IL PRETORE
   Visti gli atti del processo penale n. 444/1994 a carico di Guezzari
 Abdelmoutalib,  nato a Kaouribka (Marocco), domiciliato in Marcianise
 (Caserta), via Verdi, n. 85, imputato del delitto di cui all'art.  7-
 bis della legge 39/1990, nel testo di cui al d.-l. 14 giugno 1993, n.
 187, convertito in legge 12 agosto 1993, n. 296;
                               F A T T O
    Con  decreto di citazione del 21 maggio 1994 il pubblico ministero
 ha tratto a giudizio Guezzari Abdelmoutalib, imputato del delitto  di
 cui  all'art.  7-  bis,  della  legge  n.  39/1990,  "perche'  non si
 adoperava per  ottenere  dalla  competente  autorita'  diplomatica  o
 consolare  il  rilascio  del documento di viaggio, cosi' sottraendosi
 alla  esecuzione  del provvedimento di espulsione emesso dal prefetto
 di Caserta in data 4 marzo 1994". Accertato in Marcianise il 2 maggio
 1994.
    All'odierna udienza, verificata la regolarita' della  costituzione
 delle  parti  ed  aperto il dibattimento, il pretore ritiene di dover
 sollevare, di ufficio, questione di legittimita'  costituzionale  del
 citato   art.  7-  bis,  in  relazione  agli  artt.  24  e  25  della
 Costituzione.
    La rilevanza della questione proposta  appare,  invero,  evidente,
 posto   che   all'odierno   imputato  e'  contestata  esattamente  la
 fattispecie incriminatrice  prevista  dalla  norma  impugnata,  nella
 parte  in cui sanziona una condotta omissiva, consistita nello omesso
 adoperarsi  per  ottenere  dalle  competenti  autorita'   un   valido
 documento di espatrio.
    Ritiene,   inoltre,   il   giudicante   che   la   questione   sia
 caratterizzata,  per  le  considerazioni  che  seguono,   dalla   non
 manifesta infondatezza.
    La  norma  in  esame  configura,  invero, a carico dello straniero
 colpito da provvedimento amministrativo di espulsione dal  territorio
 nazionale,  un  obbligo  di  attivazione  diretto al conseguimento di
 documento idoneo a consentire l'attuazione concreta della espulsione.
    Tuttavia, se il fine cui questa condotta  positiva  imposta  dalla
 legge  all'espulso  e'  chiaramente specificato, altrettanto non puo'
 ritenersi in relazione  al  profilo  contenutistico  dell'obbligo  di
 attivazione,  che  il  legislatore  ha  ritenuto  di  esaurire con il
 ricorso all'espressione "adoperarsi", senza ulteriori indicazioni, ed
 il cui mancato ricorrere integra la condotta descritta dalla  seconda
 ipotesi  della  norma impugnata, secondo lo schema strutturale tipico
 del reato omissivo c.d. proprio.
    In questa prospettiva, il precetto normativo si rivela  del  tutto
 carente  di  specificita',  prescrivendo al destinatario una condotta
 priva di qualsiasi elemento, anche  indiretto,  utile  alla  concreta
 individuazione  di  cio'  che  e'  necessario  porre  in  essere  per
 ottemperare  alla  prescrizione  legislativa,  la  quale,   peraltro,
 prescinde  del  tutto dal conseguimento di un qualsiasi risultato: su
 tali premesse, l'espressione  lessicale  utilizzata,  in  assenza  di
 elementi  specificativi  di  contorno, si caratterizza da una valenza
 linguistica  e  concettuale  del  tutto  aspecifica  ed  inidonea   a
 determinare  il  comando  di  legge,  risolvendosi  nell'imporre allo
 straniero una semplice attivita', naturalisticamente percepibile,  ma
 non determinata nelle modalita'.
    Inoltre, nel configurarsi un obbligo di attivazione del soggetto -
 il quale e' tenuto ad adoperarsi per munirsi del documento di viaggio
 -,   non  si  fornisce  ne'  esplicitamente,  ne'  mediante  elementi
 indiretti, indicazione alcuna circa il  termine  trascorso  il  quale
 tale  attivita'  possa ritenersi non compiuta, realizzandosi cosi' il
 contrasto con il precetto legale.
    Ne' evidentemente, la volonta' di legge puo' ritenersi violata con
 la  semplice  sorpresa  dello  straniero  sprovvisto  del  documento,
 indipendemente  dal  decorrere  di  un  periodo  di  tempo successivo
 all'invito a munirsene, giungendosi,  altrimenti,  a  dover  ritenere
 integrato l'illecito sulla scorta della semplice indisponibilita', da
 parte del cittadino extracomunitario, del passaporto, con conseguente
 trasformazione  di  un reato di carattere omissivo, che prescinde dal
 conseguimento  del fine cui l'adoperarsi e' diretto, in un delitto di
 mero stato o condizione.
    Legittimi, a questo punto, appaiono i dubbi circa  la  conformita'
 del  precetto in esame ai principi di stretta legalita', tassativita'
 e determinatezza della norma penale, sanciti dall'art. 25 della Carta
 fondamentale, in assenza della previsione di un termine  temporale  e
 delle  modalita'  di  attivazione,  eventualmente  specificabili, nel
 concreto, dal giudice, ma solo in  base  a  parametri  normativamente
 predefiniti.   In   difetto,  l'applicazione  della  norma  censurata
 postula, inevitabilmente, ad opera del giudice,  la  vera  e  propria
 strutturazione  contenutistica  del  precetto,  atto  cui, nel nostro
 ordinamento, il magistrato e' del tutto estraneo.
    Palesi,  inoltre,  appaiono  le   conseguenze   in   ordine   alla
 possibilita' effettiva di piena esplicazione del diritto alla difesa,
 sancito  dall'art.  24,  secondo  comma,  Cost., posto che l'imputato
 finirebbe per  rispondere  del  mancato  possesso  del  documento  di
 viaggio,  dovendo  provare,  a sua discolpa, di essersi attivato, con
 inversione del regime  di  distribuzione  dell'onere  probatorio  che
 governa il processo penale.
    Non  si  puo',  quindi,  evitare  di domandarsi se sia conforme ai
 principi fondamentali dell'ordinamento e suscettibile di concreta  ed
 effettiva  applicazione  una  norma  incriminatrice  che  si limiti a
 sanzionare l'intenzionale inattivita' del soggetto e che presenti una
 configurazione  strutturale  in  base  alla  quale  l'interprete  sia
 condotto  a  desumere  la  sussistenza  dell'elemento psicologico del
 reato dal semplice dato relativo al difetto del documento di viaggio,
 prescindendo  da  qualsiasi  riferimento  di  carattere  temporale  e
 contenuitistico: deve anche, al riguardo, tenersi presente che spesso
 le  autorita'  straniere richiedono, per l'emissione del documento di
 viaggio, tempi  non  particolarmente  ristretti  e,  soprattutto,  la
 corresponsione di somme di importo a volte problematico per cittadini
 versanti in condizioni di generale precarieta' di vita.