ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 269 del codice
 di procedura penale promosso con ordinanza emessa il 13  luglio  1994
 dal  giudice  per le indagini preliminari presso la Pretura di Torino
 nel procedimento penale a carico di Conidi Salvatore iscritta  al  n.
 607 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 25  gennaio  1995  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Ritenuto  che  il  giudice  per  le indagini preliminari presso la
 Pretura di Torino, chiamato a pronunciarsi per la seconda volta,  nel
 procedimento penale per ricettazione instaurato a carico di Salvatore
 Conidi, sull'istanza, avanzata dal Pubblico ministero contestualmente
 alla  domanda  di  archiviazione del procedimento, per la distruzione
 della  documentazione  magnetica  delle  intercettazioni  telefoniche
 effettuate   sull'utenza   dell'indagato,   dopo   che  la  Corte  di
 cassazione, annullato il precedente provvedimento di  rigetto  emesso
 dallo  stesso giudice nelle forme prescritte dall'art. 554 c.p.p. per
 il  provvedimento di archiviazione, gli aveva restituito gli atti per
 una nuova decisione da assumersi nel rispetto del rito  camerale,  ha
 sollevato,  con  ordinanza  emessa  il  13  luglio 1994, questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 269 c.p.p., in riferimento agli
 artt. 3 e 76 della Costituzione;
      che, ad avviso del giudice a  quo,  l'interpretazione  dell'art.
 269  c.p.p.  data  dalla  Corte  di  cassazione,  secondo la quale la
 richiesta del Pubblico ministero di distruzione della  documentazione
 relativa  all'eseguita  intercettazione telefonica obbliga il giudice
 competente  per  la  decisione  a  fissare  l'udienza  in  Camera  di
 consiglio, ai sensi dell'art. 127 c.p.p., violerebbe, innanzitutto, i
 principi  stabiliti  dalla  legge  di delega 16 febbraio 1987, n. 81,
 nell'art. 2,  n.  41,  nella  parte  in  cui  tale  direttiva,  senza
 prevedere  la  fissazione di alcuna udienza al riguardo, esprimerebbe
 il   principio   generale   dell'obbligatoria   conservazione   della
 documentazione delle intercettazioni telefoniche, derogabile soltanto
 per la tutela della riservatezza degli interessati;
      che   la   stessa   interpretazione,   inoltre,  determinerebbe,
 nell'ipotesi in cui l'istanza di  cancellazione  delle  registrazioni
 venisse contestualmente avanzata alla richiesta di archiviazione, una
 ingiustificata  disparita'  di trattamento, nell'ambito delle persone
 sottoposte ad indagini preliminari,  fra  quelle  nei  cui  confronti
 siano   state   effettuate   intercettazioni  telefoniche,  le  quali
 verrebbero  informate,  a   causa   della   obbligatoria   fissazione
 dell'udienza   camerale,  dell'instaurazione  a  loro  carico  di  un
 procedimento penale conclusosi con l'archiviazione, e le persone  nei
 cui confronti non siano state disposte intercettazioni telefoniche;
      che  il  Presidente  del  Consiglio  e' intervenuto in giudizio,
 riportandosi integralmente alle argomentazioni  esposte  nel  proprio
 atto  di  costituzione in un altro giudizio relativo ad una questione
 di legittimita' costituzionale del tutto identica a quella in esame;
    Considerato che la  presente  questione  di  costituzionalita'  e'
 stata  gia' esaminata da questa Corte, che con la sentenza n. 463 del
 1994 ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in  motivazione,  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale, sollevata in riferimento
 agli artt. 3 e 76 della Costituzione, dell'art. 269,  secondo  comma,
 ultima proposizione, c.p.p., nella parte in cui impone l'applicazione
 del  rito  camerale  disciplinato dall'art. 127 c.p.p. alla decisione
 del giudice per le indagini preliminari sulla richiesta del  pubblico
 ministero,  avanzata  contestualmente  all'istanza  di archiviazione,
 volta   alla   distruzione   della   documentazione    attinente    a
 intercettazioni telefoniche;
      che  nella medesima decisione questa Corte ha affermato che tale
 interpretazione non risulta in contrasto  con  la  direttiva  n.  41,
 lettera  e),  contenuta  nell'art.  2  della legge delega 16 febbraio
 1987,  n.  81  e,  quindi,  non  viola  l'invocato  art.   76   della
 Costituzione,  essendo  "anzi l'unica compatibile con la salvaguardia
 dei  principi  costituzionali",  "in   dipendenza   del   fatto   che
 nell'ipotesi  in  esame  vengono in considerazione valori e interessi
 non  diversi   da   quelli   coinvolti   nell'ipotesi   espressamente
 contemplata dall'art. 269, c.p.p." come presupposto per la fissazione
 dell'udienza  camerale, poiche' "la decisione giudiziale, da chiunque
 formulata,  relativa  alla  distruzione  del  materiale   documentale
 attinente  a intercettazioni telefoniche incide in ogni caso sopra un
 diritto  costituzionale  -  quello  alla  riservatezza  delle proprie
 comunicazioni - che e' stato riconosciuto da  questa  Corte  come  un
 diritto  inviolabile  ai  sensi  dell'art. 2 della Costituzione e, in
 quanto tale, restringibile dall'autorita' giudiziaria soltanto  nella
 misura  strettamente  necessaria  alle esigenze di indagine legate al
 compito primario concernente la repressione dei reati" (v. sentt. nn.
 63 del 1994, 81 del 1993, 366 del 1991 e 34 del 1973);
      che  l'interpretazione  denunziata,  inoltre,  non  comporta  la
 violazione   dell'art.   3   della  Costituzione,  sotto  il  profilo
 prospettato dal giudice a quo, dal  momento  che  "l'incisione  sulla
 sfera  privata,  tutelata come diritto costituzionale inviolabile, e'
 un  elemento  sufficiente  a  giustificare  il  diverso   trattamento
 (processuale)  delle  ipotesi  in  cui  tale  incisione  sia avvenuta
 rispetto a  quelle  in  cui  non  sia  occorsa,  considerato  che  la
 differenziazione   del  trattamento  e'  strettamente  limitata  alla
 decisione sul predetto elemento";
      che l'ordinanza introduttiva del presente  giudizio  non  adduce
 motivazioni  diverse  e ulteriori rispetto a quelle gia' esaminate da
 questa Corte nella citata decisione n. 463 del 1994;
      che,   conseguentemente,   la    questione    di    legittimita'
 costituzionale  oggetto  del presente giudizio deve essere dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;