ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo comma,
 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1,  delle  richieste  di
 referendum popolare per l'abrogazione delle seguenti norme:
      1)  art.  15,  comma  1,  lettera  b), limitatamente alle parole
 "qualora si abbia il controllo di imprese editrici di  quotidiani  la
 cui  tiratura  superi  l'8  per  cento della tiratura complessiva dei
 giornali in Italia"; art. 15, comma 1, lettera c), "di  piu'  di  due
 concessioni   di  radiodiffusione  televisiva  in  ambito  nazionale,
 qualora si abbia il controllo di imprese editrici  di  quotidiani  la
 cui  tiratura  complessiva  sia  inferiore  a  quella  prevista dalla
 lettera b); della legge 6 agosto 1990, n. 223 pubblicata in  Gazzetta
 Ufficiale 9 agosto 1990, n. 185 S.O., recante "Disciplina del sistema
 radiotelevisivo  pubblico  e privato", iscritto al n. 79 del registro
 referendum;
      2)  art.  8,  comma 3, secondo periodo limitatamente alle parole
 "Per le opere di durata programmata superiore a quarantacinque minuti
 e' consentita una ulteriore interruzione per ogni atto  o  tempo.  E'
 consentita  una  ulteriore  interruzione  se  la  durata  programmata
 dell'opera supera di almeno venti minuti due o piu' atti o  tempi  di
 quarantacinque  minuti  ciascuno"  della  legge 6 agosto 1990, n. 223
 pubblicata in Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1990, n. 185 S.O.,  recante
 "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato", iscritto
 al n. 80 del registro referendum;
      3)  art.  15,  comma  7, primo periodo limitatamente alle parole
 "tre reti televisive nazionali, o" della legge 6 agosto 1990, n.  223
 pubblicata  in Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1990, n. 185 S.O., recante
 "Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato", iscritto
 al n. 81 del registro referendum.
    Vista l'ordinanza del 30 novembre  1994  con  la  quale  l'Ufficio
 centrale   per  il  referendum  presso  la  Corte  di  cassazione  ha
 dichiarato legittime le suddette richieste e la successiva  ordinanza
 del  13 dicembre 1994 con la quale l'Ufficio Centrale per il referen-
 dum ha modificato il quesito della prima richiesta;
    Udito nella camera di consiglio del  9  gennaio  1995  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
    Udito  l'avv.  Massimo  Luciani per i presentatori Riccardo Guido,
 Stefano Semenzato, Roberto Di Giovan Paolo e Giampiero Rasimelli.
                           Ritenuto in fatto
   1. - L'Ufficio Centrale per il  referendum,  costituito  presso  la
 Corte  di  cassazione  in applicazione della legge 25 maggio 1970, n.
 352, e successive modificazioni, ha esaminato  le  tre  richieste  di
 referendum popolare presentate il 15 aprile 1994 da Guido Riccardo ed
 altri cittadini elettori sui seguenti quesiti:
      1)  "Volete  voi che sia abrogato l'art. 15, comma 1, lettera b)
 limitatamente alle parole 'qualora si abbia il controllo  di  imprese
 editrici  di  quotidiani  la  cui tiratura superi l'8 per cento della
 tiratura complessiva dei giornali in Italia';  l'art.  15,  comma  1,
 lettera c) 'di piu' di due concessioni per radiodiffusione televisiva
 in  ambito  nazionale,  qualora  si  abbia  il  controllo  di imprese
 editrici di quotidiani la cui tiratura complessiva  sia  inferiore  a
 quella  prevista  dalla  lettera  b)';  assieme all'art. 15, comma 4,
 limitatamente alle parole 'sia' e  'televisiva  che'  della  legge  6
 agosto  1990,  n. 223 pubblicata in Gazzetta Ufficiale 9 agosto 1990,
 n.  185   S.O.,   recante   il   titolo   'Disciplina   del   sistema
 radiotelevisivo pubblico e privato'?".
      2)  "Volete  voi  che  sia  abrogato  l'art. 8, comma 3, secondo
 periodo limitatamente alle parole "Per le opere di durata programmata
 superiore  a  quarantacinque  minuti  e'  consentita  una   ulteriore
 interruzione  per  ogni  atto  o  tempo.  E' consentita una ulteriore
 interruzione se la durata programmata  dell'opera  supera  di  almeno
 venti  minuti  due  o  piu'  atti  o  tempi  di quarantacinque minuti
 ciascuno" della legge 6 agosto 1990, n. 223  pubblicata  in  Gazzetta
 Ufficiale  9  agosto  1990, n. 185 S.O. recante il titolo "Disciplina
 del sistema radiotelevisivo pubblico e privato'?";
      3) "Volete voi che  sia  abrogato  l'art.  15,  comma  7,  primo
 periodo  limitatamente alle parole "tre reti televisive nazionali, o"
 della legge 6 agosto 1990, n. 223 pubblicata in Gazzetta Ufficiale  9
 agosto  1990,  n. 185 S.O., recante il titolo "Disciplina del sistema
 radiotelevisivo pubblico e privato'?".
    2.  -  L'Ufficio centrale, verificati i risultati delle operazioni
 di riscontro  delle  richieste  ed  accertata  la  regolarita'  delle
 stesse, ne ha dichiarata la legittimita' con ordinanza del 1 dicembre
 1994.
    3.  -  Ricevuta  la comunicazione dell'ordinanza, il Presidente di
 questa Corte ha fissato, per la conseguente deliberazione, il  giorno
 9  gennaio  1995, dandone comunicazione, a sua volta, ai presentatori
 della richiesta e al Presidente del Consiglio dei Ministri  ai  sensi
 dell'art. 33, comma 2, della legge 25 maggio 1970, n. 352.
    4.  - Successivamente con ordinanza del 14 dicembre 1994, rilevato
 che nelle more questa Corte, con sentenza n. 420 del 7 dicembre 1994,
 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma  4,
 legge n. 223/90 nella parte relativa alla radiodiffusione televisiva,
 ha  riformulato il quesito del referendum iscritto al n. 79 Reg. ref.
 disponendo che sia eliminato il periodo "assieme all'art.  15,  comma
 4,  limitatamente  alle  parole  'sia'  e  'televisiva'".  Sicche' il
 quesito referendario,  di  cui  sopra  sub  1),  e'  risultato  cosi'
 modificato:  "Volete voi che sia abrogato l'art. 15, comma 1, lettera
 b), limitatamente alle parole  'qualora  si  abbia  il  controllo  di
 imprese  editrici  di quotidiani la cui tiratura superi l'8 per cento
 della tiratura complessiva dei giornali in Italia'; l'art. 15,  comma
 1,  lettera  c)  'di  piu'  di  due  concessioni  per radiodiffusione
 televisiva in ambito nazionale, qualora  si  abbia  il  controllo  di
 imprese  editrici  di  quotidiani  la  cui  tiratura  complessiva sia
 inferiore a quella prevista dalla lettera b)'"?
    5. - Si sono  costituiti  i  promotori  delle  suddette  richieste
 referendarie sostenendone l'ammissibilita'.
                        Considerato in diritto
   1.  - La prima richiesta di referendum abrogativo (n. 79 Reg. ref.)
 investe il primo comma dell'art. 15 della legge 6 agosto 1990, n. 223
 (Disciplina del sistema radiotelevisivo  pubblico  e  privato).  Tale
 disposizione fa divieto di essere titolare: a) di una concessione per
 radiodiffusione  televisiva  in ambito nazionale, qualora si abbia il
 controllo di imprese editrici di quotidiani  la  cui  tiratura  annua
 abbia  superato  nell'anno  solare  precedente  il 16 per cento della
 tiratura complessiva dei giornali quotidiani in Italia; b) di piu' di
 una concessione per radiodiffusione televisiva  in  ambito  nazionale
 qualora  si  abbia  il controllo di imprese editrici di quotidiani la
 cui tiratura superi l'8 per  cento  della  tiratura  complessiva  dei
 giornali in Italia; c) di piu' di due concessioni per radiodiffusione
 televisiva  in  ambito  nazionale  qualora  si  abbia il controllo di
 imprese editrici  di  quotidiani  la  cui  tiratura  complessiva  sia
 inferiore a quella prevista dalla lettera b).
   Il  quesito  referendario - lasciando inalterato il limite sub a) -
 incide sui due successivi limiti sub b)  e  sub  c).  In  particolare
 viene  chiesta  l'abrogazione, nella lettera b), dell'inciso "qualora
 si abbia il controllo  di  imprese  editrici  di  quotidiani  la  cui
 tiratura superi l'8 per cento della tiratura complessiva dei giornali
 in  Italia"  e  pertanto  il limite medesimo diventerebbe assoluto ed
 invalicabile (non diversamente  da  quello  che  era  -  prima  della
 sentenza  n. 420/94 cit. - la prescrizione contenuta nel quarto comma
 del medesimo art. 15); ossia in nessun caso sarebbe possibile  essere
 titolare di piu' di una concessione per la radiodiffusione televisiva
 nazionale;  inoltre  viene  chiesta l'abrogazione di tutta la lettera
 c).
    Fuori dal quesito referendario - per effetto della  ordinanza  del
 14  dicembre 1994 dell'Ufficio centrale per il referendum della Corte
 di cassazione - e' il  successivo  quarto  comma,  che  la  Corte  ha
 recentemente   emendato   con   sentenza  n.  420/1994  dichiarandone
 l'illegittimita'   costituzionale   nella   parte    relativa    alla
 radiodiffusione   televisiva  (tale  disposizione  -  originariamente
 anch'essa investita dal quesito referendario - prevedeva come  limite
 alle  concentrazioni  il  divieto  della  titolarita' di piu' del 25%
 delle emittenti nazionali previste dal piano  di  assegnazione  delle
 frequenze e comunque di piu' di tre emittenti.
    2.  -  La  seconda  richiesta di referendum abrogativo (n. 80 Reg.
 ref.) investe il terzo comma dell'art.  8  della  medesima  legge  n.
 223/1990,  disposizione  questa  che  -  nel  dettare le modalita' di
 trasmissione  dei  messaggi  pubblicitari  durante  le   trasmissioni
 televisive  -  prescrive  in  generale che l'inserimento dei messaggi
 pubblicitari   durante   la   trasmissione   di    opere    teatrali,
 cinematografiche,  liriche  e musicali puo' avvenire unicamente negli
 intervalli   abitualmente   effettuati   nelle   sale   teatrali    e
 cinematografiche;  consente  pero',  in  via di eccezione, che per le
 opere di durata programmata  superiore  a  quarantacinque  minuti  si
 abbia  una  ulteriore  interruzione  per  ogni  atto  o tempo; e' poi
 consentita  una  ulteriore  interruzione  se  la  durata  programmata
 dell'opera  supera  di almeno venti minuti due o piu' atti o tempi di
 quarantacinque minuti ciascuno.
    Il quesito referendario  tende  alla  rimozione  della  consentita
 eccezione  alla  regola  generale  mediante l'abrogazione dell'inciso
 "Per le opere di durata programmata superiore a quarantacinque minuti
 e' consentita una ulteriore interruzione per ogni atto  o  tempo.  E'
 consentita  una  ulteriore  interruzione  se  la  durata  programmata
 dell'opera supera di almeno venti minuti due o piu' atti o  tempi  di
 quarantacinque minuti ciascuno.".
    3. - La terza richiesta di referendum abrogativo (n. 81 Reg. ref.)
 investe il settimo comma dell'art. 15 della stessa legge n. 223/1990.
 Tale  disposizione  concerne  la  raccolta  della  pubblicita'  ed in
 particolare detta una prescrizione diretta ad evitare l'insorgenza di
 posizioni  dominanti  nell'ambito  delle  imprese  concessionarie  di
 pubblicita'   ove   queste  si  trovino  ad  essere  controllate  dai
 concessionari privati, dalla concessionaria pubblica o  dai  titolari
 di  autorizzazione  ex  art.  38  legge  n. 103/1975. Tali imprese di
 pubblicita' non possono raccogliere pubblicita' per piu' di tre  reti
 televisive  nazionali,  o  due reti nazionali e tre reti locali o una
 rete nazionale e sei locali.
    Il quesito referendario mira all'abrogazione dell'inciso "tre reti
 televisive  nazionali,  o",  inciso  che  si  vuole  enucleare  dalla
 disposizione suddetta.
    4.  -  Le tre richieste di referendum abrogativo investono in modo
 diretto (la prima,  consentendo  la  titolarita'  di  una  sola  rete
 nazionale  in  capo  al  medesimo  soggetto  privato) o indiretto (la
 seconda e la terza, incidendo  in  senso  riduttivo  sul  quantum  di
 pubblicita'  fruibile)  aspetti  finalisticamente  complementari  del
 disegno anticoncentrazionistico delineato dalla legge n. 223/1990, in
 atto  vigente - come implicitamente presupposto dall'Ufficio centrale
 per il referendum ed esplicitamente affermato da questa  Corte  nella
 sentenza  n.  420/1994  -  pure  in  costanza  della disciplina-ponte
 dettata  dal  decreto-legge  n.  323/1993,  convertito  in  legge  n.
 422/1993.
    I giudizi relativi di ammissibilita' possono quindi essere riuniti
 e  decisi  con  un'unica  sentenza  pur  restando separate le singole
 proposte referendarie.
    5. - Tutte le richieste suddette sono ammissibili.
    5.1. -  Nessuna  tra  le  disposizioni  oggetto  delle  iniziative
 referendarie rientra tra le categorie di leggi sottratte a referendum
 dall'art.   75,  comma  2,  della  Costituzione,  ne'  ad  esse  sono
 strettamente collegate. Deve in  particolare  considerarsi  che  tali
 disposizioni non concretano la fattispecie di "norme la cui esistenza
 ed  il  cui  contenuto  siano imposti da obblighi assunti dallo Stato
 italiano per effetto  di  trattati  internazionali  che  non  lascino
 alcuno  spazio per scelte discrezionali riguardanti l'attuazione, si'
 che   l'abrogazione   di   esse    comporti    necessariamente    una
 responsabilita'  dello  Stato  italiano  nei  confronti  degli  altri
 contraenti per violazione del trattato" (sentenza n. 28/1993); si  ha
 invece  che  esse  -  sia  nella  formulazione vigente, che in quella
 eventualmente emendata in caso di esito  favorevole  della  votazione
 referendaria  -  rientrano  nella  discrezionalita'  del  legislatore
 nazionale nel dare attuazione  alla  direttiva  del  Consiglio  delle
 Comunita'   Europee   del  89/552/CEE  del  3  ottobre  1989  e  sono
 compatibili con  le  prescrizioni  della  Convenzione  europea  sulla
 televisione  transfrontaliera  del  5 maggio 1989 (resa esecutiva con
 legge 5 ottobre 1991 n. 327).
    5.2. - Tutti i tre quesiti  referendari  rispondono  al  requisito
 della   chiarezza,   omogeneita'   ed   univocita'   richiesto  dalla
 giurisprudenza di questa Corte (v. ex plurimis, sent. n. 1/1994).
   In particolare il primo quesito referendario concernente  il  primo
 comma  dell'art.  15  -  nel  lasciare  inalterato il limite sub a) -
 incide sui due successivi limiti sub b) e sub c)  nel  senso  che  in
 caso   di   esito   favorevole   all'abrogazione  il  limite  sub  b)
 risulterebbe privo della condizione "qualora si abbia il controllo di
 imprese editrici di quotidiani la cui tiratura superi l'8  per  cento
 della  tiratura  complessiva  dei  giornali  in  Italia"  e  pertanto
 diventerebbe un limite assoluto ed invalicabile (non diversamente  da
 quello  che  era  -  prima della dichiarazione di incostituzionalita'
 pronunciata con la sentenza n. 420/1994 - la  prescrizione  contenuta
 nel  successivo  quarto  comma del medesimo art. 15); ossia in nessun
 caso sarebbe possibile essere titolare di piu' di una concessione per
 la radiodiffusione televisiva  nazionale.  Inoltre  coerentemente  il
 limite  sub  c) risulterebbe del tutto abrogato in quanto ridondante.
 In ordine a questa  preclusione  alla  titolarita'  di  piu'  di  una
 concessione  -  di  univoco  significato  e chiara comprensibilita' -
 l'elettore e' chiamato a votare.
    5.3. - Ne' puo' ravvisarsi una ragione di incoerenza  del  quesito
 referendario   per  incompletezza,  tale  da  comportare  difetto  di
 chiarezza, sul rilievo che esso non comprende anche  la  disposizione
 dell'art. 31, comma 6, nella parte in cui - nel quadro delle sanzioni
 amministrative  previste  per la violazione della legge n. 223/1990 -
 presuppone la possibilita'  del  rilascio  ad  un  medesimo  soggetto
 privato  di piu' concessioni televisive in ambito nazionale. A parte,
 invero, il profilo relativo alla applicabilita' dell'art.  31,  comma
 6,  anche  nel contesto della normativa transitoria introdotta con il
 d.-l. n. 323/1993 citato, l'indicato suo collegamento  implicito  con
 l'art.  15,  comma 1, della legge n. 223/90 non rende la disposizione
 non inclusa nel quesito "indissolubilmente legata  a  quella  che  si
 vorrebbe  sopprimere"  (sentenza  n. 1/1994). Cio' perche' l'art. 31,
 comma 6, presuppone la articolata disciplina dettata con  l'art.  15,
 comma  1,  unicamente  al  fine  di  individuare il proprio ambito di
 applicazione ad effetti solo indirettamente  concorrenti  con  quelli
 perseguiti   da   quest'ultima   disposizione.   Sicche'  la  mancata
 inclusione nel quesito referendario della parte dell'art.  31,  comma
 6,  richiamante  la  ipotesi  di  titolarita' di piu' reti televisive
 nazionali in capo ad  un  medesimo  concessionario  privato,  non  fa
 venire  meno  la  univocita'  e  la  chiarezza del quesito, con tutta
 evidenza  ed  immediatezza  rivolto  a  limitare  ad  una   sola   le
 concessioni  televisive nazionali assentibili in favore di uno stesso
 soggetto privato, e soltanto proietta sull'art. 31, comma 6, citato -
 nella prospettiva di un esito positivo della iniziativa  referendaria
 -  la  eventualita'  di  un  mero  restringimento  della  sua area di
 applicabilita'.
    5.4. - Analogamente chiari, omogenei ed univoci sono gli altri due
 quesiti. Ed infatti, da una parte, la seconda proposta di  referendum
 mira  ed  eliminare  la prevista eccezione alla regola, contenuta del
 citato terzo comma dell'articolo 8,  di  limitare  l'inserimento  dei
 messaggi  pubblicitari  nelle opere suddette e quindi tende a rendere
 piu'  rigorosa  la  regola  stessa;  dall'altra  il   terzo   quesito
 referendario  mira  parimenti  a rendere piu' rigoroso il limite alla
 raccolta  pubblicitaria  perche'  in   caso   di   esito   favorevole
 all'abrogazione  la  prescrizione  risulterebbe  formulata in termini
 maggiormente restrittivi nel senso che le imprese di pubblicita'  non
 potrebbero  raccogliere  pubblicita' per piu' di due reti nazionali e
 tre reti locali o una rete nazionale e sei  locali  (invece  che  per
 piu'  di  tre  reti  televisive nazionali, o due reti nazionali e tre
 reti locali o una rete nazionale e sei locali).