 aprile 1975, n. 103, recante 'Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva' limitatamente all'articolo 4, comma 1, limitatamente alle parole: 'formula indirizzi generali relativamente ai messaggi pubblicitari, allo scopo di assicurare la tutela del consumatore e la compatibilita' delle esigenze delle attivita' produttive con la finalita' di pubblico interesse e le responsabilita' del servizio pubblico radiotelevisivo; e all'articolo 15, comma 1, limitatamente alle parole: 'nonche' con i proventi derivanti dalla pubblicita' radiofonica e televisiva'; nonche' il decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807, recante 'Disposizioni urgenti in materia di trasmissioni radiotelevisive', convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 febbraio 1985, n. 10, limitatamente all'articolo 3-bis, comma 2: 'La commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, contestualmente alla determinazione del limite massimo degli introiti pubblicitari di cui all'articolo 21 della legge 14 aprile 1975, n. 103, fissa per la concessionaria la quota percentuale massima di messaggi pubblicitari per ciascuna ora di effettiva trasmissione'; la legge 6 agosto 1990, n. 223 recante 'Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato' limitatamente all'articolo 8, comma 6: 'La trasmissione di messaggi pubblicitari da parte della concessionaria pubblica non puo' eccedere il 4 per cento dell'orario settimanale di programmazione ed il 12 per cento di ogni ora; un'eventuale eccedenza, comunque non superiore al 2 per cento nel corso di un'ora, deve essere recuperata nell'ora antecedente o successiva.'; comma 10, limitatamente alle parole: 'e la concessionaria pubblica'; comma 15, limitatamente alle parole: 'sia per la concessionaria pubblica sia'; comma 16: 'Entro il 30 giugno di ciascun anno il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, di concerto con il Ministro delle partecipazioni statali e sentiti il Garante ed il Consiglio dei ministri, stabilisce il limite massimo degli introiti pubblicitari quale fonte accessoria di proventi che la concessionaria pubblica potra' conseguire nell'anno successivo. Tale limite viene fissato applicando, a quello stabilito per l'anno precedente, la variazione percentuale prevista per il gettito pubblicitario radiotelevisivo per l'anno in corso. Ove il gettito pubblicitario previsto si discosti da quello effettivo, il limite massimo degli introiti pubblicitari per l'anno successivo terra' conto dell'aumento o della diminuzione verificatasi.'; comma 17: 'Le disposizioni di cui ai commi 6 e 16 del presente articolo e la normativa di cui alla legge 14 aprile 1975, n. 103, articolo 15, hanno validita' fino al 31 dicembre 1992. In tempo utile il Garante propone, nella relazione annuale di cui al comma 13 dell'articolo 6, in relazione alle nuove dimensioni comunitarie e all'andamento del mercato pubblicitario, le necessarie ed opportune modificazioni alla suddetta normativa. Il Governo provvede alle conseguenti iniziative legislative.' e all'articolo 15, comma 6, limitatamente alle parole: 'con la concessionaria pubblica'; nonche' il decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 408, recante 'Disposizioni urgenti in materia di pubblicita' radiotelevisiva', convertito il legge, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483, limitatamente all'articolo 2, comma 1, limitatamente alle parole: 'e l'articolo 8, comma 6, della legge 6 agosto 1990, n. 223'?". Con ordinanza 30 novembre 1994, depositata il 1 dicembre dello stesso anno, l'Ufficio Centrale per il referen- dum, verificata la regolarita' delle sottoscrizioni delle richieste referendarie nonche' il raggiungimento ed il superamento del richiesto numero minimo di 500.000 firme valide, ha dichiarato - a norma dell'ultimo comma dell'art. 32 della legge n. 352 del 1970 - la legittimita' di detta richiesta. Peraltro, l'Ufficio Centrale ha accolto la richiesta dei promotori di integrare la formulazione del quesito con l'inserimento dell'art. 24, comma 2, della legge n. 223 del 1990, omesso nella formulazione originaria per semplice dimenticanza; la richiesta di rimediare a detta omissione e' stata fatta al fine di rendere coincidente la chiara volonta' referendaria con la formulazione espressa dal quesito abrogativo. L'Ufficio Centrale ha motivato l'integrazione, affermando che l'omissione configura una "mera irregolarita' formale", da intendersi poi sanata con la memoria presentata dai promotori, in cui si riformula all'uopo il quesito. Pertanto il quesito sulla cui ammissibilita' deve ora pronunciarsi la Corte e' il seguente: "Volete voi che sia abrogata la legge 14 aprile 1975, n. 103, recante 'Nuove norme in materia di diffusione radiofonica e televisiva' limitatamente a: articolo 4, comma 1, limitatamente alle parole: 'formula indirizzi generali relativamente ai messaggi pubblicitari, allo scopo di assicurare la tutela del consumatore e la compatibilita' delle esigenze delle attivita' produttive con la finalita' di pubblico interesse e le responsabilita' del servizio pubblico radiotelevisivo'; articolo 15, comma 1, limitatamente alle parole: 'nonche' con i proventi derivanti dalla pubblicita' radiofonica e televisiva'; Il decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807, recante 'Disposizioni urgenti in materia di trasmissioni radiotelevisive', convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 febbraio 1985, n. 10, limitatamente a: articolo 3-bis, comma 2: 'La commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, contestualmente alla determinazione del limite massimo degli introiti pubblicitari di cui all'articolo 21 della legge 14 aprile 1975, n. 103, fissa per la concessionaria la quota percentuale massima di messaggi pubblicitari per ciascuna ora di effettiva trasmissione'. La legge 6 agosto 1990, n. 223 recante 'Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato', limitatamente a: articolo 8, comma 6: 'La trasmissione dei messaggi pubblicitari da parte della concessionaria pubblica non puo' eccedere il 4 per cento dell'orario settimanale di programmazione ed il 12 per cento di ogni ora; un'eventuale eccedenza, comunque non superiore al 2 per cento nel corso di un'ora, deve essere recuperata nell'ora antecedente o successiva'; comma 10, limitatamente alle parole: 'e la concessionaria pubblica'; comma 15, limitatamente alle parole: 'sia per la concessionaria pubblica sia'; comma 16: 'Entro il 30 giugno di ciascun anno il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, di concerto con il Ministro delle partecipazioni statali e sentiti il Garante e il Consiglio dei ministri, stabilisce il limite massimo degli introiti pubblicitari quale fonte accessoria di proventi che la concessionaria pubblica potra' conseguire nell'anno successivo. Tale limite viene fissato applicando a quello stabilito per l'anno precedente la variazione percentuale prevista per il gettito pubblicitario radiotelevisivo per l'anno in corso. Ove il gettito pubblicitario previsto si discosti da quello effettivo, il limite massimo degli introiti pubblicitari per l'anno successivo terra' conto dell'aumento o della diminuzione verificatasi'; comma 17: 'Le disposizioni di cui ai commi 6 e 16 del presente articolo e la normativa di cui alla legge 14 aprile 1975, n. 103, articolo 15, hanno validita' sino al 31 dicembre 1992. In tempo utile il Garante propone, nella relazione annuale di cui al comma 13 dell'articolo 6, in relazione alle nuove dimensioni comunitarie e all'andamento del mercato pubblicitario, le necessarie ed opportune modificazioni della suddetta normativa. Il Governo provvede alle conseguenti iniziative legislative'; articolo 15, comma 6, limitatamente alle parole: 'con la concessionaria pubblica'; articolo 24, comma 2: 'Le imprese concessionarie di pubblicita' che si trovino in situazioni di controllo o collegamento con la concessionaria pubblica possono raccogliere pubblicita' anche per tre reti radiofoniche della concessionaria stessa'. Il decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 408 recante 'Disposizioni urgenti in materia di pubblicita' radiotelevisiva', convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483, limitatamente a: articolo 2, comma 1, limitatamente alle parole: 'e l'articolo 8, comma 6, della legge 6 agosto 1990, n. 223'?". 2. - L'Ufficio Centrale per il referendum ha, invece, respinto - con l'ordinanza sopra citata e con una successiva del 9 dicembre 1994 - la richiesta dei promotori di estendere il quesito all'art. 10, terzo comma, del decreto-legge 28 ottobre 1994, n. 602, sopravvenuto alla presentazione del quesito stesso. L'Ufficio Centrale ha ribadito, in proposito, la propria giurisprudenza in base alla quale non puo' tener conto di decreti-legge non ancora convertiti, stante il loro carattere di "provvedimenti provvisori" a norma dell'art. 77 della Costituzione e stante la possibilita' di una loro mancata conversione in legge. 3. - Ricevuta la comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio Centrale, il Presidente di questa Corte ha fissato il giorno 9 gennaio 1995 per la conseguente deliberazione, dandone regolare comunicazione. 4. - In data 31 dicembre 1994, i promotori del referendum, rappresentati e difesi dall'avv. Claudio Chiola hanno presentato memoria nel giudizio di ammissibilita' del referendum. In primo luogo, i promotori sottolineano che lo scopo della proposta abrogativa e' quello di "eliminare la pubblicita' televisiva e radiofonica dalle reti della concessionaria pubblica al fine di ricondurre il servizio pubblico radiotelevisivo nel suo alveo naturale depurandolo da ogni condizionamento derivante dalla pubblicita' commerciale". In secondo luogo, la memoria si sofferma sulla "assoluta omogeneita'-completezza" del quesito, rilevando che tutte le disposizioni in tema di pubblicita' sulle reti della concessionaria pubblica sono state coinvolte per evitare ogni censura di incompletezza-incoerenza. L'obiettivo referendario di eliminare la pubblicita' quale fonte di finanziamento delle concessionarie pubbliche sarebbe desumibile, particolarmente, dall'art. 15 della legge n. 103 del 1975 che disciplina il fabbisogno finanziario per la gestione del servizio pubblico, affermando che questo e' coperto, con i proventi della pubblicita' commerciale, oltre che con i canoni di abbonamento e con altre entrate previste dalla legge. L'"amputazione" nell'art. 15 dell'entrata derivante dalla pubblicita' costituirebbe il "principio abrogativo", lo scopo perseguito dal referendum. La memoria si sofferma, quindi, sulla vigenza dell'art. 15 della legge n. 103 del 1975, che, in virtu' di altre disposizioni, assoggettate anche esse al quesito referendario (artt. 8, diciassettesimo comma, legge n. 223 del 1990 e 2, decreto-legge n. 408 del 1992, convertito in legge n. 483 del 1992) e' stata mantenuta sino alla data del 31 dicembre 1993. In proposito, si rileva che la disposizione di cui al citato art. 15 era in vigore ed efficace al momento del deposito del quesito e che la dichiarazione temporale di efficacia non e' assoluta, in quanto l'art. 8, comma 17, legge n. 223 del 1990, pone in relazione la decadenza della vecchia disciplina della pubblicita' sulle reti pubbliche con la entrata in vigore della nuova. Nonostante lo scadere del termine temporale di efficacia dell'art. 15, i promotori hanno ritenuto opportuno e necessario che il quesito coinvolgesse la parte di tale articolo che fa riferimento ai "proventi finanziari derivanti dalla pubblicita' radiofonica e televisiva", poiche' dall'abrogazione di questa frase si ritiene che derivi la preclusione di una reviviscenza dell'utilizzazione della pubblicita' commerciale come fonte di finanziamento per la concessionaria pubblica. I promotori negano, poi, che nell'interpretare il quesito si possa ritenere che dall'abrogazione di norme che contengono limiti alla pubblicita' derivi l'effetto di una liberalizzazione "pubblicitaria" dell'emittente pubblica. Secondo i promotori, la concessionaria pubblica necessita di una previa, specifica autorizzazione da parte del concedente o direttamente dal legislatore. La veste formale di S.p.A. non costituisce titolo sufficiente per attribuire alla RAI il godimento di poteri imprenditoriali e piu' latamente di iniziativa economica ex art. 41 della Costituzione, che sono invece prerogative inalienabili delle societa' commerciali di diritto comune. Cio' sarebbe dimostrato, da un lato, dal fatto che dalla peculiare posizione che ha la RAI nell'ordinamento dipende l'impossibilita' di privatizzarla, a differenza delle altre societa' in partecipazione dell'IRI. Dall'altro che, in base alla convenzione con lo Stato (art. 5, d.P.R. 28 marzo 1994), l'assunzione di attivita' commerciali ed industriali non puo' essere effettuata dalla RAI senza l'autorizzazione del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni di concerto con il Ministro del tesoro. 5. - Ad integrazione della difesa scritta, nella camera di consiglio del 9 gennaio 1995 e' stato udito, per i promotori del ref- erendum, l'avv. Claudio Chiola che ha insistito per l'ammissibilita' del referendum. Considerato in diritto 1. - Deve essere esaminata la sussistenza dei requisiti per l'ammissibilita' della richiesta del referendum abrogativo in oggetto, dichiarata legittima dall'Ufficio Centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, con ordinanza del 30 novembre (1 dicembre) 1994. A tal fine, questa Corte deve verificare se la richiesta stessa non incontri i limiti previsti dall'art. 75, secondo comma, della Costituzione o quelli desumibili da un esame logico- sistematico della Costituzione stessa, secondo la propria costante giurisprudenza a far corso dalla sentenza n. 16 del 1978. La richiesta in esame investe varie disposizioni legislative che, nel tempo, hanno concorso a disciplinare i messaggi pubblicitari sulle reti radiofoniche e televisive della concessionaria pubblica. In particolare, nel quesito, come dichiarato legittimo dall'Ufficio Centrale per il referendum, sono ricomprese le disposizioni concernenti: 1) la funzione dei proventi pubblicitari di concorrere al fabbisogno finanziario per una efficiente ed economica gestione del servizio pubblico (art. 15, legge 14 aprile 1975, n. 103); 2) le funzioni di indirizzo della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, in ordine ai messaggi pubblicitari (art. 4, primo comma, legge n. 103 del 1975); 3) le limitazioni orarie delle trasmissioni dei messaggi pubblicitari (art. 3-bis, secondo comma, decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807, convertito con modificazioni dalla legge 4 febbraio 1985, n. 10, art. 8, sesto comma, legge 6 agosto 1990, n. 223); 4) le modalita' di trasmissione dei messaggi pubblicitari (art. 8, decimo comma, legge n. 223 del 1990); 5) i poteri del garante in ordine alla regolamentazione delle sponsorizzazioni (art. 8, quindicesimo comma, legge n. 223 del 1990); 6) il limite massimo degli introiti pubblicitari (art. 8, sedicesimo comma, legge n. 223 del 1990); 7) la vigenza delle disposizioni di cui ai citati artt. 15, primo comma, della legge n. 103 del 1975 e 8, sesto comma della legge n. 223 del 1990 (art. 8, diciassettesimo comma, della legge n. 223 del 1990; art. 2, primo comma, decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 408, convertito con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483); 8) gli oneri delle imprese concessionarie di pubblicita' (art. 15, sesto comma, legge n. 223 del 1990); 9) la raccolta pubblicitaria per le reti radiofoniche (art. 24, secondo comma, legge n. 223 del 1990). 2. - La richiesta pone non pochi problemi circa il perdurare della vigenza di alcune norme che ne sono oggetto. Problemi che, come esposto in narrativa, sono segnalati dalla stessa memoria dei presentatori del referendum, ma che non sono stati presi in esame nelle citate ordinanze dell'Ufficio Centrale per il referendum. D'altro canto, va rilevato che e' stata effettuata l'estensione del quesito ad una disposizione non sottoposta a sottoscrizione da parte degli elettori ai sensi dell'art. 75 della Costituzione (l'art. 24, secondo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223) con l'espresso fine di rendere piu' chiara la richiesta referendaria. Tale valutazione dell'Ufficio Centrale non puo' considerarsi - ai fini del giudizio sulla chiarezza del quesito - una indicazione vincolante per questa Corte, alla quale, in forza del disposto di cui all'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, spetta, in via esclusiva, la funzione di giudicare sulla ammissibilita' delle richieste di referendum abrogativo, e, pertanto, di valutare se dette richieste posseggano i requisiti imposti dal dettato costituzionale e quindi, come nella specie, possano considerarsi "chiare" ai fini della loro ammissibilita'. 3. - La richiesta di referendum abrogativo e' inammissibile, in quanto non appare univocamente diretta al fine, propugnato dai promotori, di impedire che le reti della concessionaria pubblica trasmettano messaggi pubblicitari. Invero, deve essere disattesa l'interpretazione - prospettata dai promotori - che configura l'art. 15 della legge n. 103 del 1975 come espressivo della norma che costituisce il fondamento della possibilita' di raccolta e di trasmissione di pubblicita' commerciale. Al contrario, tale disposizione si limita ad individuare la finalita' dei proventi pubblicitari che e' quella di concorrere al fabbisogno finanziario della concessionaria pubblica, assieme ai canoni di abbonamento ed alle altre entrate previste dalla legge. L'intento, sotteso alla iniziativa referendaria, ha un carattere propositivo, volto ad introdurre un divieto assoluto di trasmissioni pubblicitarie: finalita' che non puo' essere raggiunta con la pura e semplice ablazione dall'ordinamento della disposizione di cui all'art. 15 della legge n. 103 del 1975. Ne' a un tale intento puo' ritenersi utilmente finalizzata l'abrogazione delle altre disposizioni coinvolte dalla richiesta, che attengono alle modalita' e ai limiti di trasmissione di messaggi pubblicitari nonche' alla raccolta pubblicitaria: siffatta abrogazione potrebbe d'altronde essere intesa come provvedimento di liberalizzazione delle trasmissioni pubblicitarie, in contrasto con il programmato intento di impedire la pubblicita' sulle reti della concessionaria pubblica. D'altro canto, non assumono pregio le valutazioni dei promotori circa le peculiarita' della natura giuridica della RAI, che vertono sull'integrale partecipazione pubblica al suo azionariato e sui poteri autorizzatori che, in base alla vigente convenzione con lo Stato (art. 5, d.P.R. 28 marzo 1994), sono imputati al Ministro delle poste e delle telecomunicazioni. Da un lato, non appare sufficiente a far venire meno i poteri imprenditoriali e piu' latamente d'iniziativa economica ex art. 41 della Costituzione - ai quali la giurisprudenza di questa Corte ha riconnesso la pubblicita' commerciale (sentenza n. 231 del 1985) - l'attuale proprieta' pubblica delle azioni RAI e cio', particolarmente, alla luce dell'attuale configurazione del ruolo e della natura giuridica della concessionaria pubblica. Peraltro, la proprieta' pubblica delle azioni della RAI non costituisce un dato immodificabile, come e' dimostrato anche dalla ammissibilita' (dichiarata con sentenza emessa in pari data) del referendum abrogativo delle disposizioni che tale proprieta' pubblica prevedono. D'altro canto, ritenere che l'autorizzazione del Ministro delle poste e delle telecomunicazioni a svolgere attivita' commerciali ed industriali sia costitutiva di poteri imprenditoriali configura una inaccettabile ricostruzione della funzione autorizzatoria, la quale invece non puo' che farsi rientrare, nel caso, fra le limitazioni che il terzo comma dell'art. 41 della Costituzione consente al fine di indirizzare e coordinare a fini sociali l'attivita' economica pubblica. La discrasia fra il significato che assume la cancellazione delle disposizioni ricomprese nel quesito referendario ed i fini concretamente perseguiti dai promotori denota l'assoluta ambiguita' della richiesta referendaria, che non consentirebbe all'elettorato di approvare o respingere con la dovuta consapevolezza la proposta di abrogazione (cfr., da ultimo, sentenze nn. 29, 34 e 36 del 1993). Pertanto, la richiesta di referendum abrogativo va dichiarata inammissibile.