ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo comma, della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione dell'articolo 2, comma 2, della legge 6 agosto 1990, n. 223, recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato", limitatamente alle parole: "a totale partecipazione pubblica", nonche' dell'articolo 1 del decreto legge 19 ottobre 1992, n. 408, recante "Disposizioni urgenti in materia di pubblicita' radiotelevisiva", convertito in legge dalla legge 17 dicembre 1992, n. 483, iscritto al n. 70 del registro refer- endum; Vista l'ordinanza del 30 novembre 1994 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum popolare presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la richiesta; Udito nella camera di consiglio del 9 gennaio 1995 il Giudice relatore Enzo Cheli. Ritenuto in fatto 1. - L'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni, ha esaminato la richiesta di refer- endum popolare presentata da Calderoli Roberto, Maroni Roberto, Magnabosco Antonio e Leoni Orsenigo Luca, concernente l'abrogazione: a) dell'art. 2, comma 2, della legge 6 agosto 1990, n. 223, recante "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato", limitatamente alle parole "a totale partecipazione pubblica"; b) dell'art. 1 del decreto legge 19 ottobre 1992, n. 408, convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 1992, n. 483, recante "Disposizioni urgenti in materia di pubblicita' radiotelevisiva". 2. - Con ordinanza in data 30 novembre 1994, l'Ufficio centrale per il referendum, verificati i risultati delle operazioni di riscontro compiute dal Centro elettronico di documentazione della Corte di cassazione, ha dichiarato legittima la richiesta di referen- dum in oggetto. 3. - Ricevuta la comunicazione dell'ordinanza, il Presidente di questa Corte ha fissato il giorno 9 gennaio 1995 per la conseguente deliberazione in Camera di consiglio, dandone comunicazione, ai sensi dell'art. 33, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352, ai presentatori della richiesta ed al Presidente del Consiglio dei Ministri. 4. - I presentatori della richiesta ed il Presidente del Consiglio non hanno presentato memorie ne' sono comparsi alla Camera di consiglio. Considerato in diritto 1. - Il quesito referendario investe: a) parte dell'art. 2, secondo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223, che prevede l'affidamento in concessione del servizio pubblico radiotelevisivo ad una societa' per azioni "a totale partecipazione pubblica" (il quesito e' limitato alle parole richiamate tra virgolette); b) l'intero testo dell'art. 1 del decreto legge 19 ottobre 1992, n. 408 (convertito nella legge 17 dicembre 1992, n. 483), dove si stabilisce che "le azioni della "RAI - Radiotelevisione italiana - Societa' per azioni" possono appartenere soltanto allo Stato ad enti pubblici o a societa' a totale partecipazione pubblica". Il referendum si propone di abrogare le norme che riservano esclusivamente alla mano pubblica (Stato, enti pubblici e societa' a totale partecipazione pubblica) la titolarita' delle azioni della societa' concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo (RAI-Radiotelevisione italiana): questo al fine di consentire anche ai privati la possibilita' di partecipare al capitale azionario di tale societa'. 2. - Va innanzitutto constatato che il quesito referendario non incorre in alcuna delle cause di inammissibilita' espressamente enun- ciate nell'art. 75, secondo comma, della Costituzione ovvero desumibili, in via di interpetrazione logico-sistematica, da tale norma (v. sentenza n. 16/1978). Il quesito risponde anche ai requisiti di omogeneita', univocita' e completezza richiesti dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di ammissibilita' dei referendum. Tale quesito risulta, infatti, ispirato da una matrice razionalmente unitaria, chiaramente percepibile dall'elettore e individuabile nel superamento della disciplina che impone attualmente l'imputazione delle quote azionarie della societa' concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo soltanto alla sfera pubblica, rappresentata dallo Stato, dagli enti pubblici e dalle societa' a totale partecipazione pubblica. 3. - Ne' l'esito referendario, ove fosse positivo, ammettendo una partecipazione privata al capitale azionario della "RAI-Radiotelevisione italiana", potrebbe risultare in contrasto - cosi' da pregiudicare la chiarezza e l'univocita' del quesito - con la natura pubblica del servizio radiotelevisivo ovvero con il carattere di societa' di interesse nazionale riconosciuto, ai sensi dell'art. 2461 cod. civ., alla concessionaria di tale servizio. Tali elementi possono, infatti, operare indipendentemente dalla qualita' pubblica o privata dei soggetti titolari del capitale azionario, riguardando, invece, la specialita' del complessivo regime giuridico del servizio pubblico esercitato tramite concessionaria: specialita' connessa al raggiungimento di quei fini di interesse generale cui, in ogni caso, non puo' non ispirarsi lo svolgimento di tale servizio (v. sentenza n. 58/1965). Sempre in caso di esito positivo della vicenda referendaria il legislatore potra', d'altro canto, adattare e integrare la disciplina di tale regime speciale, in relazione ai possibili riflessi nella gestione sociale della partecipazione privata al capitale della societa' concessionaria. 4. - Il quesito referendario va, di conseguenza, dichiarato ammissibile.