L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 22 dicembre 1994, ha approvato il disegno di legge n. 726/Norme stralciate dal titolo "Integrazioni all'art. 14 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27, e all'art. 2 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25, in materia di formazione professionale", pervenuto il 27 dicembre 1994 a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale. L'Assemblea regionale siciliana, nel perseverare in una prassi piu' volte censurata da questo ufficio in occasione di ricorsi avverso disposizioni legislative approvate senza il prescritto necessario approfondimento in seno alle competenti commissioni permanenti ed inserite nel corpo di disegni di legge attinenti a materie estranee ed eterogenee, ha introdotto, a seguito di un emendamento presentato estemporaneamente dal Governo, l'art. 2 che di seguito si riporta: "1. - Per le finalita' dell'art. 2, comma 1, della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25, l'assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione e' autorizzato, tramite convenzioni, ad utilizzare il personale iscritto all'albo previsto dall'art. 14 della legge regionale 6 marzo 1976, n. 24, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato rimasto totalmente senza incarico a seguito di contrazione delle attivita' corsuali, presso enti pubblci per finalita' proprie di questi ultimi e per mansioni corrispondenti per livello a quelle possedute negli enti di appartenenza, mantenendo il trattamento giuridico ed economico gia' acquisito nel settore della formazione. 2. - Per le finalita' del presente articolo l'assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione e' autorizzato ad avvalersi di parte delle disponibilita' del capitolo 34109 del bilancio della Regione". La soprariferita disposizione suscita rilievi di natura costituzionale, sotto il profilo del mancato rispetto dei principi di cui agli articoli 3 e 97 Cost. e dell'art. 17 lett. f) dello statuto sociale. La disposizione teste' approvata ha gia' costituito oggetto, nell'arco di poco meno di un anno, di ben tre interventi del legislatore siciliano che anzicche' premurarsi di dare un'esaustiva ed organica disciplina della formazione professionale da piu' parti auspicata e piu' volte preannunciata come imminente, ha adottato l'ennesima norma-tampone destinata esclusivamente a garantire gli attuali livelli occupazionali degli oltre 6.000 addetti alla formazione professionale. Alla vigilia del deposito della recente sentenza n. 437 di codesta ecc.ma Corte, con cui sono stati accolti i ricorsi n. 13 e n. 30 del 1994, entrambi concernenti norme che prevedevano provvidenze particolari in favore del personale addetto alla formazione professionale in momentaneo stato di inattivita', l'Assemblea ripropone nella sostanza analogo intervento che, a giudizio di questo Ufficio, al pari dei precendenti non supera il vaglio di legittimita' costituzionale in quanto presenta i medesimi vizi censurati con le citate impugnative. E', infatti, mero artificio lessicale fare riferimento sia all'istituto delle convenzioni che il competente assessorato e' autorizzato a stipulare, sia l'espressione "contrazione delle attivita' corsuali" che costituisce il presupposto per l'inserimento dei lavoratori interessati nella struttura degli "enti pubblici", in modo cosi' assolutamente generico individuati. La previsione legislativa lascia, invero, con ogni verosimiglianza presumere che si siano volute riproporre le 4 ipotesi di inattivita' degli enti gestori la formazione professionale invocate a sostegno dei due precedenti interventi legislativi, ipotesi che vengono ora formulate in maniera ancor piu' vasta e generica. A nulla vale, al fine di superare il giudizio di codesta Corte, la previsione che le unita' di personale in questione, per mantenere la corresponsione del trattamento economico loro spettante, siano utilizzate in attivita' lavorativa e per mansioni corrispondenti al livello posseduto presso l'ente di appartenenza negli enti pubblici (si presume dipendenti dalla regione). Il legislatore regionale, nel ritenere preminente la garanzia degli attuali livelli occupazionali degli operatori nel settore in questione, tralascia di tenere nel debito conto il fine pubblico della corretta gestione delle risorse umane e finanziarie della regione, e conseguentemente del buon andamento della pubblica amministrazione, autorizzando eufemisticamente l'assessore preposto al ramo a stipulare convenzioni, senza specificare ne' le effettive esigenze di servizio e di organico degli enti indicati, come sopra detto, in modo del tutto generico e destinati ad accogliere il personale in questione, ne' tantomeno le professionalita' acquisite e proprie di quest'ultimo, che attengono a tutt'altra sfera di attivita' lavorativa. Risulta, invero, difficile riscontrare quale utilita', in termini di efficienza della p.a., gli enti pubblici possano ricavare nell'esercizio dei propri compiti, attinenti in prevalenza a materia amministrativa e/o di carattere ausiliario e strumentale, dall'avvalimento di soggetti in possesso di esperienze lavorative in un settore totalmente diverso, quale quello dell'attivita' formativa. La disposizione e' pertanto priva, per la sua genericita', di criteri cui l'assessore si deve attenere nella stipula delle convenzioni e nella conseguente scelta delle unita' da avviare alla nuova occupazione. Il legislatore omette, infatti, di definire precise e puntuali modalita' per la selezione del personale nonche' di indicare i criteri in base ai quali valutare le priorita' per il relativo inserimento negli enti pubblici. Cio' induce a ritenere che indistintamente tutto il personale potrebbe essere trasfuso nelle strutture amministrative della regione, peraltro notoriamente pletoriche, con grave ed indubbio nocumento per le esigue finanze regionali. L'onere finanziario derivante dal provvedimento de quo verrebbe, inoltre, a ricadere sullo stanziamento destinato in via generale alla gestione dei corsi di formazione professionale inseriti nella programmazione di settore, arrecando cosi' oltre tutto in ingiusto pregiudizio alla collettivita' fruitrice del suddetto servizio, in favore di una ristretta categoria di lavoratori, intaccando sensibilmente risorse da destinare al finanziamento della tanto attesa legge organica di settore. La previsione del beneficio in parola non puo' ritenersi giustificata dal richiamo alle finalita' di cui all'art. 2, comma 1, della l.r. 1 settembre 1993, n. 25. Da tale norma, invero, non puo' farsi derivare il riconoscimento di una sorta di diritto soggettivo, cosi' come asserito dalla regione, in favore degli operatori della formazione professionale alla continuita', in ogni caso e ad ogni condizione, dell'attivita' lavorativa ed il conseguente mantenimento del trattamento economico. La disposizione in parola, piuttosto, come implicitamente riconosciuto da codesta ecc.ma Corte con la citata sentenza n. 437/1994, va intesa come rivolta agli enti gestori il servizio, giusta anche il collegamento con la previsione del secondo comma del medesimo articolo, in quanto se effettivamente cogente per l'amministrazione regionale configurerebbe un anamalo ed atipico istituto di garanzia del posto di lavoro che, per la ristrettezza del numero di beneficiari, violerebbe il principio della uniformita' di trattamento, in assenza di analoghe misure della legislazione nazionale di riferimento, cui il legislatore siciliano e' tenuto a conformarsi (art. 17, lett. f) dello statuto speciale). In proposito, alla luce delle considerazioni esposte non appare piu' sostenibile l'argomentazione addotta dalla difesa della regione in occasione delle precedenti impugnative, secondo cui l'iniziativa del legislatore trarrebbe spunto dalla prospettiva di una maggiore efficienza dell'azione amministrativa, nell'intento di evitare la dispersione del patrimonio di professionalita' acquisito dal personale in questione. Se questo fosse realmente lo scopo perseguito dal legislatore, risulterebbe di palmare evidenza l'incongruenza della disposizione de qua, che prevede l'utilizzazione di detto personale per compiti e mansioni diversi da quelli attinenti alla professionalita' che s'intende salvaguardare (le finalita' sono, infatti, proprie degli enti riceventi). A cio' aggiunge la circostanza, come prima cennato, che per il finanziamento dell'iniziativa vengono destinate, suppure parzialmente, le disponibilita' del cap. 34109 relativo alle spese per la gestione dei corsi di formazione professionale, sottraendo cosi' nella realta', come gia' rilevato, risorse ed energie al settore che si intende in un prossimo futuro potenziare e promuovere. Dalle motivazioni teste' addotte emerge, dunque, che l'effettiva e unica finalita' perseguita dalla norma oggetto di censura e' preminentemente assistenziale e, pertanto, esorbita dalla competenza del legislatore siciliano in materia di assistenza sociale, tanto piu' che essa si configura come disciplina non contingente bensi' di efficacia non limitata nel tempo. Vieppiu' la possibilita' di impiego tout court, in assenza di preesistenti ed individuate necessita' degli enti pubblici destinatari delle stipulande convenzioni, rivela l'intento di giustificare, in ogni caso, il notevole esborso di denaro pubblico senza il documentato interesse dell'amministrazione ad assumere i connotati di "ammortizzatore sociale", la cui natura e' del tutto anomala e difforme dai corrispondenti istituti previsti dalla vigente legislazione nazionale.