IL GIUDICE DELL'UDIENZA PRELIMINARE
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel procedimento penale n.
 2246/a/93 a carico di  Brunelli  Vincenzo,  nato  a  Civitacastellana
 (Viterbo) il 14 febbraio 1974, aviere in servizio presso la SARVAM in
 Viterbo,  libero,  assente,  imputato  del  reato  di "allontanamento
 illecito"  (art.  147,  primo  comma,  c.p.m.p.)  perche'  aviere  in
 servizio  presso  la  SARVAM  di  Viterbo  il  13  agosto  1993 se ne
 allontanava, senza autorizzazione, rimanendo  assente  per  oltre  un
 giorno e sino al 15 agosto 1993, quando faceva rientro al Corpo.
                            FATTO E DIRITTO
    Al termine delle indagini preliminari il p.m. chiedeva il rinvio a
 giudizio  dell'imputato per il reato di allontanamento illecito (art.
 147, comma primo, c.p.m.p.).
    All'udienza preliminare del 19 ottobre 1994 il pubblico  ministero
 ha  rinnovato la richiesta di rinvio a giudizio e il difensore non si
 e'  opposto.  Cio'  premesso  ritiene  questo  giudice  debba  essere
 sollevata  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 147
 c.p.m.p. nella parte in cui punisce l'assenza dal  servizio,  per  un
 giorno, non ripetuta.
    La  suddetta  questione di costituzionalita' appare in primo luogo
 non manifestamente infondata.
    L'art. 147 c.p.m.p. punisce infatti (con la reclusione militare da
 un mese a sei mesi), sia nella fattispecie di allontanamento  di  cui
 al primo comma (cui la giurisprudenza riconduce pacificamente anche i
 mancati  rientri  dalla  libera  uscita)  che  in quella di ritardata
 presentazione prevista al secondo comma, le assenze dal servizio  che
 raggiungano  la  durata  di almeno un giorno e non superino i quattro
 giorni  (in  quanto  altrimenti  sarebbe  applicabile  il  reato   di
 diserzione).
    La sottoposizione a sanzione penale di assenze di tale durata, nel
 caso  in cui non vi sia ripetizione della condotta, si pone tuttavia,
 a parere di questo giudice, in stridente contrasto con la  previsione
 contenuta  nel  n.  31  dell'all.  C)  al  Regolamento  di disciplina
 militare (approvato con d.P.R. 18  luglio  1986,  n.  545,  ai  sensi
 dell'art.  5,  primo  comma,  della  legge  11  luglio 1978, n. 382),
 secondo cui puo' essere punito con la consegna  di  rigore  (sanzione
 che  comporta  il  vincolo  di  rimanere  fino  a  quindici giorni in
 apposito spazio dell'ambiente militare: art. 14, comma quinto,  della
 legge  n.  382/1978)  solo  il  "ritardo  ingiustificato  e  ripetuto
 superiore alle 8 ore nel rientro dalla libera uscita, dalla licenza o
 dal permesso".
    La suddetta  disposizione  introduce  quindi,  per  l'applicazione
 della  sanzione  disciplinare  piu'  grave, la consegna di rigore, un
 requisito di "abitualita'"  che  non  e'  invece  posto  dalla  norma
 penale,  determinando  una  rottura nella gradualita' del trattamento
 sanzionatorio  fra  condotte  di  assenza  dal  servizio  di  diversa
 gravita'.
    Secondo  la  normativa  vigente, infatti, un ritardo che anche per
 pochi  minuti  non  raggiunga  la  durata  minima  prevista  per   la
 configurabilita'  del  reato  di allontanamento illecito non potrebbe
 essere sanzionato con la consegna di  rigore  ma  solo  con  sanzioni
 disciplinari  di  minor  gravita', se non sia ripetuto. Pertanto, per
 comportamenti immediatamente contigui sul  piano  della  gravita'  si
 passerebbe  direttamente  da una lieve sanzione disciplinare (esclusa
 la consegna di rigore) alla sanzione penale.
    Inoltre, la ripetizione anche per un numero indefinito di volte di
 ritardi di durata prossima  a  quella  che  assume  rilevanza  penale
 sarebbe  punita  un'unica  volta  con  la sanzione disciplinare della
 consegna di rigore, pur apparendo comportamento complessivamente piu'
 grave di quello compiuto da chi ritardi per una sola volta  e  di  un
 giorno il proprio rientro.
    In   sostanza   il   sistema   potrebbe  garantire  la  necessaria
 progressivita' se la norma disciplinare non contenesse  il  requisito
 della  "ripetizione"  della condotta, che e' stato introdotto proprio
 per limitare il rigore della normativa disciplinare.
    L'irrazionalita' che si e' invece venuta a creare (rispetto ad una
 disciplina  penale  rimasta immutata dal 1941 e ispirata a valori del
 tutto difformi da quelli affermati dalla  legge  di  principio  sulla
 disciplina  militare  del 1978) puo' essere eliminata solo estendendo
 anche alla fattispecie penale di cui all'art. 147 c.p.m.p. un analogo
 requisito di abitualita', piu' volte utilizzato dal legislatore nella
 formulazione delle norme incriminatrici.  Un  analogo  requisito  non
 potrebbe  mai  invece  estendersi  per il reato di diserzione, che ha
 durata indeterminata nel massimo.
    L'intervento  richiesto  alla  Corte,  sulla  base  della   palese
 irrazionalita'  delle  disposizioni in vigore, risponde peraltro alle
 piu' accreditate proposte di modifica legislativa,  alla  stregua  di
 quanto  si  legge  nella Relazione allo schema di legge delega per la
 riforma della legislazione penale militare di pace,  elaborato  dalla
 apposita  commissione costituita presso il Ministero della difesa (in
 Documenti  giustizia,  aprile  1993,  p.  718  s.).  In  ordine  alla
 possibilita'  di  far  rientrare  nell'area  dell'illecito  penale le
 assenze brevi, che costituiscono nel  sistema  attuale  il  reato  di
 allontanamento  illecito,  nella  citata Relazione si rileva che "non
 sembrano meritare comunque la sanzione penale, in quanto  palesemente
 inoffensive,  condotte consistenti nell'assenza dal reparto per uno o
 per pochissimi giorni  (tranne  che  si  rientri  nei  casi  c.d.  di
 diserzione   immediata).  E'  tuttavia  anche  da  osservare  che  un
 rilevante grado di lesivita' puo' derivare, per i  reati  di  assenza
 dal  servizio,  anche dalla ripetizione di condotte .. rispetto a cui
 la sanzione disciplinare non produca un adeguato effetto deterrente".
 Per queste fattispecie, fra gli strumenti per tutelare  efficacemente
 gli  interessi militari, e' indicata specificamente la "previsione di
 un reato abituale": comunque, "il criterio cui si dovra' ispirare  il
 legislatore  delegato, con lo strumento tecnico ritenuto piu' idoneo,
 e' quello di stabilire la non punibilita' delle assenze che oltre  ad
 essere brevi siano anche occasionali, cioe' commesse una sola volta o
 ad intervalli di tempo comunque notevoli".
    Lo   strumento   indicato   per   rimuovere  l'incongruita'  della
 disciplina vigente corrisponde quindi alle proposte formulate in sede
 istituzionale per una organica futura riforma legislativa.
    Ne', indubbiamente, la garanzia della proporzione del  trattamento
 sanzionatorio puo' essere ravvisata nella richiesta del comandante di
 Corpo,   cui  e'  subordinata  la  procedibilita'  per  il  reato  di
 allontanamento  illecito.  Nessun  criterio  e'  infatti   posto   ai
 comandanti  per l'esercizio dell'insindacabile potere di cui all'art.
 260 c.p.m.p. e tanto meno quello della reiterazione dell'assenza  per
 il reato in esame.
    D'altro  canto  la  richiesta di procedimento e' stata nel caso di
 specie ritualmente e tempestivamente proposta,  cio'  che  rende  del
 tutto  estraneo,  ai  fini  della valutazione dei rilevati profili di
 costituzionalita', ogni riferimento all'istituto della richiesta  del
 comandante di Corpo.
    La  rilevanza  della  questione  proposta non e' dubbia, in quanto
 dalla documentazione matricolare in atti si evince che quello di  cui
 all'imputazione  e' il primo fatto di assenza (riconducibile all'art.
 147 c.p.m.p.) di cui si e' reso autore l'imputato: nei  confronti  di
 questi dovrebbe essere quindi dichiarato il non luogo a procedere, ai
 sensi  dell'art.  425  c.p.p.,  se  la questione di costituzionalita'
 fosse accolta.