LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 3000/93 del  17
 settembre 1993 avverso silenzio-rifiuto dell'Intendenza di finanza di
 Palermo  sulla  istanza  di  rimborso  dell'imposta sulle plusvalenze
 realizzate su intervento ablativo ex art. 11, comma 5  e  s.s.  della
 legge  30 dicembre 1991, n. 413, da Petyx Federico Maria, residente a
 Palermo.
    Il sig.  Petyx  Federico  Maria  propone  ricorso  davanti  questa
 commissione avverso il silenzio-rifiuto dell'Intendenza di finanza di
 Palermo,  a  cui  lo  stesso  aveva  inoltrato  istanza  di  rimborso
 dell'imposta  versata  sulle  plusvalenze  percepite  in  seguito  ad
 intervento ablativo (art. 11, comma 5 e segg. della legge 30 dicembre
 1991,  n.  413),  sostenendo  la totale inesistenza dell'obbligazione
 tributaria.
    Premette  l'opponente  nel  suo  ricorso  che  soltanto  a  titolo
 cautelativo   ha   versato  l'imposta,  oggetto  della  richiesta  di
 rimborso, in  seguito  ad  occupazione  espropriativa  d'urgenza  dei
 propri terreni, avvenuta il 22 marzo 1975, per costruzione di alloggi
 da   parte   dell'Istituto   autonomo  case  popolari  di  Agrigento,
 occupazione divenuta illegittima per decorrenza del  quinquennio  che
 ha   poi  causato  un  lungo  contenzioso,  definitosi  con  sentenza
 intervenuta nell'anno 1990 e con  riscossione  delle  relative  somme
 nell'anno  1991;  prosegue  il  contribuente con l'esporre le proprie
 motivazioni giuridiche indirizzate alla conclamata pretesa insistenza
 dell'obbligazione  tributaria,   eccependo   anche   l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  11  della  legge  n.  413/1991, come sopra
 richiamata.
    All'udienza di discussione, il difensore del conribuente ribadisce
 le proprie tesi, mentre il rappresentante dell'ufficio insiste per il
 rigetto del ricorso sotto ogni e qualsiasi profilo.
                           S I O S S E R V A
    Preliminarmente, e prescindendo dalle altre ragioni  che  motivano
 il  ricorso,  viene  obiettato  che, per il caso in esame, si ritiene
 opportuno   soffermarsi   all'esame   della    eccezione    sollevata
 dall'opponente,  e  precisamente  alla  illegittimita' costituzionale
 dell'art. 11, nono comma, della legge n. 413/1991, per violazione del
 combinato  disposto  di  cui  agli  articoli  53  e  3  della   Carta
 costituzionale, eccezione che si coglie anche d'ufficio, sotto il suo
 singolare aspetto.
    E' appena il caso di rilevare che il nono comma del succitato art.
 11 ha decorrenza retroattiva, nel senso che assoggetta ad imposizione
 fiscale  le  indennita' percepite, in conseguenza di atti volontari o
 provvedimenti   emessi   successivamente   al   31   dicembre   1988,
 assoggettando  ad imposizione fiscale le relative indennita' da parte
 dei proprietari di terreni, oggetto di procedimenti espropriativi.
    Un aspetto ben delineato merita il concetto  di  tassazione  della
 indennita'  di  occupazione  e  quello  di tassazione degli interessi
 sulle  plusvalenze,  relative  alla  percezione  di   indennita'   di
 espropriazione con importi ricevuti per cessioni volontarie nel corso
 di  azioni  espropriative,  nonche' di importi comunque percepiti per
 effetto di possessi coattivi  collegati  ad  occupazioni  di  urgenza
 divenute illegittime.
    Ebbene,  la  norma  del  primo  comma  dell'art.  53  della  Carta
 costituzionale precisa che tutti sono tenuti a concorrere alla  spesa
 pubblica  secondo  la  loro  capacita'  contributiva; ma va inteso il
 rispetto della individuazione dell'universale criterio di eguaglianza
 prescritto all'art. 3 della stessa Carta  costituzionale;  infatti  a
 circostanze  identiche  debbono  coincidere identici impositivi e, in
 termini di reciprocita', a circostanze diverse una manovra impositiva
 differente.
    Pertanto, nel campo della integrita'  costituzionale,  la  manovra
 impositiva  deve  garantire  la  pretesa a che ogni imposizione debba
 contenere fini  giustificativi  su  indizi  realmente  produttori  di
 ricchezza.
    Ma,  nella  fattispecie, la imposizione in argomento si abbatte su
 importi che non sono fonte di insolita ricchezza, bensi' un ricavo di
 un mero recupero a conforto di un soppiantamento operato da parte  di
 un  ente  pubblico  su  un  privato bene e, pertanto, viene ad essere
 carente quel presupposto di prelievo impositivo su un vero e  proprio
 produttore  di  ricchezza,  cadendo cosi' il requisito soggettivo per
 quel tributo.
    E' da rilevare, inoltre, che per il legislatore, un evento passato
 non puo' costituire un attuale rilevatore di ricchezza, e cioe',  non
 puo'  essere  assunto  a presupposto un evento gia' trascorso, ovvero
 estenderne gli effetti, specie quando l'evento si sia  verificato  in
 un  tempo  remoto,  in  cui non era neanche prevedibile l'istituzione
 della imposizione.
    Nella specie, tra l'altro, si e' verificato che  con  l'intervento
 della  legge n. 413/1991 che ha assoggettato a imposizione tributaria
 le indennita' di espropriazione percepite dagli interessati a seguito
 di ablazione di terreni di loro proprieta', il legislatore ha  voluto
 porre  a  base delle prestazioni un evento verificatosi nel passato e
 che ha esaurito pienamente i suoi effetti economici  e  patrimoniali;
 per   cui  non  puo'  costituire  elemento  rilevatore  di  capacita'
 contributiva la percezione dell'indennita' per esproprio, appunto per
 il valore riparatorio in cui si configura dal sacrificio patrimoniale
 che ha colpito l'espropriato, specie che l'evento si e' verificato in
 epoca antecedente al momento della sua imposizione fiscale.