LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da Zanola Claudio, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Mosca, viale Azari n. 80, Verbania, contro l'Ufficio del registro di Domodossola. Zanola Claudio, residente in Domodossola, rappresentato e difeso in forza di procura speciale dall'avv. Giuseppe Mosca e presso di lui elettivamente domiciliato in Verbania, viale Azari 80, in data 11 aprile 1994 proponeva un ricorso contro l'avviso di accertamento - notificato in data 14 febbraio 1994 - con il quale l'Ufficio registro di Domodossola, in relazione alla scrittura privata di compravendita registrata il 3 aprile 1992, vol. 2V, n. 336, ed avente per oggetto terreni ubicati alla periferia dell'abitato di Domodossola di complessivi mq 2.200, aveva rettificato, ai fini dell'imposta di registro e dell'Invim, il valore da L.110.000.000 a L. 374.000.000 (L. 170.000 al mq). Il ricorrente contestava quanto affermato nella motivazione dell'avviso di accertamento "Trattasi di terreni edificabili per la residenza con un alto indice di sfruttamento plano volumetrico", mettendo in evidenza che i terreni oggetto dell'anzidetta compravendita solo successivamente all'atto di trasferimento sarebbero stati dichiarati edificabili e che comunque si tratterebbe di un'edificabilita' fortemente vincolata e limitata. Il ricorrente chiedeva in via principale l'annullamento dell'impugnato avviso di accertamento e, in subordine, una piu' equa valutazione dei beni e, a sostegno delle sue domande, produceva varia documentazione. L'ufficio registro di Domodossola resisteva al ricorso. La decisione del ricorso, a parere di questo collegio, deve essere preceduta dalla soluzione di una questione di legittimita' costituzionale concernente l'indipendenza o la mancanza di indipendenza dei giudici tributari dal Ministro delle finanze, parte in causa nei processi tributari o, quanto meno, a questi interessato. L'art. 36, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nel testo aggiunto con la legge 30 dicembre 1991, n. 413, prevede che "I soggetti pubblici .. nonche' gli organi giurisdizionali civili e amministrativi che, a causa o nell'esercizio delle loro funzioni, vengono a conoscenza di fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie devono comunicarli direttamente .. al comando della Guardia di finanza competente in relazione al luogo di rilevazione degli stessi, fornendo l'eventuale documentazione atta a comprovarli". E i fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie per i quali e' prevista la comunicazione alla Guardia di finanza sono tanti e, non di rado, ma con qualche rischio, sottovalutati; basti pensare, a titolo meramente esemplificativo, alla mancata indicazione sul ricorso del codice fiscale del contribuente o all'irregolarita' del bollo sugli atti processuali o sulla documentazione ad essi allegata etc. Questo collegio, pur non ignorando il diverso convincimento dell'organo rappresentativo dell'avvocatura (Il Consiglio nazionale forense), in verita' anteriore all'emanazione della citata norma, ritiene che le commissioni tributarie siano "organi giurisdizionali amministrativi" e quindi che tra i destinatari della citata norma vi siano anche i componenti delle commissioni tributarie ed, ovviamente, anche i componenti di questo collegio. Nulla quaestio sull'obbligo di comunicazione imposto dalla citata norma anche ai giudici tributari. Ma l'eventuale inosservanza dell'anzidetto obbligo puo' essere sanzionata dal Ministro delle finanze. L'art. 53, terzo comma, del d.R.P. n. 600/1973, nel testo aggiunto con la legge 30 dicembre 1991, n. 413, stabilisce, infatti, che "L'inosservanza dell'obbligo di comunicazione, previsto dal comma 4 dell'art. 36, e' punita con la pena pecuniaria da L. 100.000 a L. 1.000.000 da irrogare con decreto del Ministro delle finanze". La misura della pena pecuniaria, peraltro, non e' simbolica perche' - e' opportuno evidenziarlo - e' pari nel minimo a dieci volte e nel massimo a cento volte il compenso previsto per i giudici tributari (L. 10.000 circa per ogni ricorso deciso|). La possibilita' per il ministro delle finanze di irrogare ai giudici tributari (ma anche ai giudici ordinari) una sanzione disciplinare per eventuali omissioni collegate all'esercizio delle loro funzioni e' incompatibile, a parere di questo collegio, con la situazione di indipendenza che la Costituzione ha inteso garantire ai giudici ed anche ai giudici delle giurisdizioni speciali (108, secondo comma). E al fine di garantire l'indipendenza dei giudici tributari, non a caso, il legislatore ha previsto, con il d.lgs. n. 545/92, l'istituzione del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. La disposizione di cui all'art. 53, quarto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ovviamente, non puo' essere applicata da questo giudice alla controversia oggetto di esame, ma la relativa questione di legittimita' costituzionale, oltre ad essere "non manifestamente infondata", e' anche "rilevante" in quanto concerne l'indipendenza del giudice. La Corte costituzionale, infatti, insegna che ogni questione concernente l'indipendenza del giudice, anche se relativa a norme che non possono essere oggetto di applicazione immediata nel giudizio a quo, e' sempre "rilevante" (sentenza n. 154/1984).