comma, 53, 97, 101, 102 e 104).
                              IL PRETORE
    Nella causa portante il n. 3.645/94  promossa  da  Tommaso  Tullio
 Antonio,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Pietro  Greco, avverso
 l'E.N.P.A.V. (Ente nazionale di previdenza ed assistenza veterinari),
 letti gli atti, a scioglimento della riserva che  precede,  pronuncia
 la seguente ordinanza.
    Con  l'azione  proposta il ricorrente mira all'accertamento in via
 principale  della  inesistenza  di  alcun  obbligo  contributivo  nei
 confronti  delI'E.N.P.A.V.  -  in  via subordinata per gli anni 1991,
 1992, 1993 -, previa  dichiarazione  di  rilevanza  e  non  manifesta
 infondatezza dalla questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 11  ventiseiesimo  comma  della  legge  24  dicembre  1993 n. 537, in
 relazione agli articoli della Costituzione indicati in  ricorso,  con
 conseguente  sospensione  del processo e trasmissione degli atti alla
 Corte costituzionale.
    Il ricorrente, medico  veterinario  che  esercita  l'attivita'  di
 lavoro dipendente nel servizio sanitario nazionale presso una U.S.L.,
 attivita'  per  la  quale e' iscritto obbligatoriamente ad altro Ente
 previdenziale - Cassa Pensioni dei  Sanitari,  esponeva  nel  ricorso
 che, egli trovandosi nelle condizioni previste dall'art. 24 n. 2 e 32
 della  legge  12  aprile  1991  n.  136, aveva esercitato facolta' di
 rinuncia  all'iscrizione  presso  l'E.N.P.A.V.  e  che  l'E.N.P.A.V.,
 verificati ed accertati i presupposti di legge, in accoglimento della
 domanda  amministrativa  inoltrata dal veterinario, aveva adottato il
 provvedimento  di  cancellazione  dall'E.N.P.A.V.  del ricorrente con
 effetto dalla data di presentazione  della  domanda  ed  ordinato  lo
 sgravio;  che  successivamente  intervenuto  l'art. 11, ventiseiesimo
 comma della legge 24 dicembre 1993 n. 537, l'E.N.P.A.V. aveva inviato
 al ricorrente lettera del 21 gennaio  1994  con  cui,  richiamate  le
 disposizione   contenute   in   detta  ultima  legge,  aveva  inviato
 concludentemente bollettino di versamento in conto  corrente  postale
 con l'indicazione dell'ipporto dei contributi maturati.
    In  detto  processo nessuno si costituiva per l'E.N.P.A.V. sicche'
 ne veniva dichiarata la contumacia all'udienza del 5 gennaio 1994; in
 detta udienza il procuratore del ricorrente insisteva nel  ricorso  e
 nelle  eccezioni  di  incostituzionalita'  dell'art. 1, ventiseiesimo
 comma della legge 24 gennaio 1993 n. 537 in riferimento  al  disposto
 degli  artt.  2, 3, 38, 41 primo comma, 42 primo e secondo comma, 97,
 23, 53 Cost., singolarmente considerati o in combinato disposto.
    Va premesso che l'iscrizione all'E.N.P.A.V. era  obbligatoria  per
 tutti  i medici veterinari di eta' inferiore a 65 anni iscritti negli
 albi professionali, in base alla legge 18  agosto  1962  n.  1357,  e
 dunque  anche  per i veterinari che - come il ricorrente - svolgevano
 esclusivamente attivita' di lavoro dipendente.  La  legge  12  aprile
 1991  n.  136  -  in  sintonia con una maggiore tutela dei diritti di
 autonomia e di autodeterminazione della  persona  -  ha  all'art.  32
 abrogato  l'art. 2 secondo comma della legge 18 agosto 1962, sancendo
 il principio contrario per  cui  l'iscritto  all'albo  che  svolgesse
 attivita'  di lavoro dipendente (od autonoma) per cui sia iscritto ad
 altra  forma  di  previdenza,  aveva  la   facolta'   di   iscriversi
 all'E.N.P.A.V.   Interveniva,   infine,   la   norma   denunciata  di
 incostituzionalita',  che,  tra  l'altro,  sopprimeva   con   effetto
 retroattivo  la  facolta' di iscrizione all'E.N.P.A.V. per i suddetti
 medici veterinari e che tra l'altro obbligava gli  stessi,  pure  con
 effetto  retroattivo,  al pagamento dei contributi pregressi maturati
 negli 1991, 1992, 1993.
    Tale articolo 11, ventiseiesimo comma, legge 24 dicembre  1993  n.
 537,  nonostante  ed  a  dispetto della propria autoqualificazione di
 norma interpretativa  -  autoqualificazione  che  certo  non  vincola
 l'interprete  sotto  il  profilo  sostanziale,  secondo gli indirizzi
 della  giurisprudenza  costituzionale  -  in  realta'   deve   essere
 qualificato,  utilizzando  i  parametri  di  giudizio elaborati dalla
 giurisprudenza  costituzionale,  come  norma  innovativa;   a   causa
 dell'uso  improprio  dell'interpretazione  autentica, la norma appare
 caratterizzata da elementi di irrazionalita' che gia' solo per questo
 contrastano con l'art. 3 della Costituzione.
    Ed, infatti, rispetto alla disciplina dettata dall'art.  32  della
 legge  12  aprile  1991  n.  136 che aveva sancito il principio della
 facoltativita' dell'iscrizione per gli iscritti all'albo che  -  come
 il  ricorrente - esercitassero attivita' lavorativa per la quale eran
 iscritti a altra forma di previdenza, l'art. 11  ventiseiesimo  comma
 denunciato   ha   operato  un  capovolgimento  di  prospettiva  e  di
 principio. Esso al di la'  della  forma  e  nella  sostanza  esprime,
 rispetto   alla   previgente  disciplina,  un  contenuto  abrogativo-
 innovativo-sostitutivo   rispetto   alla   norma   che   si   intende
 interpretare; risultano sostanzialmente modificate non solo l'art. 32
 della  legge  n.  136/1991, ma anche l'art. 24, primo e secondo comma
 della medesima legge; prova ne e' pure che viene radicalmente  mutato
 il  regime  previdenziale cui soggiace il ricorrente per il quale non
 e' piu' possibile la facoltativita'  dell'iscrizione  all'E.N.P.A.V.,
 facoltativita' che discendeva dalla previgente disciplina per univoca
 interpretazione  di  tutti  i  soggetti  dell'Ordinamento, E.N.P.A.V.
 compreso.
    E' evidente, percio', che il legislatore ha oltrepassato i  limiti
 di ragionevolezza nel qualificare detta norma come interpretativa - e
 da qui la violazione dell'art. 3 Costituzione -, e nello stesso tempo
 che il carattere falsamente interpretativo della norma e' finalizzato
 a  produrre  l'effetto  retroattivo  nei confronti dei veterinari che
 avevano  ottenuto  la  "cancellazione",  attraverso   il   ripristino
 dell'obbligo  di  iscrizione  e  la  nullita'  dei  provvedimenti  di
 cancellazione.
    Ne deriva un effetto di "sovrapposizione"  di  norme  con  effetto
 retroattivo senz'altro al di fuori dei principi di ragionevolezza che
 determina anche "eccesso di potere legislativo" poiche' si sottrae al
 giudice  il potere di interpretare ed applicare la legge; il tutto si
 concreta, nella  violazione  degli  artt.  3,  101,  102,  104  della
 Costituzione.
    Ed  ancora:  non sussiste alcun elemento razionale che sia di base
 alla disposta retroattivita' della norma; ed anzi non e'  inopportuno
 sottolineare  come i soggetti dell'ordinamento - E.N.P.A.V. incluso -
 hanno univocamente  interpretato  la  norma  dell'art.  32  legge  n.
 136/1991  senza  che  sia  mai  insorta  incertezza interpretativa di
 sorta; gli oltre 5.000 provvedimenti di  cancellazione  -  menzionati
 dal Presidente dell'E.N.P.A.V. nella lettera circolare del 21 gennaio
 1994  esibita  dal ricorrente - adottati dall'E.N.P.A.V. testimoniano
 come pure sotto il profilo amministrativo la norma e' stata  ritenuta
 chiara  e  di contenuto univoco. Gli stessi comportamenti concludenti
 dell'E.N.P.A.V.   che   mai   ha   avanzato   riserve   o    palesato
 interpretazioni   alternative   testimoniano  del  certo  affidamento
 ingenerato nei veterinari pubblici circa la definitiva estinzione  di
 ogni rapperto anche contributivo esistenti tra essi e l'Ente.
    In  tutta  evidenza,  dunque,  la  norma  censurata  viola pure il
 principio generale di irretroattivita' della legge cui -  secondo  la
 giurisprudenza  costituzionale  - il legislatore deve ragionevolmente
 attenersi "salvo un'effettiva causa giustificatrice" poiche' come  la
 Corte  ha  esattamente  spiegato  "la certezza dei rapporti preteriti
 costituisce un indubbio  cardine  della  civile  convivenza  e  della
 tranquillita' dei cittadini".
    Premesso   che,  per  ammissione  del  Presidente  dell'E.N.P.A.V.
 (vedasi la gia' menzionata lettera circolare del 27 gennaio 1994)  la
 norma  di  interpretazione  autentica e' stata promulgata dopo che il
 consiglio di amministrazione  dell'E.N.P.A.V.  aveva  "deliberato  di
 interessare  gli  organi  di  vigilanza e di controllo dell'ente" sul
 problema del "grave squilibrio finanziario" conseguente anche "al mi-
 nor  gettito   contributivo"   rinveniente   dai   provvedimenti   di
 cancellazione  -  "oltre 5.000 cancellazioni" -; e che tali organi di
 vigilanza e controllo "infine, hanno convenuto  sulla  necessita'  di
 proporre una legge di interpretazione autentica"; deve ribadirsi come
 le  esigenze di carattere economico-finanziario dell'E.N.P.A.V. e gli
 squilibri finanziari non possono costituire e non  costituiscono  una
 "causa  giustificatrice" idonea a eludere legittimamente il principio
 di   ragionevolezza   e   tale   da   far    considerare    legittima
 costituzionalmente la portata retroattiva della norma; tanto concreta
 violazione dell'art. 3 della Costituzione.
    La    norma,   incidendo   su   situazioni   sostanziali   frustra
 l'affidamento di una vasta categoria di  cittadini,  nella  sicurezza
 giuridica  che  costituisce  elemento  fondamentale  dello  stato  di
 diritto  (Corte  costituzionale  10  febbraio  1993  n.  39).   Senza
 considerare  che  i  veterinari che nel triennio precedente non hanno
 beneficiato di alcuna prestazione corrispondente alla  contribuzione,
 sono  stati indotti a ritenere estinto ogni rapporto contributivo con
 l'ente.   A   fronte   di   tale   affidamento   prodotto   oltreche'
 dall'E.N.P.A.V.,  dal legislatore con una legge chiara (in claris non
 fit interpretatio), il contributo  che  la  norma  censurata  intende
 imporre  non  pare  rappresenti  piu'  un  contributo speciale, ma un
 prelievo forzoso che  certamente  viola  gli  artt.  23  e  53  della
 Costituzione, poiche' vengono assoggettate ad una sorta di tassazione
 fattispecie   non  indicative  di  forza  economica  e  di  capacita'
 contributiva.
    Complementarmente la norma anche  nella  sua  portata  retroattiva
 determina  la  violazione  dell'art.  42, secondo e terzo comma della
 Cost., risolvendosi nella mancata tutela della proprieta' del diritto
 alle proprie sostanze, dell'art. 41, primo comma confliggendo con  il
 fondamentale  diritto  di  liberta'  e  di  autonomia privata qual'e'
 quello  di  autodeterminarsi  nell'impiego   dei   propri   averi   e
 consistendo  la  norma  che sanziona la nullita' dei provvedimenti di
 cancellazione in un attentato all'autonomia privata espressa  con  la
 volonta'  del veterinario di rinunciare all'iscrizione e perfezionata
 con il provvedimento di cancellazione.
    La norma censurata  appare  illegittima  costituzionalmente  anche
 prescincendo   dai   suoi  effetti  retroattivi:  in  relazione  alla
 reintroduzione  dell'obbligo  di  iscrizione  dei  veterinari   (gia'
 cancellati)  che  svolgono  attivita'  lavorativa  per la quale siano
 iscritti ad altra forma previdenziale obbligatoria per il futuro -  e
 cioe'  successivamente  all'entrata in vigore della legge 24 dicembre
 1993 n. 537 - si appalesa irragionevole la disparita' di  trattamento
 tra  i  medici  veterinari  gia'  iscritti  all'albo professionale al
 momento dell'entrata in vigore della legge n. 136 del 1991  -  per  i
 quali la iscrizione e' obbligatoria - ed i veterinari che, trovandosi
 nella   stessa  situazione,  si  siano  iscritti  all'albo  in  epoca
 successiva a detta entrata in vigore - per i quali la  iscrizione  e'
 facoltativa -.
    Premesso  che  i  contributi previdenziali attengono a prestazioni
 sostanziali destinate a protrarsi e permanere per il futuro, e che  i
 suindicati  veterinari si trovano in situazioni lavorative identiche,
 non appare vi sia alcun motivo razionale  di  differenziazione  delle
 due categorie che sono solo differenziate dal semplice dato temporale
 di  iscrizione  all'albo,  che  certo  non  e'  un valido elemento di
 differenziazione: vi e' percio' solo violazione degli artt.  3  e  38
 della Costituzione.
    Inoltre  il ripristino dell'iscrizione obbligatoria all'E.N.P.A.V.
 per i veterinari pubblici e privati che gia' godono  di  altra  forma
 previdenziale  obbligatoria,  si  traduce nella obbligatorieta' della
 duplicazione della tutela previdenziale che discrimina questi  ultimi
 dai  veterinari  privati  tenuti  a  versare  contributi  obbligatori
 soltanto  nei  confronti  dell'E.N.P.A.V.;  ancora   irrazionale   ed
 ingiusta   discriminazione  si  determina  se  si  ha  riguardo  alla
 imparzialita' della p.a. tra i veterinari pubblici che  fruiscono  di
 altra   forma  previdenziale  obbligatoria  -  in  essi  compreso  il
 ricorrente  -  e  gli  altri  professionisti  intellettuali  pubblici
 (ingegneri,  architetti,  commercialisti,  avvocati)  per i quali, in
 caso di godimento di altra forma di  previdenziale  obbligatoria,  la
 iscrizioni   alle   corrispondenti   Casse   od   Enti  e'  meramente
 facoltativa.
    Tanto  introduce  un   forte   elemento   di   irrazionalita'   ed
 imparzialita'  e  diseguaglianza  nell'organizzazione  della pubblica
 amministrazione  che  regola  ingiustificatamente  in  modo   diverso
 situazioni analoghe, anche indirettamente avvantaggiando alcune casse
 o  enti  - a favore dei quali viene sancito l'obbligo contributivo di
 soggetti fruenti di altra assicurazione previdenziale obbligatoria  -
 rispetto  ad  altri - per i quali si determina la "facoltativita'" -;
 cio' vale maxime  a  seguito  dell'avviamento  delle  privatizzazioni
 negli Istituti previdenziali.
    In  modo  complementare la discriminazione tra veterinari pubblici
 rispetto agli altri professionisti pubblici - in considerazione  pure
 della  avviata  privatizzazione  delle Casse - sottrae ai primi parte
 dei diritti di liberta' e di autodeterminarsi sulle sorti dei  propri
 averi  ed  interpreta  in modo diverso e disegualitario rispetto agli
 altri professionisti operanti nel pubblico impiego  il  diritto  alla
 previdenza,   creando   solo  per  questi  una  irrazionale  ingiusta
 duplicazione di contribuzione previdenziale, peraltro inutile;  tanto
 concreta violazioni degli artt. 2, 3, 38, 97 della Costituzione.
    Senza   considerare   che   la   duplicazione   di   contribuzione
 obbligatoria sembra risolversi - al piu' - in  una  maggiorazione  di
 prestazione  assicurativa  che - in un ordinamento orientato verso le
 "privatizzazioni" delle Casse -  dovrebbe  essere  materia  riservata
 alla  libera scelta e valutazione esclusiva-individuale del singolo e
 rientrare  nella  determinazione  individuale  della   persona   come
 promanazione dei propri diritti di liberta' e di personalita'.
    L'obbligo  della  duplice  contribuzione previdenziale pare induca
 uno   snaturamento   sostanziale    della    seconda    contribuzione
 previdenziale obbligatoria che da contributo speciale si trasforma in
 prelievo  forzoso  non giustificato da alcuna capacita' contributiva,
 cui corrisponde una lesione dei principi di liberta' e  di  autonomia
 del singolo.
    Il  tutto  si concreta in violazione degli artt. 2, 3, 23, 53, 38,
 41  primo  comma,  42  secondo  e  terzo  comma,   97   singolarmente
 considerati o considerati in combinato disposto.
    Infine  deve  evidenziarsi  come  il principio dell'unicita' della
 posizione  assicurativa  pubblica  che  -  come   gia'   sottolineato
 nell'ordinanza  di  remissione  dell'11  maggio  1994  del Pretore di
 Bassano del Grappa - costituisce una linea  di  tendenza  del  nostro
 ordinamento  giuridico  e  persegue  la  finalita' della eliminazione
 della duplicazione dei trattamenti pensionistici, viene sancito nella
 stessa legge 24 dicembre 1993 n. 537 al punto 33, lettera c); per cui
 tale disposizione confrontata con la norma denunciata si  risolve  in
 un  contrasto  confliggente  ed  irrazionale  di norme nella medesima
 legge, legge che pare  in  astratto  "predicare  bene"  (eliminazione
 delle   duplicazioni   di  contribuzioni  previdenziali  obbligatorie
 previsto; al punto 33, lettera c), ma in  concreto  "razzolare  male"
 (poiche' per i veterinari pubblici si reintroduce la obsoleta duplice
 contribuzione  obbligatoria);  il  che  da  se'  concreta,  attesa la
 irrazionalita' ed illogicita' della disciplina per assoluta  mancanza
 di   coerenza  interna  ed  attesa  la  subordinazione  del  disposto
 dell'art. 11, ventiseiesimo comma al principio enunciato all'art.  1,
 punto   33,   lettera   c)',   palese   violazione  dei  principi  di
 ragionevolezza e si concretizza nella ulteriore violazione  dell'art.
 3 della Costituzione.
    Pertanto,  con  riferimento alla fattispecie concreta portata alla
 cognizione di questo pretore, ritenuta per i motivi e per  i  termini
 sin  qui  esposti  la  non  manifesta infondatezza delle questioni di
 legittimita' costituzionale dell'art. 11, ventiseiesimo comma,  della
 legge  n.  537 del 1993, ritenutane la rilevanza al fine di stabilire
 se in capo al ricorrente sussista o meno un obbligo di iscrizione nei
 riguardi dell'E.N.P.A.V. ed un conseguente obbligo di  pagamento  dei
 contributi, anche maturati negli anni pregressi 1991/1993.