ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 1, primo
 comma, ultima parte e dell'art. 3, terzo comma, della legge 29 aprile
 1983, n. 167 (Affidamento in prova del condannato militare), promossi
 con n. 6 ordinanze emesse il 15 marzo 1994 dal Tribunale militare  di
 sorveglianza  nei  procedimenti  di  sorveglianza  relativi a Bazzica
 Graziano, Francinella  Fabio,  Muscarella  Roberto,  Bartolini  Nico,
 Todaro Caddonio Domenico e Massari Marco, rispettivamente iscritte ai
 nn.    342,  361,  376,  377,  378, 483 del registro ordinanze 1994 e
 pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 25, 26, 27 e
 37, prima serie speciale, dell'anno 1994;
    Visti gli atti di intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 25 gennaio 1995 il Giudice
 relatore Ugo Spagnoli.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con sei ordinanze di  identico  contenuto  -  pronunciate  in
 altrettanti  procedimenti, relativi alla concessione dell'affidamento
 in prova di condannati militari per reati originati da  obiezione  di
 coscienza,  ed iscritte ai nn. 342, 361, 376, 377, 378 e 483 del reg.
 ord. 1994  -  il  Tribunale  militare  di  sorveglianza  solleva,  in
 riferimento  agli  artt.  3  e  27,  terzo comma, della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1, primo  comma,
 ultima  parte  e  3,  terzo comma, della legge 29 aprile 1983, n. 167
 (Affidamento in prova del condannato militare);
    Secondo  il  giudice  a  quo  con   la   pronunzia   della   Corte
 costituzionale  n.  358 del 1993 (che ha dichiarato la illegittimita'
 costituzionale dell'art. 27 del codice penale militare di pace  nella
 parte  in cui consente che la conversione della pena della reclusione
 comune  in  quella  della  reclusione  militare  possa  avvenire   in
 relazione  alla  sanzione  penale  comminata  per  il  reato previsto
 nell'art. 8, comma 2, legge 15 dicembre 1972, n. 772) viene posta  in
 discussione   la   perdurante   applicabilita'   delle   disposizioni
 impugnate. E, per tale motivo, il Tribunale militare di  sorveglianza
 aveva  cominciato  a  sottoporre  i  condannati  per obiezione totale
 all'affidamento in prova al servizio sociale  anziche'  l'affidamento
 in  prova  speciale ex art. 3, terzo comma, legge n. 167 del 1983. Ma
 un tale indirizzo interpretativo e' stato disatteso  dalla  Corte  di
 cassazione.
    Pertanto,  il Tribunale militare di sorveglianza pone la questione
 di costituzionalita', con riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma,
 Cost., degli artt. 1, primo comma, ultima parte  e  3,  terzo  comma,
 della  legge  n. 167 del 1983, in quanto il regime di affidamento ivi
 disciplinato appare "ben piu' gravatorio" rispetto a quello  previsto
 per  qualsiasi  altro  condannato  a  pena  detentiva  diversa  dalla
 reclusione militare, concretandosi in  una  prestazione  di  servizio
 (non  militare)  obbligatoria,  da  svolgere  al di fuori della sfera
 sociale  propria  del  condannato,  con  possibile   pregiudizio   di
 posizioni affettive, familiari, di studio o di lavoro.
    Il   Tribunale   ritiene   in   contrasto   con  il  principio  di
 ragionevolezza un sistema che da  un  lato  rinuncia  a  chiedere  la
 rieducazione  particolare  connessa  al  regime  carcerario  militare
 (oltre  che  la  prestazione  del  servizio   militare   al   termine
 dell'espiazione)  dall'altro  si  limita a differenziare la posizione
 dell'obiettore da quella del condannato per altri reati, imponendogli
 l'onere di una prestazione di servizio, ai fini dell'estinzione della
 pena.
    Sotto il profilo della violazione dell'art. 27 della Costituzione,
 il  Tribunale militare di sorveglianza, sottolinea che prevedere come
 contenuto dell'affidamento la prestazione di  un  servizio  "civile",
 una  volta  escluse le finalita' rieducative specifiche connesse alla
 scelta  di  una  sanzione  militare  peculiare,  come  la  reclusione
 militare,   significa  affidare  alle  misure  alternative  un  onere
 sganciato dalla idoneita' della pena alla rieducazione.
    2. - In tre  dei  giudizi  sollevati  dal  Tribunale  militare  di
 sorveglianza  (iscritti ai nn. 342, 361 e 483 del reg. ord. del 1994)
 e'  intervenuto   il   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,
 rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
 concludendo  per  una   declaratoria   di   inammissibilita'   o   di
 infondatezza della questione.
    Osserva  l'Avvocatura  che  la  disciplina ex art. 3, terzo comma,
 legge n. 167 del 1983, a differenza di quanto avviene nel caso  della
 conversione  della pena ordinaria in quella militare, si preoccupa di
 prendere in esame la specifica situazione del  condannato  obiettore,
 differenziandola  completamente, quanto al rigore dell'affidamento in
 prova, da quella del condannato militare.
    Tale scelta del legislatore non  appare  censurabile  in  sede  di
 giudizio di costituzionalita' in quanto di per se' non irragionevole.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Le ordinanze del Tribunale militare di sorveglianza sono di
 identico contenuto; pertanto  i  relativi  giudizi  vanno  riuniti  e
 decisi congiuntamente.
    In  particolare,  il  giudice  a  quo  prospetta la illegittimita'
 costituzionale degli artt. 1, primo comma, ultima parte, e  3,  terzo
 comma,  della  legge 29 aprile 1983, n. 167 (Affidamento in prova del
 condannato militare), per violazione degli artt. 3 e 27, terzo comma,
 della Costituzione.
    2. - La questione e' fondata.
    Le disposizioni impugnate, pur contenendo una speciale  disciplina
 dell'affidamento  in  prova  del  condannato  per  reati originati da
 obiezione di coscienza,  fanno  parte  di  una  legge  che,  piu'  in
 generale,  si  rivolge al condannato "militare", tanto che - sia pure
 con una minore caratterizzazione - anche l'affidamento in  prova  dei
 condannati  per reati originati da obiezione di coscienza mantiene un
 carattere "militare". Si  attribuisce,  infatti,  al  Ministro  della
 difesa la competenza a individuare gli uffici o enti pubblici - anche
 se  non  militari  - presso i quali l'affidato in prova deve prestare
 servizio. In tal modo, si priva il giudice di sorveglianza del potere
 di individuare le modalita' piu' idonee a un reinserimento nella vita
 civile e adeguate alla personalita' del  condannato,  per  attribuire
 tale  potere - esclusivamente per questa categoria di condannati - al
 Ministro della difesa che,  per  la  sua  posizione  istituzionale  e
 funzionale,  non  ha  competenza  in  ordine  al  perseguimento delle
 finalita' di rieducazione e di reinserimento sociale del condannato.
    D'altro canto, va considerato che il contenuto dell'affidamento in
 prova,    come    disciplinato    dalla    disposizione    impugnata,
 sostanzialmente  riproduce,  sotto  altra  veste giuridica, il regime
 riservato a chi venga ammesso al servizio sostitutivo civile ai sensi
 della legge 15 dicembre 1972, n. 772  (Norme  per  il  riconoscimento
 dell'obiezione  di  coscienza).  Vale a dire, proprio quel regime che
 viene  rifiutato  dall'obiettore  "totale",  in  quanto  -  sia  pure
 indirettamente - collegato all'organizzazione della difesa.
    3.   -   Come   rilevato  dal  giudice  rimettente,  una  siffatta
 regolamentazione dell'affidamento in prova  del  condannato  militare
 per  reati  originati da obiezione di coscienza non puo' piu' trovare
 ragionevole giustificazione a seguito della sentenza n. 358 del 1993,
 con la quale la Corte costituzionale ha  dichiarato  l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 27 cod. pen. mil. di pace nella parte in cui
 consente  che  la  conversione  della pena della reclusione comune in
 quella della reclusione militare possa  avvenire  in  relazione  alla
 sanzione penale comminata per i c.d. obiettori totali.
    Piu'  particolarmente,  la sentenza ora citata ribadisce quanto in
 precedenza  affermato  dalla  Corte  a  proposito   della   finalita'
 rieducativa  della  pena  militare,  che  consiste  nel  recupero  al
 servizio militare, contrariamente  alla  funzione  rieducativa  della
 reclusione comune, che, invece, deve tendere al reinserimento sociale
 del condannato (sentenza n. 414 del 1991).
    Ora,  poiche'  la  funzione  assolta dalle misure alternative alla
 detenzione non puo'  che  rispecchiare  quella  assegnata  alla  pena
 inflitta,  appare irragionevole che sia possibile sostituire una pena
 ispirata al reinserimento sociale del condannato  con  una  misura  -
 quale  quella  dell'affidamento in prova del condannato militare, per
 reati originati da obiezione di coscienza - anch'essa, come le  altre
 di  cui  alla  legge  n.  167  del  1983,  finalizzata al recupero al
 servizio militare.
    4.   -   Deve   pertanto   essere   dichiarata    l'illegittimita'
 costituzionale  degli  artt. 1, primo comma, ultima parte, e 3, terzo
 comma della legge n. 167 del 1983, in quanto prevedono  l'affidamento
 in prova del condannato per reati originati da obiezione di coscienza
 esclusivamente  ad  uffici  ed enti pubblici non militari individuati
 dal Ministro della difesa anziche' al servizio sociale ai sensi della
 legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario  e
 sull'esecuzione delle misure privative e limitative della liberta').
    Va,   d'altro   canto,   sottolineato   che   appare  sempre  piu'
 indifferibile  un  intervento  del  legislatore  che,  tenendo  conto
 dell'ormai  lunga serie di pronunce della Corte volte a conformare la
 disciplina dell'obiezione di coscienza  ai  principi  costituzionali,
 dia una sistematica configurazione alla normativa in materia.