IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Letti gli atti del procedimento penale n. 7813/94 r.g. Pret., contro Denti Anna, imputata del delitto di cui all'art. 640, primo cpv., n. 1 c.p., sentite le parti che all'odierna udienza, aperto il dibattimento, hanno fatto istanza di ammissione delle numerose prove testimoniali tempestivamente indicate, osserva quanto segue. Pregiudiziale all'istruttoria dibattimentale e' la questione di costituzionalita' che il giudicante ritiene di sollevare d'ufficio circa la competenza per materia nella fattispecie, in cui e' contestata la truffa aggravata in danno dello Stato, punita ex art. 640 cpv., in forza di aggravante ad effetto speciale, con pena fino a cinque anni di reclusione, e quindi ben superiore a quella massima prevista in via generale per il pretore dalla legge delega - punto 11 dell'art. 2, legge n. 81/87 - e del corrispondente art. 7, primo comma, del nuovo c.p.p. Dato atto che l'ampliamento della competenza e' stato possibile avendo il legislatore delegante previsto la possibilita' di attribuire al pretore "altri delitti specificamente indicati" e che nella relazione al progetto preliminare del codice sono enumerati i criteri che sono stati seguiti per attribuire al pretore i delitti puniti piu' gravemente di quattro anni, pare al giudicante, il primo luogo, che seriamente contestabile e' la motivazione addotta per devolvere al pretore la truffa aggravata dal comma secondo dell'art. 640, cioe' la non incompatibilita' delle relative indagini "con la maggiore snellezza e celerita' del procedimento pretorile" (come testualmente afferma la relazione citata, che fa riferimento anche alla competenza per il reato-base, il che in se' e' ben poco significativo, data la rilevanza data dalla legge-delega alle aggravanti ad effetto speciale), posto che: A) la truffa in se', come reato-base, non puo' affatto (per comune riconoscimento) essere considerato reato di facile indagine, era ed e' di competenza del pretore esclusivamente per il trattamento sanzionatorio previsto e quindi a fortiori nemmeno la truffa aggravata ai danni dello Stato o le altre ipotesi del capoverso possono definirsi di celere e snella indagine, senza incorrere in una contraddizione manifesta; B) non e' comprensibile il riferimento esclusivo alla fase delle indagini, quando focale doveva essere, invece, nell'individuazione dell'organo giurisdizionale, semmai la complessita' o meno dell'istruttoria dibattimentale e del giudizio; C) la truffa aggravata ai sensi del comma secondo dell'art. 640 storicamente non e' mai stata di competenza del Pretore, nessuna modifica in tal senso essendo stata accolta neppure in sede di approvazione della legge n. 400/84; D) i piu' recenti indirizzi legislativi sono di attrarre nella competenza del tribunale ratione materiae la gran massa dei reati che interessino la p.a., addirittura anche con pena edittale rientrante nella generale competenza del pretore (cfr. ad es. art. 323 c.p., cosi' come sostituito dalla legge n. 86/90); E) la stessa commissione parlamentare, all'epoca, aveva espresso, in sede di parere sul progetto del codice, riserve circa l'opportunita' e la funzionalita' di questo ampliamento di competenza, sbrigativamente liquidate dalla relazione al progetto definitivo con la preminenza delle esigenze deflattive. Da un punto di vista piu' generale, pare al giudicante che le discutibili scelte del legislatore delegato abbiano potuto avvenire anche per causa di una legge delega che sul punto e' di estrema vaghezza, nessun vero criterio direttivo essendo stato fissato per individuare i reati con pena edittale oltre i quattro anni da attribuire al pretore, al di la' di quanto gia' risultasse dalle scelte legislative in essere al momento dell'approvazione della delega. Concludendo, pare al giudicante che vada sollevata questione di legittimita' costituzionale della attribuzione al pretore del reato di truffa aggravata ai danni dello stato, e in genere della truffa aggravata ex art. 640, secondo comma, sotto il profilo sia dell'indeterminatezza sul punto dei principi e criteri direttivi della legge delega, se interpretata - come ha fatto il legislatore delegato, che in pratica si e' comportato come se avesse "carta bianca" - in senso diverso dalla mera ricognizione della situazione legislativa gia' esistente (art. 76 della Costituzione), sia della mancata corretta predeterminazione del "giudice naturale" (art. 25 della Costituzione), sia dell'ovvia, irragionevole, disparita' di trattamento tra i cittadini (art. 3, primo comma, della Costituzione), con compressione tra l'altro del diritto di difesa (art. 24 della Costituzione: si pensi soltanto alla mancanza dell'udienza preliminare), sia infine dell'assoluta non considerazione delle esigenze di efficienza e di "buon andamento" della giustizia, intesa come servizio (art. 97, primo comma, della Costituzione), essendo stata la competenza pretorile allargata a dismisura in modo del tutto eccessivo rispetto alle strutture e alle capacita' operative oltre che in maniera incompatibile rispetto a quei requisiti di massima semplificazione pur stabiliti dalla stessa legge delega. La rilevanza della questione cosi' sollevata e' di chiara evidenza, ove si consideri che l'incompetenza per materia e' rilevabile anche d'ufficio.