ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo comma,
 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1,  della  richiesta  di
 referendum  popolare  per l'abrogazione della legge 25 marzo 1993, n.
 81 recante  "Elezione  diretta  del  sindaco,  del  presidente  della
 provincia,  del  consiglio  comunale  e  del  consiglio provinciale",
 limitatamente alle seguenti parti:
      Articolo 3, comma quinto, limitatamente alle parole: "Nei comuni
 con popolazione superiore a quella dei comuni di cui all'art. 5, piu'
 liste possono presentare lo stesso candidato alla carica di  sindaco.
 In  tal  caso  le  liste  debbono  presentare  il  medesimo programma
 amministrativo e si considerano fra di loro collegate.";
      Articolo  5,  intestazione  dell'articolo,  limitatamente   alle
 parole:  "nei  comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti."; comma
 primo, limitatamente alle parole: "Nei comuni con popolazione sino  a
 15.000 abitanti,";
      Articolo 6;
      Articolo 7, iscritto al n. 77 del registro referendum;
    Vista  l'ordinanza  del  30  novembre  1994 con la quale l'Ufficio
 centrale  per  il  referendum  presso  la  Corte  di  cassazione   ha
 dichiarato legittima la richiesta;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 gennaio 1995 il Giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
    Udito l'avvocato Achille Chiappetti per  i  presentatori  Giuseppe
 Calderisi, Lorenzo Strik Lievers e Elio Vito.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  L'Ufficio  centrale  per il referendum, costituito presso la
 Corte di cassazione in applicazione della legge 25  maggio  1970,  n.
 352,  esaminata  la  richiesta di referendum popolare - presentata da
 Giuseppe  Calderisi,  Ottavio  Lavaggi,  Sergio   Augusto   Stanziani
 Ghedini,  Elio  Vito  e  Lorenzo Strik Lievers - sulla legge 25 marzo
 1993, n.  81,  verificata  la  regolarita'  della  richiesta,  ne  ha
 dichiarato la legittimita' con ordinanza del 30 novembre 1994.
    La richiesta di referendum ha per oggetto il seguente quesito:
    "Volete voi che sia abrogata la legge 25 marzo 1993, n. 81 recante
 "Elezione  diretta  del  sindaco, del presidente della provincia, del
 consiglio comunale e del consiglio provinciale",  limitatamente  alle
 seguenti parti:
      Articolo 3, comma quinto, limitatamente alle parole: "Nei comuni
 con popolazione superiore a quella dei comuni di cui all'art. 5, piu'
 liste  possono presentare lo stesso candidato alla carica di sindaco.
 In tal  caso  le  liste  debbono  presentare  il  medesimo  programma
 amministrativo e si considerano fra di loro collegate.";
      Articolo   5,  intestazione  dell'articolo,  limitatamente  alle
 parole: "nei comuni con popolazione sino a 15.000  abitanti.";  comma
 primo,  limitatamente alle parole: "Nei comuni con popolazione sino a
 15.000 abitanti,";
      Articolo 6;
      Articolo 7;?".
    2. - Ricevuta comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio  centrale,
 il  Presidente  ha convocato la Corte in camera di consiglio per il 9
 gennaio 1995, disponendo che ne fosse data comunicazione ai promotori
 della richiesta di referendum ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  ai  sensi  dell'art.  33,  secondo  comma,  della legge n.
 352/1970.
    3.  -  I  promotori e presentatori del referendum, rappresentati e
 difesi  dall'avv.  Achille  Chiappetti,  avvalendosi  della  facolta'
 prevista  dall'art.  33,  terzo comma, della legge n. 352/1970, hanno
 depositato il 3  gennaio  1995  una  memoria,  che  conclude  con  la
 richiesta  di ammissibilita' del referendum. I promotori sottolineano
 che lo scopo che il quesito referendario  si  propone  e'  quello  di
 abrogare  il  sistema a doppio turno per l'elezione dei sindaci e dei
 consigli comunali nei  comuni  con  popolazione  superiore  a  15.000
 abitanti,  con  la  conseguente  estensione  a  tutti  i comuni delle
 modalita'  di  elezione  del  consiglio  comunale  (mediante  sistema
 maggioritario,  contestualmente  all'elezione  del  sindaco)  con  la
 disciplina gia' prevista dall'art. 5 della legge n. 81 del 1993 per i
 comuni  con  popolazione  sino  a  15.000  abitanti.  Ad  avviso  dei
 promotori  non  vi sarebbe alcuna ragione ostativa all'ammissibilita'
 del referendum.
    4. - Nella camera di consiglio del 9 gennaio 1995 e' comparso, per
 i promotori, l'avv. Achille Chiappetti, che ha illustrato le  ragioni
 proposte a sostegno dell'ammissibilita' del referendum.
                        Considerato in diritto
   1.  - La richiesta di referendum abrogativo ha ad oggetto una parte
 della legge 25 marzo 1993,  n.  81,  che  disciplina  l'elezione  del
 sindaco, del presidente della provincia, del consiglio comunale e del
 consiglio provinciale.
    Con  tale  legge  sono state configurate due modalita' di elezione
 degli   organi   comunali,   egualmente   ispirate    al    principio
 maggioritario, ma diversamente modulate, in base alla distinzione tra
 comuni   con   popolazione  sino  a  15.000  abitanti  e  comuni  con
 popolazione superiore. Per i  primi  l'elezione  dei  consiglieri  si
 effettua  contestualmente  all'elezione  del  sindaco: il candidato a
 questa carica  e'  collegato  ad  una  sola  lista  di  candidati  al
 consiglio  comunale;  e' eletto sindaco chi ottiene il maggior numero
 di voti ed alla lista ad esso collegata sono attribuiti due terzi dei
 seggi assegnati al consiglio. Nei comuni con popolazione superiore  a
 15.000  abitanti il candidato alla carica di sindaco e' collegato con
 una o piu' liste presentate per l'elezione del consiglio comunale; e'
 eletto chi ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi  al  primo
 turno  elettorale  o,  se  nessuno  ottiene  questa  maggioranza, chi
 ottiene il maggior numero dei voti validi al turno  di  ballottaggio,
 che  si  svolge  tra i due candidati piu' votati al primo turno. Alla
 lista o al gruppo di liste collegate con  il  candidato  eletto  alla
 carica  di sindaco e' riservato, di regola, il 60 per cento dei seggi
 del consiglio.
    La proposta referendaria tende alla soppressione  delle  modalita'
 di elezione del sindaco e del consiglio comunale previste dagli artt.
 6  e  7  della  legge per i comuni con popolazione superiore a 15.000
 abitanti, con la conseguente applicazione,  a  tutti  i  comuni,  del
 sistema  elettorale  previsto  dalla  stessa  legge  per i comuni con
 popolazione sino a 15.000 abitanti. In questa stessa  prospettiva  si
 propone  l'abrogazione  di  parti  di  altre  disposizioni relative a
 modalita' e procedure elettorali (artt. 3 e 5)  che  contengono  tale
 riferimento distintivo.
    2.   -  Le  disposizioni  delle  quali  si  propone  l'abrogazione
 esprimono con chiarezza ed in  modo  univoco  il  quesito  sottoposto
 all'elettore.  L'eventuale  accoglimento  della proposta referendaria
 determinerebbe  l'unificazione  nella  disciplina   delle   modalita'
 elettorali  comunali,  con la estensione a tutti i comuni del sistema
 attualmente previsto  per  i  comuni  sino  a  15.000  abitanti.  Non
 verrebbe  meno  in  nessun momento lo strumento elettorale necessario
 per il rinnovo degli organi elettivi  delle  amministrazioni  locali,
 ne'  si  determinerebbero incertezze interpretative tali da provocare
 il rischio di paralisi, sia pure temporanea, di tali organi.
    Sopravviverebbe nel secondo comma  dell'art.  1,  con  riferimento
 alla  presidenza del consiglio comunale, un richiamo alla distinzione
 della dimensione dei comuni indicata nell'art. 5. Ma i commi aggiunti
 a tale disposizione dall'art. 1 della legge 15 ottobre 1993,  n.  415
 dettano  regole  autosufficienti  per la convocazione e la presidenza
 del consiglio comunale ed ogni  problema  interpretativo  si  risolve
 secondo  le  comuni regole ermeneutiche. In ogni caso l'art. 36 della
 legge 8 giugno 1990, n.  142,  comprendendo  tra  le  competenze  del
 sindaco la convocazione e la presidenza del consiglio, quando non sia
 previsto diversamente, assicura una regola residuale e di chiusura.
    L'eventuale abrogazione delle disposizioni per le quali si propone
 il  referendum non reagisce sulle modalita' elettorali previste dalla
 stessa legge per altri enti o organi locali.
    Non  sussistono  pertanto,  secondo   i   principi   ripetutamente
 enunciati dalla Corte in base all'art. 75 della Costituzione, ipotesi
 ostative all'ammissibilita' del referendum.